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Salute e Benessere

Il Medico risponde: Che cos’è l’attacco di...

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Il Medico risponde: Che cos’è l’attacco di panico?

“Il Medico risponde”

Che cos’è l’attacco di panico?

DOMANDA

Salve dottore sono Isabella una vostra assidua lettrice online. Complimenti per le sue belle risposte e per il giornale.
Per favore potrei sapere qualcosa sugli attacchi di panico, mi può rispondere, non si dimentichi ci tengo tanto, mi raccomando. Grazie infinitamente e buona serata.
Isa 72

RISPOSTA

A cura del Dr. Ferdinando Martinez

ATTENZIONE: "Le informazioni contenute in questa rubrica medica, non devono ASSOLUTAMENTE, in alcun modo, sostituire il rapporto Medico di Famiglia/Assistito. Si raccomanda per buona regola, di chiedere SEMPRE il parere del proprio Medico di Famiglia, o Specialista di fiducia, il quale conosce in dettaglio la storia clinica del proprio Paziente. La nostra rubrica, non avendo fatto un'anamnesi di chi ci scrive, impossibile online, ha il solo ed esclusivo scopo  informativo, decliniamo quindi tutte le responsabilità nel mettere in pratica qualsiasi chiarimento o indicazione riportata al solo scopo esplicativo e divulgativo. Qualsiasi domanda umanamente  intrattabile via web, verrà automaticamente cestinata. Grazie per la gentile comprensione."

Isabella grazie per la cortese mail, certo le rispondo volentieri subito e non dubiti nel ricontattarmi in qualsiasi momento lei abbia bisogno di delucidazioni.

Le spiego quindi l’attacco di panico di cui lei mi chiede informazioni. Isabella la crisi di ansia acuta o attacco di panico, è un’intensa sensazione di paura, d’ insorgenza improvvisa e di solito transitoria. I sintomi fisici associati possono includere sudorazione, palpitazioni, sensazione di soffocamento (dispnea), dolore toracico, nausea, formicolio parestesia. Questi sintomi sono associati a sensazioni di perdita di controllo o pericolo imminente non correlato alla realtà.

Isabella gli attacchi di panico possono essere anche spontanei o seguire un trigger. Alcuni fattori come lo stress possono sicuramente favorirli. Possono far parte di molti disturbi, come la depressione, alcune psicosi, stati di intossicazione e soprattutto disturbi d’ansia.

Il trattamento degli attacchi di panico consiste principalmente nel rassicurare il soggetto; un ansiolitico viene utilizzato in caso di situazioni continue e ripetitive. La prevenzione si basa sulla gestione del disturbo da cui si integrano o si scaturiscono.

La maggior parte dei pazienti con attacchi di panico spesso riferisce di aver paura di morire, d’ impazzire, di perdere il controllo delle proprie emozioni, del comportamento, delle forze, del respiro. Queste impressioni molto dolorose, generano spesso la necessità di sfuggire allo sguardo degli altri cercando un luogo isolato dove chiudersi da soli fino a quando la sensazione di disagio non si attenua parzialmente o totalmente o al contrario, si cerca la vicinanza delle persone care come conforto, affetto e rassicurazione.

Isabella deve sapere che un attacco di panico è segnalato dal verificarsi di molti altri sintomi come ad esempio:

  • una forte sensazione di ansia immotivata
  • un’acuta percezione di disastro imminente, per esempio paura di avere un attacco di cuore o un ictus
  • sudorazione fredda, vampate di calore, brividi
  • palpitazioni, sensazione di un cuore che batte troppo forte e veloce
  • tremori
  • un sentore di soffocamento o strangolamento
  • nausea
  • vertigini e senso di svenimento;
  • una presagio di irrealtà o dissociazione da se stessi, derealizzazione o spersonalizzazione
  • un’impressione di pesante intorpidimento generale
  • fastidioso formicolio

Ciò che caratterizza un attacco di panico è anche la repentinità della sua insorgenza, in qualsiasi momento della giornata e spesso vissuta come una sensazione brutale. Si svolge in un periodo di tempo ben definito e dura generalmente pochi minuti.

Isabella si ricordi che, le cause più note sono l’ansia, lo stress, le preoccupazioni, le fobie ricorrenti e alcuni tipi di trauma. Spesso anche l’ambiente a livello familiare o professionale a volte non coerente, possono portare a una crisi involontaria. Alcune sostanze possono causare o addirittura amplificare gli attacchi di panico, come l’alcol e vari tipi di narcotici.
L’iperventilazione è un fattore scatenante che crea alcalosi sistemica e l’alta sudorazione potrebbe causare alcalosi contribuendo alla generazione degli attacchi.

Un attacco di panico può essere spontaneo, senza trigger (può svegliare improvvisamente qualcuno che sta dormendo) o essere scatenato dal confronto con l’oggetto di una fobia o di ricordi.

Isabella il paziente può a volte associare gli attacchi di panico ad uno o più luoghi precisi in cui si sono verificati la prima volta, oppure ad uno o più momenti particolari della giornata e quindi, innescarli in un momento temporale o in un luogo, questo può spingerlo a rimanere rinchiuso a casa, o al contrario, a non volerci più tornare nel luogo imputato, agorafobia.

Anche i disturbi della tiroide possono scatenarne la crisi. Tuttavia, è imperativo eliminare prima qualsiasi patologia di cui lo stato di ansia è solo una conseguenza ( ipotiroidismo , ipertiroidismo, ecc.). L’errore diagnostico classico è quello di analizzare l’ansia come conseguenza causa (origini psicologiche), mentre può essere uno dei tanti sintomi della stessa malattia. In questo senso, il trattamento della malattia elimina rapidamente questi sintomi. In un individuo i cui sintomi si manifestano senza una causa particolare (solitamente individuo a bassa ansia, rapida insorgenza di uno stato ansioso), è quindi essenziale escludere qualsiasi patologia biologica al fine di evitare trattamenti inappropriati (antidepressivi, benzodiazepine, ecc.) che sarebbero praticamente inutili.

La tiroide dovrebbe essere monitorata sistematicamente, eseguire esami specifici per attestarne la normale funzionalità, in caso di ansia, soprattutto se accompagnata da altri sintomi suggestivi come affaticamento, rallentamento intellettuale, aumento di peso, cambiamenti di umore, palpitazioni, freddo eccessivo o persino intolleranza al calore. Infatti, anche se queste patologie sono molto frequenti all’interno della popolazione italiana a causa della mancanza di iodio (quasi 6 milioni di italiani hanno un problema alla tiroide), rimangono relativamente sconosciute e il paziente può rimanere per un certo tempo nel “vagabondaggio della diagnosi” a causa di una mancanza di screening adeguato.

Isabella, ci sono poi, cause legate a varie sostanze come: l’alcol, la cannabis, la cocaina, gli allucinogeni (LSD), le anfetamine, gli anoressizzanti, i prodotti anticolinergici, i nitrati, gli ormoni tiroidei, i solventi, gli oppiacei, l’avvelenamento da monossido di carbonio, i corticosteroidi, la caffeina, le benzodiazepine e gli antipertensivi.

Anche l’interruzione o la riduzione drastica della dose del trattamento antidepressivo (sindrome da sospensione degli antidepressivi) può causare attacchi di panico.

Le cause legate a stati psicologi, tipo una fobia può provocare un attacco di panico in reazione all’esposizione all’oggetto scatenante della fobia. Questi attacchi sono generalmente brevi e si risolvono quando cessa l’esposizione.

L’ambiente che circonda la persona (genitori ansiosi, attività professionale che sottopone l’individuo a uno stress significativo) può anche portare ad attacchi di ansia che possono diventare ricorrenti se il soggetto interessato non si allontana dall’ambiente stressante.

Quando una persona ha un disturbo da stress post-traumatico, accade spesso che si abbiano dei flashback dell’evento traumatico, che possono creare attacchi di panico piuttosto forti in cui la persona può persino perdere il contatto con la realtà traumatica.

Il trattamento di un attacco di panico inizia con la totale rassicurazione, la rimozione di possibili fattori ansiogeni che spesso sono sufficienti e relax assoluto. Semplici suggerimenti per sfocare l’attenzione, rilassarsi e rallentare la frequenza respiratoria con inspirazioni ed espirazioni in totale distensione, possono aiutare notevolmente.

Il trattamento farmacologico può essere preso in considerazione in assenza dell’effetto delle precedenti misure generali. I farmaci ansiolitici consigliati sono quelli della famiglia delle benzodiazepine, prescritti sotto severo e oculato controllo medico.

Isabella le ricordo che la mia risposta, non intende in alcun modo sostituirsi all’autorevole parere del Medico di famiglia, Medico Curante o di altre Figure Sanitarie di fiducia, preposte alla corretta interpretazione del problema in oggetto, a cui rimando, rigorosamente, per ottenere una più precisa indicazione incline sulle origini di qualsiasi sintomo stesso, grazie per la cortese comprensione, le auguro una meravigliosa domenica.

“Quam est felix vita, quae sine odiis transiit.”
Quanto è felice la vita trascorsa senza odio.

(Publilio Siro)

Aspettiamo le vostre domande, inviatecele via mail a info@sbircialanotizia.it

Docente di Medicina Clinica e Chirurgia Generale: si occupa principalmente della nostra rubrica “Il medico risponde”, ma anche della creazione di articoli riguardanti il campo della medicina. Tutti gli articoli vanno considerati a scopo esclusivamente informativo.

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Klotho e gli elisir di lunga vita, ‘tanti studi ma...

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Klotho e gli elisir di lunga vita, 'tanti studi ma longevità si conquista'

Succede sempre più spesso. Un giorno perché un anziano straordinario compie un'impresa sportiva a età inimmaginabili prima, un giorno per la lezione di vita quotidiana di super 90enni non hanno mai smesso di ballare, sfilare, guidare, tenere conferenze. Appena lo scorso weekend era stato il raduno di 70 ultra centenari a Padova, da Guinness dei Primati, a riaccendere i riflettori sul mito della lunga vita. La scienza si interroga su come favorirlo. Fioccano studi su proteine e ormoni della longevità in cerca di strategie per riavvolgere il nastro del tempo, per garantire un invecchiamento sano, un cervello giovane. Decenni di ricerche si sono accumulati su Klotho, proteina correlata alla salute del cervello anche da un recente lavoro pubblicato su 'Nature' che ne approfondisce i meccanismi scoprendo un filo conduttore che l'accomuna al sangue giovane e allo sport. Studi affascinanti, "pubblicati su riviste prestigiose, al momento condotti su animali", riflette Francesco Landi, direttore del Dipartimento di Scienze dell'invecchiamento del Policlinico Gemelli di Roma.

"Ma non mi piace come messaggio che possa esistere un singolo fattore e quindi una singola proteina, come se fosse la fontana dell'eterna giovinezza". Oggi quello di cui c'è certezza è che la longevità va 'sudata'. "Diciamo che non è 'for free' - sottolinea l'esperto all'Adnkronos Salute - La longevità si conquista, non è un dono di natura. Anche perché ormai è ampiamente dimostrato che la genetica può incidere al massimo per il 20%. E poi, altro dato straordinariamente importante è che, anche se si ha una genetica buona, se ci si comporta 'male'" quel vantaggio si brucia. Landi, facendo il punto sulle conoscenze che finora si sono consolidate, puntualizza: "Noi abbiamo una certezza, e come università Cattolica e Policlinico Gemelli l'abbiamo pubblicato personalmente: c'è una precisa traiettoria di declino dell'invecchiamento e della performance fisica. Se parliamo della forza muscolare - misurata ad esempio con l'handgrip o con la forza di alzarsi e sedersi dalla sedia 5 volte senza l'uso delle braccia misurando quanto tempo ci mettiamo - queste performance fisiche sono stabili più o meno fino a 50 anni e poi da 50 anni in poi cominciano a declinare. Questa traiettoria legata all'invecchiamento si può modificare. E l'esercizio fisico modifica questo declino".

"Se poi una proteina come Klotho sia in grado di essere un mimetico dell'esercizio fisico, questa potrebbe essere una buona notizia per i sedentari. Però certamente - osserva lo specialista - dobbiamo anche sempre immaginare che i meccanismi di azione, sia dal punto di vista di performance fisica che di performance cognitiva, sono multifattoriali. Quindi è verosimile che modificando un singolo meccanismo non si ottengano delle modificazioni complessive su tutto l'organismo. Non a caso l'esercizio fisico è definito una 'polipillola'. Perché va ad agire positivamente su tanti fattori: sicuramente su quello dell'insulina, della vascolarizzazione, sulla glicemia, sull'attivazione di mediatori che vanno ad agire anche a livello cerebrale. Quindi è chiaro che avere il mimetico dell'esercizio fisico sarà probabilmente un po' difficile, come avere un mimetico della sana alimentazione".

Landi fa alcuni esempi per inquadrare un primo punto fermo: il potere dello sport. "Gli 80enni che durante la loro vita hanno fatto esercizio fisico, sia di tipo aerobico che anaerobico - per intenderci sono andati anche in palestra oltre ad andare in bicicletta, a correre, a fare nuoto, a camminare - hanno la stessa performance delle persone sedentarie a 50 anni. Significa dunque che questa traiettoria la possiamo modificare, tanto da guadagnare anche 30 anni di funzione fisica. Il ragionamento" che gli scienziati fanno "è che se l'esercizio fisico può modificare la traiettoria di declino, evidentemente anche altro può farlo". Se dalla proteina Klotho al momento non possiamo trarre risvolti concreti immediatamente spendibili, "è chiaro che poi in futuro certamente l'approccio a terapie 'senolitiche'", che contrastano la senescenza, "potrà in qualche modo aiutare".

Lo specialista con gli esperti del Gemelli è in campo con diverse iniziative sulla longevità. Di recente è stata ufficializzata la partnership tra la comunità scientifica dei farmacisti preparatori sostenuta da Unifarco e l'Irccs romano per promuovere la cultura della longevità in farmacia, punto di riferimento che diventa un polo di prevenzione. Obiettivo "intercettare le persone fuori dall'ospedale, una sorta di missione di terzo settore" che trova nella farmacia la sede "in cui fare per prima cosa informazione sulla longevità, perché la prevenzione parte, innanzitutto, da un'adeguata informazione", spiega. Una parola chiave è "longevity check-up. Va detto che la longevità si 'coltiva' se anche da bambini e adolescenti ci interessiamo a quelli che sono i corretti stili di vita e l'adeguata prevenzione, in base alle fasi dell'età".

I longevity check-up citati da Landi partono "da uno screening di base, da quella che l'American Heart Association ci indica come la valutazione degli 8 fattori di rischio cardiovascolari più importanti che correlano alla longevità: dieta, esercizio fisico, controllo della glicemia, del peso corporeo, del colesterolo, della pressione arteriosa, qualità del sonno che di fatto è il proxy dello stress dannoso, e poi quelli che possono rientrare sotto la voce abusi, dall'alcol a fumo e sostanze. Siamo partiti con un longevity check-up per la performance fisica e stiamo per declinarne uno su performance cognitiva".

La prima cosa che si fa, continua Landi, "è una visita internistica con analisi ematochimiche, e un'attenta analisi di quella che è la dieta, con un questionario sulla frequenza con cui si mangiano alcuni alimenti e la frequenza con cui si fa esercizio fisico e di che tipo. Per poi andare a fare elettrocardiogramma, valutazione della composizione corporea, scansione posturale e articolare in tre dimensioni, senza raggi, che ci dà l'indicazione anche di alcune circonferenze importanti, come la circonferenza vita-fianchi. Poi lo studio metabolico dell'osso, test di funzionalità muscolare e cognitiva, valutazione della qualità del sonno e così via, allargando eventualmente dallo screening di base ad analisi specifiche sulla base dei risultati. In più, in farmacia si può fare eventualmente un test genetico di predisposizione all'invecchiamento: è un test salivare che dà ulteriori indicazioni, che verranno però sempre correlate con il check-up. Tutto va inquadrato nella valutazione generale. E c'è anche la possibilità di una valutazione del microbioma intestinale, altro aspetto importante solo se legato al resto".

Da un lato quindi c'è l'alleanza con la farmacia "che diventa un po' una sentinella", dall'altro lato, sempre per sensibilizzare, ci sono attività 'on the road': "Organizziamo iniziative come la 'Longevity run' - ricorda l'esperto - un tour che facciamo in giro per l'Italia per poi concludersi a Roma, in cui costruiamo dei villaggi della salute sul campo: con la scusa della corsa competitiva, riusciamo ad agganciare le persone per fare un inizio di check-up, dal controllo del colesterolo a quello di glicemia, pressione arteriosa, peso". Oggi, riepiloga lo specialista, "sappiamo che i due fattori più importanti sono lo stile di vita legato alla dieta e l'esercizio fisico. E' chiaro che, se parliamo di esercizio fisico, lo dobbiamo fare tutta la vita, abbiamo delle indicazioni precise e non possiamo sottrarci. E il problema - riflette - è che noi il risultato non lo vediamo dopo una settimana o un mese o un anno, ma nei decenni della nostra vita".

La dieta "è l'altro elemento fondamentale. Su questo piano si può parlare di 'integrazione mediterranea' della dieta mediterranea: cioè esistono una serie di integratori, da usare in maniera mirata laddove c'è carenza nella dieta quotidiana su alcuni ingredienti che sappiamo avere un'azione positiva sulla protezione della cellula, in particolare per esempio del mitocondrio, o per contrastare l'antinfiammazione legata alla senescenza. Per esempio, oggi sappiamo bene che l'estratto di melograno ha un'azione positiva e sappiamo molto bene che l'arginina ha un'azione sulla liberazione dell'ossido nitrico, della vasodilatazione e quindi di una migliore vascolarizzazione". In conclusione, anche a tavola non c'è l'ingrediente della longevità. "Esiste una dieta della longevità - conclude Landi - che possiamo cercare di supplementare dove abbiamo elementi carenti. Agiamo dunque solo dove abbiamo delle esigenze specifiche e particolari".

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Tennis, il fisiatra: “Dietro aumento infortuni cambi...

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Tennis, il fisiatra:

La lista dei tennisti che nelle ultime settimane hanno dato forfait durante i tornei, da Mutua Madrid Open agli Internazionali d'Italia, in vista dello slam di Parigi, il Roland-Garros (Sinner, Alcaraz e Medvedev si sono ritirati, mentre Nadal e Berrettini rientrano con grande accortezza da problemi fisici), ripropone il tema di un maggiore numero di infortuni tra i professionisti che giocano tanto e su superificie di gioco diverse. "Sebbene gli infortuni osservati nel tennis siano comuni ad altri sport, la sua natura continuativa durante tutto l'anno, combinata con le diverse superfici su cui viene giocato, l'attrezzatura utilizzata e la biomeccanica, porta a uno spettro unico di lesioni. In generale le lesioni acute si verificano più frequentemente e tendono a colpire più spesso gli arti inferiori, mentre le lesioni croniche tendono a colpire più frequentemente gli arti superiori". Lo spiega all'Adnkronos Salute Andrea Bernetti, vice presidente della Società italiana di medicina fisica e riabilitativa (Simfer). Dal punto di vista del trattamento, "la maggior parte degli infortuni può essere generalmente gestita tramite approcci conservativi che includano strategie di intervento riabilitativo da valutare caso per caso - osserva - Fondamentale è poi la fase di 'return to play' e la prevenzione delle ricadute".

"Le spiegazioni dietro agli infortuni degli sportivi d'élite sono sempre difficili da fornire senza conoscere nel dettaglio il caso specifico e non è corretto quindi generalizzare - precisa Bernetti - Tuttavia, basandoci su dati di letteratura, possiamo in parte sottolineare due elementi come plausibili fattori di rischio. In primis un ruolo centrale è dato dalle ore di gioco e dal numero degli incontri giocati. In particolare, una recente ricerca scientifica ha mostrato un'incidenza di infortuni compresa tra 0,04 e 3 per 1.000 ore di gioco. Inoltre - prosegue il fisiatra - utilizzando i dati sui minuti giocati in tutti gli eventi di tennis professionale dell'Association of Tennis Professionals (Atp) e della Women's Tennis Association (Wta) tra il 2011 e il 2016, hanno trovato tassi di infortuni di 201,7 per 10.000 esposizioni di gioco per le donne e di 148,6 per gli uomini. Inoltre, hanno notato differenze significative nella distribuzione degli infortuni tra uomini e donne, con la spalla, il piede, il polso e il ginocchio come siti di infortuni più comuni tra le donne, mentre le lesioni a ginocchio, caviglia e coscia erano le più diffuse tra gli uomini".

"Un ulteriore dato interessante - rimarca Bernetti - proviene da uno studio olandese condotto su oltre 3.500 tennisti amatoriali della Royal Netherlands Lawn Tennis Association, che ha dimostrato come sia stato osservato un tasso più elevato di lesioni da sovraccarico nei giocatori che giocavano su più superfici rispetto ai giocatori che giocavano principalmente su una superficie. Questo cambiamento tra le superfici di gioco - avverte l'esperto - potrebbe essere un fattore di rischio per infortuni anche tra i giocatori d'élite e può almeno in parte spiegare l'aumento di incidenza degli infortuni al passaggio dal periodo di gioco su una superficie a quello immediatamente successivo. Naturalmente sono dati generali, ogni infortunio deve essere valutato e trattato in modo personalizzato analizzando ogni singola peculiare caratteristica dell'atleta".

"Dal punto di vista terapeutico, andrebbero conosciuti i dettagli precisi dei singoli infortuni. In linea generale si può ragionare su due aspetti - suggerisce Bernetti - la prevenzione da un lato e la terapia in caso di infortunio dall'altro. I tennisti d'élite sono seguiti da staff completi con professionisti di alto livello che approcciano ad entrambi questi aspetti con altissima preparazione. Infatti, gli elementi da considerare sono molteplici ben oltre la mera preparazione atletica, e vanno ad esempio dalla valutazione della biomeccanica del gesto atletico all'attrezzatura sportiva, passando per gli aspetti nutrizionali e psicologici, solo per citarne alcuni".

Nell'ambito della valutazione del movimento e del gesto atletico, "sono sempre più utilizzati dispositivi tecnologici, come ad esempio sensori inerziali e sistemi di analisi video, che permettono di oggettivare il movimento e di comprendere cosa e come eventualmente correggere se opportuno. Dal punto di vista del trattamento - osserva il fisiatra - la maggior parte degli infortuni può essere generalmente gestita tramite approcci conservativi che includano strategie di intervento riabilitativo da valutare caso per caso. Fondamentale è poi la fase di 'return to play' e la prevenzione delle ricadute, per cui in alcuni casi si deve intervenire prevedendo anche un cambiamento della tipologia di gioco e di colpi".

"La tecnologia naturalmente è anche a supporto della fase di cura - evidenzia l'esperto - attraverso l'utilizzo di terapie fisiche strumentali di ultima generazione e di strumentazioni per incrementare la forza o la propriocezione anche attraverso strumenti di biofeedback. Ove opportuno, poi, possono essere previsti trattamenti di tipo infiltrativo sotto guida ecografica utilizzando ad esempio acido ialuronico o il Platelet rich plasma (Prp) chiamato in modo non scientifico 'pappa piastrinica'. Ogni caso - conclude Bernetti - deve essere comunque valutato e gestito in modo altamente personalizzato".

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Salute e Benessere

Salute, per ripresa post coda influenzale ‘cibo sano,...

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Salute, per ripresa post coda influenzale 'cibo sano, buon sonno e no pigrizia'

La 'coda' delle sindromi influenzali in queste ultime settimane ha colpito duro mettendo molti italiani a letto. E i tipici strascichi post influenzali si sono spesso sommati agli effetti del cambio di stagione, acuendo il senso di stanchezza e fatica. Per la ripresa "non c'è una bacchetta magica. Serve ricalibrare gli stili di vita: alimentazione sana, buon sonno, movimento, mai scordarsi di bere e anche vita sociale". A dettare la 'ricetta' è Giorgio Sesti, ordinario di Medicina interna all'università Sapienza di Roma e presidente della Società italiana di medicina interna (Simi).

Il primo consiglio è quello di adottare "una corretta alimentazione, quindi mangiare in maniera equilibrata, non saltare i pasti, non esagerare ovviamente con bevande alcoliche e con bevande eccitanti come possono essere il caffè, il tè, che possono acuire il senso di agitazione". Importante, poi, aggiunge Sesti, è "fare una costante attività motoria, ma chi in questi periodi ha allergie deve fare particolare attenzione, evitando le attività all'aperto e seguire le terapie ". Per tutti gli altri valgono le regole standard. "Chi svolge un lavoro sedentario deve ricordare che ogni 30 minuti bisogna alzarsi e fare 3-5 minuti di movimento, stretching, salire e scendere un piano a piedi e così via".

Altro aspetto fondamentale "è il sonno, quindi dormire, evitare di fare tardi, di bere alcolici la sera o caffè e il tè. Evitare di avere sistemi audiovisivi nella camera, la televisione, il pc, il telefonino e tutto quello che può distrarre dal fare un sonno che ci ricarichi. Durante il sonno, infatti, noi ricarichiamo il nostro organismo un po' come le batterie", ricorda il medico internista. Per quanto riguarda gli integratori, "il concetto - puntualizza - è che si integrano solo le carenze. Se faccio una dieta sbilanciata o una dieta estrema o una dieta povera di alimenti, allora lì devo integrare. Chi ha un'alimentazione equilibrata non ne ha bisogno". Inoltre, "cosa importantissima è bere. Beviamo sempre troppo poco, invece è fondamentale per tenere sia i nostri reni in funzione, sia per evitare una concentrazione del sangue e delle urine". Infine, conclude Sesti, va evitato l'errore più frequente: quello di "lasciarsi andare alla stanchezza, rifiutare rapporti sociali. E' sbagliato, perché la convivialità aiuta la ripresa".

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