Dal duro confronto tra Donald Trump e Joe Biden di martedì sera, ricorderemo in particolare la minaccia del Presidente, che si ostina a far sospendere la validità del ballottaggio del 3 novembre. Un pericolo per la democrazia.
A cinque settimane dalle elezioni presidenziali americane, il primo dibattito televisivo tra il Presidente Repubblicano Donald Trump e l’ex vicepresidente democratico Joe Biden ha confermato, martedì 29 settembre, tutte le preoccupazioni che si manifestano da quattro anni sulla democrazia negli Stati Uniti.
I momenti più eclatanti di questo caotico e brutale confronto tra i due candidati settantenni, non sono le esclamazioni esasperate di Joe Biden nei confronti di un Presidente che continuava a interromperlo e che lui chiamava un “pagliaccio”, né gli attacchi personali di quest’ultimo su affari compiuti all’estero da uno dei figli del suo avversario. Quello che ricorderemo soprattutto di questo dibattito è l’avvertimento lanciato alla fine da Donald Trump nel ballottaggio del 3 novembre: “Non finirà bene.“
Ancora una volta, Trump ha messo in dubbio la validità delle elezioni presidenziali e dei voti per corrispondenza, molti previsti a causa della pandemia da Covid-19. Ancora una volta, si è rifiutato di impegnarsi a non rivendicare la vittoria e di invitare i suoi sostenitori alla calma se il risultato non fosse stato chiaramente stabilito dopo il voto. Joe Biden, si è impegnato a rispettare il verdetto, qualunque esso sia.
L’ambiguità presidenziale sullo svolgimento delle elezioni è inquietante tanto quanto il suo rifiuto di condannare espressamente la violenza dei suprematisti bianchi, quando sollecitato a farlo dal giornalista che guidava il dibattito – non senza difficoltà. Il signor Trump si è limitato a chiedere a un gruppo di estrema destra, i Proud Boys, di “stare indietro” mentre li esortava a “stare a guardare“.
Una simile negazione della buona cittadinanza da parte di un Presidente degli Stati Uniti lascia senza parole. L’aggressività e l’indisciplina di Donald Trump durante questo faccia a faccia verbale di 90 minuti non avranno sorpreso chi lo segue sin dalla sua prima campagna elettorale: ha guidato il dibattito mentre twittava, lanciando insulti e accuse gratuite, senza il minimo scrupolo. I democratici fingono di essere offesi, ma la base elettorale del Presidente apprezza la sua combattività. È a questo elettorato che si è rivolto, per riabilitarlo, di fronte ai sondaggi che gli danno del perdente in questa fase. Joe Biden se l’aspettava e si era prefissato una strategia per restare calmo, senza essere abbattuto dalle onde che si infrangono.
In fondo, d’altra parte, la disinvoltura del Presidente sul processo elettorale, accanto agli attacchi da lui compiuti contro i servizi pubblici e le libertà che si è preso con le istituzioni, durante il suo primo mandato, dovrebbe far riflettere. Quattro anni di Trumpismo hanno ampiamente contribuito ad indebolire una delle più grandi democrazie del mondo. È una lezione per tutti gli altri.
Atteso con impazienza anche all’estero, questo faccia a faccia Trump-Biden è stato come l’anno 2020, provato per il mondo intero ma politicamente particolarmente difficile negli Stati Uniti: è iniziato lì con un disastroso processo di impeachment del Presidente e proseguito con la violenza urbana che riflette, nel mezzo di una pandemia, la crescente polarizzazione della società. Altri due dibattiti sono in programma da qui al 3 novembre. In vista del triste spettacolo offerto dalla prima, diversi commentatori americani si sono interrogati sull’opportunità di fermarsi lì. Abbiamo infatti il diritto di chiederci quale ragione e democrazia possano trarne vantaggio.