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Salute e Benessere

Dengue e malaria, boom di casi: è colpa del clima, allarme...

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Dengue e malaria, boom di casi: è colpa del clima, allarme infettivologi

La previsione dal congresso europeo: “Malattie da zanzare minacceranno fino a 4,7 miliardi di persone in più entro il 2100”

Una zanzara - (Fotogramma)

In un mondo sempre più caldo e popolato, le infezioni trasmesse dalle zanzare stanno diventando malattie globali“, presenti anche in parti del pianeta che prima d’ora registravano al massimo casi di importazione. “Se le emissioni di carbonio e la crescita della popolazione continueranno ad aumentare ai ritmi attuali, entro il 2100 saranno a rischio di malaria e Dengue 4,7 miliardi di persone in più nel mondo”. Lanciano l’allarme gli esperti che dal 27 al 30 aprile si riuniranno a Barcellona, in Spagna, per il Congresso della Società europea di microbiologia clinica e malattie infettive (Escmid). Il riscaldamento globale, avvertono, moltiplicherà anche la minaccia dell’antimicrobico-resistenza. Con un boom di superbatteri resistenti agli antibiotici.

Due studi ‘in vetrina’ al meeting Escmid spiegano come l’emergenza climate change è di fatto un’emergenza sanitaria. Il primo sarà presentato da Rachel Lowe dell’Icrea di Barcellona, l’Istituto catalano per la ricerca e gli studi avanzati. “La mappa geografica delle malattie trasmesse da vettori si è allargata rapidamente negli ultimi 80 anni, con oltre la metà della popolazione mondiale a rischio. Ma sotto la spinta del riscaldamento globale e dell’urbanizzazione – prospettano gli infettivologi – nei prossimi decenni le epidemie di patologie veicolate dalle zanzare sono destinate a diffondersi in aree di Europa, Asia, Nord America e Australia ancora non interessate da queste infezioni”. Afferma Lowe: “La dura realtà è che stagioni calde più lunghe allargheranno la finestra temporale per la diffusione delle infezioni trasmesse dalle zanzare, favorendo epidemie sempre più frequenti e sempre più complesse da affrontare”, specialmente in zone del pianeta con “abitanti immunologicamente indifesi e sistemi sanitari impreparati”.

I dati

Gli esperti snocciolano dati. Dal 2000 in poi, ricordano, il mondo ha vissuto 9 dei 10 anni più ‘caldi’ per diffusione della Dengue: le zanzare vettrici del virus hanno invaso 13 Paesi europei, con focolai autoctoni registrati nel 2023 anche in Francia, Italia e Spagna. Negli ultimi 2 decenni il numero di casi di Dengue segnalati all’Organizzazione mondiale della sanità è aumentato di 8 volte, da 500mila nel 2000 a oltre 5 milioni nel 2019. Le proiezioni suggeriscono due scenari: “Se verrà raggiunto l’ambizioso obiettivo di contenere il riscaldamento globale a 1°C, entro il 2100, rispetto al periodo 1970-1999, nel mondo avremo 2,4 miliardi di persone in più a rischio di malaria e Dengue. Ma saranno il doppio, qualcosa come 4,7 miliardi, se le emissioni e la popolazione del pianeta continueranno a crescere seguendo i trend attuali”.

Analizzando gli eventi climatici estremi nei Caraibi, Lowe ha scoperto che periodi di siccità, seguiti 4-5 mesi dopo da precipitazioni eccessive con temperature più calde del solito, aumentano la probabilità di epidemie di Dengue. “Gli eventi di El Niño”, il fenomeno climatico periodico associato a un forte riscaldamento delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico centro-meridionale e orientale, “che si verificano ogni 2-7 anni – illustra la ricercatrice – rendono il clima più caldo e umido, predisponendo le condizioni ideali per epidemie di malattie portate dall’acqua e dalle zanzare, con il proliferare di specie Aedes aegypti e Aedes albopictus”, la nostra ‘tigre’, “che diffondono i virus di Zika e Dengue”. E’ collegata a El Niño, ad esempio, la pandemia di Zika che ha colpito il Brasile nel 2015, con 1,5 milioni di persone contagiate. E i timori crescono considerando che “l’attuale El Niño è uno dei più forti mai registrati”, un raro esempio di “super El Niño”.

“Con il cambiamento climatico che sembra così difficile da gestire, possiamo aspettarci di vedere più casi, e forse più morti, per malattie come Dengue e malaria in tutta l’Europa continentale”, prevede Lowe. “Dobbiamo anticipare le epidemie e intervenire tempestivamente per prevenirle”, esorta. “Gli sforzi devono concentrarsi sul rafforzamento della sorveglianza, con sistemi di allarme rapido e di risposta in grado di indirizzare in modo più efficace le risorse a disposizione verso le aree più a rischio, per controllare e prevenire epidemie e salvare vite umane”.

Incrociando previsioni meteorologiche e sorveglianza sugli insetti vettori, la scienza sta sviluppando dei metodi per prevedere quando e dove potrebbero verificarsi epidemie, così da poter concentrare in quelle aree gli interventi preventivi. Lowe guida uno di questi progetti: con l’aiuto di un potente supercomputer e di droni ‘sguinzagliati’ a caccia dei siti più remoti di riproduzione delle zanzare, l’obiettivo è anticipare epidemie in 12 Paesi. “Speriamo di dare alle comunità il tempo di prepararsi e proteggersi. Ma il modo più efficace per ridurre il rischio che queste patologie si diffondano in nuove zone – chiosa la ricercatrice – resta ridurre drasticamente le emissioni”.

C’è anche un altra via attraverso cui l’emergenza climatica può impattare sulle malattie infettive. Passa dai superbug: “Il cambiamento climatico sta moltiplicando la minaccia causata dalla resistenza antimicrobica, amplificandone il rischio crescente attraverso l’aumento delle temperature globali, le emissioni di gas serra e l’innalzamento del livello del mare”, sentenziano gli infettivologi in summit. Lo studio sul tema sarà presentato da Sabiha Essack dell’università di KwaZulu-Natal a Durban, Sud Africa.

“Il cambiamento climatico – descrive – compromette l’integrità ecologica e ambientale dei sistemi viventi e permette agli agenti patogeni di causare sempre più malattie”. In sintesi, “con l’incremento delle temperature” associato al riscaldamento globale “i tassi di infezione batterica possono aumentare e le malattie possono diffondersi ad altitudini e latitudini più elevate, dove prima non colpivano”. Qualche esempio: “L’aumento delle temperature nei sistemi idrici contribuisce a una migliore sopravvivenza di Campylobacter, Salmonella e Vibrio”, specie batteriche “che causano patologie veicolate da acqua e alimenti”. Ancora: “La Candida auris”, il cosiddetto ‘fungo killer’ che spaventa anche in Italia, “ha acquisito tolleranza al calore e alla salinità negli ecosistemi delle zone umide. L’Escherichia coli e alcuni dei batteri Eskape” – acronimo che raggruppa Enterococcus faecium, Staphylococcus aureus, Klebsiella pneumoniae, Acinetobacter baumannii, Pseudomonas aeruginosa ed Enterobacter – già di per sé “crescono in modo ottimale a 32-36°C” e si sa che “possono sfuggire agli antibiotici”.

“L’aumento delle temperature, dell’incidenza e della prevalenza di malattie infettive – osserva inoltre Essack – aumenterà l’uso dei farmaci antimicrobici e accrescerà di conseguenza la pressione selettiva che favorisce lo sviluppo di specie resistenti”. Continua il ricercatore: “Il cambiamento climatico sta poi causando uno spostamento delle correnti oceaniche, e con esse si muoveranno anche i geni della resistenza antimicrobica. Pure le acque di zavorra delle navi sono un possibile veicolo di resistenza antimicrobica attraverso i mari”. A preoccupare l’esperto sono soprattutto i vibrioni, batteri marini che causano infezioni in crescita come il colera: “Un incremento della temperatura superficiale del mare, dovuto al cambiamento climatico, può alterarne l’abbondanza, la distribuzione e i modelli di infezione”. Insomma, “per far fronte a questa minaccia – ammonisce Essack – servono una leadership politica e un impegno inequivocabili, nuove strategie One Health basate sull’evidenza e interventi mirati da adattare ai contesti nazionali”.

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Torna l’influenza, migliaia di bimbi a letto

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Risale l'incidenza. Ancora 280mila casi in una settimana

Bimbo con influenza - Fotogramma

Tornano a salire in Italia i casi di influenza e virus 'cugini', soprattutto tra i bimbi più piccoli, complici gli 'up and down' del meteo di questa strana primavera. Lo riportano gli ultimi bollettini del sistema di sorveglianza RespiVirNet, curato dall'Istituto superiore di sanità. E superano quota 14 milioni gli italiani messi a letto da infezioni che ancora sembrano non voler mollare la presa.

"Nella sedicesima settimana del 2024", dal 15 al 21 aprile, si legge, "i casi stimati di sindrome similinfluenzale, rapportati all'intera popolazione italiana, sono circa 282.000, per un totale di circa 14.399.000 casi a partire dall'inizio della sorveglianza". Nei 7 giorni analizzati l'incidenza delle sindromi simil-influenzali resta "stabile", pari a 4,8 casi per mille assistiti (erano 4,7 nella settimana precedente). Rimangono "maggiormente colpiti i bambini sotto i 5 anni di età, in cui si osserva un livello di incidenza di 14 casi per mille assistiti, in leggero aumento rispetto alla settimana precedente (13,7)".

In Toscana, Puglia e Basilicata, l'incidenza di influenza & Co. torna alla soglia basale.

Rezza: "Super coda per primavera ballerina"

"Abbiamo avuto una stagione influenzale molto molto intensa e attiva, con tantissimi casi: oltre 14 milioni di sindromi similinfluenzali che è un numero considerevole. E anche la parte finale, la 'coda' che stiamo sperimentando in queste settimane, è altrettanto lunga e intensa, e si accompagna alla circolazione ancora presente anche di altri virus circolatori". Complici "i cambiamenti di temperatura e una primavera ballerina e, in certi momenti, quasi invernale". Così all'Adnkronos Salute Giovanni Rezza, docente straordinario di Igiene all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano sulla ripresa delle infezioni nei bambini più piccoli.

Quando si hanno i forti sbalzi di temperatura aumentano i contagi soprattutto perché "con il freddo tendiamo a stare in ambienti chiusi che facilitano i contatti, come ormai tutti sanno molto bene dopo l'esperienza pandemica". Siamo, comunque, "nella fase finale della stagione dei virus respiratori: vediamo in circolazione un po' d'influenza e una piccola 'zuppa' di altri patogeni, dal virus respiratorio sinciziale ai più presenti rinovirus". L'influenza di quest'anno "è stata sicuramente pesante e prolungata", nonostante "l'inverno mite". Ora però, "ci aspettiamo che la circolazione vada sempre più a diminuire". Quella che stiamo vivendo, "per quanto altalenante e prolungata, rappresenta comunque una coda, con una circolazione più bassa rispetto a un mese fa. Con il rialzo delle temperature in vista, probabilmente, staremo tutti di più all'aria aperta, e vedremo anche assottigliarsi sempre di più questa lunga e fastidiosa coda".

Lopalco: "Sbalzi termici causa solo in parte"

"I fattori climatici, incluse le 'altalene termiche', sono solo in parte fattori che facilitano la circolazione dei virus respiratori. Quello che di sicuro sappiamo è che l'ultima stagione influenzale, compresa la coda che stiamo vivendo, si caratterizza per una straordinaria intensità di circolazione virale", afferma all'Adnkronos Salute Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all'università del Salento.

"Quello che osserviamo in questi giorni - continua Lopalco - è il tipico 'colpo di coda' stagionale. Non cambia la valutazione che abbiamo fatto dell'intera stagione influenzale: quella del 2023/24 è stata certamente una stagione molto intensa di circolazione virale sostenuta sia da virus dell'influenza che da altri virus 'cugini', fra cui il virus respiratorio sinciziale ed il Covid-19. A fronte di questa intensità virale, purtroppo, non abbiamo avuto una adeguata attenzione alla vaccinazione. E' stata un'occasione di prevenzione mancata", conclude Lopalco.

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Simg, ‘morbillo e pertosse in aumento anche in...

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Simg, 'morbillo e pertosse in aumento anche in Italia, vaccinare bimbi e adulti’

Morbillo e pertosse sono in aumento in Europa e l’Italia non fa eccezione. I dati pubblicati dal Centro europeo di prevenzione e controllo delle malattie (Ecdc) in occasione della Settimana europea dell'immunizzazione, nonché quelli rilevati dall’Iss per l’Italia mostrano in ogni fascia d’età un aumento dei contagi e un calo delle vaccinazioni: queste infezioni possono così circolare, lasciando i soggetti fragili esposti in un contesto dove l’immunità di comunità - garantita da un’ampia copertura vaccinale – non si concretizza. Per questo la Società italiana dei medici di medicina generale e delle cure primarie (Simg) si affianca alla Società italiana di pediatria nell’invito alla vaccinazione dei più piccoli per tutte le malattie prevenibili con vaccino e aggiunge che è fondamentale che gli adulti si adeguino con i richiami necessari.

I casi di morbillo - ricorda una nota della Simg - sono aumentati di 60 volte nella regione europea dell'Oms; secondo l’Ecd, dal 2023 sono in aumento in diversi Paesi dell’Ue. Tra marzo 2023 e fine febbraio 2024 sono stati segnalati almeno 5.770 casi di morbillo, con almeno 5 decessi. In Italia dal primo gennaio al 31 marzo 2024 sono stati notificati 213 casi di morbillo (34 a gennaio, 93 a febbraio, 86 a marzo). L’88% era non vaccinato al momento del contagio. 56 casi (26,3%) hanno riportato almeno una complicanza, inclusi 23 casi di polmonite e un caso di encefalite in un giovane adulto, non vaccinato. Il rischio più elevato è per i bambini con meno di un anno, che sono troppo piccoli per essere vaccinati, e per i soggetti fragili immunocompromessi che non possono ricevere il vaccino. Queste popolazioni dovrebbero essere protette dall'immunità di comunità: il morbillo si diffonde molto facilmente, quindi per interrompere la trasmissione è essenziale una copertura vaccinale almeno del 95% della popolazione.

Inoltre, dalla metà del 2023, come fa notare l'Ecdc - dettaglia la nota - è anche stato segnalato un aumento dei casi di pertosse in diversi Paesi dell'Ue, con dati preliminari che indicano casi più che decuplicati nel 2023 e nel 2024 rispetto al 2022 e al 2021.

"I numeri preoccupanti relativi alla diffusione di morbillo e pertosse - spiega Alessandro Rossi, presidente Simg - ci inducono a raccomandare fortemente le relative vaccinazioni non solo ai bambini, per i quali ci sono gli appuntamenti del calendario vaccinale, ma anche per gli adulti che non siano coperti o che necessitino di un richiamo. La vaccinazione, infatti, non è una protezione solo individuale, ma riguarda anche i soggetti che non possono riceverla per problemi di immunocompromissione e rischiano di contrarre il morbillo patendone conseguenze gravi, talvolta letali, proprio come sta avvenendo".

Il richiamo vaccinale contro il morbillo "è indicato per il personale sanitario, per i pazienti fragili, per le donne che programmano una gravidanza - sottolinea Rossi - Per quanto riguarda la pertosse, ogni dieci anni l’adulto deve sottoporsi alla somministrazione di una dose triplice di vaccino contro difterite-tetano-pertosse. Oltre al tetano, che ogni anno provoca alcuni decessi , è necessario proteggersi contro la pertosse, che provoca gravi rischi soprattutto per neonati, pazienti cardiopatici, con malattie respiratorie gravi, diabetici". Il rischio "è anche di confondere la patologia con una tosse prolungata, sottovalutando le pericolose conseguenze", conclude.

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Salute e Benessere

Aviaria, gli Usa si preparano al contagio uomo-uomo

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Negli Stati Uniti si lavora a un piano per fronteggiare lo scenario peggiore, l'esperto: "Oggi molto improbabile, ma più il virus si diffonde e più il rischio cresce"

Test aviaria - Fotogramma /Ipa

"Esiste conferma della trasmissione" del virus dell'influenza aviaria H5N1 ad alta patogenicità "tra bovino e bovino e da bovino a pollame", secondo quando emerge "dal sequenziamento" virale. "Sono inoltre confermati casi di bovini da latte asintomatici", ma "con infezione da H5N1", anche se "l'entità dei test non è chiara". Lo evidenzia lo scienziato americano Eric Topol, vice presidente esecutivo Scripps Research, fondatore e direttore Scripps Research Translational Institute, in un'analisi sui risultati del vertice a porte chiuse organizzato nei giorni scorsi dal Dipartimento dell'Agricoltura (Usda), dai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) e dalla Food and Drug Administration (Fda), per fare il punto sull'emergenza aviaria nelle mucche da latte negli Stati Uniti.

Oltreoceano i timori per il diffondersi del patogeno di origine aviaria negli allevamenti crescono, tanto che già si lavora a un "piano di preparazione nel caso in cui si verificasse una trasmissione umana" del virus, finora mai confermata. I funzionari federali, riporta Topol, "hanno spiegato che il Tamiflu", il farmaco antivirale oseltamivir, "sarebbe efficace" per contrastare l'infezione nell'uomo "e che ne sono state accumulate scorte". Inoltre, "se necessario gli Usa potrebbero dirottare la produzione annuale di vaccini antinfluenzali per fabbricare vaccini anti-H5N1 su larga scala". Sono disponibili al momento "2 vaccini candidati contro l'H5N1 che si concordano bene con la sequenza attuale" del virus, e sfruttando la tecnologia dell'mRna "esiste la possibilità di aumentare la fornitura di vaccino" in caso di bisogno. Oggi "sembra molto improbabile" che si debba arrivare a tanto, ossia a dover fronteggiare un'epidemia di aviaria nell'uomo, "ma quanto più il virus H5N1 si diffonde incontrollato - avvertono gli esperti - tanto maggiori sono i serbatoi" in cui può proliferare "e le possibilità che si verifichino ulteriori mutazioni funzionali. Dunque è meglio pianificare lo scenario peggiore".

Al momento l'unico caso umano di infezione da H5N1 ad alta patogenicità documentato nell'ambito dell'epidemia fra i bovini è quello di un lavoratore del settore lattiero-caseario, che in Texas si è contagiato per contatto diretto con gli animali e ha presentato come unico sintomo una congiuntivite. Per contenere un'ulteriore diffusione dell'epidemia è stata emessa un'ordinanza federale che impone di effettuare test e segnalare i capi infetti. Quanto ai test di routine sui suini, 'osservati speciali' perché potrebbero rappresentare per il virus un ponte verso l'uomo, "finora sono risultati negativi".

"Epidemia più estesa di quanto si pensi"

L'epidemia di virus dell'influenza aviaria H5N1 ad alta patogenicità in corso tra le mucche da latte negli Stati Uniti sarebbe cominciata già alla fine dell'anno scorso, quindi diversi mesi in anticipo rispetto al primo caso confermato dalle autorità sanitarie a fine marzo 2024, e probabilmente è più estesa di quanto si pensi, sottolinea ancora.

Casi di infezione sono stati registrati finora in 8 stati Usa, ricorda Topol. Ma il recente report della Fda sulla positività al virus di diversi campioni di latte pastorizzato in commercio, evidenzia lo scienziato, supporta "fortemente" l'ipotesi che la diffusione dell'infezione negli allevamenti "sia molto più ampia" e vada "oltre questi 8 stati". Per Topol è "importante evidenziare che il test Pcr" utilizzato nelle analisi sul latte cerca "frammenti di virus, non il virus vivo" la cui presenza nell'alimento sarebbe "improbabile dopo la pastorizzazione". Per valutare la presenza di virus vivo la Fda dovrà effettuare altri esami di tipo colturale, ma quelli condotti finora - seppur "limitati" - sono "ad oggi tutti negativi per qualsiasi virus vivo nel latte".

Un altro dato rimarcato dallo scienziato americano riguarda l'esito del "grande lavoro" fatto dal biologo evoluzionista dell'Arizona Michael Worobey, che "eroicamente ha analizzato le 239 sequenze H5N1 rilasciate per la prima volta domenica notte", concludendo che l'epidemia deriva probabilmente da "un unico inizio della trasmissione virale dagli uccelli alle mucche. L'Usda ha dichiarato" inoltre "di ritenere che l'epidemia tra i bovini da latte negli Stati Uniti sia cominciata alla fine del 2023, inizialmente in Texas".

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