Ucraina, gli aiuti in bilico sul tavolo del vertice Ue: Ungheria blocca l’accordo a 27
Orban non scopre le carte fino al Consiglio europeo straordinario di domani
Un accordo a 27 sulla revisione di medio termine del Quadro finanziario pluriennale 2021-27 dell'Ue (Qfp o Mff) "non c'è ancora". La decisione di domani, con al centro gli aiuti all’Ucraina attaccata dalla Russia, è un “defining moment”, un vero crocevia, in cui si vedrà che tipo di soggetto internazionale vuole essere l’Unione. L’Ungheria di Viktor Orban continua a bloccare l'intesa tra i leader Ue sulla revisione, il cui 'piatto forte' sono 50 miliardi di euro di aiuti all'Ucraina (33 miliari di prestiti e 17 di sovvenzioni a fondo perduto) a lungo termine, la macroassistenza finanziaria necessaria ad assicurare il funzionamento dello Stato, impegnato in una logorante guerra difensiva contro Mosca. Uno stallo che provoca irritazione e frustrazione tra gli altri partner Ue.
Tutto rinviato al tavolo del Consiglio Ue
Il Consiglio Europeo straordinario è convocato per domattina a Bruxelles, per cercare di trovare un'intesa, dopo che nel summit di dicembre il premier ungherese, lasciando la stanza, aveva consentito ai colleghi di dare via libera, a 26, ai negoziati di adesione con Ucraina e Moldavia. I contatti sono in corso, “specie tra la Commissione e l’Ungheria”, dice una fonte diplomatica, ma Orban ha deciso di venire al Consiglio Europeo “senza chiudere nulla prima”, per affrontare i nodi direttamente nel vertice. Una soluzione, dunque, almeno “fino a domani”, non si troverà. Questa volta però, spiega un’altra fonte diplomatica europea, non basterà che Orban, che è il membro più anziano del Consiglio Europeo (è premier dal maggio 2010: batte l’olandese Mark Rutte di qualche mese), lasci la sala per un caffè: a dicembre si trattava di "una decisione politica", mentre in questo caso si tratta di una questione "giuridica e serve l'unanimità a 27".
I fondi in ballo
Lo schema di negoziato approvato a dicembre prevede una dotazione finanziaria aggiuntiva di 64,6 miliardi di euro, che dovrebbe essere spesa per nuove priorità: oltre ai 50 miliardi di euro per lo strumento per l’Ucraina (17 miliardi di euro in sovvenzioni e 33 miliardi di euro in prestiti), 2 miliardi per la migrazione e la gestione delle frontiere, 7,6 miliardi di euro per il vicinato e il mondo, 1,5 miliardi di euro al Fondo europeo per la difesa nell’ambito del nuovo strumento Step, 2 miliardi di euro per lo strumento di flessibilità, 1,5 miliardi di euro per la riserva di solidarietà e aiuti.
Il nodo unanimità
Per essere adottata, la revisione del Qfp richiede l’unanimità del Consiglio e l’approvazione del Parlamento. C'è anche un problema di tempo, perché Kiev rischia di andare in default, senza sostegni finanziari, tanto più che il Congresso Usa non ha ancora dato via libera agli aiuti al Paese di Volodymyr Zelensky (che domani si videocollegherà con i 27): "L'aiuto all'Ucraina non può attendere", dice una fonte, perché se non arrivasse "da marzo inizieranno a trovarsi in difficoltà".
Gli ungheresi, dice un’altra fonte diplomatica, dicono di volere anche loro “un accordo a 27”, ma chiedono una decisione all’unanimità sugli aiuti all’Ucraina, ogni anno, e non solo sull’Mff; vogliono inoltre non partecipare alla copertura degli interessi aggiuntivi di Next Generation Eu, poiché non hanno ancora incassato un euro dal Pnrr (accettano future decurtazioni sulle rate, a copertura degli interessi, una volta incassate), e hanno chiesto di posticipare di due anni la scadenza del loro Pnrr, per poterlo attuare (il termine scade nel 2026). Quest’ultima richiesta non può essere accolta, perché il termine è stato fissato all’unanimità e ratificato dai Parlamenti: occorrerebbe riaprire tutto e gli altri 26 escludono di imbarcarsi in un iter simile. A fronte di queste richieste, la posizione degli altri Paesi è la stessa di dicembre: è sicuramente fattibile una discussione annuale sulla facility per l’Ucraina, ma nessuno vuole concedere all’Ungheria un diritto di veto sul bilancio a cadenza regolare.
Un alto funzionario Ue spiega che "naturalmente” c’è “un piano", per notare poi che Orban ha già bloccato in passato altri dossier, come le sanzioni contro la Russia: "Dice no, no, no, poi si sposta". La priorità è cercare un accordo a 27, perché trovarlo a 26, fuori dall'Mff, sarebbe "complicato", anche se non impossibile. Il fatto è che, se si trovasse un accordo a 26, non si tratterebbe più del Consiglio Europeo, ma solo di una conferenza intergovernativa a 26. Una soluzione a 26 è possibile, ma sarebbe più complicata e, soprattutto, “costerebbe di più”, perché non peserebbe sul bilancio Ue, ma sui singoli bilanci statali (con i rispettivi debiti).
L’Ungheria ha chiesto di poter approvare anche il bilancio annuale, non solo l'Mff, all'unanimità (quello annuale richiede la maggioranza qualificata, mentre l'Mff, che fissa il tetto di spesa, necessita di un voto unanime), in modo da poterlo bloccare ogni anno. Gli altri Paesi hanno detto di no, perché "serve certezza" per programmare le spese. Una possibile soluzione, spiega una fonte diplomatica europea, potrebbe essere quella di impegnarsi a dibattere del bilancio annuale dell'Ue ogni anno in Consiglio Europeo: sarebbe una clausola simile al ‘freno di emergenza’ che era stato previsto nel 2020 in un considerando del regolamento sulla Rrf (Next Generation Eu), su richiesta dell’Olanda, che dava il diritto di chiedere di discutere “in modo esaustivo” nel Consiglio Europeo di situazioni specifiche.
I negoziati con Budapest "si intensificano - spiega un alto funzionario Ue - ma non ci siamo ancora. Non so se ci riusciremo". Anche per un diplomatico europeo "un risultato a 27 non è garantito", quindi non è sicuro che il summit non fallisca, come era successo nel febbraio 2020, quando un Consiglio Europeo convocato per concordare l'Mff 2021-27 fallì, proprio mentre nel Lodigiano veniva individuato il presunto 'paziente zero' da Covid-19. Per un’altra fonte, un fallimento del summit sarebbe “politicamente molto grave”, perché evidenzierebbe il “plastico isolamento” di Budapest rispetto agli altri 26. E un isolamento così forte potrebbe creare per la prima volta una situazione per cui si potrebbe “coagulare” una maggioranza per portare avanti la procedura ex articolo 7, in piedi dal 2018.
In questo caso, i Paesi che hanno molto da perdere per una mancata revisione di medio termine dell’Mff non sono pochi: di certo l’Italia (nel pacchetto ci sono anche fondi per le migrazioni), ma anche Spagna, Romania, Slovacchia e Lettonia, per ragioni diverse. Tutti Paesi che potrebbero anche decidere di votare a favore della sospensione dei diritti di voto di un membro che si è di fatto autoisolato. E che ormai non può neanche più contare sull’aiuto sicuro della Polonia, dove il Pis, anch’esso ai ferri corti con la Commissione sul rispetto dello Stato di diritto, è all’opposizione.
Oltre all’Ucraina, c’è il problema dei maggiori costi per interessi di Ngeu: se sono coperti nel 2024 dal bilancio annuale, non lo saranno più dal 2025, cosa che potrebbe creare problemi sui mercati finanziari. Per una fonte diplomatica, tra i 26 c’è “grande irritazione e frustrazione” nei confronti dell’Ungheria. E’ vero che, di qui alla fine della legislatura, questo è “l’ultimo momento” in cui Orban può usare l’arma del veto come leva, ma “se tira troppo la corda, rischia di ritrovarsi con un pugno di mosche in mano e in una situazione peggiore rispetto a quella di partenza”. La pubblicazione sul Financial Times di un documento del segretariato del Consiglio che preconizzava guai per l'economia ungherese in caso di mancato accordo non sembra aver aiutato. "Non è stata un'ottima idea", secondo un diplomatico europeo, perché avrebbe consentito a Orban di avvalorare la sua tesi circa un "ricatto" di Bruxelles nei confronti dell'Ungheria.
Di certo “non ha aiutato”, conferma un altro diplomatico. Non è neppure detto che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che viene spesso vista come un ‘ponte’ verso Orban, decida di fare da mediatrice, visto che non è escluso che la mediazione fallisca. Oltre alla revisione di medio termine dell'Mff, che è il ‘piatto forte’ del Consiglio di domani, sono previste altre due discussioni, una sugli aiuti militari all'Ucraina e l'altra sul Medio Oriente. Nell'ambito di quest'ultima rientra anche la missione navale Aspides tra il canale di Suez e lo stretto di Hormuz, che era oggi sul tavolo dei ministri della Difesa nel Consiglio informale al Palais d'Egmont: "Mi aspetto che il tema sia affrontato", dice un alto funzionario Ue. Non sono però previste conclusioni sul Medio Oriente, perché richiederebbero una lunga trattativa, e non è questa l’occasione.
Si discuterà degli aiuti militari all’Ucraina e, inoltre, dell’uso dei proventi eccezionali legati al congelamento degli asset della Banca centrale russa nei conti delle società di clearing. La Commissione preme per passare all’azione, ma diversi Paesi chiedono di procedere con prudenza (tra questi l’Italia, la Francia e il Belgio), visto che la Bce ha espresso più volte dubbi sui rischi dell’operazione, anche per la reputazione dell’euro come valuta di riserva internazionale. E’ probabile che si proceda a chiedere alle società di clearing di separare contabilmente quei proventi, in modo da poterli sequestrare, eventualmente, in seguito. Il Consiglio Europeo straordinario viene preceduto, questa sera, da una cena informale tra i leader nella sede del Consiglio, in cui i capi di Stato e di governo (quelli presenti, non moltissimi) avranno modo di parlarsi in bilaterale. Pare escluso, infine, che si parli del rinnovo dei vertici Ue: il ritiro di Charles Michel dalla candidatura alle europee “ha abbassato tutto”.
Esteri
Libano, Hezbollah: “Scontri con esercito di Israele...
Hezbollah: "Scontri con esercito israeliano al confine con il Libano". Nyt: "Per funzionari Usa Sinwar è vivo e vuole guerra regionale". Allerta Fbi per 7 ottobre
Mentre Hezbollah riferisce di scontri con le truppe israeliane al confine con il Libano ("I soldati del nemico israeliano hanno tentato di nuovo di avanzare verso la periferia del villaggio di Odaisseh (Adaysseh)" e 'gli scontri continuano'), Donald Trump afferma che Israele dovrebbe colpire i siti nucleari dell'Iran. "La risposta doveva essere: colpite il nucleare prima e preoccupatevi poi", ha detto il tycoon a chi gli chiedeva cosa pensasse della risposta data dal presidente Usa sulla possibilità che lo Stato ebraico colpisca gli impianti atomici di Teheran.
Joe Biden si è detto contrario e nelle ultime ore ha esortato il governo israeliano guidato dal primo ministro Benjamin Netanyahu a cercare anche "altre alternative" agli attacchi alle installazioni petrolifere iraniane.
Hamas: "Comandante brigate al-Qassam ucciso in raid in Libano"
Intanto Hamas conferma l'uccisione in Libano di Saeed Atallah Ali, un comandante del braccio armato del gruppo, le Brigate al-Qassam. E' stato ucciso, secondo quanto confermato da Hamas e riportato dalla tv satellitare al-Jazeera, in un raid di un drone israeliano che ha colpito il campo profughi palestinesi di Beddawi, nella zona di Tripoli, nel nord del Paese dei Cedri. Nell'operazione, stando a Hamas, sono rimasti uccisi anche la moglie e due figlie di Atallah Ali. "Promettiamo al nostro popolo di vendicare il sangue puro versato e di confermare che la nostra prossima serie di risposte sarà nei fatti prima che nelle parole", afferma Hamas.
Forze israeliane: "Raid contro Hezbollah in una moschea nel sud"
I militari israeliani confermano raid effettuati nella notte contro "elementi dell'organizzazione terroristica di Hezbollah che operavano in un centro di comando all'interno di una moschea adiacente al Martyr Salah Ghandour Hospital, nel sud del Libano". L'operazione è avvenuta a Bint Jbeil.
Idf a sfollati libanesi: "Non tornate a casa, ci saranno altri raid"
Le Forze di difesa israeliane esortano gli sfollati libanesi in fuga dalle operazioni militari a non tornare nelle loro case, perché i raid contro il sud del Libano continuano. Lo ha scritto su X un portavoce delle Idf, senza specificare quali sono i villaggi che sono nel mirino.
Unifil: "Restiamo in tutte le nostre posizioni"
Unifil, la forza delle Nazioni Unite in Libano, non lascerà le sue posizioni nel sud del Libano nonostante quella che è stata definita una richiesta di "riposizionamento" da parte di Israele. "Il 30 settembre le Idf hanno notificato a Unifil la loro intenzione di avviare incursioni di terra limitate in Libano - afferma la Missione secondo quanto si legge sul Guardian - Hanno anche chiesto il trasferimento di alcune nostre posizioni". I caschi blu, assicurano, "restano in tutte le posizioni e continua a sventolare la bandiera delle Nazioni Unite".
Allerta Fbi per 7 ottobre
Allerta Fbi e Dipartimento per la sicurezza interna per possibili minacce alla sicurezza o violenze in vista del 7 ottobre, quando sarà passato un anno dall'attacco di Hamas in Israele. L'anniversario, è la valutazione nel contesto del conflitto in corso, potrebbe essere "un fattore motivante per estremisti violenti o autori di crimini d'odio a commettere atti di violenza o minacciare la sicurezza pubblica".
Fonti Usa a Cnn: "Attacchi a siti nucleari iraniani? Da Israele nessuna garanzia"
Esclusi attacchi a impianti nucleari iraniani dopo l'attacco missilistico iraniano contro Israele? Nessuna garanzia da Israele all'Amministrazione Biden. Lo ha confermato alla Cnn un funzionario di alto livello del Dipartimento di Stato Usa, spiegando che è "davvero difficile" dire se Israele sfrutterà l'anniversario degli attacchi di Hamas del 7 ottobre per rispondere.
"Speriamo e ci aspettiamo un po' di saggezza come forza, ma come sapete, nessuna garanzia", ha affermato. E sulla data del 7 ottobre ha detto di "pensare in un certo senso che vogliamo evitare il 7" e quindi secondo la sua valutazione "se ci sarà qualcosa sarà probabilmente prima o dopo".
Nyt: "Per funzionari Usa Sinwar è vivo e vuole guerra regionale"
Yahya Sinwar sarebbe vivo, starebbe ancora prendendo decisioni cruciali per Hamas, avrebbe indurito le sue posizioni, sarebbe diventato fatalista dopo quasi un anno di guerra a Gaza, non avrebbe alcuna intenzione di raggiungere un accordo con Israele e anzi sarebbe determinato a vederlo coinvolto in un conflitto più ampio in Medio Oriente. E' quanto emerge dal New York Times che cita funzionari statunitensi. Anche se, riconoscono, non esiste una prova certa della sua esistenza in vita.
Secondo il giornale, i negoziatori americani credono che Hamas non abbia alcuna intenzione di raggiungere un accordo con Israele per il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi trattenuti nella Striscia di Gaza dall'attacco del 7 ottobre di un anno fa in Israele che ha portato all'avvio delle operazioni militari israeliane contro Hamas nell'enclave palestinese. E, scrive ancora il Nyt, i funzionari Usa ritengono anche che il premier israeliano Benjamin Netanyahu sia preoccupato soprattutto della sua sopravvivenza politica e potrebbe non ritenere che un cessate il fuoco a Gaza sia nel suo interesse.
Stando ai funzionari americani, nelle ultime settimane - si legge - Hamas non ha mostrato alcun desiderio di impegnarsi in colloqui. E le fonti sospettano sia più rassegnato di fronte al proseguimento delle operazioni militari israeliane. La convinzione di Sinwar sarebbe, secondo i funzionari, che una guerra più ampia con maggiori pressioni per Israele e i suoi soldati potrebbe portare i militari a ridurre le operazioni a Gaza. E, osserva il Nyt, la guerra nella regione si è allargata, ma non in modo tale da avvantaggiare significativamente Hamas, "almeno non ancora".
Esteri
Israele, pioggia di bombe sul Libano: attacco record non è...
Tel Aviv punta a concludere i combattimenti in 2-3 settimane. Mistero su funerali Nasrallah a Teheran. Media: "Safieddine ucciso in attacco su Beirut". Iran avverte: "Se necessario attaccheremo ancora". Biden: "Stiamo facendo molto per evitare guerra totale".
Israele ha martellato il Libano con una ferocia senza precedenti nella sua lotta contro Hezbollah. E' quanto riferisce il gruppo di monitoraggio dei conflitti Airwars, secondo il quale i bombardamenti di Tev Aviv contro le roccaforti di Hezbollah nel Paese, segnano la "campagna aerea più intensa" al mondo al di fuori di Gaza degli ultimi due decenni.
Secondo il ministero della Salute libanese, i raid di Israele hanno ucciso in meno di tre settimane oltre 1.400 persone, ferendone circa 7.500 e costringendo più di un milione di persone a lasciare le proprie case. Gli attacchi dello Stato ebraico avvengono a “un livello e a un'intensità che gli stessi alleati di Israele non avrebbero mai effettuato negli ultimi 20 anni”, ha dichiarato alla Cnn Emily Tripp, direttrice del gruppo con sede nel Regno Unito, che citato la campagna militare guidata dagli Stati Uniti contro l'Isis nel 2017, dove, al culmine della battaglia per Raqqa - la capitale de facto del gruppo terroristico - sono state impiegate 500 munizioni in un solo giorno.
Nell'arco di due giorni, il 24 e il 25 settembre, l'esercito israeliano ha dichiarato di aver utilizzato 2.000 munizioni e di aver effettuato 3.000 attacchi. In confronto, per la maggior parte dei 20 anni di guerra in Afghanistan, gli Stati Uniti hanno effettuato meno di 3.000 attacchi all'anno, a parte il primo anno dell'invasione, in cui sono stati effettuati circa 6.500 attacchi - secondo i dati di Airwars analizzati dalla Cnn.
Israele vuole concludere combattimenti in Libano in 2-3 settimane
Secondo quanto riferisce Channel 12, i militari israeliani ritengono che i combattimenti in Libano si concluderanno in due o tre settimane. L'indicazione è stata data da un alto funzionario della sicurezza israeliano che ha recentemente incontrato una delegazione delle famiglie degli ostaggi. Secondo il funzionario, l'obiettivo di Israele è quello di raggiungere un accordo con Hezbollah che consentirebbe poi di ottenere un'intesa sugli ostaggi.
Giallo sulla morte del successore di Nasrallah
In uno degli ultimi devastanti attacco su Beirut, i caccia dell'aeronautica militare israeliana hanno sganciato circa 73 tonnellate di bombe sul sobborgo di Dahieh, la roccaforte del Partito di Dio. Il raid aveva come obiettivo il bunker dove si nascondeva Hashem Safieddine, il cugino di Hassan Nasrallah e da molti indicato come suo probabile successore alla guida di Hezbollah.
Secondo quanto riferiscono la radio dell'esercito israeliano ed il sito di Maariv, Safieddine sarebbe stato ucciso nell'attacco insieme al capo dell'intelligence di Hezbollah, Hussein Hazimah, noto come "Mortada". I due, insieme potrebbero essere morti a causa del crollo del bunker dove si trovavano con altri esponenti di alto livello di Hezbollah o dei gas tossici provocati dalle esplosioni.
Khamenei: "Israele vampiro, 7 ottobre legittimo"
Contro Israele si è scagliato la Guida Suprema dell'Iran, l'ayatollah Ali Khamenei che, nel suo intervento alla cerimonia a Teheran in ricordo di Hassan Nasrallah, ha definito il lo stato ebraico "un vampiro" e giudicato un "atto legittimo" l'attacco di Hamas del 7 ottobre dello scorso anno.
"Del tutto legittimo" anche l'attacco missilistico dell'Iran contro Israele secondo Khamenei che ha avvertito: "Se necessario colpiremo ancora".
Mistero su funerali Nasrallah
I funerali di Hassan Nasrallah continuano intanto ad essere un mistero. Non ha contributo a risolverlo una breve dichiarazione di una fonte vicina a Hezbollah raccolta dalla Cnn, che ha smentito la notizia secondo cui il leader del movimento sciita libanese sarebbe stato sepolto in segreto. "Non è stato deciso nulla" sull'ora e il luogo della sepoltura, ha detto la fonte.
Biden: "Stiamo facendo molto per evitare guerra totale"
Gli Stati Uniti "stanno facendo molto" per evitare una guerra totale in Medio Oriente, ha dichiarato in conferenza stampa il presidente, Joe Biden, secondo cui "la cosa principale che possiamo fare è cercare di radunare il resto del mondo, i nostri alleati" per calmare la situazione.
Biden ha spiegato che "gli israeliani non hanno ancora deciso come agire in termini di attacco (in risposta al raid dell'Iran, ndr). Se ne sta discutendo. Se fossi nei loro panni, penserei ad altre alternative che colpire gli impianti petroliferi". Poi ha ricordato che "nessuna Amministrazione ha aiutato Israele più della mia. Nessuna" ed il primo ministro, Benjamin Netanyahu "dovrebbe ricordarsene". "I nostri team sono in contatto 12 ore al giorno" sia a livello diplomatico e militare, ha aggiunto.
Esteri
Ucraina, Russia avanza in Donbass ma sta per scattare la...
La 'Rasputitsa' trasformerà le trincee in paludi e impedirà lo spostamento dei mezzi pesanti bloccando le operazioni al fronte
La Russia avanza nel Donbass e si prepara all'assedio di Pokrovsk, nodo cruciale per l'Ucraina. Le forze di Mosca continuano a progredire, la spinta iniziata la scorsa estate non si è esaurita. I soldati russi, però, presto dovranno fare i conti con un nuovo avversario. E' in arrivo la Rasputitsa, la stagione delle piogge fra metà ottobre e i primi di novembre che a breve trasformerà le trincee in paludi e impedirà lo spostamento dei mezzi pesanti bloccando le operazioni al fronte.
Gli ucraini hanno quasi terminato l'evacuazione dei civili da Pokrovsk, la città della regione di Donetsk considerata come un hub strategico della logistica militare di Kiev, snodo stradale e ferroviario, che è stata distrutta nei recenti raid delle forze russe. I reparti di Mosca sono a pochi chilometri dopo la conquista di Vuhledar, presa all'inizio della settimana in seguito a settimane di pesanti scontri.
Il ritiro delle forze ucraine è stato un passo "assolutamente necessario" per risparmiare altre vittime fra i civili, ha dichiarato il Presidente Volodymir Zelensky. I militari di Kiev, che quest'anno possono contare su unità più preparate per l'inverno e su più munizioni rispetto ai mesi scorsi, stanno combattendo a Selydove, a sud, a venti chilometri da Pokrovsk.
"Se riusciamo a mantenere il controllo su Selydove fino alla stagione delle piogge, possiamo tenere Pokrovsk per tutto l'inverno", spiegano fonti militari al fronte, citate dal Moscow Times. Kiev qualche settimana fa ha spostato la 68esima brigata e la 15esima su questo fronte e la situazione sembra stabilizzata, ma nessuno può dire per quanto. La disponibilità di munizioni è il frutto dell'iniziativa del Presidente ceco, Petr Pavel che è riuscito a far arrivare quasi un milione di proiettili dagli alleati in tutto il mondo.
Ma l'avanzata dei russi è innegabile e ben visibile sulla strada che da Pokrovsk raggiunge Kramatorsk, passando da Dobropillia, dove escavatori costruiscono trincee e decine di denti di drago ammassati su camion sono in attesa di essere dispiegati.
Mosca nelle ultime ore ha bombardato la regione di Donetsk, le località di Stara Mykolayivka e Kreminnaya Balka, dove due persone sono rimaste uccise e altre due ferite, ha denunciato il governatore, Vadym Filashkin. Un altro raid russo contro 14 insediamenti della regione di Kherson ha provocato la morte di una persona e il ferimento di altre 4. Mosca ha inviato 19 droni contro le regioni di Kiev, Cherkasy, Kirovohrad e Kherson, nove dei quali sono stati abbattuti. Un drone ucraino ha colpito un grande deposito di carburante nella regione russa di Voronezh dove si è sviluppato un vasto incendio.
Il messaggio di Lukashenko
Intanto, nel quadro del conflitto arriva il messaggio - almeno in parte sorprendente - del presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, che prova a favorire un allentamento della tensione sull'asse Minsk-Kiev. "Non abbiamo bisogno di questa escalation - dice - Non abbiamo intenzione di entrare in guerra con gli ucraini". Lukashenko assicura che le autorità della Bielorussia faranno "tutto il possibile" per coesistere in modo pacifico. "La nostra gente vive lì", dice, evidenziano però che, nel caso di un aumento della presenza militare al confine, la Bielorussia risponderà con la militarizzazione del suo confine.
"Se il nemico vede che siamo pronti, alla fine non attaccherà - afferma nelle dichiarazioni rilanciate dall'agenzia BelTa - Noi non iniziamo mai un confronto e per questo stiamo facendo tutto il possibile per porre fine a questa situazione in modo pacifico".
Lukashenko non risparmia critiche al presidente ucraino Volodymyr Zelensky. "Se c'è da decidere qualcosa, vola a Washington", invece che a Mosca o Minsk. "Le autorità ucraine - incalza - dovrebbero rendersi conto che, prima di tutto, dovranno ricostruire il Paese con l'aiuto dei loro vicini, tra i quali, in primo luogo, i bielorussi".