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Burioni e la polmonite misteriosa in Cina: “Non si sa...

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Burioni e la polmonite misteriosa in Cina: “Non si sa nulla, ignorate gli esperti”

Il virologo: "Ho fatto l'errore di fidarmi dei cinesi a inizio 2020" sul covid e "non lo ripeterò questa volta"

Roberto Burioni

Polmonite nei bambini in Cina, "ignorate gli 'esperti'. Non si sa nulla". Invita alla cautela il virologo Roberto Burioni, riguardo alle prime notizie emerse dal gigante asiatico riguardo a un aumento di malattie respiratorie e a focolai di polmonite segnalati nei bimbi, dopo che la Commissione sanitaria nazionale di Pechino, in una conferenza stampa del 13 novembre, aveva riferito un boom di casi nel Paese.

"Ho fatto l'errore di fidarmi - titubante - dei cinesi a inizio 2020, non lo ripeterò questa volta", ragiona l'esperto, postando via X anche le informazioni diffuse da ProMed, programma per il monitoraggio delle malattie emergenti dell'International Society for Infectious Diseases (Isid). Nella nota si prospetta l'ipotesi che possa essere in corso un'epidemia diffusa di una malattia respiratoria non diagnosticata in diverse aree della Cina (poiché Pechino e Liaoning sono distanti quasi 800 chilometri), ma si aggiunge che è troppo presto per prevederne l'evoluzione. L'autore del mini report riporta notizie di ospedali pediatrici di diverse aree del Paese super affollati, scuole svuotate e lezioni cancellate e genitori preoccupati. E di una persona di Pechino che racconta di bambini ricoverati che non tossiscono e non hanno sintomi se non febbre alta e "molti sviluppano noduli polmonari".

A questo proposito Burioni precisa: "Le comuni infezioni virali dell'infanzia non causano polmoniti o 'noduli polmonari', e promette aggiornamenti.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Esteri

Chi era Henry Kissinger, tessitore della politica estera...

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Prima sul proscenio dell'amministrazione e poi dietro le quinte, ha lavorato fino all'ultimo tra premi Nobel contestati ed accuse di aver appoggiato dittatori e guerre in tutto il mondo

Henry Kissinger - (Afp)

Aveva compiuto 100 anni lo scorso 27 maggio, Henry Kissinger, il Grande Vecchio della politica estera americana che per oltre mezzo secolo, prima sul proscenio dell'amministrazione e poi dietro le quinte, ha lavorato fino all'ultimo, ha orientato tra luci ed ombre, tra premi Nobel contestati ed accuse di aver appoggiato, con l'esercizio spregiudicato della sua realpolitik, dittatori e guerre in tutto il mondo.

Kissinger, che ancora lavorava 15 ore al giorno del suo studio, aveva recentemente rivendicato di conservare un ruolo a livello globale in un'intervista con Cbsnews. Dopo aver spiegato che "ci sono buone probabilità" che Xi Jinping e Vladimir Putin avessero preso una sua chiamata, alla domanda se sarebbe stato pronto, dietro la richiesta di un presidente, "a volare a Mosca per parlare con Putin", rispose: "sarei propenso a farlo, ma lo farei come consigliere non come persona attiva".

E riguardo poi allo scenario ucraino, il grande tessitore dei rapporti con Pechino aveva le idee chiare: "Ora che la Cina è entrata nei negoziati, ne verremo a capo, penso entro la fine dell'anno - disse sempre nell'intervista - parleremo di un processo negoziale e persino di veri e propri negoziati".

Non erano mancati poi nell'intervista i riferimenti alla politica interna americana con il centenario Kissinger che si era mostrato scettico su un possibile, nuovo, duello per la Casa Bianca tra l'80enne Joe Biden e il 76enne Donald Trump. "Ci vuole una certa capacità, a livello fisico. Ci sono alcuni vantaggi nella maturità, ma pericoli nella stanchezza ed una limitata capacità di lavorare", spiegò Kissinger che, segretario di Stato tra il 1969 e il 1977, prima al fianco di Richard Nixon e poi di Gerald Ford, fu invitato alla Casa Bianca da tutti i presidenti degli ultimi 50 anni tranne che da Biden.

Il rapporto con Trump

Con Donald Trump lo statista repubblicano ebbe un rapporto particolare, svolgendo un ruolo di consigliere ombra del tycoon, che incontrò diverse volte prima e dopo la sua vittoria elettorale, tessendo poi le lodi della sua politica estera. "Il presidente Trump unisce un grande spirito decisionale ad una personalità vibrante: è un fenomeno unico nella politica estera americana", diceva sempre al Post Kissinger che del resto apprezzava anche Barack Obama per "l'alto livello della sua intelligenza".

Giudizi che confermano come in questi anni, nonostante l'età avanzata, Kissinger abbia continuato ad essere non solo un osservatore attento delle vicende globali, ma continuava a partecipare al dibattito, a dare la linea con interventi e consigli diretti ai leader.

Come quando nell'aprile del 2020, con il mondo paralizzato per il Covid 19, esortava, dalle colonne del Wall Street Journal, Trump e gli altri leader mondiali a combattere insieme contro la "ferocia" del virus, lanciando l'allarme sul rischio che la pandemia potesse "cambiare per sempre l'ordine mondiale".

Posizione sull'Ucraina

Ma l'esempio di questo ruolo sono le posizioni, anche controverse, che negli ultimi anni ha avuto sull'Ucraina. Provocarono un'alzata di scudi a Kiev le dichiarazioni che a maggio dello scorso anno, quando la guerra infuriava da due mesi e la Russia sembrava ancora avere l'iniziativa, Kissinger fece sulla necessità di avviare "negoziati di pace entro i prossimi due mesi prima che si creino tensioni che non si potranno superare facilmente".

Di fatto l'ex segretario di stato consigliava di "tornare allo status quo ante" in Crimea e Ucraina orientale, suggerendo quindi a Kiev una cessione di territori in cambio di pace. D'altra parte già nel 2016, Kissinger - descritto come uno dei pochi americani che ha avuto contatti frequenti con Vladimir Putin - aveva presentato, secondo quanto rivelato allora dalla stampa, all'allora candidato Trump un piano per l'Ucraina che comprendeva l'accettazione dell'annessione russa della Crimea del 2014, con la sospensione delle sanzioni in cambio di un ritiro delle truppe russe dal Donbass.

Un piano in linea con la posizione che aveva assunto pubblicamente sulla neutralità che l'Ucraina avrebbe dovuto adottare tra Russia ed Occidente "se vuole sopravvivere e prosperare", esprimendo quindi contrarietà all'idea di un suo ingresso nella Nato. Su questo però Kissinger ha recentemente cambiato idea, come lui stesso annunciò sempre a Davos, lo scorso gennaio, ritenendo che dopo l'invasione russa è diventato "appropriato" l'ingresso di Kiev nell'Alleanza.

"Prima di questa guerra io temevo che da questo ingresso potesse iniziare esattamente il processo a cui noi stiamo assistendo, ma ora l'idea di un'Ucraina neutrale in queste condizioni non ha più senso", disse, dimostrando ancora una volta l'adesione ai principi della realpolitik. Parole sicuramente gradite a Kiev, che invece a maggio dello scorso anno aveva tuonato contro Kissinger, con Volodymyr Zelensky che l'aveva descritto come una voce che "emerge da un profondo passato", con un calendario che "non è del 2022 ma del 1938", accusandolo di pensare di "parlare non a Davos ma a Monaco di Baviera".

Origini e vita

Parole che sembravano fare riferimento, in modo indelicato, alla storia stesso del centenario statista di origini ebraiche, nato il 27 maggio 1923 a Furth in Germania da dove nel 1938 fuggì con la famiglia per sfuggire alla persecuzione dei nazisti. La famiglia Kissinger si stabilì a New York dove Henry frequentò prima il liceo e poi i corsi universitari serali, lavorando la mattina come operaio.

Nel 1943 venne arruolato nell'esercito e durante l'addestramento Kissinger, che intanto era diventato cittadino americano, venne notato per la sua conoscenza del tedesco e per la sua intelligenza ed assegnato alla sezione controspionaggio dell'intelligence militare. "Tutte le persone in gamba hanno iniziato con l'intelligence, anche io", disse Kissinger ad un giovane, ed ancora poco conosciuto Vladimir Putin, che, incontrato il leggendario ex segretario di Stato, si presentò spiegando di aver lavorato del Kgb.

Finita la guerra, Kissinger - che come tutti ricordano non ha mai perso un particolare accento tedesco - tornò agli studi, laureandosi nel 1950 a Harvard in scienze politiche e poi, nel 1954 prese il dottorato, sempre nell'ateneo dell'Ivy League, con una dissertazione sul Congresso di Vienna dal titolo "Pace, legittimità ed equilibrio".

Rimasto come docente ad Harvard, Kissinger iniziò a lavorare come consulente di diverse istituzioni, compreso il dipartimento di Stato, e centri di ricerca e think tank. Il primo impegno politico arriva nel 1960 quando diventa consigliere di politica estera della campagna presidenziale di Nelson Rockfeller con il quale continuerà a lavorare anche per le presidenziali del 1964 e del 1968. Fu proprio durante queste ultime primarie che avvenne il suo primo incontro con Richard Nixon che Kissinger all'inizio definì, forse con una certa lungimiranza, "l'uomo più pericoloso da candidare alla presidenza".

Ma una volta che Nixon vinse la nomination, fu lo stesso Kissinger a contattare la sua campagna per offrire il suo aiuto e così, dopo la vittoria a novembre, divenne prima consigliere per la Sicurezza Nazionale e poi segretario di Stato. Carica che mantenne anche dopo che, nell'agosto del 1974, Nixon fu costretto, per evitare l'impeachment per lo scandalo Watergate, a dimettersi, lasciando la Casa Bianca a Gerald Ford, fino ad allora suo vice presidente.

Kissinger ha giocato un ruolo dominante nella politica estera Usa dal 1969 al 1977, ispirandosi ai principi della Realpolitik e della distensione che portarono ad una riduzione delle tensioni con l'allora Unione Sovietica ed alla firma nel 1972 del Salt (Strategic Arms Limitation Talks, Trattato per la limitazione degli armamenti strategici) e dell'Abm (Trattato Anti Missili Balistici).

Kissinger lavora anche sul fronte di un 'nemico comunista': la Cina dove nel luglio 1971 compie una missione segreta sospendendo, con la scusa di un malore, il programma di una visita in Pakistan, ma in realtà spostandosi a Pechino per 48 ore di colloqui con il premier cinese Zhou Enlai. Era la famosa "Operazione Marco Polo", che permise preparare il terreno allo storico viaggio che, sette mesi dopo, Nixon fece in Cina per riaprire i rapporti diplomatici tra Stati Uniti e Cina.

Rapporti privilegiati con Pechino che fino all'ultimo Kissinger ebbe fino all'ultimo, come dimostra l'incontro avuto lo scorso luglio nella residenza Diaoyutai, nella capitale cinese, con Xi Jinping. Un incontro che si tenne all'indomani della conclusione della missione nel gigante asiatico dell'inviato Usa per il clima, John Kerry, che non incontrò Xi. Durante la sua visita in Cina, l'ex segretario di Stato vide anche il capo della diplomazia Wang Yi e il ministro della Difesa Li Shangfu, sotto sanzioni americane.

Intanto gli Stati Uniti continuano ad essere nel "pantano" della guerra del Vietnam, e anche su questo fronte Kissinger avvia trattive segrete che portarono agli accordi di Parigi per un cessate il fuoco, il ritiro delle forze militari americani e la riunificazione pacifica del Vietnam. Per questo accordo, a Kissinger viene conferito quell'anno il premio Nobel della pace insieme al nordvietnamita Le Duc Tho che rifiutò il premio perché lo scontro tra il Nord e il Sud continuava a dilaniare la sua terra.

Due membri del comitato del Nobel si dimisero per protesta contro la decisione di premiare Kissinger ed in tutto il mondo venne, e viene ancora criticata, la scelta di conferire il riconoscimento per la pace al maestro della 'realpolitik'. Soprattutto da parte di chi ricordava e ricorda il ruolo che Kissinger ha avuto su un altro fronte caldo della politica estera americana, quella del cosiddetto "back yard", il cortile di casa, l'America Latina dove Washington ha appoggiato golpe e giunte militari sanguinarie.

A partire da quello con cui, l'11 settembre proprio dell'anno in cui Kissinger vinceva il Nobel, il generale Augusto Pinochet rovesciò il governo democraticamente eletto del socialista Salvador Allende. In molti sostengono che Kissinger abbia avuto pesanti responsabilità nel sostenere Pinochet ed abbia avuto un ruolo nella triste stagione delle dittature latino-americane. In particolare nel cosiddetto Plan Condor, un'operazione a cui partecipavano le giunte militari di Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Paraguay e Uruguay per sopprimere i dissidenti all'interno dei loro Paesi ed all'estero.

Nel 2001 il famoso giornalista Christopher Hitchens ha pubblicato il libro 'The trial of Henry Kissinger', in cui accusa l'ex segretario di Stato di "crimini di guerra, contro l'umanità, violazioni delle leggi internazionali", facendo un lungo elenco di crimini in Vietnam, Bangladesh, Cipro e Timor est, bollando il diplomatico come "un fantastico bugiardo con una memoria prodigiosa".

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Esteri

Ucraina, Nato ribadisce sostegno: “Imporsi come...

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Blinken promette impegno per aiuti durevoli. Ma Stoltenberg avverte: "Prepariamoci, lotta sarà lunga e dura. Kuleba: "Continuiamo a combattere, nulla ci fermerà"

Militari ucraini - (Fotogramma)

La Nato ribadisce, quasi due anni dopo l'inizio dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, l'impegno a sostenere Kiev nella difesa contro Mosca, ma la narrativa inizia a cambiare, adattandosi all'evolversi della situazione lungo il fronte nell'est del Paese, lungo 1.200 km. Tutti gli alleati riuniti a Bruxelles per la ministeriale Esteri, ha spiegato il segretario di Stato Usa Antony Blinken, "hanno espresso un forte impegno ad un sostegno durevole dell'Ucraina" di fronte all'invasione russa. Kiev, ha aggiunto il segretario generale Jens Stoltenberg, "è più vicina alla Nato che mai. Continueremo a sostenerli nel percorso verso l’adesione. E continueremo a sostenere la loro lotta per la libertà".

Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, venuto a Bruxelles per partecipare al Consiglio Nato-Ucraina, ha notato che oramai l'esercito del suo Paese è praticamente un'armata Nato, dati i progressi fatti nella transizione verso gli standard atlantici (Stoltenberg ha detto che Kiev beneficerà di un programma di sostegno pluriennale dedicato). Il socialdemocratico norvegese, che sintetizza la linea politica dell'Alleanza, ha inserito una considerazione nuova nel suo discorso sull'Ucraina: ha notato che Kiev ha "liberato il 50%" del territorio invaso dai russi e che ha "prevalso come nazione indipendente, libera e sovrana", cosa che costituisce già "una grande vittoria". A cosa porterà questa considerazione apparsa nella narrazione della Nato, ripetuta per tre volte dal segretario generale, è presto per dirlo e dipenderà probabilmente dall'evoluzione della situazione sul campo di battaglia.

Stoltenberg ha poi ammesso, in pratica, che la guerra tra Ucraina e Russia è arrivata ad una situazione di stallo, cosa che Kuleba ha recisamente negato: "Non c'è nessuno stallo", ha detto il ministro. Per il politico scandinavo, invece, non si sono osservati "cambiamenti significativi in prima linea negli ultimi mesi", anche se "sono in corso intensi combattimenti" e i progressi militari si possono misurare "in modi diversi", non solo in "chilometri quadrati" conquistati. Conta anche "il fatto che siano stati in grado di effettuare attacchi profondi, distruggendo le principali capacità russe, inclusi aerei da combattimento, bombardieri pesanti ed elicotteri", ha detto.

Andrebbe anche considerato il fatto, ha aggiunto Stoltenberg, che gli ucraini "sono stati in grado, senza una vera Marina, di respingere la flotta russa del Mar Nero fino a Novorossijsk, di modo che ora possono trasportare grano sulle navi da Odessa, attraverso il Mar Nero". Una fonte Nato conferma che "sul fronte la situazione è diventata relativamente statica, a mano a mano che ci avviciniamo all'inverno". Entrambe le parti, russi e ucraini, "incontrano difese trincerate" e "faticano a mettere insieme forze d'urto in grado di fare progressi decisivi".

Il fatto è che i russi hanno rafforzato le loro linee difensive, minando il terreno, a volte per una profondità di "decine di km". Questo tipo di guerra, spesso paragonata al macello della Prima Guerra Mondiale, comporta perdite umane molto elevate. E' una descrizione che fa il paio con quella del comandante in capo delle forze armate ucraine, Valery Zaluzhny, che all'Economist all'inizio di questo mese ha dichiarato che la guerra è arrivata ad una situazione di stallo, cosa che il presidente Volodymyr Zelensky ha recisamente negato. Per la fonte Nato, entrambi hanno ragione, dato che partono da punti di vista diversi: il primo militare, il secondo politico. Stoltenberg, che fin dall'inizio della guerra in Ucraina aveva ricordato che la Russia è una "formidabile potenza militare", ha ribadito che Mosca non va "sottovalutata", dato che l'economia russa "è sul piede di guerra" e produce per sostenere lo sforzo bellico.

Inoltre, ha sottolineato, il presidente Vladimir Putin ha "un'alta tolleranza per le vittime". Il trattamento riservato dai comandi alle truppe russe spedite al fronte, osserva l'alto funzionario Nato, è "orribile". Spesso soldati poco addestrati "vengono spediti verso la morte". Gli obiettivi di Mosca nel Paese invaso, ha avvertito Stoltenberg, "non sono cambiati". E il nemico dell'Ucraina "ha accumulato una grande riserva missilistica prima dell'inverno", che probabilmente userà "per colpire la rete elettrica e le infrastrutture energetiche" del Paese, con l'obiettivo di lasciare la popolazione "al buio e al freddo", durante il rigido inverno ucraino. Il ministro Kuleba, per nulla intimorito dai russi, è arrivato a Bruxelles con un messaggio chiarissimo: "Dobbiamo continuare a combattere - ha scandito - l'Ucraina non arretra". L'obiettivo di Kiev, "invariato", è ripristinare "l'integrità territoriale all'interno dei confini internazionalmente riconosciuti del 1991. E niente ci fermerà", ha avvertito.

Stoltenberg ha ribadito che la Nato continuerà ad aiutare militarmente l'Ucraina e ha lodato Olanda, Danimarca e Norvegia per la decisione di consegnare a Kiev dei jet da combattimento F-16, ma ha anche avvertito che occorre prepararsi ad una "lotta lunga e dura", poiché "non esistono soluzioni magiche" che possano determinare, di per sé, svolte decisive sul campo di battaglia. Per la fonte Nato, le forze armate ucraine "hanno un piano e lo stanno eseguendo", ma "è davvero duro combattere contro la Russia". Ciò nondimeno, i progressi fatti dagli ucraini contro Mosca possono essere descritti solo come "humbling", dice, vale a dire tali da incutere rispetto e da indurre a ridimensionare la propria autostima.

La situazione sul terreno nei prossimi mesi, durante l'inverno, determinerà anche come la Nato, i nordamericani e gli europei, si regoleranno. Stoltenberg ha sottolineato che i compiti dell'Alleanza di fronte a questo conflitto sono essenzialmente due: sostenere l'Ucraina nella sua difesa contro l'invasore russo, ma anche evitare che la guerra subisca un'escalation, coinvolgendo la Nato. In tutto questo, l'Ue, che è un gigante economico ma ancora un nano geopolitico, si trova in difficoltà, come si è visto nella vicenda del milione di munizioni da artiglieria promesse all'Ucraina, che avrebbero dovuto essere consegnate entro la fine di marzo 2024. Obiettivo che non verrà raggiunto. Kuleba ha confermato che a Kiev sono arrivati finora circa 300mila pezzi. Per la fonte Nato, i ritardi dell'Ue su questa promessa non sono determinanti, dato che l'Ucraina si procura munizioni anche altrove.

Il ministro ucraino ha detto di non dubitare della volontà dell'Occidente, e dell'Ue, di aiutare Kiev. Il problema, ha notato, è "tecnico" e bisogna che "le persone che sanno" come funzionano le catene di produzione si dedichino alla risoluzione di questo problema, anche perché, in caso contrario, l'Europa rischia di restare "indifesa". Forse mai come in questa vicenda si è misurata la distanza tra le promesse dell'Unione, nel suo insieme, e le azioni dei suoi singoli Stati membri. Il problema, ha ammesso recentemente l'Alto Rappresentante Josep Borrell, non riguarda tanto la capacità produttiva, quanto il fatto che le imprese europee della difesa "operano sul libero mercato", con il risultato che ben il 40% della produzione delle munizioni che servirebbero agli ucraini per difendersi dai russi viene esportato verso altri Paesi. Si vedrà se l'Europa saprà dimostrare con i fatti che Angela Merkel aveva torto, nel 2015, quando osservò che, a suo giudizio, l'Occidente non aveva la volontà di vincere una guerra in Ucraina e che la Russia non era disposta a perderla.

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Esteri

Attentato a Gerusalemme, uccisa una 16enne. Tregua a Gaza...

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Due terroristi hanno aperto il fuoco contro una fermata del bus e sarebbero stati uccisi in circostanze ancora da chiarire.

 - AFP

Mentre arriva la notizia che la tregua tra Israele e Hamas proseguirà per altre 24 ore a Gaza, una ragazza è morta e altre 7 persone sono rimaste ferite in un attentato a Gerusalemme. Secondo il Jerusalem Post, che cita la polizia, "due terroristi" hanno aperto il fuoco contro una fermata del bus e sarebbero stati uccisi in circostanze ancora da chiarire.

Secondo Haaretz, la ragazza uccisa aveva 16 anni, mentre solo uno dei "terroristi" è stato ucciso, con l'altro gravemente ferito. Il Times of Israel, che cita il Magen David Adom - il servizio nazionale di primo soccorso dello Stato di Israele - sostiene che la donna uccisa avesse 24 anni. Il direttore del Magen David Adom ha affermato all'emittente Kan che cinque feriti sono in condizioni gravi.

Il Qatar ha confermato che "la parte palestinese e quella israeliana" hanno raggiunto un'intesa per estendere la tregua di un ulteriore giorno. Lo ha reso noto sul social X il portavoce del ministero degli Esteri di Doha, Majed al-Ansari, dando conto dell'esito delle trattative tra Hamas e Israele.

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