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Cronaca

Corinaldo, 5 anni fa la strage in discoteca. Il vedovo di...

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Corinaldo, 5 anni fa la strage in discoteca. Il vedovo di Eleonora: “Mi aspetto giustizia, niente sconti”

"Non dimenticare, basta mettere business davanti alle persone"

(Fotogramma)

Per tanti è la prima volta in discoteca, per tutti l'emozione di assistere all'esibizione del loro idolo, il rapper Sfera Ebbasta: le ore passano, il cantante non arriva e non arriverà mai mentre nella 'Lanterna Azzurra' di Corinaldo (Ancona) si scatena il panico e la nottata si trasforma in incubo. Sono passati quasi cinque anni dalla tragedia della discoteca, dove la notte tra il 7 e l'8 dicembre 2018, sono morte sei persone, una mamma Eleonora Girolimini e cinque giovanissimi, Emma Fabini, studentessa di 14 anni, Asia Nasoni, 14enne promessa della ginnastica, Benedetta Vitali, 15 anni di Fano, Mattia Orlandi, 15 anni, Daniele Pongetti, 16enne di Senigallia. "Mi aspetto giustizia. E che non ci siano sconti per nessuno", afferma all'Adnkronos Paolo Curi, vedovo di Eleonora con la quale quella notte aveva accompagnato una delle figlie alla serata.

Dopo la condanna, confermata in Cassazione, per la ‘banda dello spray’ accusata di aver provocato la fuga di massa dal locale, è alle battute finali il processo di primo grado per l'inchiesta relativa alla sicurezza del locale. "Questo processo per noi è stato molto logorante in tutti i sensi - sottolinea Curi all'Adnkronos - Ho partecipato a molte udienze e ho sentito uno scaricabarile, ognuno prova a togliersi le colpe. Ma io quella sera ero lì, ho visto come era quel posto". In una notte la sua vita e quella dei loro quattro figli cambia per sempre: "Il più piccolo aveva solo 23 mesi, Eleonora ancora lo allattava. I ragazzi sono rimasti segnati, sono molto responsabili, ciò che è accaduto li ha fatti crescere velocemente - spiega - Ma vivono dentro di loro tutto quello che è accaduto come una profonda ingiustizia". E poi si sono tutte le difficoltà legate alla quotidianità: "Solo con quattro figli, anche la parte economica è stata impegnativa. Ho dovuto chiudere la mia ditta, abbiamo cambiato casa", continua Paolo Curi.

Cinque anni dopo, la tragedia di Corinaldo ha insegnato qualcosa? "Sì e no - risponde il vedovo di Eleonora - L'anno dopo ho visto tanti controlli e multe nei locali, ora invece sono tornati ad essere affollati. Ci sono stati miglioramenti, ma vedo molta differenza tra l'immediato e ciò che accade adesso". "Vorrei che non si dimenticasse quello che è accaduto, i poveri ragazzi che sono morti, una mamma che ha lasciato i suoi quattro figli - prosegue - Ciò che è successo possa aiutare a fare le cose diversamente". "E' stato messo il business davanti a tutto e nell'era moderna questo è un problema: certe volte si tende a mettere i soldi davanti alla vita delle persone, dei ragazzi e del nostro futuro", conclude.

LA STRAGE NELLA DISCOTECA - E' all'incirca l'una di notte tra il 7 e l'8 dicembre 2018 quando a 'Lanterna Azzurra' di Corinaldo si scatena il fuggi fuggi. Nel night club, ex balera del liscio trasformata in locale di tendenza per serate disco, ci sono centinaia di ragazzi e ragazze. In tanti, troppi, escono dall'uscita sul retro: la balaustra crolla. I giovani cadono uno sull'altro in una trappola infernale. Parte la macchina dei soccorsi, i vigili del fuoco lavorano per ore. Alla fine si contano sei vittime: Emma Fabini, studentessa di 14 anni, Asia Nasoni, 14enne promessa della ginnastica, Benedetta Vitali, 15 anni di Fano, Mattia Orlandi, 15 anni, Daniele Pongetti, 16enne di Senigallia, ed Eleonora Girolimini, la mamma 39enne di quattro figli che quella notte accompagnava insieme al marito una delle figlie al concerto. Decine i feriti, molti dei quali gravi: sette vengono ricoverati in prognosi riservata.

La tragedia dei giovanissimi ferisce profondamente l'Italia. L'allora ministro dell'Interno Matteo Salvini e il presidente del consiglio Giuseppe Conte si recano subito nelle Marche per portare la vicinanza delle istituzioni. Con il passare delle ore, alla disperazione delle famiglie delle vittime, all'angoscia dei parenti dei feriti, si aggiunge la rabbia. Il locale era pieno, c'era più gente del consentito? Quanti biglietti sono stati venduti e staccati? Perché i giovani si sono indirizzati in massa dall'uscita in corrispondenza della balaustra poi crollata? Perché a notte fonda, nonostante la serata fosse destinata a un pubblico di adolescenti, l'esibizione di Sfera Ebbasta non era ancora iniziata? E davvero il rapper sarebbe venuto? Intanto carabinieri e polizia ascoltano centinaia di testimoni, passano al vaglio i filmati girati dai sopravvissuti con i telefonini.

La versione di tanti ragazzi ascoltati coincide: tutto è iniziato con un bruciore alla gola e agli occhi, la sensazione di sentirsi male, il panico e la calca. Forse, raccontano alcuni, si è trattato di spray al peperoncino magari usato per un tentativo di rapina. Una bomboletta viene effettivamente trovata nel locale nel corso delle indagini. Secondo gli inquirenti potrebbe trattarsi di una "concausa", non l'unica, della strage. Le indagini vanno avanti e col tempo vengono aperte due inchieste, una sulla banda dello spray, accusata di aver spruzzato sostanza urticante nella discoteca scatenando il panico per poter derubare i presenti, l'altra sulla sicurezza del locale e i permessi rilasciati.

A poco più di tre mesi dalla strage, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella incontra i familiari delle vittime ad Ancona e chiede giustizia: "Quello che è avvenuto era inimmaginabile e ingiustificabile, è impossibile farsene una ragione - sottolinea il Capo dello Stato - Più passa il tempo più è impossibile farsene una ragione, perché più passa il tempo più ci si rende conto del vuoto, di che cosa è venuto meno, di chi manca e della incomprensibilità delle condizioni che hanno provocato quello che è avvenuto. Non ci sono parole né per dare conforto né per poter trovare rimedi che non esistono. C'è soltanto bisogno che si appuri con rigore la verità e che si faccia con rigore giustizia".

A dicembre dello scorso anno arriva in Cassazione la conferma delle condanne, tra i 12 anni e mezzo e i 10 anni e 9 mesi, per i sei giovani della Bassa Modenese accusati di essere i componenti della ‘banda dello spray’ che provocò la fuga di massa dalla ‘Lanterna Azzurra’. Per i componenti del gruppo, le accuse sono di omicidio preterintenzionale, associazione per delinquere finalizzata a furti e rapine, lesioni personali anche gravi. E' ancora in corso, invece, il processo di primo grado per l'inchiesta relativa alla sicurezza del locale.

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Cronaca

“Sono malato, ho un cancro”: chi è Franco Di...

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Il giornalista in collegamento con Fabio Fazio

Franco Di Mare

Franco Di Mare, 68 anni, annuncia a Che tempo che fa di essere malato. "Ho un mesotelioma, un tumore molto cattivo", dice il giornalista. Di Mare è un nome e un volto notissimo per i telespettatori italiani. La sua carriera comincia negli anni '80, con una serie di collaborazioni prima dell'assunzione a L'Unità, presso cui diventa inviato e caporedattore. Nel 1991 Di Mare approda in Rai e dal 1995 diventa inviato Speciale per il Tg2. Nel 2002 il passaggio al Tg1.

Nel 2003 diventa conduttore televisivo con Unomattina Estate prima di Uno Mattina week end . Dal 2004 diventa il volto di Uno Mattina. Il curriculum comprende programmi di informazione e attualità nella fascia mattutina e una serie di serate su Rai1. Nel 2019 diventa vicedirettore di Raiuno, con delega ad approfondimenti ed inchieste, e l'anno successivo viene nominato direttore generale dei programmi del giorno della Rai prima di assumere la direzione di Raitre il 15 maggio 2020.

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Cronaca

G7, corteo di protesta a Torino: manifestanti bloccano...

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Avrebbero dovuto sfilare per le vie del capoluogo piemontese, ma a sorpresa hanno cambiato percorso. Bruciate le gigantografie dei leader dei sette Paesi più industrializzati

La tangenziale di Torino bloccata dai manifestanti

È durato una decina di minuti il blocco della tangenziale da parte dei manifestanti che hanno sfilato nel corteo di protesta contro il G7 di domani e martedì a Venaria Reale. Hanno, infatti, cambiato percorso all'improvviso e scavalcato il guardrail, bloccando il traffico con lancio di fumogeni e lo sventolio delle bandiere. Dopo aver ribadito al megafono che "chi blocca il nostro futuro si troverà centinaia di blocchi come questo di persone non disposte a far decidere sulla propria testa", i manifestanti stanno ora tornando sui propri passi verso Venaria. "Siamo stati bravissimi ci siamo ripresi la città ma non ci fermiamo qui continueremo, non abbasseremo la testa", hanno scandito dal megafono mentre continuavano a sfilare.

Arrivati nel viale che conduce alla Reggia di Venaria, i manifestanti dopo aver posizionato davanti al cordone di forze dell’ordine grandi foto dei leader dei sette paesi più industrializzati hanno acceso un falò sul quale hanno bruciato le gigantografie. “Siamo qui non per dialogare ma per protestare per dire no al modello di sviluppo che ci vuole imporre il G7”. Così i manifestanti dal megafono poco aver dato alle fiamme le gigantografie dei leader dei sette paesi più industrializzati. “Continueremo la nostra lotta per i nostri territori, per la libertà del popolo palestinese e di tutti i popoli oppressi, per un futuro degno di questo nome, per garantire una vita che non sia solo sopravvivenza”.

Si è conclusa con gli ultimi interventi dei manifestanti la protesta popolare a Venaria Reale contro il G7 ambiente, clima ed energia in programma domani e martedì alla Reggia. Prima di concludere la manifestazione, gli organizzatori si sono dati appuntamento per domani sera alle 19 a Torino davanti a Palazzo. Nuovo per una nuova iniziativa di mobilitazione mentre Ultima Generazione ha annunciato per domattina a Venaria un’assemblea popolare in piazza.

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Cronaca

Il Papa oggi a Venezia, le tappe della visita lampo

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Il Pontefice alle detenute della Giudecca: "Vi ricorderò, non mollate". Poi gli incontri con gli artisti e i giovani e la messa a Piazza San Marco

Papa Francesco durante la sua visita a Venezia - (Afp)

Visita lampo di Papa Francesco oggi a Venezia. E' la prima volta di un Pontefice alla Biennale. Bergoglio è atterrato con l'elicottero alle 7.55 nel piazzale interno della Casa di Reclusione all’Isola della Giudecca. Ad accoglierlo Papa Francesco il Patriarca di Venezia, Mons. Francesco Moraglia, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il provveditore Rosella Santoro, la direttrice della struttura, Mariagrazia Felicita Bregoli e il comandante della Polizia penitenziaria, Lara Boco.

"Venezia sia accessibile a tutti"

"Se oggi guardiamo a questa città di Venezia, ammiriamo la sua incantevole bellezza, ma siamo anche preoccupati per le tante problematiche che la minacciano" ha osservato il Papa nel corso della messa in Piazza San Marco.

Bergoglio ha elencato i problemi che affliggono la città lagunare: “I cambiamenti climatici, che hanno un impatto sulle acque della Laguna e sul territorio; la fragilità delle costruzioni, dei beni culturali, ma anche quella delle persone; la difficoltà di creare un ambiente che sia a misura d’uomo attraverso un’adeguata gestione del turismo; e inoltre tutto ciò che queste realtà rischiano di generare in termini di relazioni sociali sfilacciate, di individualismo e solitudine”. Un passaggio applaudito dai 10mila fedeli in Piazza San Marco.

Bergoglio chiama in causa i cristiani: "E noi, che siamo tralci uniti alla vite, vigna del Dio che ha cura dell’umanità e ha creato il mondo come un giardino perché noi possiamo fiorirvi e farlo fiorire, come rispondiamo? Restando uniti a Cristo potremo portare i frutti del Vangelo dentro la realtà che abitiamo: frutti di giustizia e di pace, frutti di solidarietà e di cura vicendevole; scelte di attenzione per la salvaguardia del patrimonio ambientale ma anche di quello umano: abbiamo bisogno che le nostre comunità cristiane, i nostri quartieri, le città, diventino luoghi ospitali, accoglienti, inclusivi. E Venezia, che da sempre è luogo di incontro e di scambio culturale, è chiamata a essere segno di bellezza accessibile a tutti, a partire dagli ultimi, segno di fraternità e di cura per la nostra casa comune. Venezia che fa fratelli”.

L'incontro con le detenute

Bergoglio, sulla sedia a rotelle, ha salutato le detenute del carcere della Giudecca all’interno del quale è stato allestito il Padiglione della Santa Sede per la Biennale. “Vi ricorderò, non mollate”, è stato l’incoraggiamento. “Non isolare la dignità, dare nuove possibilità” a chi è recluso in carcere, ha detto nel corso della visita. “Care sorelle e fratelli, tutti siamo fratelli, nessuno può rinnegare l’altro. Ho desiderato incontrarvi all’inizio della mia visita a Venezia per dirvi che avete un posto speciale nel mio cuore - ha affermato - il carcere è una realtà dura, e problemi come il sovraffollamento, la carenza di strutture e di risorse, gli episodi di violenza, vi generano tanta sofferenza. Però può anche diventare un luogo di rinascita, morale e materiale, in cui la dignità di donne e uomini non è 'messa in isolamento', ma promossa attraverso il rispetto reciproco e la cura di talenti e capacità, magari rimaste sopite o imprigionate dalle vicende della vita, ma che possono riemergere per il bene di tutti e che meritano attenzione e fiducia. Nessuno toglie la dignità di una persona”.

“Non dimentichiamo che tutti abbiamo errori di cui farci perdonare e ferite da curare, io anche, e che tutti possiamo diventare guariti che portano guarigione, perdonati che portano perdono, rinati che portano rinascita”, è stato un altro dei passaggi del discorso.

L'incontro con gli artisti

Concluso l’incontro con le detenute, Bergoglio ha raggiunto la Chiesa della Maddalena (Cappella del Carcere). Qui l'incontro con gli artisti che hanno realizzato le loro opere per il Padiglione. Sia valorizzato adeguatamente il contributo delle donne nell’arte, è stato il mandato che il Papa ha affidato agli artisti: “Oggi abbiamo scelto di ritrovarci tutti insieme qui, nel carcere femminile della Giudecca. È vero che nessuno ha il monopolio del dolore umano. Ma ci sono una gioia e una sofferenza che si uniscono nel femminile in una forma unica e di cui dobbiamo metterci in ascolto, perché hanno qualcosa di importante da insegnarci. Penso ad artiste come Frida Khalo, Corita Kent o Louise Bourgeois e tante altre”.

I giovani e la messa in Piazza San Marco

E dopo avere incontrato le detenute e gli artisti, in motovedetta è arrivato alla Basilica della Salute per incontrare i giovani di Venezia e delle Diocesi del Veneto.

“Andate controcorrente. E insieme: il 'fai da te' nelle grandi cose non funziona. Per questo vi dico: non isolatevi, cercate gli altri, fate esperienza di Dio assieme, seguite cammini di gruppo senza stancarvi”, è stato il mandato che il Papa ha consegnato ai giovani. Bergoglio ha incoraggiato i giovani a creare: “Pensiamo al nostro Padre, che ha creato tutto per noi: e noi, suoi figli, per chi creiamo qualcosa di bello? La bellezza della gioventù quando diventa paternità e maternità. Pensate ai figli che avrete. Non siate professionisti del digitare compulsivo, ma creatori di novità! Siate creativi con gratuità, date vita a una sinfonia di gratuità in un mondo che cerca l’utile! Allora sarete rivoluzionari. Andate, donatevi senza paura! Alzati e vai!”.

Dopo aver rivolto ai presenti il suo discorso, il Papa, accompagnato da una delegazione di giovani, ha attraversato il ponte di barche che collega la Basilica della Salute con Piazza San Marco da dove ha presieduto la messa e il Regina Coeli.

In Piazza San Marco circa 10.500 fedeli secondo la stima del Vaticano. “Se oggi guardiamo a questa città di Venezia, ammiriamo la sua incantevole bellezza, ma siamo anche preoccupati per le tante problematiche che la minacciano”, ha osservato.

Bergoglio ha quindi elencato i problemi che affliggono la città lagunare: “I cambiamenti climatici, che hanno un impatto sulle acque della Laguna e sul territorio; la fragilità delle costruzioni, dei beni culturali, ma anche quella delle persone; la difficoltà di creare un ambiente che sia a misura d’uomo attraverso un’adeguata gestione del turismo; e inoltre tutto ciò che queste realtà rischiano di generare in termini di relazioni sociali sfilacciate, di individualismo e solitudine”.

Il ritorno in Vaticano

Papa Francesco, in elicottero, è tornato in Vaticano alle 14,40 e ha fatto rientro a Casa Santa Marta dopo la visita lampo a Venezia.

Zaia: "Con la sua visita ha portato un segnale di pace"

"È stato un privilegio oggi aver ricevuto la visita di papa Francesco a Venezia, la capitale del Veneto con i suoi 1.100 anni di storia e la meravigliosa Basilica di San Marco, simbolo di tutto ciò che rappresenta questa città". . Lo ha detto Luca Zaia, presidente della Regione del Veneto in occasione della visita a Venezia di Papa Francesco. "Con la sua visita pastorale il Papa ha portato un segnale di pace, invocandola non solo per il Medio Oriente e l'Ucraina, due terre segnate da pesanti conflitti, ma anche per tutte quelle zone del mondo, oltre una sessantina, in cui si continua a morire".

"Come diceva Hemingway, la guerra è il luogo dove gli uomini peggiori mandano a morire gli uomini migliori. Dobbiamo lavorare tutti per la pace. Qui in Veneto esiste una comunità dalle profonde radici cristiane, dove credenti e non credenti si riconoscono uniti da un carattere comune, la solidarietà. Basti pensare che un veneto su cinque, credente e non credente, è impegnato in attività di volontariato. Una regione, la nostra, che è non solo cosmopolita ma anche inclusiva, come ha auspicato il Papa. Un Pontefice - sottolinea - che ha sempre saputo parlare agli ultimi, con quella particolare attenzione che non siano lasciate indietro persone per scelte di vita o condizioni di disagio. Mi sono sentito particolarmente orgoglioso quando il Santo Padre ha definito Venezia una 'terra che fa fratelli': un riconoscimento a questa Regione che da sempre è un crocevia tra Oriente e Occidente, quindi luogo ideale per parlare di pace. A Papa Francesco un grande grazie e un arrivederci a Verona il prossimo 18 maggio”.

Il presidente della Regione Veneto ha voluto ricordare che "oltre all'Ucraina e alla crisi israelo-palestinese, nel mondo ci sono 60 guerre di cui non si parla mai e dobbiamo tutti lavorare per la pace". Ha sottolineato, inoltre, come le radici cristiane della regione siano alla base della dimensione solidale del Veneto "dove 1 veneto su 5 fa volontariato, a prescindere se sia credente o meno, secondo una prospettiva inclusiva e cosmopolita e anche il Veneto sta andando in questa direzione". Al presidente Zaia piace questo Papa che "parla agli ultimi, che è attento a che non ci siano persone lasciate indietro".

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