

Cultura
Sangiuliano visita a Madrid la Fondazione Ortega y Gasset
Il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, in Spagna, ha reso visita alla Fondazione Ortega y Gasset a Madrid nello storico edificio di calle de Fortuny, recentemente inaugurato da re Filippo VI dopo lavori di ampliamento. Il ministro ha sfogliato i manoscritti originali di ‘La ribellione delle masse’, il saggio più famoso del filosofo e sociologo spagnolo, soffermandosi a leggere alcune lettere del carteggio con lo scrittore Miguel de Unamuno.
“Il pensiero e l’analisi delle articolazioni della società fatta da Ortega sono di impressionante attualità – ha dichiarato Sangiuliano – Tradizione e modernità, i due elementi che vengono richiamati nei contributi multimediali della fondazione, solo apparentemente sono un ossimoro. La scelta di chiamare il suo periodico ‘Revista de Occidente’ significa molto. Nell’editoriale del primo numero, Ortega y Gasset mette in guardia dal cosmopolitismo astratto e ingannevole, affermando la necessità di salvaguardare le peculiarità nazionali. Le sue preoccupazioni sull’individuo diluito nella massa devono farci riflettere oggi”.
Cultura
Paolo Portoghesi, Sangiuliano: “Giorno di lutto per architettura italiana”

Il ministro: "Mi piace ricordarlo soprattutto come colui che volle e promosse alla Biennale di Venezia la prima Mostra Internazionale di Architettura"
“Oggi è un giorno di lutto per l’architettura italiana. La scomparsa di Paolo Portoghesi ci priva di una figura autorevole sia nel campo della progettazione che in quello della teoria. Egli nutriva un concetto globale dell’architettura, in cui l’armonia tra l’uomo e le forme del costruito e dell’abitato doveva essere compiuta. Mi piace ricordarlo qui, soprattutto, come colui che volle e promosse alla Biennale di Venezia la prima Mostra Internazionale di Architettura ‘La presenza del passato’ sotto la presidenza di Giuseppe Galasso, aprendo con la ‘Strada Novissima’ per la prima volta al pubblico i meravigliosi spazi dell’Arsenale”. Lo afferma il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, nell’apprendere della scomparsa di Paolo Portoghesi.
Cultura
Morto l’architetto Paolo Portoghesi, aveva 92 anni

Principale esponente del Postmodernismo in Italia, si è spento nella sua casa di Calcata. Funerali giovedì nella chiesa dei Santi Cornelio e Cipriano, da lui progettata

L’architetto Paolo Portoghesi è morto questa mattina nella sua casa di Calcata (Viterbo) all’età di 92 anni. L’annuncio della scomparsa è stato dato dalla moglie, l’architetto Giovanna Massobrio, all’Adnkronos. Docente universitario e progettista di fama internazionale, Portoghesi è stato il principale esponente del Postmodernismo in Italia.
L’attività di Portoghesi si è svolta parallelamente sui versanti della ricerca storica e della progettazione architettonica, puntando alla reintegrazione della memoria collettiva nella tradizione dell’architettura moderna. Tra le sue opere più note figurano la Moschea e il Centro culturale islamico a Roma (1984-95) e il quartiere Rinascimento nel Parco Talenti a Roma (2001).
Nato a Roma il 2 novembre 1931 e laureatosi nel 1957, Portoghesi ha insegnato Storia della critica dal 1962 al 1966 all’Università di Roma “La Sapienza”, dal 1967 al 1977 è stato professore di storia dell’architettura presso il Politecnico di Milano, di cui è stato preside dal 1968 al 1976. Dal 1995 ha insegnato progettazione presso la Facoltà di Architettura dell’Università “La Sapienza” di Roma, di cui era professore emerito. Ha diretto il settore architettura della Biennale di Venezia (1979-82), di cui è anche stato presidente (1983-93). Nell’ultimo trentennio Portoghesi è stato anche uno dei principali teorici della ‘geoarchitettura’, una disciplina, secondo le sue parole, che “cerca di correggere il rapporto architettura-natura sulla base di una nuova alleanza: l’uomo deve smettere di costruire secondo una logica puramente economica che produce spreco di energia, inquinamento e sfruttare il patrimonio degli antichi borghi invece di abbandonarli alla distruzione”.
Autorevole studioso della “Roma Barocca” (questo il titolo di un suo saggio fondamentale del 1966), in cui racconta le vicissitudini della città tra il 1600 e il 1750, e specialista degli architetti Guarino Guarini e Francesco Borromini, Portoghesi ha inoltre fondato e diretto riviste come “Controspazio”, “Eupalino” e “Materia”. Nominato nel 2002 Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana, era socio nazionale dell’Accademia dei Lincei (2000) e dal 1977 socio dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze. Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti per l’attività svolta, figurano il Premio IN/Arch per la critica storica; la medaglia d’oro della Fondazione Manzù (1971); il Premio Reggia di Caserta (1973); il Premio Fregene (1981); la laurea honoris causa dell’università di Losanna (1984); la Legion d’Onore (1985); il premio Campidoglio per la cultura (2005).
Alla sua attività di storico, teorico e critico si devono testi quali: “Guarino Guarini” (1956), “Borromini, architettura come linguaggio” (1967); “Roma del Rinascimento” (1970); “Album del Liberty” (1975); “L’angelo della storia. Teorie e linguaggi dell’architettura” (1982); “Postmodern. L’architettura nella società postindustriale” (1982); “La piazza come ‘luogo degli sguardi'” (1990); “I grandi architetti del Novecento” (1998); “Architettura e natura” (1999); “Geoarchitettura” (2005).
Tra le sue opere di architettura vanno ricordate: casa Baldi a Roma (1959), casa Andreis a Scandriglia (1963); casa Papanìce a Roma (1967); Istituto tecnico industriale a L’Aquila (1968); chiesa della Sacra Famiglia a Salerno (1968); Centro sociale con biblioteca civica ad Avezzano (1969); Moschea e Centro culturale islamico a Roma (1976-91); sede dell’Accademia di belle arti a L’Aquila (1978); complesso residenziale Enel a Tarquinia (1981); padiglione termale a Montecatini (1987); Teatro comunale di Catanzaro (1988); edifici termali a Nocera Umbra (1989); piazza Leon Battista Alberti a Rimini (1990); torri di Pietralata per lo Sdo di Roma (1996); chiesa di Santa Maria della Pace a Terni (1997); quartiere Rinascimento nel Parco Talenti a Roma (2001); progetto per la torre di Shangai (2006); progetto per la ristrutturazione di piazza San Silvestro a Roma (2011); campus del Centro di riferimento oncologico di Aviano (2016); complesso interparrocchiale della chiesa di San Benedetto a Lamezia Terme (2019).
Esposizioni sulle sue opere architettoniche si sono tenute alla Triennale di Milano, alla Biennale di Venezia (1977), al Bauzentrum di Vienna, alla Hochschule für Bildende Kunste di Amburgo, e inoltre a Berlino, Karlsruhe, Bielefeld, Gottinga, Osaka, Kassel, Parigi, New York, San Francisco, Milano e lungo via Giulia a Roma.
Tra le sue pubblicazioni più recenti si ricordano: “Roma/amoR. Memoria, racconto, speranza” (2019); “Poesia della curva” (2020); “Abitare poeticamente la terra. La casa, lo studio e il giardino di Calcata” (2022). In quest’ultimo libro con la collaborazione della moglie Giovanna Massobrio racconta il ‘piccolo mondo’ di Calcata, il borgo sulla rupe tufacea, dove l’architetto arrivò nel 1974 per la prima volta e che lui ha rianimato con la sua dimora, dove sono confluite tutte le forme tipiche dell’architettura di Portoghesi, che qui ospita anche il suo studio e la biblioteca personale e dove infine ha realizzato ex novo un ‘giardino delle meraviglie’.
(di Paolo Martini)
Cultura
Esce ‘Lo sport e la cultura’ di Riccardo Bucella

Il saggio ne sottolinea il ruolo di "strumenti per migliorare il benessere sociale" e si sofferma su "l'importanza degli investimenti pubblici"

Si intitola “Lo sport e la cultura: strumenti per migliorare il benessere sociale”, il saggio di Riccardo Bucella pubblicato da Rubbettino che, come sottolinea il sottotitolo, si sofferma su “L’importanza degli investimenti pubblici”.
l libro rileva come lo sport e la cultura siano strumenti importanti per la crescita di una persona e come possano aiutare i rapporti sociali migliorando complessivamente il benessere sociale. I dati evidenziati nel volume mostrano quanto lavoro ancora ci sia da fare per raggiungere l’obiettivo di creare delle “Infrastrutture sociali”, come ad esempio con il progetto “Sportnovemuse”, adeguate ai bisogni di una società in continua trasformazione. In particolare, per aiutare l’anello debole della catena, si indica dove intervenire per poter colmare queste rilevanti lacune, mostrando l’importanza dello sport sia dal punto di vista culturale che dei valori che è in grado di trasmettere. Sport e cultura sono due importanti strumenti che permettono di conoscere noi stessi per dare un senso alla vita in armonia con il prossimo e con la natura.
L’autore Riccardo Bucella lavora presso il Servizio Sviluppo Sostenibile e Studi dell’Istituto per il Credito Sportivo. Laureato in Economia all’Università La Sapienza di Roma, ha lavorato presso varie società di consulenza in qualità di economista junior. Ha partecipato a numerose commissioni tecniche e a gruppi di studio sull’impiantistica sportiva e sul marketing sportivo. Nel mese di luglio del 2022 ha presentato un lavoro sul Pil dello Sport con la collaborazione del prof. Giorgio Alleva.
Cultura
Beni culturali, Diana Bracco: “Partnership pubblico-privato per tutelarli e valorizzarli”

"Alle imprese devono essere assicurate certezze sui tempi di realizzazione dei progetti e garanzie sui benefici e sull’impatto reale"

“Oggi le imprese sono un soggetto sociale attivo e integrato e sono ormai diventate protagoniste della valorizzazione e conservazione del patrimonio storico-artistico del Paese”. Lo ha affermato Diana Bracco, Presidente e Ceo del Gruppo Bracco, in un videomessaggio che ha aperto un incontro su cultura e sviluppo economico, tenutosi al Festival dell’Economia di Trento e a cui è intervenuto in collegamento video anche il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano.
“Fare impresa, fare filantropia – ha aggiunto l’imprenditrice – sono diventate facce della stessa medaglia, e rappresentano un modo per tenere fede ai propri valori e per restituire al territorio parte di ciò che si è ricevuto. Soprattutto nelle aziende familiari, che sono il cuore pulsante dell’industria nazionale. Certo, si può fare di più, però è anche necessario che le Istituzioni, dal canto loro, vadano oltre il semplice concetto di sponsorizzazione. Alle imprese – ha sottolineato – devono essere assicurate certezze sui tempi di realizzazione dei progetti e garanzie sui benefici e sull’impatto reale. Occorre una progettualità condivisa realizzata a quattro mani, per far funzionare il binomio pubblico-privato”.
“Questa è la ricetta che ad esempio a noi di Bracco ha permesso di dare solidità e continuità nel tempo a partnership con grandi istituzioni come il Teatro alla Scala e la sua Accademia, il Palazzo del Quirinale, il Museo Poldi Pezzoli, il Museo del Violino di Cremona, il Palazzo Reale di Milano e tante altre, anche all’estero”, ha concluso.
Cultura
Diana Bracco: “Art Bonus va nella direzione giusta e va potenziato”

L'imprenditrice al Festival dell'economia di Trento, 'la detraibilità è una leva essenziale che va allargata anche ai beni culturali di proprietà privata ma resi fruibili alla collettività, come il Fai'

“L’Art bonus va nella direzione giusta, la detraibilità è una leva essenziale da potenziare allargandolo ad esempio anche ai beni culturali di proprietà privata ma resi fruibili alla collettività”. Lo ha affermato Diana Bracco, Presidente e Ceo del Gruppo Bracco, in un videomessaggio che ha aperto un incontro su cultura e sviluppo economico, tenutosi al Festival dell’Economia di Trento e a cui è intervenuto in collegamento video anche il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.
“Penso ai circuiti delle Case Museo, alla Rete dei Musei d’impresa, alle associazioni nazionali come il Fai – ha spiegato l’imprenditrice – che svolgono a tutti gli effetti un servizio pubblico. In ogni caso trovo estremamente positivo che sia caduto il vecchio tabù che per anni ha penalizzato i privati che volevano investire in cultura”.
“Per troppo tempo – ha aggiunto Bracco – c’è stato un atteggiamento di diffidenza e di rifiuto ideologico verso il contributo delle aziende per la tutela dei beni culturali presenti in tantissimi distretti italiani. Una mentalità da combattere perché le imprese di tutti i settori, dalle banche al manifatturiero, sono degli attori essenziali nelle nostre comunità e nei nostri territori”, ha concluso.
Cultura
Diana Bracco: “Per l’Italia i beni culturali sono una vera miniera d’oro”

"Secondo i dati di Fondazione Symbola e Unioncamere danno lavoro a 1,5 milioni di persone"
“Per l’Italia i beni culturali sono una vera miniera d’oro. Dopo la pandemia e il confinamento, i cittadini del mondo hanno voglia di viaggiare e di tornare alla vita di prima, e hanno fame d’Italia. Il nostro Paese non è mai stato così attrattivo”. Lo ha affermato Diana Bracco, Presidente e Ceo del Gruppo Bracco, in un videomessaggio che ha aperto un incontro su cultura e sviluppo economico, tenutosi al Festival dell’Economia di Trento e a cui è intervenuto in collegamento video anche il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.
“Investire in cultura – ha aggiunto Diana Bracco – conviene a tutti, perché genera ricchezza e posti di lavoro: secondo gli ultimi dati di Fondazione Symbola e Unioncamere, i beni culturali danno lavoro a 1,5 milioni di persone che producono ricchezza per 88,6 miliardi di euro. Ma sostenere con forza il patrimonio storico-artistico è essenziale non solo per il valore economico, ma anche per quello etico e sociale. La cultura, infatti, è il cemento di una comunità, rappresenta la sua identità e permette a un Paese di confrontarsi, comunicare, condividere. Il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è davvero universale, in grado di parlare a tutti”, ha concluso.
Cultura
Dimissioni Ricardo Levi, Sgarbi: “Ha fatto errori e si è mosso con la grazia di un elefante”

Il sottosegretario Mic sulle dimissioni del presidente Aie da commissario alla Buchmesse: "Successore non dovrà obbedire alla destra ma agire in modo dialogante"
“Nonostante la gentilezza e la grazia del suo fare, Levi in realtà ha fatto alcuni errori nei quali si è mosso con la grazia di un elefante”. Così il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi commenta all’Adnkronos la lettera di dimissioni da commissario straordinario dell’Italia alla Fiera del Libro di Francoforte che Ricardo Franco Levi ha consegnato ieri pomeriggio nelle mani del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. “Ci sono stati una serie di episodi -osserva Sgarbi- Prima al Salone del Libro ha fatto un’azione contro Carlo Rovelli che era un’azione politica che poteva sembrare ‘di destra’ ma che nessuno di noi gli aveva chiesto. Poi oggi leggo che qualcuno si è accorto che ha nominato per la Buchmesse l’ufficio di comunicazione in cui lavora suo figlio: questa serie di coincidenze, legate ad una mancanza di furbizia che gli si è ritorta contro, l’hanno obbligato a fare marcia indietro”.
Il modo di procedere di Levi, “non denota una grande capacità di dialogo che sarebbe necessaria per interloquire con il governo”, affonda poi Sgarbi. Che riporta un episodio recente in cui ha incontrato il presidente dell’Aie: “Venne a trovarmi -racconta Sgarbi- e discutendo della realizzazione del padiglione dell’Italia alla Fiera di Francoforte ci disse che aveva già scelto Stefano Boeri, senza alcuna apertura al dialogo su altre eventuali figure. Io avevo pensato a Gaetano Pesce, ma lui è stato irremovibile dicendo che aveva già scelto Tito Boeri”. In sostanza, “con questa serie di atteggiamenti poco dialoganti, si è trovato in una situazione che lo ha indotto a dimettersi -aggiunge il sottosegretario alla Cultura- Io credo che sia la conseguenza di una serie di posizioni assunte in modo autocratico, che non mi pare che sia il metodo migliore per dialogare con il ministero di riferimento”. C’è già qualche idea su chi possa essere il nuovo commissario? “Il prossimo non dovrà obbedire alla destra -chiosa Sgarbi- ma agire in modo dialogante”.
Cultura
Esce ‘I gatti lo sanno’ di Giulia Bignami, racconto di incredibili comportanti animali

Polpi australiani che si lanciano alghe, pesci arciere che sputano e mantidi che amano il cinema: rigorosamente in 3D. La ricercatrice all'Adnkronos: "Non è esattamente un bestiario"

Polpi australiani che si lanciano alghe, pesci arciere che sputano, api che distinguono le pennellate impressioniste di Monet da quelle cubiste di Picasso, mantidi che amano il cinema e rigorosamente in 3D. Ci sono queste e molte altre stupefacenti storie di animali in “I gatti lo sanno” (ed. Giunti), il nuovo libro di Giulia Bignami, classe 1990, un dottorato in Chimica all’Università di St. Andrews, in Scozia. Una penna spigliata e ironica ispira le pagine del lavoro della ricercatrice e manager clinica che racconta, e ripercorre, i risultati scientifici emersi sul mondo animale negli ultimi anni in varie università del mondo.
Con il suo nuovo lavoro – il primo nel 2021 è stato ‘La zattera astronomica’ – Giulia Bignami ci accompagna, fra divertimento e scienza, in un viaggio esilarante e ricco di sorprese tra i più curiosi esperimenti etologici, illustrati dall’immaginazione di Laurina Paperina. “Non è esattamente un bestiario” scandisce l’autrice conversando con l’Adnkronos. “L’idea di raccogliere alcune delle meraviglie e stranezze che caratterizzano il mondo animale nasce proprio – spiega – dalla volontà di far conoscere quanto ancora ci sia da stupirsi, e da imparare, a partire da tutto ciò che (ancora) non sappiamo degli altri animali”.
“Senza una componente divulgativa coinvolgente – osserva inoltre – i risultati di lunghe, magari complesse e certamente impegnative ricerche scientifiche, svolte da ricercatori sparsi per le università di tutto il mondo, corrono il rischio di rimanere chiusi in una bolla di sola pertinenza scientifica”.
“Il compito che mi sono posta è quindi quantomai titanico e forse impossibile – ma sennò che gusto ci sarebbe? – ed è quello di trasportare il lettore in un viaggio esilarante ma istruttivo, sorprendente ma scientifico attraverso il quale rompere questa bolla di scienza apparentemente irraggiungibile al grande pubblico, ma soprattutto modellare (consapevolmente, o forse no) una nuova prospettiva, un nuovo punto di vista sul mondo” sottolinea Giulia Bignami,
L’autrice, che vive e lavora a Edimburgo come ricercatrice e manager clinica, spiega che il suo nuovo libro “non è esattamente un bestiario, o meglio è un bestiario alquanto inusuale”. “La classica suddivisione degli animali tra acqua, terra e aria – prosegue – è rispettata solo in parte dando, invece, più ampio spazio a una sezione finale interamente dedicata alla bellezza, all’arte, alle illusioni e alla magia, aspetti di sensibilità e percezione che siamo abituati a considerare un’esclusiva di noi animali umani”.
Inoltre, aggiunge Giulia Bignami, “le illustrazioni che accompagnano ogni capitolo non svolgono il solo (classico) compito di presentare ciascun animale al lettore ma nascono dall’immaginazione dell’artista Laurina Paperina con l’obiettivo di coinvolgere fin da subito il lettore, in maniera diretta, immediata e visiva, negli strambi esperimenti e negli specifici aspetti comportamentali che poi approfondisco nel corso della narrazione”. “In questo senso, la complementarità tra risultati scientifici e interpretazione artistica è di vitale importanza per assicurare una comunicazione chiara e allo stesso tempo appassionante” assicura.
Cultura
Ricardo Levi: “Dimissioni da Fiera Francoforte con dolore”

"E' stata messa in dubbio la mia correttezza"

“L’articolo di ‘Libero’ ha sollevato una questione assolutamente inesistente e su cui nemmeno c’è da discutere. Ma proprio perché era un caso del tutto trasparente e senza nessuna possibilità di equivoco, ho ritenuto che si mettesse in dubbio la correttezza del mio comportamento, la mia serietà professionale nell’espletamento di un ruolo di governo, e ho ritenuto di dover rassegnare le dimissioni. A parlare con l’Adnkronos è Ricardo Franco Levi, a poche ore dalla sua decisione di rassegnare le dimissioni da commissario straordinario per l’Italia della Fiera di Francoforte 2024, dove il nostro Paese è ospite d’onore.
Il riferimento è all’articolo di ‘Libero’ in cui si parla della scelta di Levi di affidare la comunicazione della Buchmesse ad un’agenzia in cui lavorerebbe il figlio Alberto. “Di fronte a questa messa in dubbio della mia professionalità ho ritenuto che non si potessero in alcun modo accettare interpretazioni diverse -scandisce Levi- e che l’unico modo fosse quello di tagliare la testa al toro rimettendo al ministro della Cultura il mandato come commissario straordinario per Francoforte 2024”. Una decisione presa, fa sapere il presidente dell’Aie, non certo a cuor leggero. “Mi è dispiaciuto molto leggere quelle cose su ‘Libero’ -spiega Levi- e nella lettera di dimissioni al ministro Sangiuliano ho sottolineato che gliele presentavo con dolore. Perché così è stato. Ci lavoravo dal 2017, ho conseguito un risultato che per l’Italia mancava da 36 anni, quindi credo che sia un grande appuntamento per la cultura italiana e mi dispiace non poterlo accompagnare fino alla fine”.
Le dimissioni sono state consegnate a Sangiuliano “ieri pomeriggio -rivela Levi- ed era una nota riservata per il ministro. Oggi lui nel primo pomeriggio mi ha chiamato personalmente, e devo dire che ho apprezzato la sua telefonata, qualche minuto prima di rendere pubblica la sua dichiarazione, e ha usato con me sostanzialmente le stesse parole del comunicato”. Nello specifico,”mi ha ripetuto che non era una questione personale, ribadendomi la sua stima e la sua considerazione, e mi ha detto che mi avrebbe ringraziato pubblicamente, ma ha detto altrettanto chiaramente che avrebbe accettato le dimissioni nell’ottica della volontà di imprimere una discontinuità, ha usato questo termine. Mi sembra quindi del tutto chiara la volontà che sta a monte dell’averle accettate”. “Se mi aspettavo venissero rifiutate? Ho ritenuto di doverle dare e di darle nel modo istituzionalmente corretto, ossia comunicandole riservatamente al ministro e lasciando a lui la facoltà di respingerle quanto di accettarle. Lui le ha chiaramente accettate in una scelta trasparente di discontinuità”, scandisce Levi all’Adnkronos.
(di Ilaria Floris)
Cultura
Premio Campiello 2023, scelti i 5 finalisti: il 16 settembre il vincitore

In gara "La Resistenza delle donne" di Benedetta Tobagi (Einaudi), "Diario di un'estate marziana" di Tommaso Pincio (Perrone editore), "Centomilioni" di Marta Cai (Einaudi), "'La Sibilla. Vita di Joyce Lussu" di Silvia Ballestra (Laterza) e "In cerca di Pan" di Filippo Tuena (Nottetempo)

“La Resistenza delle donne” di Benedetta Tobagi (Einaudi), “Diario di un’estate marziana” di Tommaso Pincio (Giulio Perrone editore), “Centomilioni” di Marta Cai (Einaudi), “‘La Sibilla. Vita di Joyce Lussu” di Silvia Ballestra (Laterza) e “In cerca di Pan” di Filippo Tuena (Nottetempo): sono questi i libri che compongono la cinquina della 61esima edizione del Premio Campiello, concorso di letteratura italiana contemporanea promosso dalla Fondazione Il Campiello ‐ Confindustria Veneto, che si contenderanno la ‘vera da pozzo’.
La cinquina è il risultato delle votazioni della giuria dei letterati, presieduta per il terzo anno consecutivo da Walter Veltroni, che si è riunita, questa mattina, in adunanza pubblica nell’Aula Magna ‘Galileo Galilei’ di Palazzo del Bo, storica sede dell’Università. Il vincitore del Campiello 2023 sarà proclamato sulla base della votazione della Giuria dei Trecento Lettori anonimi sabato 16 settembre al Teatro La Fenice di Venezia, durante una cerimonia condotta da Francesca Fialdini e Lodo Guenzi. I Giurati vengono selezionati su tutto il territorio nazionale in base alle categorie sociali e professionali, cambiano ogni anno e i loro nomi rimangono segreti fino alla serata finale.
La cinquina è stata selezionata – tra gli oltre 90 libri ammessi al concorso dal Comitato Tecnico – dal presidente Veltroni e dai giurati Pierluigi Battista, Federico Bertoni, Daniela Brogi, Silvia Calandrelli, Edoardo Camurri, Chiara Fenoglio, Daria Galateria, Lorenzo Tomasin, Roberto Vecchioni ed Emanuele Zinato. A differenza degli altri anni, i finalisti dell’edizione 2023 sono stati scelti rapidamente: al primo turno con 6 voti sono passati Marta Cai, Tommaso Pincio e Benedetta Tobagi; al terzo turno con 6 voti Silvia Ballestra; al quinto turno con 7 voti Filippo Tuena.
Durante la selezione il presidente Veltroni ha annunciato anche il vincitore del Premio Campiello Opera Prima, riconoscimento attribuito dal 2004 ad un autore al suo esordio letterario. Il premio per il 2023 è stato assegnato a Emiliano Morreale con “L’ultima innocenza” (Sellerio).
Questa la motivazione del riconoscimento a Morreale: “Dalla Palermo degli anni ’80 alla Polonia della seconda guerra mondiale; dai bassifondi romani all’America hollywoodiana: attraverso sei inquadrature accomunate dalla presenza dell’io narrante, ‘L’ultima innocenza’ costruisce un percorso attraverso due arti: la letteratura e cinema. Mescolando realtà storica e invenzione o pretesto autobiografico, emiliano Morreale indaga la linea di confine tra finzione cinematografica e realtà. Il cinema, anche nelle sue manifestazioni deteriori, si rivela un punto d’osservazione privilegiato per comprendere la storia del 900 e il nostro paradossale presente”.
Sempre Veltroni ha annunciato che la giuria ha deciso di assegnare una “Menzione speciale” al libro di Ada D’Adamo, “Come d’aria” (Elliott), autrice esordiente recentemente scomparsa. La decisione, ha spiegato Veltroni, è stata presa all’unanimità ed ha spiegato che la giuria “ha molto apprezzato il libro”.
“Sono molto soddisfatto della cinquina selezionata oggi. In generale, siamo davvero orgogliosi del livello dei libri che sono arrivati quest’anno – ha commentato Veltroni – In un momento storico in cui siamo travolti dalle cose e in cui quelle importanti tendono a sparire – come l’amore per la pluralità, per la gentilezza e per il senso di comunità – la letteratura resiste. In questi tempi densi di caos e contraddizioni, il racconto diventa la nostra bussola. In tutti i libri che abbiamo letto – grazie alla meravigliosa giuria del Premio, fatta di persone competenti e libere – abbiamo ritrovato diversi elementi comuni: il forte rapporto con la realtà, tante donne scrittrici, l’attenzione verso la storia e la storia delle persone che la abitano, ma anche un’esaltazione della pura immaginazione. In questi momenti di frammentazione e di microfratture, grazie alla letteratura riusciamo a intravedere la luce. Il romanzo è capace di unificare, perché la scrittura è lavoro sartoriale, fatto di trame, ago e filo. Lavoro e creatività infatti sono fratelli ed è per questo che, nello pieno spirito del Campiello, il premio degli industriali, vogliamo continuare a valorizzare questo rapporto, per portare in alto il lavoro e la cultura, insieme”.
Enrico Carraro, presidente della Fondazione Il Campiello ‐ Confindustria Veneto, ha sottolineato: “Complimenti a tutti gli autori entrati in cinquina. E’ sempre un’emozione e un grande onore partecipare a questa cerimonia. Con la selezione della cinquina finalista, si apre il percorso che porterà a decretare il vincitore del Campiello sabato 16 settembre alla Fenice a Venezia, dopo l’insindacabile giudizio della giuria popolare, capace come ogni anno di stupire e sovvertire il risultato della giuria tecnica. Quello di oggi è forse il momento più evidente, insieme alla finale, di una attività che la Fondazione svolge tutto l’anno e che rappresenta un vero e proprio progetto continuativo, ricco di iniziative e tappe. Fin dagli albori del Premio, troviamo il convinto sostegno delle imprese alla nostra mission, nella consapevolezza che con la cultura alimentiamo il nostro territorio. Una terra che va continuamente valorizzata e preservata, tenendo a mente temi importanti e necessari come la sostenibilità e l’inclusione e rendendola attraente per tanti giovani cervelli e lavoratori che sempre di più abbandonano la nostra Regione”.
Enrico Del Sole, vice presidente di Confindustria Veneto Est, ha aggiunto: “Sosteniamo e apprezziamo il Premio Campiello e il suo impegno per la promozione della lettura e della migliore cultura in particolare tra le giovani generazioni. Proprio la cultura, nelle imprese e nel territorio, è uno degli asset su cui si fonda il progetto di Confindustria Veneto Est nella dimensione metropolitana tra Venezia Padova Treviso e Rovigo. Un’area vasta che vanta un patrimonio di storia, cultura e bellezza ineguagliabile e che rappresenta valore fondante per una crescita integrata della comunità, risorsa di competitività e attrazione di persone e competenze”.
(di Paolo Martini)
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