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Giovani, motore del mercato immobiliare: possono permettersi solo una casa su cinque

I giovani possono permettersi, quando sono una coppia e quando il prezzo cala, solo una casa su cinque. Questa è la fotografia realizzata dallo studio di Wikicasa, realtà proptech attiva nel settore immobiliare, che ha analizzato 10 principali città italiane. Nonostante siano quelle con il maggior numero di giovani, queste città si dimostrano le più dinamiche in termini di andamento dei prezzi. La popolazione tra i 20 e i 34 anni è quella che riscontra maggiore difficoltà nell’acquisto immobiliare.

Di particolare criticità la situazione nella città di Milano, che performa addirittura peggio di Londra.

Analisi del mercato immobiliare

L’analisi di mercato realizzata da Wikicasa ha raccolto e distribuito dati immobiliari per la compravendita e la locazione di immobili, riguardo l’accessibilità al mercato immobiliare. Così ha rivelato come i giovani siano il motore del “mattone”, anche in Italia, ma con qualche difficoltà.

Guardando, infatti, ai dati degli ultimi 10 anni, popolazione di età compresa tra i 20 e i 34 anni è in aumento nelle “metropoli” nazionali e con loro aumentano i prezzi degli immobili

Le motivazioni dietro questa correlazione sono molteplici. La capacità di città come Milano e Bologna di attirare giovani studenti da ogni angolo d’Italia ha un impatto profondo sull’intero mercato immobiliare locale. I giovani che ambiscono a professioni remunerative e sono in cerca di occasioni, vedono l’acquisto della prima casa come una naturale conseguenza. Allo stesso tempo, una città con un’elevata percentuale di under 35 si contraddistingue per un florido mercato degli affitti, che incentiva la natura di acquisti immobiliari con finalità d’investimento, creando un circolo virtuoso di iper-valutazione degli asset immobiliari.

Wikicasa- Grafico sull’andamento immobiliare

Tra possibilità e realtà

Se da un lato il mercato immobiliare necessita dei giovani, dall’altro le dinamiche sociali, unite a quelle del mercato immobiliare sono particolarmente spinose e complesse per questa fascia della popolazione. La mancata crescita dei salari ostacola notevolmente le possibilità di accantonare i risparmi imprescindibili per poter accedere a un mutuo, i cui tassi sono in continuo aumento. Il Bonus Mutui Under 36 ha portato una condizione di benessere momentaneo, subito accantonata dall’aumento dei tassi degli ultimi 2 anni. Se si considera che la capacità di spesa è rimasta pressoché identica, l’aumento delle rate del mutuo ha ridotto notevolmente le possibilità di acquisto attuali.

In sintesi, per una giovane coppia che desidera comprare casa con un mutuo agevolato a 30 anni per un importo pari al 100% del valore della casa, con una rata mensile che non superi un terzo del reddito netto, le possibilità di acquisto sono sempre più ristrette.

Confrontando l’importo totale del mutuo erogabile con i prezzi degli immobili, si evince come in molte delle principali città italiane, oggi sia praticamente impossibile completare l’acquisto di un trilocale. A Bologna e Roma, con qualche piccolo sacrificio ci si potrebbe permettere un bilocale, cosa praticamente impossibile invece a Milano e Firenze.

Wikicasa- Grafico sull’andamento immobiliare Roma

La situazione a Milano: “Peggio di Londra”

Mentre a Firenze, le ragioni vanno ricercate nella natura dello stock immobiliare cittadino, ricco di soluzioni di lusso dal valore inestimabile e storico che attirano le richieste di investitori stranieri, la situazione di Milano risulta essere più preoccupante. La città finisce infatti per attirare giovani che oggi non riescono a permettersi una casa anche a causa dell’elevatissima domanda di mercato.

I dati sull’accessibilità dello stock mostrano come nel capoluogo lombardo, una giovane coppia possa permettersi solo un immobile su 5 (20,15%) dell’intera offerta disponibile sul mercato locale. Un dato simile a quello di Bologna (22,14%), ma molto lontano da altre città del Nord come Torino e Genova, dove una coppia di giovani lavoratori potrebbe permettersi oltre il 40% degli immobili disponibili sul mercato (rispettivamente 43,82% e 67,86% dello stock totale).

Milano, come si evince dallo studio di Wikicasa, performa addirittura peggio di Londra, famosa per la difficoltà dei giovani di poter acquistare un appartamento. A Londra, infatti, una giovane coppia potrebbe permettersi poco più del 30% delle case oggi in vendita, nonostante un costo della vita molto più alto di Milano. Le ragioni dietro questa profonda differenza vanno ricercate nel processo di evoluzione della capitale britannica che, negli ultimi 20 anni, ha completato una rigenerazione delle periferie e dei sobborghi, oggi totalmente inglobati nella città, che ha reso appetibili zone della città a 20 chilometri dal centro. Che sia questa la soluzione anche per l’Italia?

Wikicasa- Grafico sull’andamento immobiliare Milano

Periferie rigenerate

“La grande sfida di Milano, così come di molte altre città italiane, sarà proprio questa – commenta Pietro Pellizzari, CEO di Wikicasa -. Se si considerasse l’offerta immobiliare nei comuni dell’hinterland a 20km di distanza dal centro di Milano, una giovane coppia sarebbe in grado di acquistare circa la metà degli immobili disponibili sul mercato. Riuscire a rendere le zone limitrofe sempre più appetibili per le fasce più giovani della popolazione, creando dei centri con servizi e infrastrutture adeguati, è l’imperativo per un mercato immobiliare sostenibile e adatto anche alle giovani generazioni”.

L’hinterland milanese, per quanto stia attraversando un profondo periodo di crescita, è oggi poco attrattivo per la stragrande maggioranza dei giovani in cerca di una casa a Milano. Ripopolare le periferie e attrarre coppie e giovani single in cerca di abitazione è la vera sfida del mercato immobiliare. Ma vivere nell’hinterland rende più difficili gli spostamenti e consente di accedere a un numero di servizi oggi insufficiente per questa fascia della popolazione, che al momento non è ancora disposta a considerare Milano un mero luogo di lavoro e di transito. Il lavoro da compiere dovrebbe considerare il sistema delle infrastrutture e dei trasporti coinvolto in un ri-orientamento dell’intero asset cittadino: obiettivo comune in Italia e tra i Paesi Ue, ma di difficile realizzazione.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Due milioni di dollari all’anno per tornare giovane, la...

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Cosa fareste se ogni anno vi avanzassero 2 milioni di dollari? Comprereste una mega villa al mare? Mandereste a quel paese il capo e vi trasferireste sulla famosa spiaggia in Messico? Beh, forse dovreste rivedere le vostre priorità. Potreste piuttosto investirli nella routine per la longevità messa a punto da Bryan Johnson, 47 enne ‘guru del tech’ multimilionario con un chiodo fisso in testa: tornare ad avere il corpo di un 18enne. E che per farlo spende, appunto, 2 mln di dollari all’anno.

Curiosi di sapere in cosa mai consisterà questa costosa e miracolosa (forse) routine? È presto detto.

Il protocollo BluePrint: la giornata-tipo

L’innovativo, diciamo così, protocollo, che si chiama BluePrint, prevede in sintesi una dieta vegana di 2250 calorie assunte nell’arco di sei ore, 1 ora al giorno di ginnastica, 111 integratori, una routine del sonno molto rigida, trasfusioni di sangue da adolescenti, tra cui il figlio di Johnson, monitoraggi e test continui dei vari parametri corporei. Ma andiamo a scoprire nel dettaglio questo protocollo, se vi venisse voglia di seguirlo.

Appena alzato, Johnson procede con la colazione: all’inizio prevedeva di farla bevendo alcol, ma poi ha smesso perché erano troppe calorie inutili. Perciò ha cominciato a bere un succo spremuto a freddo che chiama il “gigante verde”, insieme a 60 pillole. La sua posizione è molto chiara: “Ogni caloria deve lottare per la sua vita“, ha spiegato al podcast ‘The Diary of a CEO’, aggiungendo: “Non c’è una sola caloria in tutto il mio protocollo di vita che esista per qualsiasi motivo diverso dal servire un obiettivo nel corpo”. Johnson ha anche detto che mangia circa 31 kg di verdure al mese. Chissà cosa ne pensa il nutrizionista, ce ne sarà pur uno tra gli oltre 30 medici ed esperti che lo seguono…

Dopodiché si allena per un’ora, poi mangia un pasto ‘super vegetariano’ a base di broccoli, cavolfiori, zenzero, semi di canapa, cioccolato fondente, arricchito da un cucchiaio di olio extra vergine di oliva (ne ha addirittura tre a disposizione ogni giorno). Quanto al cioccolato, deve essere “fondente, non olandese, testato per i metalli pesanti e con un alto numero di polifenoli”, ha detto Johnson al New York Post.

Ma il guru si tratta bene, ed ecco dunque che a metà mattina si concede un dessert, il ‘budino di nocciole’: un mix di noci di macadamia, noci, semi di lino, succo di melograno, cioccolato e frutti di bosco. E un’ora dopo, consuma il suo terzo e ultimo pasto delle 24 ore. Alle 11 in pratica smette di mangiare, se ne riparla la mattina dopo.

Ad ogni modo, a fine giornata gli integratori ingurgitati sono 111, un cocktail che dovrebbe riportare i suoi organi – tra cui cervello, fegato, reni, pene e retto – ma anche denti e pelle, a funzionare come da adolescente.

Johnson ha anche una sua routine notturna: prima di andare a dormire, indossa occhiali che bloccano la luce blu (questo è in effetti un dispositivo normalmente in vendita, anche se è ancora da capire quanto serva realmente). E poi, mentre dorme, è collegato a una macchina che conta il numero di erezioni notturne.

Monitoraggi continui e radiazioni in eccesso

Il protocollo BluePrint stabilisce infatti il monitoraggio costante dei parametri corporei, tra cui peso, indice di massa corporea, grasso corporeo, livelli di glucosio nel sangue, frequenza cardiaca e qualsiasi cosa i moderni dispositivi ‘wearable’ consentano di misurare. Previsti anche continui esami medici quali ecografie, risonanze magnetiche (quindi incamerando quantitativi di radiazioni inutili che bene bene non fanno), colonscopie ed esami del sangue.

Ciliegina sulla torta (di cioccolato olandese e macadamia, ovviamente), il protocollo prevedeva delle trasfusioni dal figlio diciottenne, che ha donato il sangue a Johnson mentre lo stesso Johnson lo donava al padre settantenne. Un triplo scambio di sangue tra generazioni che però non sembrerebbe aver dato risultati tali da far continuare su questa strada. C’è da dire che, se non altro, si tratta di un passo avanti rispetto alla folle idea di Erzsébet Báthory, la contessa ungherese vissuta a fine 1500 la quale, anch’essa ossessionata dal mito dell’eterna giovinezza, ha ucciso centinaia di giovani per fare il bagno nel loro sangue e in questo modo non invecchiare mai.

Even my Face ID is confused. I’m transitioning… pic.twitter.com/6AU5mtU5j6

— Bryan Johnson /dd (@bryan_johnson) April 9, 2024

BluePrint tra ‘scienza’ e marketing

A questo punto la domanda sorge spontanea: questi 2 milioni di dollari all’anno, sono ben spesi? Insomma, BluePrint funziona o no?

Johnson, che si definisce “esploratore delle nuove frontiere dell’essere umano”, è arrivato questa routine per la longevità dopo un decennio di depressione cronica e scarso controllo sulla propria vita; tutti fattori, si è reso conto, che avevano influito negativamente a 360 gradi sul suo benessere. Quindi bisognava reagire, e lui lo ha fatto a modo suo.

Ora, se dovessimo giudicare dalle foto, onestamente rimarremmo un po’ perplessi. Ma il punto centrale del protocollo è che si basa su dati e misurazioni, quindi su un approccio di tipo ‘scientifico’, almeno in teoria, e non solo su una semplice dieta o un programma di attività fisica. Occorre perciò guardare i numeri.

Qualcuno ha provato a replicare il protocollo, ovviamente adattandolo alle proprie possibilità. Come riporta il New York Post, il 23enne Andrew Boyd ha testato il metodo BluePrint per 75 giorni. Ebbene, dopo un mese e mezzo il ragazzo ha sostenuto che la sua età biologica fosse scesa a 19,2 anni. Dal canto suo, anche Johnson sostiene che funzioni: tra le altre cose, dice che 100 marcatori risulterebbero più bassi rispetto all’età che si possiede e che mediamente in 500 giorni si possa ringiovanire di 12 anni.

Quello che, presumiamo, funziona molto bene, è il business sorto attorno a tutto ciò (non dimentichiamo che Johnson è un imprenditore, diventato milionario intorno ai 30 anni quando ha venduto la sua società di elaborazione dei pagamenti Braintree Payment Solutions a EBay per 800 milioni di dollari). Sul suo sito, Johnson vende infatti vari prodotti, dall’olio al cacao, dagli integratori al merchandising (magliette, felpe) fino a uno ‘starter kit’ in arrivo per chi volesse cimentarsi nell’operazione giovinezza. A prezzi calmierati, si spera.

In ogni caso, costi a parte, BluePrint sembra davvero molto faticoso da seguire, anche considerando le probabili ripercussioni sociali di un regime così particolare e così rigido. Forse è meglio guardare ai consigli più accessibili e di maggior buon senso di Gwyneth Paltrow, la quale recentemente si è espressa su come invecchiare in salute.

Ma siamo evidentemente su piani diversi (ringiovanire/invecchiare bene), mentre Jonhson sta spostando l’asticella ancora più in là. Dice sul suo X: “Death is now our only foe”, ovvero ‘La morte è ora la nostra unica nemica’. E come tale va sconfitta: ‘Don’t die’. ‘Non morire’, è il suo pacato invito, ed è anche il titolo di un suo libro in cui presenta le strategie sociali e filosofiche necessarie per gabbare la nera signora, sia individualmente che come specie.

Probabilmente, la nuova frontiera e il nuovo imperativo della società della performance.

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Denatalità, Sistema sanitario nazionale a rischio: analisi...

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“Guardare al Giappone per le politiche sugli anziani e alla Francia per quelle per i giovani”. Questo è quello che propone Walter Ricciardi, docente di Igiene all’Università Cattolica di Roma, in un’intervista all’Adnkronos Salute. A poche settimane dagli Stati generali della natalità 2024, in programma a Roma il 9 e 10 maggio, una riflessione su quello che sta succedendo sul piano demografico in Italia è necessaria anche in relazione ad un “irreversibile declino quantitativo della popolazione” che riguarderà “la sostenibilità di un sistema sanitario pubblico”, le cui conseguenze si prevedono essere “catastrofiche”. Dello stesso pare è Antonello Maruotti, ordinario di Statistica all’Università Lumsa, la preoccupazione cresce: vediamo insieme analisi e previsioni.

“Necessarie misure emergenziali”

A parlare sono i numeri: nel 2050 ci sarà 1 giovani per ogni 3 anziani. Questo apporterà delle conseguenze a sistemi di welfare, compreso quello sanitario. “Qualsiasi Paese prenderebbe misure emergenziali – sostiene il dott. Ricciardi -. Invece concrete iniziative politiche non se ne vedono da noi. Di fatto la famiglia è lasciata sola”. Ma non è così dappertutto, “basterebbe vedere le politiche sociali fatte dai Paesi del Nord Europa”, aggiunge Ricciardi, ribadendo che il fenomeno in Italia “ormai è irreversibile, ma serve mettere mano rapidamente almeno ad azioni per la mitigazione delle conseguenze. In particolare, sostenendo le famiglie, ma con politiche serie complessive: da una parte bisogna incentivare la natalità, dall’altra bisogna mettere in moto dei meccanismi, per esempio di gestione dell’immigrazione”.

La combinazione che mette più a rischio questo tipo di comparto, secondo il dottore, è quella tra fiscalità, demografia e epidemiologia. “L’unico Paese comparabile all’Italia, per l’invecchiamento della popolazione, è il Giappone, ma quel Paese sta combattendo il problema sia con una grande rivoluzione tecnologica, sia con una grande prioritarizzazione dei servizi sociali. Dovremmo guardare al Giappone per quanto riguarda le politiche per gli anziani e alla Francia per le politiche per i giovani e le nuove famiglie“.

Invecchiamento della popolazione

Sulla stessa linea d’onda è l’analisi di Antonello Maruotti, ordinario di Statistica all’Università Lumsa, che all’Adnkronos Salute ha ribadito: “Una famiglia con un over 75 ha un rischio più alto di andare incontro a spese catastrofiche”. L’invecchiamento della popolazione, infatti, è tra le principali cause del presagio negativo che si preannuncia.

Un’Italia con sempre meno figli e una popolazione anziana che aumenta, “avrà un peso determinante sul welfare, ma soprattutto sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale. Quello che oggi conosciamo non reggerà all’impatto e sarà necessario il contributo dell’assistenza complementare che dovrà sopperire alle carenze del Ssn che già oggi è in difficoltà con le liste d’attesa e in futuro dovrà aumentare i servizi del 30-40% per dare una risposta ad una popolazione prevalentemente anziana, si spera in buona salute, ma con malattie croniche”.

“Recentemente abbiamo pubblicato un’analisi sull’impatto delle spese sanitarie delle famiglie quando nel nucleo c’è un over 75 – ha ricordato Maruotti – Esce un quadro molto allarmate: chi ha un anziano a casa ha il 50% di rischio in più di andare incontro a ‘spese catastrofiche’ rispetto – a parità di tutte le altre condizioni – di chi non ne ha. Vuol dire che una fetta importante delle spese mensili per curarsi, al netto di quelle alimentari, vanno sull’assistenza sanitaria”.

Un altro dato sul quale Maruotti ha posto l’attenzione è il rischio d’impoverimento di queste famiglie che, “spendendo di più ‘out of pocket’ per le cure – continua lo statistico – potrebbero scendere sotto la soglia di povertà e questo poi porta a cambiare le abitudini alimentari con evidenti ripercussioni sulla qualità della vita e sul rischio di ammalarsi”.

C’è poi anche un altro fronte: l’indice di diseguaglianza generazionale. Secondo dati Oecd, per ogni euro in welfare per i giovani “ne diamo sette per gli anziani, questo non fa che aumentare il divario tra generazioni”, avverte Maruotti. Come si dovrebbe intervenire per rimettere in equilibrio il sistema?

“Con un welfare più forte, l’assegno unico per i figli indipendente dall’Isee – risponde l’esperto – mettere i giovani in condizioni di fare i figli aiutandoli con asili nido, flessibilità al lavoro. I miei colleghi in Norvegia e in Germania fanno figli, mentre qui in Italia è sempre più difficile. L’Italia sta vivendo un declino demografico e non possiamo far finta che questo non avrà, anzi già ha, un effetto sull’economia e la società”.

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Siamo sempre più miopi, sempre prima: sotto accusa...

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“Non stare troppo davanti alla televisione, non leggere troppo! Ché ti si rovina la vista!” Le nonne avevano -e hanno – ragione. Siamo sempre più miopi, sempre prima. È una vera epidemia quella di questo difetto della vista, che rende difficile o impossibile vedere da lontano e che può diventare un serio problema non solo nel quotidiano ma anche nelle scelte di vita, ad esempio quelle che riguardano il lavoro. Molte occupazioni, infatti, richiedono i famosi 10/10 posseduti da un occhio sano, quindi chi è miope ne è escluso a priori.

Inoltre, e forse questa è una cosa meno conosciuta, oltre le cinque diottrie in meno la miopia si associa a una maggiore incidenza di glaucoma e cataratta e a una maggiore frequenza di distacco della retina, un evento grave che è una delle cause più diffuse di perdita della vista. Secondo uno studio statunitense – pubblicato su ‘Scientific Reports’ – effettuato su oltre 85 milioni di persone, chi ha una miopia elevata il rischio di distacco retinico cresce di 39 volte, nei miopi più lievi è comunque triplo rispetto alla norma. Senza contare infine l’ansia e il disagio che derivano dal vedere male, più o meno sfocato, il mondo intorno a noi: un aspetto questo a volte sottovalutato ma da tenere invece presente.

Cos’è la miopia e quali sono i sintomi

La miopia è il difetto della vista più diffuso: il soggetto vede bene da vicino ma tutto sfocato, in modo più o meno accentuato, da lontano. La causa è un difetto nella rifrazione della luce, che cade su un piano posto davanti alla retina invece che dietro.

Diversi i motivi per cui può accadere ciò:

• bulbo oculare più lungo del normale
• curvatura della cornea o del cristallino maggiore della norma
• eccessivo potere di rifrazione del cristallino
• genetica
• traumi
• farmaci o condizioni cliniche come l’iperglicemia
• stili di vita errati

Quali sono invece i sintomi della miopia?

• visione sfocata guardando lontano
• necessità di strizzare gli occhi per ‘mettere a fuoco’
• col buio il disturbo peggiora
• affaticamento degli occhi con conseguenti mal di testa, bruciori e fastidi di vario genere

Una ‘miopidemia’

Si stima che nel mondo 2,6 miliardi di persone soffrano di questo difetto della vista, il 30% della popolazione europea. Ma la cosa ancora più preoccupante è che se attualmente è miope un under 14 su 3, nel 2050 lo sarà 1 su 2. In pratica è in corso una ‘miopidemia’, ovvero un’epidemia di miopia, come la chiama Paolo Nucci, docente di Oculistica all’università Statale di Milano, che lo ha ribadito recentemente alla conferenza di presentazione del III congresso nazionale della Società italiana di scienze oftalmologiche (Siso) che si è svolta a Roma.

Continua Nucci: “Oggi si stima che il 30-35% dei ragazzi sia miope. Negli ultimi dieci anni il numero dei bambini e degli adolescenti che vede male da lontano è raddoppiato, con una accelerazione improvvisa negli ultimi due anni”.

Ma quali sono le cause di questa impennata?

Le abitudini moderne rovinano la vista

Sembra che la colpa della miopidemia siano alcune abitudini sviluppate dalle civiltà contemporanee, ma anche conquiste come l’istruzione per tutti. “A far male ovviamente è passare troppo tempo concentrati su libri e video, e stare pochissimo all’aperto“, spiega in modo chiaro Nucci. Quindi, sul banco degli imputati c’è anche lo studio, che costringe a leggere per molto tempo.

Ma se questa non è certamente qualcosa su cui si possa tornare indietro, il discorso è ben diverso per quanto riguarda il telefonino, il cui uso si protrae per ore e ore e oltretutto a distanza ravvicinatissima (il che causa anche problemi di postura, costringendo il collo e la testa sempre piegati in giù), o la tv. Ridurre il tempo passato davanti alla televisione, al tablet o al telefonino fa bene da qualsiasi punto di vista, e sarebbe sicuramente possibile farlo visto che spesso si tratta di attività inutili o addirittura dannose. E quindi rinunciabili.

Come contrastare la miopia

Per contrastare la miopia, la soluzione degli oculisti è molto semplice (ma non facile, a quanto pare):

• innanzitutto, è fondamentale stare all’aria aperta, in modo che gli occhi si sforzino meno perché devono guardare lontano e non sono costretti all’iperaccomodazione come accade davanti a un display. Altro vantaggio dell’abbandonare le 4 mura di casa: i raggi del sole stimolano la produzione di dopamina, sostanza in grado di inibire le metalloproteasi, un enzima che rendendo la sclera più elastica favorisce l’allungamento del bulbo oculare e la miopia
fare sport, sempre per agevolare lo sguardo da lontano. Ideale il tanto amato calcio
screeening obbligatori a partire dai tre anni
scuole che stimolino le attività all’aria aperta
• un più largo uso di terapie, ottiche e farmacologiche in grado di frenare l’evoluzione della patologia. A tal proposito specifica Scipione Rossi, segretario Siso e direttore dell’Unità complessa di Oculistica dell’ospedale S. Carlo di Nancy di Roma: “Quando la prevenzione e i comportamenti adatti a evitare l’insorgere della miopia o il suo peggioramento non bastano possiamo ricorrere a speciali lenti da occhiale che servono per bloccare la progressione della miopia: in associazione a un collirio a base di atropina molto diluita possono bloccarne la progressione e – in qualche caso – anche bloccarla. Ma se non si fa nulla, se il difetto non viene scoperto e curato, diventerà miopia degli adulti, con tutti i costi sociali che comporta”
• e per tutti coloro che lavorano al computer, rimane sempre valido il consiglio di fare un quarto d’ora di pausa ogni ora. Se proprio non è possibile, almeno staccare gli occhi dallo schermo per 20 secondi guardando un punto lontano.

Un ultimo aspetto sottolineato dagli esperti riguarda le politiche sanitarie: “Noi oculisti sappiamo cosa sta succedendo. Ma assurdamente non abbiamo dati precisi sull’impennata di miopia infantile, perché nel nostro Paese, e in tutta Europa, non esiste un sistema di sorveglianza epidemiologica del disturbo. Il che è grave, perché finché non si hanno le dimensioni del fenomeno si tende a sottovalutarlo e a non mettere in atto contromisure”, conclude Nucci.

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