Esteri
Israele-Hamas, Vali Nasr: “Non è ancora guerra su...
Israele-Hamas, Vali Nasr: “Non è ancora guerra su larga scala, a Iran non conviene”
Parla lo studioso iraniano-americano ed ex consigliere di Obama per il Medio Oriente
Gli attacchi 'chirurgici' di Israele in Libano e in Siria, quelli degli Stati Uniti a Baghdad, i missili lanciati dagli Houthi contro le navi nel Mar Rosso, fino alla strage di Kerman rivendicati dall'Is. Gli effetti della guerra a Gaza hanno trasformato in pochi mesi il Medio Oriente in una polveriera. Ma "queste azioni sono ancora sotto il livello di conflitto su larga scala. Entrambe le parti utilizzano questo genere di azioni per scoraggiare l'altra e mostrare la propria volontà di combattere se si dovesse arrivare a ciò", spiega in un'intervista all'Adnkronos il noto studioso iraniano-americano ed ex consigliere di Obama per il Medio Oriente, Vali Nasr, nel giorno dei funerali delle vittime dell'attentato in Iran.
Durante la cerimonia funebre, sia il presidente iraniano Ebrahim Raisi, che il capo dei Guardiani della Rivoluzione, Hossein Salami, hanno promesso che la Repubblica islamica vendicherà "il sangue dei martiri". Nella retorica di Teheran il politologo della Johns Hopkins University legge un'"ambiguità". Ufficialmente, ragiona "l'Iran non ha nominato alcun responsabile dell'attacco e lo ha definito un attacco terroristico. Non è quindi obbligato a reagire contro gli Stati Uniti o Israele. Ha detto che si vendicherà, ma non ha detto contro chi e quando. L'ambiguità è utile a Teheran poiché non la costringe ad agire immediatamente".
Nasr ritiene che in questo momento l'Iran non stia cercando una guerra "allargata" o uno scontro diretto con gli Stati Uniti o Israele. "Una guerra del genere sarebbe costosa. Le circostanze attuali servono al meglio agli interessi strategici dell'Iran. Una guerra estesa non lo farebbe", afferma Nasr, secondo cui la Repubblica islamica "sta mantenendo la pressione sugli Stati Uniti e su Israele a un livello inferiore di attacchi. Tuttavia - conclude - l'Iran si sta preparando nel caso in cui anche gli Stati Uniti e/o Israele decidessero di allargare la guerra al Libano o allo Yemen o di prendere di mira l'Iran in modo più diretto in Iraq o perfino all'interno dell'Iran stesso. Una guerra estesa potrebbe diventare inevitabile ed entrambe le parti potrebbero provocarla".
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Usa, Urbinati (Columbia): ”La rettrice ha scatenato...
La docente di Teoria politica difende la protesta pacifica degli studenti e sostiene il dialogo senza toni aggressivi in spazi dedicati. Occorre portare avanti una trattativa che permetta il ritorno alla normalità ed eviti un grave danno di immagine per il campus, sostiene.
E' stata una ''reazione folle'' quella della rettrice della Columbia University, Nemat Shafik, di chiamare la polizia per rimuovere la manifestazione studentesca contro Israele. ''Era una protesta pacifica, fatta a suon di rap con giochi, canti e balli'', ma lei ''l'ha trasformata in un inferno''. Per fortuna, anche grazie ''a un documento di appello al dialogo che ho firmato anche io'', ora ''il clima è molto cambiato'' e si è aperto ''un tavolo di trattativa e negoziazione tra i rappresentanti degli studenti, il corpo docente, i dipendenti e l'ammnistrazione dell'università''. L'obiettivo è quello di rientrare in un ''clima di trattativa per riportare la normalità'', altrimenti ''c'è il rischio che salti il semestre'', ma ''nessuno vuole che si arrivi a tanto, sarebbe un danno di immagine incredibile, una rovina enorme''. Nadia Urbinati, che dal 1996 insegna Teoria politica alla Columbia University di New York, racconta ad Adnkronos dall'interno le contestazioni. ''Si tratta di un accampamento pacifico, gli studenti sono molto più moderati della rettrice, ma sono stati trattati da criminali e questo non è possibile'', ha aggiunto Urbinati.
Lei stessa ha avuto contatti con gli studenti, ''hanno scritto un documento bellissimo e molto moderato rivolto alla rettrice che ho firmato insieme a colleghi del mio dipartimento. Un documento in cui chiedevano di tenere in considerazione il problema della violenza che si amplifica se si chiama la polizia''. Tra i suoi studenti, racconta, ''uno che aveva fatto con me un corso sulla retorica è stato arrestato ieri per uso sconsiderato del linguaggio. Ha detto che i sionisti dovrebbero sparire dalla faccia della terra... Ma a parte questo caso nessuno mio studente è stato sospeso o arrestato''. Sottolineando che ''il 20 per cento degli studenti della Columbia arrestati sono ebrei'', Urbinati racconta anche il caso di ''uno studente ebreo israeliano che ha chiesto di non venire in classe per non attraversare il campus in quanto si sente a disagio''. La sua richiesta è stata accolta, ''un caso eccezionale risolto permettendogli di seguire le lezioni tramite Zoom''.
Urbinati racconta poi che in questi giorni hanno visitato la protesta al campus ''il rappresentante repubblicano e quello democratico. Entrambi sono stati ottusamente arroganti. L'esponente repubblicano ha proposto di chiamare guardia nazionale, il che avrebbe riportato il campus a livelli raggiunti solo nel '68''. Secondo la politologa, quindi, è stata ''la rettrice che ha radicalizzato'' la manifestazione. Shafik, spiega Urbinati, ''è alla Columbia da nove mesi e si è dimostrata molto inadeguata. Viene dal mondo delle finanza e ha dimostrato totale incapacità di comprendere che qui non si tratta di dipendenti di una banca, ma di persone varie con le quali occorre entrare in contatto''. E invece, durante la protesta, ''la rettrice è rimasta sempre chiusa nel suo ufficio o nella sua casa. Non ha mai interagito con gli studenti''.
L'auspicio, ora, è che ''vengano messi a disposizione degli spazi, delle aule, dove poter proseguire il dibattito sulla guerra e sui rapporti con Israele''. Perché, prosegue Urbinati, ''se c'è libertà di insegnamento, se si studiano argomenti come la guerra e la pace, gli stati nazione, è evidente che ne esca un dibattito''. Anzi, aggiunge, ''ben venga il dialogo e la riflessione promossi dagli studenti, certo senza usare toni aggressivi''.
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Elezioni Usa, Biden prende in giro Trump: “Sono in...
Durante la cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca
''Sono un uomo adulto e sono in corsa contro un bambino di sei anni''. Così il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha preso il giro l'ex inquilino della Casa Bianca e suo rivale alle prossime elezioni americane Donald Trump. ''L'unica cosa che abbiamo in comune è l'età'', ha aggiunto Biden durante la cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca. Anche se, età anagrafica alla mano, Biden ha 81 anni contro i 77 di Trump. ''Le elezioni del 2024 sono in pieno svolgimento e sì, l'età è un argomento - ha detto Joe Biden - Sono un adulto che corre contro un bambino di sei anni''.
Molti gli ospiti illustri, giornalisti e celebrità presenti all'hotel Hilton di Washington mentre all'esterno un centinaio di manifestanti hanno scandito slogan contro la guerra di Israele nella Striscia di Gaza e sventolato una bandiera palestinese lunga diversi metri. Ma all'interno il conflitto in Medioriente non è stato al centro della scena, soppiantato appunto dalle battute sull'età dei candidati alla presidenza Usa.
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Re Carlo torna agli impegni pubblici, martedì la visita a...
Buckingham Palace: "Medici incoraggiati dai suoi progressi"
Buckingham Palace mette fine alle congetture sullo stato di salute di Re Carlo. Il sovrano, malato di cancro, da martedì riprenderà i suoi impegni pubblici. Con la regina Camilla si recherà in visita a un centro di cure per i tumori. "Il team medico di Sua Maestà - fa sapere una nota della Casa Reale - è molto incoraggiato dai progressi compiuti finora e rimane positivo quanto al continuo recupero del re".