A cura di Pierluigi Panciroli
Lorenzo Balducci inizia il suo viaggio nell’arte all’età di quattordici anni immergendosi negli studi di recitazione. Il palcoscenico diventa la sua casa nel 2001, quando, in perfetta armonia con l’attrice Myriam Catania, emerge come protagonista nella raffinata opera teatrale “Romeo e Giulietta” di Claudio Boccaccini. Tuttavia è sul grande schermo che la sua presenza si consolida, facendo il suo debutto con il film “I cavalieri che fecero l’impresa” (2001) diretto da Pupi Avati, seguito da “Il cuore altrove” (2003).
La sua carriera si snoda tra gli schermi del cinema e della televisione, con incursioni nel mondo della musica nel 2002 quando appare nel video musicale della canzone “Telecomando” di Matteo Bassi. Le serie televisive come “Giorni da Leone” (2002), “Il Papa buono” (2003) e “48 ore” (2006) mettono in risalto il suo talento sotto la guida di registi del calibro di Francesco Barilli e Ricky Tognazzi.
Il mondo del cinema celebra la sua espressione artistica attraverso una vasta selezione di pellicole, incluse opere come “Ma che colpa abbiamo noi” (2003), “Tre metri sopra il cielo” (2004) e “Gas” (2005). Nel 2007, si distingue per una stagione cinematografica ricca di titoli come “Last Minute Marocco,” “I testimoni,” e “Il sole nero.” Il 2009 segna il ritorno di Balducci sul grande schermo con tre film che evidenziano la sua ecletticità artistica.
Il suo percorso in “Due vite per caso”, “Io, Don Giovanni” e “Ce n’è per tutti” lo mette in mostra, come interprete di primaria importanza.
Oltre alle sue gesta cinematografiche, Lorenzo si immerge nelle acque internazionali, dando vita a opere come “31 días” (girato in Messico) e “Stella cadente – Estel fugaç” (film in costume spagnolo). La sua incursione nella regia si materializza nel 2022, con il videoclip del singolo “Per dirsi mai” della violinista elettro-pop H.E.R.
Il suo impegno sul fronte LGBTQ+ emerge con chiarezza. Il 2012 segna il suo coming out durante un’intervista a Il Venerdì di Repubblica, e da allora, Lorenzo diventa un assertivo sostenitore dei diritti gay. Nel 2015 appare come giudice al Torino Gay & Lesbian Film Festival, unendo la sua voce a un coro di cambiamento. Nel 2023, la sua partecipazione ai Florence Queer Festival è ulteriore testimonianza del suo costante impegno nel sostegno della comunità LGBTQ+.
La sua carriera continua a brillare, spaziando dalla televisione con serie come “Solo per amore” (2015) e “Medici: Masters of Florence” (2016), all’internazionalità cinematografica con “In Search of Fellini” (2017). Nel 2024, mentre naviga nelle acque della terza stagione di “Doc – Nelle tue mani,” ha iniziato in marzo a portare in scena il suo nuovo spettacolo di stand-up comedy, “E.G.O. – L’Arte della felicità.”
La vita di Lorenzo Balducci è una narrazione di successi artistici e impegno sociale, unendo il suo talento alle sfide della sua epoca.
Qual è stata la tua prima esperienza nell’arte e come hai deciso di intraprendere la recitazione?
La mia prima esperienza nel mondo dell’arte è stata un corso di recitazione che ho fatto a 14 anni, per tre anni. Da bambino giocavo spesso da solo o con amici inventando storie, interpretando personaggi di mondi fantastici, realizzando video con la telecamera dei miei genitori. Sentivo che volevo esprimermi attraverso la recitazione, malgrado la mia timidezza. Spesso le storie che raccontavo rappresentavano un universo fantasy, l’arte era pura fantasia ai miei occhi. A 14 anni sapevo di voler diventare un attore e mia madre mi ha consigliato di frequentare un laboratorio teatrale. Era l’inizio di tutto. Lì ebbi la conferma: recitare mi rendeva felice.
Puoi raccontarci la tua esperienza nel debutto teatrale con “Romeo e Giulietta” nel 2001 e come ha influenzato la tua carriera?
È stato il mio primo vero lavoro teatrale, ho un bellissimo ricordo del lavoro fatto con Claudio e Miriam, avevo 19 anni e mi sembrava di vivere un’esperienza più grande di me, come se non fossi all’altezza. Ma è stato bellissimo, ricordo che provavo un forte affetto verso tutto il cast, li consideravo una famiglia in quel momento, mi sentivo protetto. Partecipare a quel progetto mi ha fatto sentire più adulto per la prima volta.
Come è stato il tuo debutto cinematografico con “I cavalieri che fecero l’impresa” nel 2001, e come hai affrontato questa transizione dal teatro al grande schermo?
È stata un’esperienza molto breve, un giorno di set, ero totalmente affascinato dalla “macchina” del cinema. Vedere come funzionava un set, ammirare Pupi Avati all’opera, ero terrorizzato, felice, era quello che avevo sempre desiderato, io volevo fare cinema, lavorare davanti alla macchina da presa. La transizione da teatro a cinema è solo questione di tecnica, l’essenza del lavoro di ricerca della verità rimane la stessa.
Hai lavorato con registi rinomati come Carlo verdone, Alessandro Aronadio, e Gianluca Maria Tavarelli. Qual è stata la tua esperienza lavorando con queste figure di spicco?
Sono registi che ammiro e che hanno segnato il mio percorso. Alessandro Aronadio è anche un amico e interpretare il protagonista della sua opera prima è stata un’esperienza unica, che ripeterei mille volte. Lavorare con Verdone un vero onore, vederlo in azione come regista è meraviglioso, ero affascinato dalla sua serietà e precisione assoluta in tutto quello che faceva. Tavarelli è un grandissimo regista, simpaticissimo, e mi ha diretto in uno dei progetti a cui sono più legato, “Le cose che restano”. Non dimenticherò mai quel set, quel personaggio, quella troupe.
Tra le numerose pellicole in cui hai recitato, c’è un film o una serie TV che ritieni abbia avuto un impatto particolare sulla tua crescita artistica?
Se dovessi scegliere tra le più importanti direi “Gas”, l’opera prima di Luciano Melchionna, che è stato il mio primo film da protagonista. Avevo 21 anni e affrontavo un personaggio fortemente drammatico, al centro di una vera e propria tragedia. Sentivo di essere davvero grato per l’esperienza di lavoro che stavo vivendo, era la mia prima vera completa esperienza artistica, esattamente come la desideravo. Luciano Melchionna, con cui poi ho lavorato in seguito a teatro, è stato bravissimo nel dirigere tutti noi attori del cast. Si era formata di nuovo una grande famiglia.
Come hai affrontato il ritorno sul grande schermo nel 2009 con tre film e quali sfide hai dovuto superare in questo periodo della tua carriera?
Quello è stato probabilmente l’anno più intenso dal punto di vista lavorativo. Tre progetti che ho amato, tre personaggi a cui sono molto affezionati, tre storie drammatiche. Essendo una persona tendenzialmente iperattiva mi piace l’idea di dovermi districare tra mille impegni. È stato un periodo molto bello, forse l’apice di una prima parte della mia carriera. Le difficoltà, gli ostacoli, li ho vissuti più in seguito, scoprendo però un’altra parte di me, come persona e come artista. Dal 2012, per 8 anni, ho lavorato spessissimo come cameriere, mentre continuavo a fare l’attore, ma con meno frequenza. È stata l’esperienza più formativa della mia vita.
Hai sperimentato l’ambito internazionale con opere come “31 días” e “Stella cadente – Estel fugaç”. Qual è stata la tua prospettiva e sfida nell’approcciarti a progetti internazionali?
Viaggiare lavorando è il sogno più grande. Io amo la Spagna, amo la lingua spagnola. Recitare in spagnolo per me è stato un sogno, conoscere Carlos Saura sul set di “Io, Don Giovanni” mi ha insegnato tantissimo. Il set di Stella Cadente è stato meraviglioso, recitavo in castigliano mentre quasi tutto il cast recitava in catalano. “31 Dìas “è stato girato in Messico. Lavorare immerso nella cultura messicana è stato un sogno. Il film era una commedia romantica dallo stile americano, sentivo che quando sei all’estero il tuo corpo e la tua mente ti chiedono di più, perché desideri essere all’altezza della situazione, e questo mi regala una dose di energia maggiore nel lavoro.
Il tuo impegno nel supporto della comunità LGBTQ+ è evidente. Come ha influenzato la tua carriera e quali sono le sfide che hai affrontato nel diventare un assertivo sostenitore dei diritti gay?
Ha sicuramente influenzato la mia vita perché da quando ho fatto coming out pubblicamente mi sono sentito libero, trasparente, senza filtri, e questo ha aiutato il mio lavoro, le mie scelte lavorative, ma soprattutto la mia vita. Mi sono sempre sentito un sostenitore della mia comunità, penso che sia fondamentale metterci la faccia, ognuno a modo suo, ma non tirarsi indietro, e continuare ogni singolo giorno quello che si celebra e manifesta durante il Gay Pride.
Come hai affrontato la terza stagione di “Doc – Nelle tue mani” e cosa possiamo aspettarci dal tuo nuovo spettacolo di stand-up comedy, “E.G.O. – L’Arte della felicità”?
Il set di Doc è stata un’esperienza breve ma molto intensa. Non è facilissimo entrare in un contesto così collaudato da anni e cercare di dare il meglio delle proprie possibilità nell’arco di pochissimo tempo. Ho molto amato il lavoro dinamico della regia. Hai l’impressione di essere su una montagna russa che non si ferma mai, è davvero stimolante. Ed è sicuramente emozionante ritrovarsi circondato da un cast stellare, ho davvero un bel ricordo. Per quanto riguarda E.G.O., abbiamo debuttato il primo Marzo a Modena per poi proseguire tra Nord e Sud. E’il terzo progetto teatrale a cui partecipo con Mariano Lamberti e Riccardo Pechini che sono gli autori del testo. Questa volta il tema è la morte, in chiave comica, ma soprattutto tutte quelle cose si fanno in vita per esorcizzarla. È un monologo spietato, divertente, che offre diversi spunti di riflessione.
Come bilanci il successo artistico con il tuo impegno sociale? Quali sono le tue aspirazioni future nella tua carriera e nell’attivismo?
Per me l’unica forma di successo è la fortuna di poter fare nella vita ciò che si ama. Oggi ho la fortuna di vivere la vita che desidero nel campo artistico. Desidero poter scrivere per il teatro, perché non l’ho mai fatto prima. Mi piacerebbe portare i personaggi a cui do vita sui social, su un palcoscenico. Per quanto riguarda l’attivismo, non mi sono mai sentito veramente un attivista, ma come dicevamo prima un sostenitore della comunità LGBTQIA+, e lo sarò sempre.
La tua presenza nei social è molto attiva. Come gestisci il bilanciamento tra la tua vita online e offline?
Sicuramente l’uso dei social crea dipendenza, chi più chi meno. Se poi i social diventano il tuo lavoro il rischio di quella dipendenza diventa maggiore. Di base uso i social per raccontare il mondo di personaggi surreali, quella è la mia priorità, la vita privata è poco presente sul mio Instagram. Lo preferisco. Mi è capitato di condividere momenti della mia vita sui social o attraverso delle interviste, ma sono delle scelte precise, che nascono dal piacere o il bisogno di condividere qualcosa di personale.
Quali sono i tuoi obiettivi e le tue motivazioni sul fatto di interagire sulle piattaforme social? Qual è il messaggio principale che vuoi trasmettere?
L’obiettivo principale è sprigionare la mia creatività, poter raccontare il mio mondo a modo mio, senza alcun compromesso. Questa è una grande libertà, essere coerenti con la propria cifra artistica. Non c’è un messaggio preciso che voglio trasmettere, non amo i messaggi in realtà. Preferisco le suggestioni, gli spunti di riflessione, o più semplicemente scioccare il pubblico. Ma con un senso, mai in un modo fine a sé stesso.
Grazie per questa intervista. Quale può essere il tuo “slogan”?
Grazie a te. Non credo di avere un vero e proprio slogan. Da piccolo ho sentito dire tante volte “la libertà è il rispetto delle regole”. E io dicevo sempre di no, ero contrario alle regole. Col tempo ho trasgredito troppo a queste regole, danneggiando me stesso e a volte gli altri. Oggi vorrei imparare a rispettarle di più.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Lola Abraldes, protagonista...
Lola Abraldes ci racconta il suo percorso in Margarita, la nuova serie legata all’universo di Floricienta (Flor speciale come te) e le sfide per interpretare Daisy, in una trama piena di colpi di scena. Ricordiamo che la serie narra le vicende della figlia di Flor e Massimo.
Lola Abraldes, a soli 21 anni, è già una promessa nel mondo dello spettacolo. È attrice, ballerina, cantante, modella e ha una determinazione che emerge chiaramente sin da bambina. La sua carriera ha radici profonde: a soli sei anni ha iniziato a lavorare nelle pubblicità, spesso al fianco di suo padre Flavio Abraldes, anche lui attore, che è stato una guida importantissima per lei. Con il suo sostegno e i suoi consigli, Lola ha affrontato ogni sfida con una sicurezza davvero invidiabile.
Ma non è solo il talento di famiglia a distinguerla: Lola ha sempre avuto una passione innata per l’arte, alimentata dai suoi studi di teatro e danza, iniziati a sette anni, e dal canto, che ha aggiunto alla sua formazione quattro anni fa. Il suo grande sogno? Lavorare con Cris Morena, un sogno che l’ha accompagnata fin da quando guardava Casi Ángeles, affascinata dal personaggio di Mar. E questo sogno, con grande determinazione, è riuscita a realizzarlo.
Lola ha dovuto insistere molto con i suoi genitori per partecipare ai primi casting. Non era facile per loro accettare che una bambina così piccola volesse già entrare in un mondo così competitivo. Ma alla fine ha prevalso la sua caparbietà e da quel momento non si è più fermata. Ha iniziato a fare pubblicità, ha continuato a studiare e poco a poco si è fatta strada nel mondo del cinema e della TV.
Nel 2021 arriva la svolta: ottiene un ruolo da coprotagonista nel film Como mueren las reinas. Un’esperienza che per lei ha significato tantissimo, perché è stato lì che ha capito di voler recitare per il resto della vita. Quei giorni lunghi sul set, per la prima volta così intensi, le hanno dato la certezza che il suo sogno stava prendendo forma.
Ma la vera sfida arriva con Margarita, una serie firmata da Cris Morena. Lola ha affrontato un casting lunghissimo e inizialmente non era stata selezionata per il laboratorio della serie. Ma la sua perseveranza è stata premiata: dopo qualche settimana, è stata richiamata per partecipare, e alla fine, tra cinque attrici, è stata scelta per interpretare Daisy. Un momento di felicità indescrivibile per lei.
Il personaggio di Daisy non è affatto semplice. Cresciuta tra bugie e inganni, Daisy non conosce la sua vera identità e Lola ha lavorato mesi per costruire un ruolo così complesso. Ogni scena è stata analizzata a fondo, ogni dettaglio studiato. Grazie alla sua formazione artistica, Lola ha saputo dare a Daisy una profondità che rende il personaggio credibile e coinvolgente.
Lola ha lavorato duramente per far emergere in Daisy il conflitto tra la voglia di conoscere la verità e la paura di affrontarla. Daisy, infatti, sceglie inconsciamente di vivere nella menzogna, per evitare il dolore di scoprire chi è davvero. Un personaggio pieno di sfumature, che Lola ha reso unico, grazie anche all’aiuto della sua coach di recitazione e di suo padre, sempre presente a darle consigli.
Il rapporto tra Daisy e la vera Margarita, interpretata da Mora Bianchi, è stato uno degli aspetti più interessanti da sviluppare. La loro amicizia nella vita reale ha reso tutto più semplice: ore e ore passate insieme sul set hanno creato una complicità autentica che si riflette anche nei loro personaggi. E questa autenticità è ciò che rende il legame tra Daisy e Margarita così vero e coinvolgente sullo schermo.
Anche la relazione tra Daisy e Merlín, interpretato da Nicolás Goldschmidt, ha rappresentato una grande sfida per Lola. Dopo aver subito tanto dolore a causa di Merlín, Daisy trova la forza di perdonarlo, dimostrando la sua dolcezza e la sua capacità di comprendere. Una delle scene più intense, ci racconta Lola, è stata quella sull’isola, dove Daisy affronta Merlín chiedendogli “Perché mi fai questo?”. Quella battuta, inserita da Lola stessa, ha dato ancora più profondità al suo personaggio e alla scena.
Non è mancata la pressione da parte del fandom di Floricienta, una serie amatissima che ha lasciato un’eredità importante. Lola ha sentito questa responsabilità, ma ha affrontato tutto con grande rispetto, riguardando la serie originale per immergersi completamente nel contesto e fare suo il ruolo di Daisy.
E per il futuro? Lola ha le idee molto chiare. Vuole continuare a recitare, esplorare nuovi personaggi, nuovi paesi, nuove storie. Sogna di lavorare in Italia o in Spagna, due paesi che ama moltissimo e continua a formarsi per crescere sempre di più come attrice.
L’intervista con Lola Abraldes ci ha regalato uno sguardo unico sul suo percorso, fatto di determinazione, passione e tanto talento. Una giovane artista che ha sempre creduto nei suoi sogni e che, con impegno e sacrificio, li sta realizzando uno dopo l’altro. E noi non vediamo l’ora di vedere dove la porteranno i prossimi passi.
La nostra intervista esclusiva
Ciao, Lola! È un vero onore averti con noi di Sbircia la Notizia Magazine per questa esclusiva in Italia. Siamo davvero entusiasti di poter raccontare la tua storia ai nostri lettori e scoprire di più su di te e sul tuo percorso. Sei un talento emergente che sta conquistando il cuore di molti e avere l’opportunità di parlare con te è un privilegio. Grazie per aver accettato questa intervista.
Hai iniziato a lavorare nel mondo dello spettacolo giovanissima, partecipando in pubblicità e lavori di modella già a sei anni. Quanto ti ha aiutato questa esperienza iniziale ad affrontare i casting e il ruolo di Daisy in “Margarita”? C’è qualcosa che hai imparato in quegli anni, magari anche dai lavori insieme a tuo padre Flavio Abraldes?
“Lavorare nel mondo della recitazione fin da piccola mi ha aiutato tantissimo ad affrontare i lunghi casting di Margarita. Mi ha dato una formazione solida non solo nella recitazione, ma anche nella danza e nel canto, poiché la mia esperienza precedente mi aveva già insegnato molto sul mondo dell’arte. Grazie ai miei lavori precedenti, sapevo già come studiare i copioni, come pormi davanti alla telecamera e come comportarmi sul set. Inoltre, i consigli che mio padre mi ha sempre dato mi hanno permesso di affrontare i casting con molta sicurezza e calma. È stato un processo lungo e difficile, ma sono riuscita a rimanere in piedi senza permettere alla pressione di abbattermi. Se non avessi fatto tanti casting durante la mia infanzia e non avessi già sperimentato cosa significhi non essere scelta per un progetto, il processo di selezione per Margarita sarebbe stato impossibile per me.”
Fin da bambina, guardavi “Casi Ángeles” e sognavi di lavorare nelle produzioni di Cris Morena, ispirata dal personaggio di Mar. Raccontaci cosa hai provato quando hai saputo che eri stata ammessa alla scuola “Otro Mundo” di Cris Morena, e qual è stato per te il momento più emozionante di questo percorso, passando da fan a parte integrante di questo mondo che tanto ammiravi?
“Come dici tu, ero una grande fan di Casi Ángeles, e vedere Mar mi ha ispirata a diventare attrice. Entrare in Otro Mundo è stato un sogno che si realizzava per me, perché era lo spazio dove potevo imparare arte tutto il giorno, tutti i giorni, come avevo sempre desiderato. E, inoltre, sotto la guida della grande Cris Morena. Quando ho saputo di essere stata ammessa a Otro Mundo, ho pianto di gioia abbracciata a mia madre, ansiosa di iniziare a imparare da Cris. Il momento più emozionante di quel percorso è stato poche settimane dopo, quando Cris mi ha invitato a un incontro per conoscerci. Abbiamo parlato a lungo e mi ha detto che era interessata a me e che le piaceva molto il mio lavoro. Mi ha raccontato che dal giorno in cui ci siamo incontrate per la mia audizione, aveva il desiderio di sedersi a parlare con me. È stata una conversazione molto piacevole e mi ha consigliato di continuare a formarmi con la stessa energia e voglia.”
Il processo di selezione per il ruolo di Daisy è stato particolarmente intenso e competitivo, passando attraverso due fasi di casting e poi un laboratorio con altre quattro attrici in lizza per lo stesso ruolo. Qual è stata, secondo te, la chiave del tuo successo in quelle audizioni, e come hai vissuto quei momenti di incertezza, specialmente quando inizialmente ti avevano detto che non eri stata scelta?
“Credo che la chiave del successo sia stata mantenere la sicurezza in me stessa, lavorare duramente nonostante la stanchezza e appoggiarmi sui miei compagni di cast, amici e famiglia. Ho sempre mantenuto un buon rapporto con le altre ragazze che facevano il casting per Daisy, consigliandoci a vicenda, trattandoci con affetto e rispetto. Questo è stato fondamentale perché ha evitato che si creasse un ambiente ostile e competitivo. La mia famiglia è stata sempre presente, sostenendomi nei giorni in cui mi sentivo più giù o insicura, aiutandomi a ritrovare le energie per continuare. Inoltre, mio padre Flavio mi aiutava molto a provare le scene a casa. Continuavo a prendere lezioni per crescere e formarmi come artista.”
Daisy è un personaggio complesso, cresciuto in un mondo di bugie senza conoscere la verità sulla sua identità, adottata da Delfina solo per sfruttare l’eredità di Margarita. Come hai costruito il carattere di Daisy per renderlo autentico, e quali sono state le sfide emotive più grandi nel rappresentare il conflitto interiore di un personaggio che vive in un inganno così profondo?
“Il laboratorio (o casting) che abbiamo fatto per la serie è stato molto lungo e questo mi ha dato mesi per costruire la personalità di Daisy e conoscerla a fondo. L’ho conosciuta a tal punto che l’ho fatta mia. Mio padre Flavio e la nostra coach di recitazione, Cecilia Echague, sono stati di grande aiuto per trovare tutte le sfaccettature di Daisy e trasformarla in un personaggio profondo e complesso. Ho preso ogni scena del copione e l’ho analizzata a fondo, cercando tutti i colori e i dettagli. Ho dedicato molto tempo e passione. La sfida più grande nel rappresentare il conflitto interno di Daisy è stata far sì che lei davvero non volesse scoprire la sua vera identità. Nel corso della sua vita, Daisy ha molti indizi che la portano a sospettare di non essere chi crede di essere e ho dovuto trovare una giustificazione per il suo non voler approfondire la ricerca. Ho deciso di rendere Daisy una ragazza che sceglie di vivere nella menzogna. Lei sa che ci sono cose che non quadrano, ma per evitare dolore e sofferenza, inconsciamente sceglie di non indagare e di essere felice nonostante il piccolo vuoto che sente. È il suo meccanismo di difesa.”
Hai studiato teatro e danza fin da quando avevi sette anni, e canto da quattro anni. Quanto è stato importante il tuo background artistico nel dare vita al personaggio di Daisy? Come queste esperienze ti hanno aiutato a portare profondità e credibilità a un ruolo che richiede non solo recitazione, ma anche un’espressività fisica e vocale che la rendono così unica?
“La mia formazione artistica è stata fondamentale per dare vita a Daisy. Essendo un personaggio molto complesso con molti conflitti interni, ho avuto bisogno di molta tecnica recitativa per interpretarla senza problemi. Tutta quella formazione mi ha permesso di creare una dualità in Daisy, con il dilemma del sapere e non sapere, e del credere e non credere. Daisy è una ragazza molto dolce e calma, con tanto amore da dare ma che soffre e piange molto. Tutto questo l’ho costruito grazie alla mia esperienza e formazione passata.”
In “Margarita”, il legame tra Daisy e la vera Margarita è intriso di una drammaticità inconsapevole, poiché entrambe vivono immerse in una bugia e sono ignare delle loro vere identità. Come hai lavorato insieme a Mora Bianchi per creare questa intensa e delicata amicizia tra due personaggi che, pur non sapendolo, sono in competizione per una vita che non appartiene loro?
“L’amicizia tra Daisy e Margarita si è sviluppata in modo molto naturale, perché con Mora abbiamo costruito quella stessa amicizia nella vita reale. Tante ore insieme, risate e conversazioni profonde ci hanno dato una complicità assolutamente autentica, che ci ha aiutato entrambe sul set. Credo che questa sia stata la chiave per far sì che il nostro legame nella fiction apparisse così genuino e naturale. Inoltre, ci ha permesso di goderci le ore sul set e di supportarci emotivamente mentre eravamo lontane dalle nostre famiglie – la serie è stata girata in Uruguay.”
La relazione tra Daisy e Merlin è ricca di tensione e segreti: inizialmente Daisy non conosceva la vera identità di Merlin e le sue motivazioni, ma dopo la rivelazione di questo, la dinamica tra loro è cambiata profondamente. Qual è stata la sfida più grande nel rappresentare questa transizione e c’è una scena tra voi che ti ha toccato o lasciato una huella?
“La sfida più grande nel rappresentare questa transizione è stata far sì che Daisy si permettesse di condividere lo stesso spazio con Merlin, dopo che lui le aveva causato tanto dolore. Ci sono riuscita facendo sì che Daisy, con la sua dolcezza e bontà, capisse che lui non aveva agito con cattive intenzioni e che era una persona giusta e nobile. Una scena molto importante per me in questo rapporto è quella che loro hanno sull’isola, nella capanna. In quella scena, lei dice a Merlin che sa che lui non l’ha amata. A un certo punto gli dice: ‘Perché mi fai questo?’. Aggiunsi io quella battuta, perché mi sembrava importante per rappresentare ciò che Daisy sentiva e come lei si chiedeva davvero perché fosse necessario soffrire così. È stata anche molto bella da girare.”
Interpretare Daisy significa entrare a far parte di un universo legato a “Floricienta”, una serie iconica con una fanbase molto affezionata. Hai avvertito la pressione di soddisfare le aspettative di chi ha amato la serie originale e come hai gestito questa responsabilità, specialmente sapendo che i fan attendevano con ansia di scoprire cosa fosse successo a Flor e Massimo?
“Sì, ho sicuramente sentito molta pressione da parte del fandom di Floricienta, ma posso dire che ho sempre affrontato questo personaggio e questo progetto con grande rispetto. Ho rivisto Floricienta prima di iniziare le riprese, per comprendere meglio il contesto e capire a fondo la storia precedente, il che è stato fondamentale per le riprese. Inoltre, come fan di Floricienta, mi piace che il pubblico continui a provare tanto amore per Massimo e Florencia, proprio come ne provo io.”
Hai avuto un percorso unico e affascinante nel mondo dello spettacolo, dai primi passi nelle pubblicità fino ai ruoli di spicco in serie TV e film. C’è un momento nella tua carriera che consideri particolarmente significativo, un punto in cui hai sentito di aver trovato veramente la tua strada? Come il sostegno dei tuoi genitori, inizialmente restii a farti entrare nel mondo dello spettacolo, ha influenzato le tue scelte?
“Sì, per me è stato fondamentale il mio ruolo nel film Como mueren las reinas. È stato il mio primo progetto da coprotagonista e il periodo di riprese è stato lungo. Essere sul set tutti i giorni per la prima volta mi ha fatto capire che questo era davvero il mio sogno e che volevo recitare su un set per il resto della mia vita. Il sostegno dei miei genitori è stato sempre fondamentale per me, perché, una volta che hanno capito che questo era davvero il mio sogno, hanno iniziato a supportarmi al 100%, con tutto il loro amore e la loro dedizione. Questo è stato importantissimo per me, perché mi ha fatto sentire sempre accompagnata dalle persone che amo di più.”
Guardando al futuro, ci sono ruoli o storie che sogni di esplorare come attrice? Hai un progetto o un personaggio che senti particolarmente vicino e che ti piacerebbe interpretare?
“Guardando al futuro, sogno semplicemente di continuare a recitare per tutta la vita. Di esplorare personaggi completamente diversi, girando in Paesi diversi e per progetti diversi. Sogno di continuare a formarmi e crescere come attrice, e di affrontare storie di ogni tipo. Mi piacerebbe molto partecipare a un progetto in Spagna o Italia, poiché sono due Paesi che amo e adoro le persone che li abitano. Mi farebbe tantissimo piacere vivere lì per un po’ di tempo.”
Cosa diresti a chi, come te, sogna di entrare nel mondo dello spettacolo e affronta le sfide dei primi casting e delle prime delusioni? Qual è il consiglio più importante che hai ricevuto e che vorresti condividere con chi sta muovendo i primi passi in questo ambiente?
“Direi loro di lottare per i propri sogni. Con tanto impegno, lavoro e dedizione, i sogni si realizzano. Bisogna essere pronti ad affrontare il rifiuto, il vuoto e la tristezza, ma se riusciamo a superare quei momenti, quelli belli arriveranno. I miei genitori mi hanno sempre consigliato di continuare a crescere, di non lasciarmi abbattere dalle difficoltà e di non permettere che l’opinione di un direttore di casting mi definisse. Penso che questo sia molto importante, perché è facile sentirsi ‘poco talentuosi’, ‘brutti’ o ‘inadeguati’ quando un direttore di casting non ti sceglie per un ruolo. Ma bisogna tenere presente che non dipende da noi. Spesso non si viene scelti perché stavano cercando qualcos’altro, o per mille ragioni che non hanno a che fare con la bellezza, il talento o le capacità di una persona. È importante ricordarselo per poter essere felici in questa carriera.”
Se potessi tornare indietro e incontrare la Lola bambina che guardava “Casi Ángeles” con gli occhi pieni di sogni, cosa le diresti ora? Come ti senti sapendo che ogni passo ti ha portato esattamente a dove volevi essere, recitando in una serie firmata da Cris Morena?
“Sarebbe meraviglioso poter parlare qualche minuto con la Lola bambina. Le direi che tutti i suoi sforzi valgono la pena. Che perdere tanti compleanni, tante serate in pigiama con le amiche e tanti viaggi per continuare a formarsi o girare progetti più piccoli, varrà la pena. Le direi di credere in se stessa, di permettersi di divertirsi e giocare con la sua arte. Di non prendersi tutto troppo sul serio. Che tutti i suoi sogni si realizzeranno.”
Sebbene siamo ancora all’inizio, i fan sono già curiosi: ci sarà una seconda stagione di “Margarita” o i 40 episodi sono gli unici in programma? Hai qualche anticipazione che puoi svelarci?
“Mi piacerebbe potervi raccontare tutto, ma per ora posso solo dirvi che sono molto entusiasta di tutto ciò che sta accadendo con Margarita. Presto arriveranno cose meravigliose che mi emozionano tantissimo. Una seconda stagione? Lo spero tanto! Sarebbe bellissimo. Mettendoci tanto impegno e desiderio, potrebbe essere possibile, quindi continuiamo a sognarla finché si realizza 💘”
Parlando un po’ della tua vita privata, se posso chiedere, sei fidanzata? E se sì, il tuo compagno condivide la tua stessa passione per la recitazione o è impegnato in un settore diverso?
“Non sono fidanzata, sono sola ma circondata da famiglia e amici che amo profondamente e con cui mi godo la vita.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Massimo Paolucci: Quasi Spia, una commedia...
Quasi Spia è il nuovo film, attualmente in fase di riprese, del regista Massimo Paolucci, che ha all’attivo produzioni importanti e di successo come Medium. Un nuovo progetto che si unisce a The Contract e Il Passo del Vento, in uscita nei prossimi mesi, che vanta un cast di grandi nomi: da Daniel McVicar all’influencer Zio Command, passando per Eleonora Pieroni, Danilo Brugia, Vincenzo Della Corte, Emilio Franchini, Vanessa Marini e Nadia Rinaldi. La protagonista è invece interpretata dall’attrice Simona Di Sarno, scelta da Paolucci per calarsi nel personaggio di Sara. Tutti aspetti dei quali abbiamo parlato con Massimo Paolucci in questa intervista.
A cura di Roberto Mallò
Massimo, parliamo di Quasi Spia. Partirei, per quello che può accennarmi, dalla trama. Di cosa parla il film?
“Il film tratta di una situazione periferica di una ragazza senza lavoro che intraprende la via del furto e si imbatterà in un’avventura da 007”.
Questa donna di cui parliamo è interpretata da Simona Di Sarno. L’ha scelta lei?
“Sì, l’ho scelta io. In principio, il progetto vedeva come protagonista un uomo. Avevamo pensato ad un ragazzo un po’ scapestrato che per fare soldi era disposto a fare qualsiasi cosa. Abbiamo poi scelto la Di Sarno perché ci ha colpito con la sua fisicità. E’ italo-indiana. Ha un viso spigoloso, un colore della pelle un po’ particolare, una montagna di capelli. Mi ricordava la Julia Roberts dei primi tempi. E incarna bene il personaggio molto singolare che porta in scena in Quasi Spia”.
Il film toccherà anche delle tematiche di attualità e di rilevanza sociale. Si può dunque dire che, pur essendo una commedia all’italiana, spinge alla riflessione.
“Esatto. Questa ragazza, che non riesce mai a trovare un lavoro, si affida sempre a una sua amica, agente immobiliare, che le permette, di tanto in tanto, di usare le case in vendita per dormire. La protagonista è una ragazza un po’ sbandata, non è seguita. Il film è una piccola denuncia perché sappiamo bene che, al di là della commedia e del film, le personalità così diventano vere e proprie ‘maestranze’ per la criminalità in strada”.
Il film è prodotto da Security, società specializzata in sicurezza che ha deciso di intraprendere una nuova attività cinematografica sotto la guida di Eleonora e Giuseppe Sordi, con il supporto e la produzione esecutiva di Omega Productions di Sara Paolucci. Com’è nata la collaborazione con loro?
“La Security si occupa della sicurezza in maniera seria. Siamo andati da loro un giorno, per vedere gli uffici e le location. Abbiamo potuto toccare con mano in che maniera professionale trattavano tutto ciò che aveva a che fare con la sicurezza. Ho chiesto, dunque, di poter usufruire delle loro location. Invece, Eleonora e Giuseppe, che sono i maggiori azionisti di questa società, insieme al loro papà, mi hanno chiesto di avviare insieme un percorso, visto che ci conosciamo e tra di noi c’è massima fiducia. Abbiamo un po’ ragionato sul da farsi e, alla fine, Eleonora mi ha proposto di produrre il film. Ed ho accettato perché si trattava di un’operazione seria con una società seria e stabile, con una struttura e un impianto serio a livello economico”.
Quasi Spia è dunque la prima di altre produzioni che potrebbero arrivare insieme alla Security?
“Sì, è il primo progetto. Ci siamo legati per cinque anni con questa società, in maniera non esclusiva. Diciamo che nei cinque anni ci siamo promessi di fare almeno altri due progetti, medio-bassi. In attesa di un film storico e in costume più importante, che riguarda la nostra cultura italiana, del quale non posso svelare altro, per il momento”.
Torniamo a Quasi Spia. L’agente 007 in pensione, di cui abbiamo parlato, è interpretato invece da Daniel McVicar.
“Sì, lo conosciamo tutti. E’ stato il bello di Beautiful; ha il suo accento americano. La sua voce è garanzia di quello che è un personaggio importante. Con Daniel si lavora davvero bene. Inoltre, per restare sugli interpreti, nel film c’è Danilo Brugia. E’ davvero bravo; purtroppo non viene preso molto in considerazione per l’attore bravo e preparato che è. Il cast è composto poi da Emilio Franchini, con il quale ho fatto dei film molto importanti come Medium. C’è poi la bravissima Nadia Rinaldi, che interpreta un bel ruolo e ci farà emozionare”.
Passando anche per Eleonora Pieroni…
“Sì, ho lavorato con lei precedentemente in The Contract. parla un ottimo inglese, quasi come lingua madre. Ha vissuto tanti anni in America. E’ una figura bellissima, mi piace come si muove. Fa da controparte alla protagonista. Vederle sul set vestite da bond-girl è uno spettacolo per gli occhi. Ha sposato subito il progetto”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Versi di fede: Don Cosimo Schena, il prete Influencer che...
La figura di Don Cosimo Schena è un delicato mix tra profondità umana e spiritualità. Nato a Brindisi nel 1979, è entrato nell’Ordine dei Preti e a tutt’oggi non solo è un leader stimato della sua diocesi, ma anche un comunicatore innovativo che posiziona messaggi di fede e amore usando i media moderni. Il suo background educativo è vasto: le lauree in Filosofia, Teologia e Psicologia Clinica e Dinamica, nonché il Dottorato in Filosofia lo riflettono chiaramente il suo punto di vista meditativo e intellettuale sulla scrittura e la comunicazione.
L’importanza della poesia come diritto
Fin dal suo arrivo a Dio, Don Cosimo ha sentito l’esigenza di fare un’identificazione maggiore dell’amore di Dio. La poesia gli ha permesso di comunicare anche con il più distante della chiesa poiché il suo linguaggio, che copre i significati futuri, è allo stesso tempo modulo. Nelle sue raccolte di poesie, come L’uomo nel cuore di Dio, L’Arte di amare e Sussurri si concentrano sul tema centrale dell’amore divino, un amore che abbraccia ogni aspetto della vita quotidiana. Ogni poesia, breve ma intensa, nasce dal desiderio di donare speranza e conforto ed invita ad una connessione più profonda con la spiritualità.
La sua presenza sui social
Don Cosimo ha anche saputo fondere poesia, fede e tecnologia, diventando una presenza rilevante sui social media (fino a 20 milioni di streaming). I suoi video, in cui recita con passione le sue poesie accompagnate da musiche e immagini evocative, hanno catturato l’attenzione di un vasto pubblico, in particolare dei giovani. Attraverso questi contenuti, offre una guida spirituale alternativa, vicina e coinvolgente, trattando temi universali come l’amore, la pace e la gioia, sempre radicati nella fede cristiana.
L’umiltà, una delle sue più grandi qualità
Nonostante il successo dei suoi libri e la popolarità online, Don Cosimo è rimasto un sacerdote umile, profondamente legato alla sua missione pastorale. La sua presenza sui social non è altro che un’estensione del suo ministero, attraverso cui continua a cercare nuovi modi per raggiungere le persone e trasmettere messaggi di amore e speranza. Questo suo approccio autentico, unito alla capacità di toccare il cuore di chi lo ascolta, lo ha reso una delle figure spirituali più amate in Italia.
Il suo ultimo capolavoro: guida alla speranza e alla serenità
Oltre ai libri Rivestito di stelle per amare e La mia vita capovolta, nel 2024 esce con Dio è il mio coach, il suo ultimo capolavoro. Tutto ruota attorno all’idea che Dio possa essere scambiato per un allenatore della vita quotidiana – un’idea provocatoria, rassicurante e pratica.
L’autore propone ai lettori di immaginarsi Dio come un allenatore amorevole, pronto a rassicurare e a incoraggiare quando il gioco si fa duro. Con riflessioni semplici e storie personali, don Cosimo diffonde l’ideale che la fede possa essere una fonte concreta di forza e luce quando la vita diventa impossibile. Il coach non è affatto distante e irreale, anzi, è vicinissimo e molto umano: cammina accanto a noi, è orgoglioso di noi e ci spinge a fare meglio ogni giorno.
In sostanza, è un invito a vivere la propria spiritualità in modo pratico, trovando in Dio un amico e un allenatore che ci spinge a dare il meglio di noi stessi.
Il suo amore per gli animali
Don Cosimo è noto anche per la sua profonda compassione verso gli animali. Vede in loro doni di Dio e promuove il rispetto e la cura per tutte le creature. È attivamente coinvolto in iniziative per il benessere animale e sostiene rifugi ed organizza eventi per sensibilizzare la comunità sull’adozione responsabile. La sua dedizione mostra come l’amore per gli animali possa riflettere la nostra spiritualità e portare alla compassione nel mondo.
Noi lo abbiamo incontrato in esclusiva, di seguito l’intervista in italiano – per leggerla anche in altre lingue, visita www.menover50mode.com.
La nostra intervista esclusiva
Buongiorno, Don Cosimo, è un onore per me poterti intervistare.
“Buongiorno, grazie a te, il piacere è mio.”
In che modo Don Cosimo riesci a combinare la poesia e la spiritualità per avvicinare persone che si sentono distanti dalla fede.
“La poesia è un linguaggio universale che tocca il cuore delle persone. Attraverso i versi, cerco di esprimere la bellezza della fede e la profondità dell’amore di Dio. La poesia permette di avvicinarsi alla spiritualità in modo delicato e personale, creando un ponte tra il sacro e il quotidiano.”
Qual è il ruolo dei social media nel ministero di Don Cosimo e come la tua presenza digitale ha influenzato la tradizionale comunicazione cattolica?
“I social media sono uno strumento potente per raggiungere le persone ovunque si trovino. La mia presenza digitale mi permette di condividere messaggi di speranza e amore in tempo reale, rompendo le barriere della distanza fisica. Questo ha trasformato la comunicazione cattolica, rendendola più accessibile e immediata.”
In che modo la poesia di Don Cosimo esprime l’idea che l’amore di Dio si manifesta in ogni gesto della vita quotidiana?
“Nei miei versi, cerco di mostrare come l’amore di Dio si manifesti in ogni piccolo gesto della nostra vita quotidiana. Che sia un sorriso, un atto di gentilezza o un momento di riflessione, ogni azione può essere un riflesso della presenza divina.”
Come hai vissuto tu stesso l’idea di Dio come un coach nella tua vita, e quali esperienze ti hanno portato a condividere questo messaggio con gli altri?
“L’idea di Dio come un coach nella mia vita è stata una fonte di guida e ispirazione costante. Ho vissuto questa relazione come un continuo dialogo, dove Dio mi ha aiutato a vedere le sfide come opportunità di crescita e a trovare forza nei momenti di difficoltà. Le esperienze che mi hanno portato a condividere questo messaggio con gli altri sono molteplici: dai momenti di preghiera e riflessione personale, agli incontri con persone che hanno trovato conforto e speranza attraverso la fede. Ogni volta che ho visto il potere trasformativo di questo approccio nella mia vita e in quella degli altri, ho sentito il bisogno di diffondere questo messaggio, affinché più persone possano sperimentare la guida amorevole e il supporto di Dio come un vero coach.”
Secondo te, quali sono i principali motivi per cui i giovani si allontanano dalla Chiesa, e come possiamo renderla più rilevante per le nuove generazioni?
“Molti giovani si allontanano dalla Chiesa perché la percepiscono come distante dalle loro realtà e preoccupazioni. Per renderla più rilevante, dobbiamo ascoltare le loro voci, comprendere le loro sfide e offrire risposte autentiche e concrete. La Chiesa deve essere un luogo di accoglienza, dialogo e crescita personale.”
Abbiamo visto che tu sei un grande amante degli animali, qual è l’insegnamento più importante che hai ricevuto dagli animali nella tua vita e come questa esperienza ha influenzato la tua missione?
“L’insegnamento più importante che ho ricevuto dagli animali è la loro capacità di vivere nel presente e di mostrare amore incondizionato. Gli animali non giudicano, non portano rancore e vivono ogni momento con una purezza e una semplicità che spesso noi esseri umani dimentichiamo. Questa esperienza mi ha insegnato l’importanza di essere presenti per gli altri, di offrire amore senza aspettative e di trovare gioia nelle piccole cose della vita. Questi valori sono diventati fondamentali nella mia missione di portare conforto e speranza attraverso la mia poesia e il mio ministero.”
Se la Chiesa potesse adottare una nuova ‘app’ per avvicinare più persone alla fede, come pensi dovrebbe essere, più tipo Instagram, TikTok, Facebook o altra?
“Se la Chiesa potesse adottare una nuova app, dovrebbe essere una combinazione di Instagram e TikTok, con contenuti visivi e brevi video che catturano l’attenzione. Dovrebbe essere interattiva, permettendo alle persone di condividere le loro esperienze di fede e di connettersi con una comunità globale.”
Infine, oltre a scrivere poesie, Don Cosimo trova costantemente nuovi modi di esprimere la propria fede. Attraverso diversi progetti, tra cui libri, presentazioni, eventi culturali e religiosi, l’autore proseguirà il suo messaggio che l’amore divino diventa visibile in ogni espressione e che l’armonia con Dio si raggiunge con ogni respiro e in ogni momento.