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Elezioni Usa, Trump e lo scoglio della Corte Suprema: cosa...
Elezioni Usa, Trump e lo scoglio della Corte Suprema: cosa potrebbe succedere
I giudici chiamati a decidere su eleggibilità e immunità dell'ex presidente coinvolto in quattro processi penali e uno civile
Favorito nei sondaggi per le elezioni Usa 2024, Donald Trump potrebbe veder fermare la sua corsa verso la Casa Bianca dalla Corte Suprema Usa. Per la prima volta dopo il famoso braccio di ferro legale del 2000 che portò George Bush alla Casa Bianca, i supremi giudici si trovano ad avere un ruolo cruciale per l'esito di elezioni presidenziali. E se nel dicembre di 24 anni fa la Corte, con un voto a maggioranza 5-4, decise di bloccare il riconteggio in Florida, dando così la vittoria al repubblicano su Al Gore, in questo caso i sommi giudici sono chiamati ad intervenire sulla stessa possibilità che Trump possa partecipare alle elezioni.
Oggi l'udienza sull'ineleggibilità
C'è grande attesa infatti per l'udienza in cui oggi, 8 febbraio, la Corte Suprema ascolterà gli argomenti riguardo alla possibilità che l'ex presidente venga considerato ineleggibile a causa del suo ruolo "nell'insurrezione" del 6 gennaio 2021, quando i suoi sostenitori presero d'assalto il Congresso per impedire la certificazione ufficiale della vittoria di Joe Biden.
Trump ha presentato ricorso contro la sentenza della Corte Suprema del Colorado che ha accolto gli argomenti del Citizens for Responsibility and Ethics in Washington (Crew), gruppo che ha presentato il caso contro l'eleggibilità di Trump in diversi stati, rispolverando la sezione 3° del 14esimo emendamento, che vieta a funzionari pubblici che hanno partecipato a "insurrezioni o ribellioni" di candidarsi di nuovo.
Approvata dopo la Guerra Civile nel 1868 per impedire che si candidassero gli ex leader della Confederazione, la sezione non è stata mai più applicata per oltre un secolo. Ma ciò non toglie che il suo dettato non sia chiaro e squalifichi automaticamente chi ha partecipato ad un'insurrezione, affermano i sostenitori dell'iniziativa legale per bandire Trump dalle elezioni. E così facendo giocano sul terreno giuridico dell'originalismo, cioè dell'interpretazione letterale del testo originale della Costituzione, caro a diversi dei giudici che formano la maggioranza conservatrice - 6 contro 3 - della Corte, che per questa formazione si ritiene in linea di principio propensa ad una decisione favorevole al tycoon.
Il nodo dell'immunità e i processi
La Corte Suprema sarà poi chiamata ad esprimersi su un altro caso che potrà essere cruciale per il futuro della candidatura di Trump, quello dell'immunità che lui invoca dalle accuse che sono state formulate contro di lui dal procuratore speciale Jack Smith per i tentativi di rovesciare i risultati elettorali del 2020, culminati con l'assalto al Congresso. I tre giudici della Corte d'appello del circuito di Washington ieri infatti ha stabilito, all'unanimità, che la richiesta dell'ex presidente è infondata.
"Per quanto riguarda questo caso penale, il presidente Trump è diventato il cittadino Trump, con tutte le difese di ogni altro imputato, ma nessuna immunità esecutiva che poteva proteggerlo quando era presidente lo protegge ora dall'azione penale", si legge nella sentenza contro la quale Trump ha già annunciato l'appello anche con l'obiettivo di slittare ancora l'inizio del processo, dopo che è stata sospesa la data che era stata fissata per il 4 marzo, il giorno prima del Super Tuesday.
In questi giorni si attendono poi decisioni importanti su altri dei tanti fronti giudiziari aperti per Trump, cioè la sentenza del giudice Arthur Engoron riguardo all'entità dei danni che il tycoon e la sua Trump Organization dovranno pagare per aver frodato lo stato di New York manipolando il valore dei loro beni per aver vantaggi fiscali, assicurativi e con le banche. Nel processo civile, la procura di New York ha chiesto 370 milioni di dollari. Il giudice poi dovrà decidere se e in che misura vietare a Trump, ai suoi figli ed alla sua società di continuare a fare affari a New York, decisione che potrebbe mettere a serio rischio la tenuta del suo impero finanziario e immobiliare.
Novità, e questa volta favorevoli a Trump, si sono registrate in questi giorni anche per quanto riguarda il processo penale in Georgia in cui l'ex presidente deve rispondere a 13 capi di imputazione per aver cercato di sovvertire i risultati elettorali. Quattro dei suoi 18 co-imputati si sono già dichiarati colpevoli. Ma il futuro del processo ora è messo in forse dallo scandalo scoppiato dopo che è emerso che la procuratrice distrettuale che ha istruito il caso, Fani Willis, ha una relazione con un avvocato che lei ha chiamato a lavorare al caso di Trump.
Dopo settimane di accuse di conflitto di interessi ed altre azioni improprie, Willis nei giorni scorsi ha ammesso la relazione con procuratore Nathan Wade, ma ha negato ogni comportamento improprio e definito "senza fondamento" le richieste che il caso le venga tolto. Ora spetta al giudice decidere come procedere.
E' invece fissato per il 20 maggio l'inizio dell'altro processo federale istruito dal procuratore speciale Smith, quello in cui Trump deve rispondere di 40 capi di imputazione per aver portato via dalla Casa Bianca decine di documenti classificati, nascondendoli a Mar a Lago ed opponendosi ai diversi tentativi del governo di riaverli, fino al famoso raid dell'Fbi nella residenza dell'ex presidente.
Infine, c'è un altro processo penale che attende Trump. quello, il cui inizio è fissato per il 25 marzo, in cui deve rispondere di 34 capi di imputazione di fronte ad un giudice di New York in connessione alla vicenda dei soldi fatti versare da lui nel 2016 alla pornostar Stormy Daniels per pagare il suo silenzio su una relazione extraconiugale avuta con il tycoon.
Per gli esperti legali questo si tratta del caso più debole contro Trump, ma con lo slittamento del processo a Washington per le interferenze elettorali, con ogni probabilità sarà il primo dei quattro processi penali contro di lui ad iniziare, se il 15 febbraio prossimo sarà confermata l'udienza d'avvio per fine marzo.
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Re Carlo torna agli impegni pubblici. I medici: “Fa...
Martedì prossimo visiterà un centro di oncologia con Camilla
Re Carlo torna a svolgere i suoi impegni pubblici dalla prossima settimana. Il team medico del sovrano britannico è, infatti, "molto incoraggiato" dai progressi registrati nel trattamento cui si sottopone dall'inizio di febbraio e che proseguirà. Ad annunciarlo è stato un portavoce di Buckingham Palace: "Il team medico di Sua Maestà è molto incoraggiato dai progressi compiuti finora e rimane positivo quanto al continuo recupero del re".
"Il programma di cure di Sua Maestà continuerà, ma i medici sono sufficientemente soddisfatti dei progressi compiuti finora", tali per cui "il Re è ora in grado di riprendere una serie di compiti a contatto con il pubblico". Assieme alla dichiarazione è arrivata anche una nuova fotografia del Re e della Regina, scattata a Buckingham Palace il 10 aprile, il giorno dopo il loro 19mo anniversario di matrimonio.
Il ritorno agli impegni di Carlo avverrà con la visita della coppia reale a un centro di oncologia martedì. "Questa visita sarà la prima di una serie di impegni esterni che Sua Maestà intraprenderà nelle prossime settimane", ha aggiunto Buckingham Palace. "Inoltre, il Re e la Regina ospiteranno le Loro Maestà l'Imperatore e l'Imperatrice del Giappone per una visita di Stato a giugno". Il Re e la Regina celebreranno il primo anniversario della loro incoronazione il 6 maggio.
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Ucraina-Russia, Blinken: “Cina aiuta Mosca in...
Il segretario di Stato americano: "Pechino agisca o lo faranno gli Usa"
La Cina aiuta la Russia nella guerra contro l'Ucraina. E gli Stati Uniti, se Pechino non cambierà rotta, sono pronti ad agire. E' il messaggio che il segretario di Stato americano, Antony Blinken, recapita nella sua visita in Cina. "La Russia avrebbe problemi a sostenere il suo assalto all'Ucraina senza il sostegno della Cina", dice Blinken in conferenza stampa, dopo i colloqui con il leader cinese Xi Jinping e il capo della diplomazia, Wang Yi.
La Cina potrebbe avere "relazioni migliori" con gli Stati Uniti o l'Unione Europea se Pechino o "alcune delle sue aziende" smettere di fornire "componenti critiche" grazie alle quali la Russia può produrre più munizioni, ribadisce poi in un'intervista alla Bbc al termine della sua visita in Cina, spiegando che tra queste componenti ci sono "macchine utensili, microelettronica e ottica", in sostanza tecnologia che può avere un uso civile e militare.
"Questo sta aiutando la Russia a perpetuare la sua aggressione contro l'Ucraina, ma sta anche creando una crescente minaccia all'Europa a causa dell'aggressione russa", accusa il capo della diplomazia di Washington, secondo cui, così facendo, Pechino sta "contribuendo ad alimentare la più grande minaccia alla sicurezza (dell'Europa) dalla fine della Guerra Fredda". "Abbiamo già intrapreso azioni contro le entità cinesi che sono coinvolte in questo - ricorda Blinken - E quello che dico chiaramente oggi è che se la Cina non agirà, lo faremo noi".
Blinken si sofferma anche sui rapporti tra Cina e Teheran. Il segretario di Stato sollecita Pechino a sfruttare la sua influenza "per dissuadere l'Iran e i suoi proxy dall'allargamento del conflitto in Medio Oriente", mentre nel mosaico internazionale rischia di rafforzarsi l'asse Mosca-Teheran.
La Russia infatti è pronta ad espandere la cooperazione militare e tecnica con l'Iran, come assicura il ministro della Difesa di Mosca, Sergei Shoigu, nell'incontro avuto con l'omologo di Teheran, Gharaei Ashtiani, ad Astana, a margine di una riunione dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, che riunisce Russia, India, Cina, Iran, Pakistan, Kazakistan, Uzbekistan, Kyrgyzstan e Tagikistan. La Tass cita il ministro iraniano, secondo il quale i rapporti tra Mosca e Teheran "si stanno approfondendo ed espandendo, arrivando a un nuovo livello".
Da Ashtani, quindi, ringraziamenti a Shoigu per il sostegno ricevuto dopo l'attacco israeliano al consolato iraniano a Damasco lo scorso primo aprile. "Vorrei approfittare di questa opportunità per ringraziarvi per il vostro atteggiamento equo e onesto nei confronti della Repubblica islamica dell'Iran, per il vostro sostegno al momento dell'attacco al nostro consolato a Damasco e per la vostra risposta equilibrata alla nostra ritorsione proporzionata", dice.
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Biden e la confessione choc: “Ho pensato al...
Il presidente americano: "E' stato quando morì la mia prima moglie"
Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, durante un'intervista radiofonica a Howard Stern, ha ammesso di aver pensato al suicidio dopo la morte della sua prima moglie Neilia e della figlia Naomi di 13 mesi in un incidente stradale nel 1972.
"Mi sedevo lì e pensavo solo che avrei tirato fuori una bottiglia di scotch. La berrò e mi ubriacherò", ha dichiarato il presidente, che ha poi confessato: "Non devi essere pazzo per suicidarti. In un breve momento, ho pensato di andare al (ponte, ndr.) Delaware Memorial e saltare, ma avevo due figli".
"Pronto a un dibattito con Trump"
"Non so quando e non so dove, ma sono felice di fare un dibattito con lui" ha dichiarato il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, nel corso di un'intervista a Howard Stern che gli ha chiesto se fosse disponibile per un dibattito con il suo sfidante repubblicano, Donald Trump.