Cultura
Musa tv n. 49 del 6 dicembre 2023
Cultura
Libri, Mazza: “A Fiera Varsavia tanta voglia di...
Il Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle attività connesse alla partecipazione dell'Italia, quale Paese d'onore, alla Fiera del libro di Francoforte del 2024, ha partecipato all'apertura della Fiera Internazionale del Libro di Varsavia
Mauro Mazza, Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle attività connesse alla partecipazione dell'Italia, quale Paese d'onore, alla Fiera del libro di Francoforte del 2024, ha partecipato all'apertura della Fiera Internazionale del Libro di Varsavia. Anche quest'evento vede l'Italia partecipare come Ospite d'Onore, proprio come la prossima edizione della Buchmesse di Francoforte che si svolgerà ad ottobre.
Il Commissario Mazza ha partecipato all'inaugurazione del Padiglione italiano allestito all'interno del Palazzo della Cultura e della Scienza di Varsavia. Alla partecipazione dell'Italia come Ospite d'Onore della Fiera del libro di Francoforte hanno collaborato attivamente il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale con l’Ambasciata d’Italia a Varsavia e l’Istituto Italiano di Cultura a Varsavia, il Ministero della Cultura, l’ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, il Centro per il libro e la lettura ed Associazione Italiana Editori.
Il Commissario Mazza ha definito quella di Varsavia come una tappa importante nel cammino di avvicinamento alla 76esima edizione della Buchmesse che vedrà l'editoria italiana protagonista. "Bello vedere tanti giovani tra i visitatori di questa Fiera, in particolare nel Padiglione italiano. È la conferma di questa diffusa voglia di Italia che abbiamo percepito ovunque e che portiamo con noi, nel cuore, verso Francoforte", ha dichiarato Mauro Mazza a margine della cerimonia di inaugurazione.
Cultura
Repubblica di Venezia tra ‘500 e ‘600, focus su carte di...
Convegno promosso dal Mic riunisce storici e ricercatori sul tema degli archivi privati e in particolare di quelli nobiliari durante la prima età moderna
I numerosi archivi privati di famiglia delle dimore nobiliari venete costituiscono una fonte importante per la storia del territorio, soprattutto in relazione con la Repubblica di Venezia. Uno dei più significativi del Veneto è quello del Castello di Thiene, che testimonia dall’XI al XX secolo le vicende di quattro illustri famiglie nobiliari venete: i Porto, i Colleoni, i Thiene e i Capra, committenti di Palladio e Veronese. L’Associazione Castello di Thiene Ets, che lavora per la promozione, valorizzazione e divulgazione dell'archivio, si è adoperata per finanziare il convegno Carte di famiglia nella Repubblica di Venezia tra ‘500 e ‘600 che oggi vedrà riuniti storici delle Università di Veneto, Friuli Venezia-Giulia e Trento, oltre al Cnr, che studiano gli archivi privati e in particolare quelli nobiliari durante la prima età moderna.
"Abbiamo riunito storiche e storici di vari dipartimenti universitari – spiega Andrea Savio, docente del dipartimento DissGeA dell‘Università di Padova – per presentare lo status quo archivistico relativo alla vita nobiliare della prima età moderna (‘500-‘600). Una fotografia dell’argomento, che possa essere conosciuta e apprezzata anche da un pubblico più ampio, come ad esempio i rapporti tra nonni e nipoti nella prima età moderna".
"Ho fortemente voluto questo convegno nella nostra dimora – dichiara Francesca di Thiene, presidente dell’Associazione Castello di Thiene Ets - perché l’archivio rappresenta un’opportunità unica per scoprire le mille sfumature di secoli di storia conservate nei documenti. Ritengo sia importante riuscire a valorizzare ciò che il Castello ancora oggi è in grado di raccontare: cerchiamo di farlo tutti i giorni attraverso l'Associazione e sicuramente i contributi pubblici finora ottenuti ci hanno consentito di investire e proseguire nell'inventariazione e valorizzazione del nostro patrimonio archivistico".
"Dall’archivio – prosegue - emergono importanti documenti che hanno aiutato gli storici dell’arte a rinominare correttamente due dipinti del Veronese che ritraggono Iseppo da Porto con il figlio Leonida (visibile agli Uffizi) e la moglie Livia con la figlia Deidamia (ora al The Walters Art Museum di Baltimora). Committenti del grande pittore oltre che del Palladio, i Porto intrattenevano rapporti anche con la corte Estense e proprio dalla documentazione emergono alcuni doni che furono scambiati tra i due casati, tutti rigorosamente registrati, quali partite di anguille o galline selvatiche particolarmente pregiate" ricorda Francesca di Thiene che, sulle orme dell'antenata Angelica di Thiene (che nel '700 fu coinvolta nelle vicende di ordinamento dell'archivio di allora), si batte per la valorizzazione di questo patrimonio archivistico. Una famiglia di donne molto determinate, dedite alla cultura, quella dei di Thiene.
"Tra i documenti presenti al Castello di Thiene – conclude Francesca di Thiene - sono custodite importanti mappe che oltre a descrivere morfologicamente il territorio, delineano le attività che vi erano insediate, da quelle agricole (con i vati tipi di colture dell’epoca) a quelle produttive (da cui emerge l’ampia filiera per la produzione della seta, con la coltivazione dei gelsi e l’allevamento dei bachi, oltre alla filatura e tessitura)".
Il patrimonio documentario comprende pergamene, mappe e disegni, lettere, bolle papali e ducali, privilegi imperiali, libri di conti, registri e vari altri materiali, originali e in copia. Dal 2018 l'archivio è stato oggetto di alcuni importanti lavori di ordinamento e inventariazione informatizzata, grazie al coordinamento scientifico della Biblioteca civica Bertoliana di Vicenza, che ha reso possibile la pubblicazione on line degli inventari, liberamente accessibili nel “Portale degli archivi della Bertoliana”, un'innovativa piattaforma web realizzata da Regesta.exe.
Cultura
Giuli presenta il suo ‘Gramsci è vivo’:...
Un invito al dialogo e al confronto tra destra e sinistra "in una cornice condivisa" e in una "casa aperta". A formularlo è stato il presidente della Fondazione Maxxi, Alessandro Giuli, che oggi nella libreria Mondadori di piazza Cola di Rienzo di Roma ha presentato il suo ultimo libro 'Gramsci è vivo. Sillabario per un'egemonia contemporanea' (Rizzoli) insieme ai giornalisti Giuliano Ferrara e Pierluigi Battista e all'attrice Sabrina Ferilli.
Nella sua riflessione Giuli ha sottolineato il fatto che "dopo oltre 25 anni di guerra civile a bassa intensità intorno al bipolarismo berlusconiano, finalmente una classe dirigente al governo ha la possibilità di scrivere un ordine del discorso in cui si debba e si possa gettare un ponte tra destra e sinistra. Nella sostanza si tratta di disegnare una cornice condivisa, di ritrovare un racconto unitario". In questo senso, per Giuli, "noi abbiamo il dovere di dialogare. La destra deve essere necessariamente, in questa fase storica, un po' di sinistra per rappresentare ciò che la sinistra non rappresenta più. La missione storica oggi è quella di uscire dalla selvaggia dialettica della delegittimazione reciproca".
Illustrato in una sala affollata, di fronte ad una platea numerosa, - composta tra gli altri dal sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi, dallo scrittore Fulvio Abbate, dal vignettista Osho, dai giornalisti Salvo Sottile, Serena Bortone, Stefano Cappellini, Pierluigi Pardo e Annalisa Bruchi e dall'ex ministro per le politiche giovanili e lo sport Vincenzo Spadafora - il libro affronta la contesa delle idee per costruire un progetto in divenire: rendere possibile dichiararsi "i più progressisti fra i conservatori".
Un progetto di cui ha parlato Giuliano Ferrara. "Questo libro - ha detto - non è affatto una sorpresa" e si colloca, in fondo, in una fase politica e storica in cui "tutto è molto fluido così come lo è il libro. Uno dei tentativi di rinnovarsi dell'identità culturale di sinistra - ha evidenziato - è stato quello di mettersi in rapporto col fascismo cercando di fare i conti col Ventennio". Da parte della sinistra, ha detto Ferrara, "c'è sempre il problema della destra alla quale si tende a rimproverare di essersi un po' travestita, di aver assunto un'identità altra".
Il giornalista Pierluigi Battista ha ricordato di aver trascorso "l'intera giovinezza a parlare, a scrivere, a discutere, a litigare su Gramsci. Poi c'è stata la fine dell'ideologia, Gramsci è sparito. Arriva la destra al governo e c'è ancora Gramsci. Giuli mi ha fatto una sorta di scacco esistenziale. Potrebbe essere paradossale ma non lo è perché penso che la destra di matrice fascista abbia dentro di sé gli aspetti dell'egemonia che non ha destra liberale". Ultima battuta per l'attrice Sabrina Ferilli. "La cosa più interessante è che Giuli prende le distanze dalle cose condannabili del periodo fascista. Non credo, però, che le neghi. Leggendo il libro si nota un legame con determinati ideali e passaggi che si rifanno anche al Risorgimento", ha detto.