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Lavoro e digitale: le professioni più ricercate, gli studi necessari

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Il futuro del lavoro parla inglese, è tecnologico e digitale, si svolge da remoto, garantisce il posto fisso ma prevede una flessibilità compensata da un sistema di welfare adeguato. E sì, può accogliere anche i giovani percettori di Reddito di cittadinanza con la licenza media. Parola di Pietro Novelli, country manager di Oliver James Italia, società inglese di ricerca e selezione dei personale nei campo digitale e tecnologico ed ex Consigliere dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro. Secondo le statistiche 2022 sugli sbocchi occupazionali dei giovani realizzate dalla John Cabot University, quasi la metà (il 43%) ha ottenuto una posizione lavorativa nei settori del digitale e dell’innovazione. Ma molte sono le posizioni che restano vuote perché mancano specialisti.

PIU’ OFFERTA DI LAVORO CHE COMPETENZE – “Sempre più talenti sono richiesti rispetto alla disponibilità non sufficiente a coprire la domanda delle aziende”. Secondo il bollettino Anpal di Unioncamere, il 47% delle aziende dichiara di non trovare il talento richiesto, nel 2017 erano il 23% le aziende che dichiaravano di non riuscire a coprire tutte le proprie posizioni per mancanza di competenze. A livello europeo si prevede nel 2030 un ‘Talent Shortage’, una mancanza di talento, di 85 milioni di professionisti con competenze (più dell’intera popolazione della Germania) un trend globale che in Italia è ulteriormente accentuato.

“E questo – spiega Novelli – per diversi motivi. Innanzitutto il nostro trend demografico abbastanza allarmante: secondo dati Istat tra 30 anni avremo 5 milioni di abitanti in meno (con una perdita di Pil del 30%), abbiamo una fascia di under 30 che copre solo il 28% della popolazione totale (tra i dati più bassi in Europa) e tra questi pochi giovani soltanto il 27% tra i 30 e i 34 anni ha una laurea rispetto ai coetanei europei la cui media è del 40%. E in più – aggiunge il manager – nota dolente è la famosa ‘fuga dei cervelli’, quindi perdita di talento italiano a fronte di scarsissime capacità di ricezione di talento estero”.

INGLESE TALLONE D’ACHILLE – E la difficoltà di attrarre ‘cervelli’ stranieri così come l’impiego interno in posizioni ‘vacanti’ dei lavori tech e digitali da parte dell’Italia sta anche in quello che è un po’ il nostro tallone d’Achille: la conoscenza dell’inglese. “L’inglese è un tassello fondamentale che richiederà il mercato del lavoro e che richiede tutt’ora. Lo chiede – sottolinea Novelli – sia per rendere le nostre aziende competitive al livello internazionale nel mercato globale ma lo richiede anche per poter attrarre talento estero. L’Italia è un posto attrattivo dove vivere, dove c’è uno stile di vita buono però – evidenzia l’esperto – se le aziende non riescono a integrare lavoratori stranieri perché non si parla inglese questo poi diventa un limite sistemico e strutturale molto importante. Secondo l’English proficiency index l’Italia è al 36esimo posto al mondo e al 26esimo a livello in Europa per conoscenza della lingua. E per quanto in Italia ‘brilli’ Milano siamo comunque lontani dalle altri capitali europee”.

CLASSICO O SCIENTIFICO? MEGLIO GLI ITS – Se il consiglio numero uno per chi cerca un lavoro è studiare l’inglese, qual è il percorso scolastico più adeguato da intraprendere? Vanno ancora bene liceo classico e liceo scientifico? “Intanto prima di scegliere un percorso formativo sarebbe opportuno capire le proiezioni di quelle che sono le competenze che verranno più ricercate. Il World economic forum ne ha evidenziate diverse tra il pensiero analitico, la capacità di formazione e al livello tecnologico sia la parte di programmazione che la parte di design. Quindi ci sono sia delle competenze ‘soft’ sia delle competenze verticali specialistiche. Andando a guardare tra i percorsi specialistici scolastici tradizionali – sintetizza Novelli – lo scientifico dà più una competenza matematica e per le materie definite Stem (acronimo inglese di Scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) e facilita questo percorso di carriere molto fattibili. Dalla parte classica si va invece a valorizzare maggiormente uno sforzo sulla logica. Il vero punto però – afferma il l’esperto – è non guardare alla formazione tradizionale né secondaria né universitaria ma guardare a percorsi formativi ulteriori o alternativi come possono essere gli Its che sono gli Istituti tecnici superiori nella cui compagine societaria c’è sia il pubblico che il privato, quindi aziende che insieme al pubblico creano questi poli formativi con corsi propedeutici al lavoro che le aziende stesse richiedono all’interno di quell’area dove sorgono le scuole. Quindi gli Its per lavori specialistici sono degli ottimi strumenti che ad ora non sono né troppo conosciuti né troppo valorizzati. Accanto a questo – aggiunge Novelli – c’è poi un mondo tutto privato ma in grandissima ascesa che con corsi anche totalmente in remoto riescono a fornire competenze. Corsi che si possono fare dopo o insieme ad altri percorsi di studi. Perché comunque la parola d’ordine – avverte – è la formazione continua”.

METAVERSO, INTELLIGENZA ARTIFICIALE E NUOVE PROFESSIONI – Ma quali sono i settori più ‘affamati’ di lavoratori? “Il mondo tecnologico è in enorme fermento: dallo sviluppo tecnologico alla sicurezza informatica alla gestione dei dati. Siamo all’alba di un momento estremamente interessante – avverte – . Abbiamo visto quest’anno Chat GPT, l’intelligenza artificiale che ha fatto le pagine dei giornali, ma dietro all’intelligenza artificiale – ricorda Novelli – c’è un numero di professionalità ancora sconosciute ma in totale emergenza perché – sottolinea – tutti i processi aziendali e tutte la aziende di qualsiasi tipo si devono ancora totalmente trasformare portando al loro interno l’intelligenza artificiale. Quindi ci saranno una serie di professioni nuove, sia legate al mondo dell’intelligenza artificiale sia al Metaverso. Nel Metaverso – evidenzia il manager di Oliver James – c’è tutto un mondo di design dentro quella che può essere l’interfaccia grafica. Chi vorrà mettere i propri servizi e prodotti dentro il Metaverso avrà bisogno di sviluppatori, grafici, profili che siano competenti rispetto a questi trend tecnologici assolutamente nuovi nel 2023 che devono ancora emergere nella loro interezza”.

DAL RDC AL CONTROLLO DEI ROBOT, UN IMPIEGO POSSIBILE – Lavori del futuro che sembrano lontani anni luce dalle competenze di molti giovani percettore di Reddito di cittadinanza con una licenza di terza media. “Sono reduce da un’esperienza in Anpal servizi – ricorda Novelli, ex consigliere dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro – e vorrei dare con grande ottimismo una visione di quello che può essere anche il ruolo dello Stato tramite l’agenzia sulle politiche attive. Di fatto – afferma – dovremmo riuscire a riportare questa potenziale forza lavoro nei meccanismi del mercato del lavoro tramite programmi seri di formazione e anche supporto sociale. Lo Stato – afferma – deve per forza farsene carico, nessun altro lo può fare, magari anche con il coinvolgimento delle imprese. Ma bisogna creare politiche concrete, serie e attive del lavoro per accompagnare questa fascia di popolazione a rientrare dai margini e trasformarla in componenti di valore che possano supportare questo divario crescente che avremo”. Per esempio, sottolinea il manager “per quanto ci sarà sempre più automatizzazione e robot in qualsiasi processo produttivo, le macchine sono comunque da gestire e quindi ci saranno degli operai specializzati che devono coprire questa parte di lavori. E su questa fascia qua si può lavorare molto, tramite gli Its o i programmi privati di formazione. E’ un impegno economico ma lo Stato ha le risorse del Pnrr. Quella che è stata la mia esperienza in Anpal – dice con rammarico Novelli – è stata una empasse totale, una struttura che è centrale in questo scenario ma che è troppo legata a meccanismi politici e non troppo virtuosi della pubblica amministrazione. Però – afferma – se sprigionate queste potenzialità sicuramente si può avere un impatto molto forte nel recuperare questa fascia di popolazione”.

POSTO FISSO E SMART WORKING – Ma una volta trovato lavoro in questi nuovi settori in espansione, il posto fisso esiste? “Ad oggi il posto fisso esiste e in futuro sempre di più – assicura – i professionisti avranno la richiesta di portare il proprio bagaglio di competenze per attività progettuali mirate dove possono mettere a frutto queste competenze e anche acquisirne delle nuove. Però – avverte l’esperto – il mercato del lavoro sulle competenze ad alta specializzazione richiede nella maggior parte dei casi una flessibilità maggiore e quindi cambia l’assioma che abbiamo avuto nelle generazioni precedenti di posto fisso a vita. Contemporaneamente – è l’indicazione del manager – ci deve essere una fortissima trasformazione anche a livello normativo e legislativo. Deve cambiare il sistema di welfare. Dobbiamo per forza di cose far evolvere il nostro modello novecentesco a quelle che sono le esigenze e le caratteristiche del mercato del lavoro moderno”. Tuttavia, sottolinea Novelli “flessibilità in questi settori di lavoro vuol dire anche possibilità di lavorare in remoto. Questo è un tema che conta tantissimo per chi cerca lavoro. L’80% delle donne secondo un dato di Forbes, richiede la possibilità di lavorare in smart working. I millennials al 92% lo identificano come una priorità per andare a valutare il lavoro. Quindi – evidenzia il manager – è un tema centrale sia di gender che generazionale”.

BARI LA MILANO DEL SUD – La pandemia di Covid è stato un acceleratore del lavoro da remoto e grazie a questo molti piccoli centri e città del Sud hanno invertito il trend di ‘spopolamento’ dando vita a nuovi poli di attrazione per lavoratori digitali. “Bari è un grandissimo esempio ora di polo innovativo che si sta creando nel sud Italia con una capacità di attrazione del talento assolutamente interessante e – assicura Novelli – comparabile a quella che è Milano. Milano oggi attrae talento da tutta l’Italia e anche dall’Europa, a Bari hanno creato dei grandi programmi di attrazione con aziende che hanno una sede a Bari e riescono a far fronte a un bacino che non vuole staccarsi dal territorio ma che ha le stesse potenzialità di quello lombardo”.

PRIMO STIPENDIO DA 2.000 EURO – Ma quanto si può guadagnare lavorando nel tech? “Il primo stipendio medio nei vari settori, può partire dai 22.700 euro annui però si attesta più sui 25-30mila euro. Quindi c’è già un forte divario a seconda delle competenze in quello che è il minimo secondo il contratto nazionale del lavoro che è quello del commercio che viene utilizzato dalle aziende di servizi che viene dato al quarto livello. Però si passa già a 25mila euro per professionisti in ambito tecnologico.

MONDO TECH A PREDOMINANZA MASCHILE – In ambito tecnologico il lavoro “purtroppo” continua ad essere patrimonio più maschile che femminile. “Anche se – confida il recruiter – abbiamo clienti che richiedono specificatamente per perseguire i loro obiettivi aziendali di parità di genere, il 50% dei candidati femminili. E per noi è un dramma perché è davvero difficile trovarle”. Più facile trovare donne in ambito digitale “dove ci sono delle buone competenze femminili ma sicuramente se guardiamo il numero di laureati in materie Stem, è una classifica ancora fortemente dominata dai maschi, quindi anche la proiezione futura per ora è al maschile ma secondo me c’è un cambiamento forte in essere”. (di Lavinia Gerardis)

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No vax negano tampone a figlio malato, Burioni: “Vita a rischio per follia antiscienza”

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Il test serviva per trasferire il bambino malato di cancro in un'altra struttura

“Si semina vento ma la tempesta la raccogliamo tutti. Oggi la raccoglie un povero bambino di 4 anni gravemente malato la cui vita è messa in pericolo dal diffondersi della follia antiscientifica”. Così il virologo Roberto Burioni su twitter commenta la vicenda dei genitori no-vax che hanno detto no al tampone Covid per il loro figlio di 4 anni, ricoverato per un tumore. Ora, come racconta ‘Il Corriere delle sera’, la coppia è indagata per tentato omicidio: il tampone era necessario per permettere lo spostamento del bambino in un’altra struttura.

In un tweet successivo, Burioni cita un post dell’avvocato Mauro Sandri in cui si lancia un appello per far conoscere “il nome dell’ospedale che ha segnalato la problematica alla Procura. Bisogna agire subito per arrivare alla fonte”. “L’avvocato Mauro Sandri – scrive Burioni – che difendeva Scoglio nella causa persa contro di me per diffamazione a Rimini, è già in azione. Complimenti”.

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A luglio manifestazione medici e operatori Sis 118: “Non siamo fantasmi”

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Il presidente Balzanelli dal Congresso di Trani: "Saremo a Roma in divisa, a mani unite, davanti al Senato. Esistiamo e salviamo vite, ma lo Stato ci ha dimenticati"

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“Assistiamo ad una dimenticanza abissale da parte dello Stato nei confronti degli operatori dell’emergenza urgenza territoriale. Un silenzio assordante, con una sistematica capacità davvero singolare di volgersi dall’altra parte, facendo finta che noi non esistiamo. Invece esistiamo e salviamo vite: stiamo preparando perciò una manifestazione di protesta, composta ed educata. A luglio, per 15 minuti saremo in divisa, rivolti verso il ministero della Salute a Roma: con le mani unite manifesteremo per dimostrare che non siamo dei fantasmi”. Lo ha annunciato Mario Balzanelli, presidente della Sis 118, dal congresso nazionale, in corso a Trani, della Società Italiana Sistema 118, arrivato alla XX edizione.

“La riforma legislativa del Sistema di emergenza territoriale 118 – sottolinea Balzanelli – è urgente e necessaria. Dovrà andare in una unica direzione possibile, quella del potenziamento drastico di tutto il sistema, tenuto conto delle gravi criticità, sotto gli occhi di tutti durante la pandemia di Covid. Parallelamente è necessaria la valorizzazione – rimarca – di tutti i suoi operatori, medici, infermieri e autisti-soccorritori, che sono migliaia in tutto il Paese e che, di certo, non sono fantasmi o mere comparse. Il Governo non si giri dall’altra parte, come fatto sistematicamente negli ultimi decenni sino ad oggi. Sono oltre 7,5 milioni l’anno le richieste di soccorso a cui risponde il 118, oltre 5 milioni gli interventi effettuati”.

“Il Governo ci ascolti!”, è l’appello di Balzanelli. “Il Sistema 118 nazionale va promosso, per ciò che ha dato da trent’anni sino ad oggi al Paese, per aver letteralmente salvato l’Italia durante le fasi più drammatiche della pandemia da Covid-19, e non sistematicamente ignorato e, peggio, come si adombra in qualche distorta visione, addirittura declassato. La tutela della salute pubblica, e la vita di ciascuno di noi, quando minacciata da un malore o un trauma in grado di uccidere in pochissimo tempo – chiosa – saranno necessariamente dipendenti dalla qualità e dalla capacità prestazionale del 118 che si vorrà istituire. Altrimenti, a rischio è l’esistenza stessa del Sistema salvavita”.

Fra i punti chiave del progetto di riforma portato avanti da tempo dalla Sis 118, la configurazione dei Sistemi 118 in dipartimenti provinciali di Emergenza territoriale; l’assicurazione a tutta la popolazione nazionale di standard prestazionali di eccellenza con obbligo di adempimento da parte di tutti i territori regionali, per cui chi si trovi in una condizione di emergenza sanitaria (ossia in pericolo imminente di perdere la vita) deve essere soccorso dal 118 in tempi brevissimi, possibilmente entro 8 minuti dalla chiamata in area urbana, da un mezzo di soccorso con medico ed infermiere a bordo. Infine, il riconoscimento di indennità incentivanti di rischio ambientale e biologico per tutti gli operatori del 118: medici, infermieri, autisti e soccorritori.

“I medici del sistema 118 se ne stanno andando tutti. Stanno fuggendo perché si sentono, e sono, trattati in modo ignobile. Nei contratti non è nemmeno riconosciuta l’indennità di rischio, eppure rischiano in ogni momento la vita per salvare le vite altrui”, denuncia Balzanelli. “Soprattutto con le Usca e con altri tipi di impiego – segnala – i medici si sono visti raddoppiare lo stipendio, senza assumersi i rischi dei colleghi che fanno i turni sulle ambulanze e sulle automediche. Non è accettabile che il Governo abbia previsto un’indennità per incentivare i medici nei pronto soccorso degli ospedali e non per chi rischia davvero la vita su strada. La fuga dei medici del 118 va fermata. L’imprescindibile riforma del Sistema deve prevedere il riconoscimento di indennità incentivanti di rischio ambientale e biologico per tutti gli operatori del 118: medici, infermieri, autisti e soccorritori”. In gioco c’è la desertificazione del servizio di emergenza-urgenza territoriale.

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Impagliazzo (S. Egidio): “Per vulnerabili e invisibili sanità è costosa e distante”

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"Con progetto San Bartolomeo anche immigrati, rom e poveri italiani possono accedere a cure mediche"

“La Comunità di Sant’Egidio aderisce al ‘progetto San Bartolomeo’ perché ogni giorno è al fianco delle persone più vulnerabili anche invisibili della nostra città, che sono tanti immigrati non ancora regolari, rom e famiglie di persone povere italiane. Per loro spesso la sanità è a pagamento, costosa e distante, e quindi questo progetto ci aiuta ad avvicinare molte persone alle cure mediche, all’assistenza sanitaria ed è una forma importante di integrazione nella nostra società”. Così all’Adnkronos Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio a margine della presentazione nella sede dell’Ospedale Gemelli Isola Tiberina del ‘progetto San Bartolomeo’ per facilitare l’accesso alle cure a persone con fragilità.

“Centosettanta persone sono già state inserite in questo programma – ricorda Impagliazzo – ma chiaramente i numeri del bisogno sono molto, molto più alti, si parla di migliaia di persone. Lo abbiamo già sperimentato durante la pandemia da Covid. In Sant’Egidio abbiamo aperto un ‘hub vaccinale per gli invisibili’ dove sono venute migliaia di persone a vaccinarsi. Il problema è riuscire a portare queste persone verso le cure mediche”. Molti, infatti, “non conoscono i percorsi, sono lontani dalle Istituzioni. Quindi dobbiamo fare in modo di avvicinare le Istituzioni ai cittadini, in particolare i cittadini più poveri. Questa è l’opera di mediazione della Comunità di Sant’Egidio, vista la sua grande esperienza sul terreno” conclude.

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Da Blue Economy 142,7 mld di valore aggiunto, boom export +37,4% tra 2021 e 22

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Sono 228 mila le imprese della Blue economy che danno lavoro a quasi 914 mila persone e generano un valore aggiunto di 52,4 miliardi di euro che arriva a 142,7 miliardi se si considera l’intera filiera diretta e indiretta. Ed è un settore in significativa crescita: tra il 2022 e il 2021 la base imprenditoriale del sistema mare è incrementata dell’1,6%, le esportazioni sono cresciute del 37% e il valore diretto prodotto è aumentato del 9,2% tra il 2021 e il 2020. Sono questi alcuni dei numeri contenuti nell’XI Rapporto sull’Economia del Mare dell’Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare OsserMare di Informare con il Centro Studi Tagliacarne – Unioncamere.

“L’Economia del Mare tra componente diretta e indiretta arriva a circa 143 Miliardi di Euro quasi il 9% del complesso del valore aggiunto con una occupazione di circa 914 mila addetti”, sottolinea Antonello Testa, coordinatore nazionale di OsserMare, alla presentazione durante il 2° Summit Nazionale sull’Economia del Mare Blue Forum in corso a Gaeta. “Siamo arrivati alla undicesima edizione del Rapporto Nazionale, uno strumento sempre più evoluto che ci permette di verificare i movimenti dei mercati del Sistema Mare, fissando in modo scientifico e inequivocabile le dinamiche di questo importante macrosettore. Coerentemente con gli obiettivi di questo 2° Summit – aggiunge – il nostro contributo al piano del mare non può essere che evidenziare quanto sia importante conoscere i valori economici sempre aggiornati dell’Economia del Mare, al fine di definire lo scenario e la strategia marittima della nostra nazione”.

“Sotto molti versi la Blue Economy si è dimostrata leader di resilienza e di sviluppo nel nostro Paese”, sottolinea Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliarne, che ha aggiunto: “La pandemia ha picchiato duro in una filiera dove lo spostamento di persone e merci e la componente turistica pesano per quasi il 50%. Ma già nel 2021 la Blue Economy ha manifestato un tasso di sviluppo del valore aggiunto in termini monetari del 9,2% contro il 6,4% del dato complessivo nazionale consentendo di recuperare quasi del tutto la perdita del 2020. E le prime informazioni di cui disponiamo – continua Esposito – ci fanno prevedere un ulteriore sviluppo per il 2022, che consentirebbe di superare di quasi il 9% i livelli di prodotto del 2019, anche grazie agli andamenti particolarmente positivi di cantieristica e logistica”.

Alloggi e ristorazione spingono il valore dell’economia blu (+22,1%): a trainare il recupero del “Sistema mare”, escludendo l’impennata dell’industria delle estrazioni marine, il cui trend è stato fortemente influenzato dall’incremento esponenziale dei prezzi del gas e del petrolio, sono principalmente i servizi di alloggio e ristorazione, che hanno segnato un incremento di valore del 22,1% tra il 2021 e il 2020, seguiti dalla filiera della cantieristica, che segna un +11,7%, e dalla filiera ittica (+8%). Trasversalmente positive sono comunque le dinamiche per tutti gli altri comparti: + 5,4% le attività sportive e ricreative, +5,1% le attività di movimentazione di merci e passeggeri via mare e +0,4% le attività di ricerca, regolamentazione e tutela ambientale.

Oltre il 60% della ricchezza prodotta dal mare proviene dal Centro Sud: l’economia del mare produce un valore aggiunto di 52,4 miliardi di euro e ne attiva altri 90,3 miliardi nel resto dell’economia nel 2021. Considerando questa capacità moltiplicativa di “fare filiera”, la Blue economy arriva a generare complessivamente 142,7 miliardi di euro, l’8,9% dell’intera economia nazionale. Il valore diretto prodotto dal Sistema mare ribalta la tradizionale dicotomia Nord-Sud. Sono il Centro e il Mezzogiorno, infatti, a sviluppare il 61% della ricchezza del settore nel 2021, contro poco più del 44% dell’intera economia. In particolare, con oltre 16 miliardi di euro di valore aggiunto il Centro contribuisce per il 31,1%, mentre il Mezzogiorno, con oltre 15 miliardi di euro, pesa per il 30%. Seguono il Nord-Ovest (20,7%) ed il Nord Est (18,2%). Ma a livello regionale è la Liguria a ricoprire un ruolo di primo piano per incidenza del valore prodotto dall’economia del mare sul totale regionale (11%).

La cantieristica si conferma il settore trainante delle esportazioni, con una crescita del +40,7% nel 2022 rispetto al 2021; contro una crescita del 37,4% dell’intero export della blue economy. E per la prima volta dopo oltre un decennio, il saldo commerciale risulta positivo con un avanzo di 1,9 miliardi di euro nel 2022 a fronte di un passivo di -1,6 miliardi nel 2021. Ancora una volta a fare la differenza è soprattutto la cantieristica, che accompagna il forte incremento delle vendite verso l’estero (+2,7 miliardi di euro) con una notevole riduzione del valore delle importazioni che si attestano nel 2022, su poco più di un miliardo di euro, in calo del 58,6%.

L’economia del mare è costituita da un universo di 228mila aziende nel 2022, il 3,8% dell’intero tessuto imprenditoriale. Quasi una impresa blu su dieci è capitanata da un under 35 mentre oltre una su cinque da donne. Nel Mezzogiorno e nel Centro si concentra più del 74% delle attività imprenditoriali del Sistema mare (rispettivamente il 48,4% e il 25,9%). Il Lazio è la prima regione in Italia per numero delle aziende blu con 35.241 unità, seguita da Campania (32.449) e Sicilia (28.640). Mentre in termini relativi, considerando l’incidenza delle imprese del mare sul totale del sistema imprenditoriale regionale, è la Liguria a collocarsi in cima alla classifica nazionale con un peso del 10,5%, avanti a Sardegna (7,2%) e Sicilia (6,0%).

Dal punto di vista settoriale, poco meno della metà delle aziende blu, il 47,8% con precisione, opera nel settore dei servizi di alloggio e ristorazione. A grande distanza le attività sportive e ricreative con 34.363 imprese (il 15,1%) e la filiera ittica con 33.242 imprese (il 14,6%) tallonata dalla cantieristica con 28.583 imprese (circa il 12%).

Il Sistema mare ha dimostrato di sapere reagire meglio degli altri comparti alle difficoltà e il tessuto imprenditoriale ha superato con più slancio i livelli pre-Covid registrando un aumento del 4,4% nel 2022 rispetto al 2019, a fronte di un calo dell’1,2% del totale delle imprese nello stesso periodo.

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Maltempo, Calderone: “Ammortizzatore unico per tutti, attenzione a subordinati, autonomi e agricoli”

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L’intervento di emergenza del governo a favore del lavoro prevederà, come già sperimentato con il Covid, la creazione di un ammortizzatore unico che consentirà alle imprese di poter fare una unica domanda
secondo un’unica tipologia e che dunque riguarderà le imprese di tutti i settori
: per ogni settore messo in protezione ci sarà dunque un’unica modalità di richiesta di risorse che velocizzerà al massimo anche la presentazione dei documenti. E’ il ministro del Lavoro, Marina Calderone, a spiegare nel corso di una conferenza stampa a Bologna, la tecnicalità del Dl alluvione dedicate alla tutela delle aziende e dei lavoratori.
Un ventaglio di interventi che tuteleranno sia i lavoratori subordinati, per i quali saranno erogati

aiuti pari a 620 milioni di euro, sia quelli autonomi, che potranno contare su un supporto pari a 200 mln di euro, che i

lavoratori agricoli.

Due le novità previste dal dl: nella platea dei lavoratori agricoli che potranno beneficiare del supporto economico, una platea che Calderone stima intorno ai 40mila soggetti, saranno inclusi anche quei lavoratori stagionali che non hanno potuto iniziare l’attività nei campi orami prossima, ad esempio per la raccolta di frutta. Per loro dunque la copertura sarà di un massimo di 90 giornate tenendo conto anche del pregresso.
E tra i beneficiari dell’intervento del governo saranno ammessi anche quei lavoratori, subordinati o autonomi, che pur lavorando fuori dalle zone colpite dal maltempo vivano comunque nelle aree alluvionate e sono impossibilitati a raggiungere la sede di lavoro. La platea dei lavoratori autonomi che rientrerebbero nel Dl potrebbero aggirarsi intorno ai 100mila.


Con questo ammortizzatore unico gestiremo l’emergenza lavoro mettendo in copertura il periodo dal 1 maggio al 31 agosto”, spiega ancora Calderone.
Toccherà all’Inps gestire tutte le procedure. ” Stiamo lavorando per definire in tempi brevissimi i moduli di accesso alle domande di cig che potranno essere presentate entro la fine del mese successivo a quello della sospensione dell’attività. Ma non metteremo alcun vincolo nella tempistica: i termini del pagamento decorreranno infatti dal momento in cui l’Inps riceverà le domande dalle aziende o dal professionista e la procedura a cui stiamo lavorando ci deve restituire tempiste molto veloci, trattandosi di uno strumento emergenziale”, prosegue il ministro

Il decreto dunque gestirà l’emergenza lavoro mettendo in copertura il periodo dal 1 maggio al 31 agosto, ribadisce, mentre per quanto riguarda il pagamento dei contributi, delle ritenute e delle altre imposte, sarà prevista dal governo una scadenza nel mese di novembre. Quanto al ‘cratere’ dei territori coperti dal decreto con cui mappare le aree soggette ad intervento Calderone ha spiegato come i confini saranno dettati “dalle ordinanze della protezione civile integrate con quelle dei comuni delle Marche e della Toscana interessati dall’alluvione”.

Sui 2 mld di impegno varati dal decreto del governo dunque, circa 900 mln saranno destinati a mettere in protezione il lavoro. “Il nostro obiettivo è avere strumenti veloci per dare risposte immediate a chi ha bisogno di certezze. Non ci possiamo permettere di perdere nemmeno un’azienda in E.Romagna ma neppure nelle Marche e in Toscana”, commenta ancora Calderone . “Si tratta di un primo intervento necessario, assolutamente indispensabili con una attenzione al lavoro in quanto tale, subordinato e autonomo allo stesso modo con una valutazione dei percorsi, strumenti e contenuti che guarderanno alla prossima ricostruzione perché è importante ripartire in tempi brevi con gli strumenti giusti. Sosteniamo infatti tutto le azioni in maniera più fluida possibile, con strumenti che potranno servire anche in un periodo di ricostruzione”,conclude.

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Come riconoscere il Long Covid, studio svela 12 sintomi

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Come capire se si ha il Long Covid? I ricercatori hanno provato a rispondere a questa domanda con un progetto scientifico che ha passato in rassegna tutte le possibili ‘spie rosse’ da tenere sotto controllo e ha identificato 12 sintomi distintivi per questa condizione, nota anche come Pasc (sequele post acute dell’infezione da Sars-CoV-2). Un problema di dimensioni significative, evidenziano gli esperti, se si pensa che oltre 650 milioni di persone in tutto il mondo sono state infettate da Sars-CoV-2.

Il Long Covid è caratterizzato da un’ampia gamma di sintomi che si presentano o persistono per più di 30 giorni dopo l’infezione. Per comprendere meglio la prevalenza e la gravità di questi sintomi, i National Institutes of Health (Nih) hanno lanciato ‘Researching Covid to Enhance Recovery’, con i ricercatori del Mass General Brigham che hanno guidato l’analisi statistica. I risultati dello studio ‘Recover’, uno dei più grandi studi Nih mai finanziati, chiariscono quindi la ‘rosa’ dei sintomi che più definiscono il Long Covid. I risultati, pubblicati su ‘Jama’, includono un nuovo sistema di punteggio per aiutare medici e ricercatori a definire meglio i casi che si trovano a seguire e studiare i trattamenti mirati per i pazienti.

“Ora che siamo in grado di identificare le persone con Long Covid, possiamo iniziare a fare studi più approfonditi per comprendere i meccanismi biologici in gioco”, ha affermato l’autore corrispondente Andrea Foulkes (Harvard Medical School e Massachusetts General Hospital). “Uno dei grandi risultati è stato mostrare l’eterogeneità: il Long Covid non è solo una sindrome; è una sindrome di sindromi”. Sono stati documentati finora un’ampia gamma di sintomi nei sistemi di organi, che colpiscono i pazienti dopo Covid. Recover-Adult, uno studio prospettico che ha iniziato ad arruolare partecipanti nell’ottobre 2021, ha cercato di armonizzare l’acquisizione dei dati e costruire una definizione per il Long Covid. I ricercatori hanno analizzato i risultati di un sondaggio sui sintomi distribuito in 85 ospedali, centri sanitari e organizzazioni in 33 Stati, Washington Dc e Porto Rico.

La survey ha incluso 37 diversi sintomi e le corrispondenti misure di gravità. Alla fine, tra i 12 emersi come segni distintivi del Long Covid, sono rientrati per esempio: malessere post-sforzo (stanchezza debilitante esacerbata dall’attività fisica o mentale), perdita o cambiamento dell’olfatto o del gusto, vertigini, annebbiamento del cervello, sintomi gastrointestinali, palpitazioni e tosse cronica. Alcuni di questi sintomi sono vissuti dalla maggior parte delle persone con Long Covid. Altri, come la perdita o il cambiamento dell’olfatto e del gusto, sono meno comuni ma comunque importanti per identificare le persone con la sindrome.

Un algoritmo sviluppato dai ricercatori valuta questi 12 sintomi per generare un ‘punteggio Pasc’ complessivo, ma gli autori sottolineano che un individuo con sintomi esclusi nel sistema di punteggio può comunque soffrire di Long Covid e merita in ogni caso cure di alta qualità.

Infine, riferiscono gli autori, i risultati dello studio suggeriscono che le reinfezioni, l’infezione con una variante pre-Omicron, e l’assenza di vaccinazione sono associate a una maggiore frequenza e gravità del Long Covid, ma allo stesso tempo viene puntualizzato che è necessaria una ricerca continua, anche per consolidare queste suggestioni. Studi futuri del Consorzio Recover analizzeranno i fattori di rischio per il Long Covid, compresi i determinanti sociali della salute. I ricercatori stanno anche esaminando per quanto tempo il Long Covid può manifestarsi nei bambini, negli adolescenti e nelle donne che erano in gravidanza durante l’infezione da Sars-CoV-2.

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Covid oggi Italia, 14.619 contagi e 150 morti: bollettino ultima settimana

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Numeri del Covid in Italia dal 19 al 25 maggio, i dati della Protezione Civile e del ministero della Salute


Lieve rialzo dei contagi Covid in Italia, mentre le morti restano in calo. Nella settimana dal 19 al 25 maggio si sono registrati 14.619 nuovi casi, in aumento dell’1,9% rispetto alla settimana precedente (quando erano 14.346). Sono stati 150 i decessi in 7 giorni, in flessione del 7,4% rispetto alla settimana precedente (quando erano 162). Sono i dati del bollettino settimanale del ministero della Salute, che fotografano l’andamento della situazione epidemiologica da Covid-19.

E’ stabile al 5,6% il tasso di positività per Covid-19 in Italia nell’ultima settimana. Più o meno stabili i test eseguiti in 7 giorni: il bollettino riporta un totale di 259.227 tamponi, pari allo 0,6% in più rispetto alla settimana precedente (257.577).

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Coronavirus

Covid in Cina, decine di milioni di contagi a settimana in nuova ondata

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In alcune aree imposta alle scuole l'adozione di "misure precauzionali". Ad alimentare nuova ondata le varianti XBB

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Preoccupazione per i contagi da Covid 19 in Cina. Nelle ultime quattro settimane le infezioni da coronavirus sono state le più diffuse, come hanno confermato le autorità sanitarie di Pechino. In alcune aree della Repubblica popolare, con una popolazione di 1,4 miliardi di persone, è stata imposta alle scuole l’adozione di “misure precauzionali”.

Tutto dopo che, secondo i media ufficiali, l’epidemiologo cinese Zhong Nanshan ha detto di aspettarsi un picco di circa 65 milioni di nuovi casi a settimana a fine giugno, quando si prevede il picco di contagi. Attualmente Zhong ipotizza circa 40 milioni di casi a settimana.

Ad alimentare la nuova ondata di contagi è la variante XBB, diventata dominante nel Paese. Sebbene gli esperti ritengano che tra l’80% e il 90% dei cinesi abbia contratto l’infezione tra dicembre e gennaio scorsi, si ritiene, evidenzia l’agenzia Dpa, che i livelli di immunità siano nel frattempo diminuiti.

Non ci sono ancora dati ufficiali sul numero di decessi con Covid dello scorso inverno in Cina. Sarebbero stati circa un milione, secondo stime di esperti stranieri. Mercoledì scorso le autorità hanno rinviato la diffusione dei dati per l’ultimo trimestre del 2022.

Lo scorso dicembre la Cina ha abbandonato dopo tre anni la strategia Zero-Covid, quella che nei mesi precedenti aveva previsto misure draconiane e lockdown infiniti. Gli ospedali non erano pronti a gestire le conseguenze della decisione. E anche se questa volta non si prevede un’ondata di infezioni simile all’ultima, le autorità sanitarie avvertono che anziani e malati sono particolarmente a rischio.

Tramite i media ufficiali gli esperti hanno fatto sapere che coloro che hanno contratto l’infezione in inverno potrebbero avere sintomi più lievi in caso di un nuovo contagio. Contro la variante la Cina ha approvato due nuovi vaccini, ma non è chiaro quando saranno ampiamente disponibili.

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Piovella (Soi): “A rischio maculopatia un italiano su tre dopo i 70 anni”

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Il presidente della Società oftalmologica italiana : "Ma il 70% delle persone con malattia non accede a terapie perché assistenza è ferma agli anni 80"

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“La maculopatia è un problema circolatorio della retina che impedisce alla persona di poter leggere un estratto conto bancario. Dopo i 70 anni una persona su 3 rischia di sviluppare la patologia che, con il passare degli anni, diventa più impegnativa. Tuttavia, in Italia il 70% delle persone con maculopatia non accede alle terapie adeguate, che oggi sono ulteriormente migliorate, perché il sistema dell’assistenza è fermo agli anni Ottanta. Una condizione non più accettabile. Ma c’è anche un problema economico e organizzativo perché dei 7000 medici oculisti presenti sul territorio nazionale solo 2500 lavorano nel Ssn”. Così Matteo Piovella, presidente della Società oftalmologica italiana (Soi), in occasione del 20simo Congresso internazionale in corso a Roma fino al 27 maggio. (VIDEO)

“Fino a 15-20 anni fa eravamo leader dell’oftalmologia nel mondo, insieme a Usa e Giappone, ma dopo la pandemia da Covid – evidenzia Piovella – nonostante la richiesta di cure e di visite oculistiche sia aumentata di 10 volte, non riusciamo a soddisfare tutti i bisogni di cura e assistenza”.

In oftalmologia, l’intervento maggiormente eseguito al mondo con risultati straordinari nel 97% dei casi, ricorda l’esperto, riguarda la cataratta. “Consiste nel rimuovere ed asportare il vecchio cristallino – conclude Piovella – e in questo modo la persona riesce ad eliminare del tutto i difetti visivi, tra cui la presbiopia, migliorando la sua qualità di vita. Nostro compito, quindi, è garantire a tutti l’accesso alle cure salvavista”.

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Hyundai: la mobilità del futuro

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Tracciare la mobilità del futuro con vetture elettriche e sostenibili, Hyundai con Autosantoro, punta sull’innovazione.

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Hyundai traccia la mobilità del futuro, offrendo attraverso realtà territoriali d’eccellenza, innovazione e sostenibilità.

Nel territorio salernitano, la concessionaria Autosantoro, rappresenta l’eccellenza, un vero e proprio HUB di Hyundai, che anticipa il futuro, mettendo a disposizione del territorio, veicoli a basse e zero emissioni. (Fotogallery)

Vincenzo Santoro, CEO Autosantoro: “Sono grato che siete qui con me in questo momento che è per me di grossa commozione, inauguro questa sede che non vuole essere solo un avamposto del futuro, ma è un sogno che si è avverato, quello di un imprenditore che aveva una visione lungimirante, Gabriele Santoro, un visionario e illuminato. Un’idea che nasce diversi anni fa, innovazione e futuro, oggi praticamente il futuro della mobilità qui a Salerno lo stiamo portando a disposizione del territorio. Persone che ancora non sono pronte per le auto elettriche, possono provare ed entrare in contatto con la mobilità a zero emissioni. La nostra storia è ricca di successi, nasciamo nel 1968, un’attività iniziata con mio padre, che inaugurava un salone a Nocera Inferiore. Nel lontano 1984, inizia la partnership con Hyundai, oggi abbiamo l’esclusiva per Salerno e Potenza.

Nel 2018 siamo stati la prima concessionaria Hyundai in Europa. La sede è innovativa, completamente sostenibile e autonoma dal punto di vista energetico, abbiamo 3000 mq con pannelli fotovoltaici. Anche le nostre colonnine di ricarica, otto, sono a disposizione del territorio e aperte al pubblico. Abbiamo a disposizione colonnine da 300 kW, per ricaricare in soli 15 minuti fino a 300/400 km. Abbiamo 13 linee di ricarica in totale.

La nostra è una gamma elettrica pronta, dall’elettrica a quella plug-in. Basta chiedere ai nostri clienti che guidano un’auto elettrica, sono disposti a tornare indietro, una strada tracciata buona per l’ambiente e il territorio. Abbiamo all’interno della nostra struttura un’officina specializzata che si occupa anche di trasformazione di veicoli per diversamente abili. In atto ci sono anche diverse collaborazioni con l’Università”.

Andrea Crespi Presidente Hyundai Italia: “Siamo qui con tutta la squadra Hyundai, orgogliosi di essere in casa Santoro, un HUB della mobilità del futuro, un luogo nuovo, dove oggi abbiamo la possibilità di spiegare la mobilità del futuro secondo Hyundai. Si fanno tanti articoli e video sulla mobilità elettrica, qui oggi la tocchiamo con mano, vetture che hanno una tecnologia da riferimento. Il personale qui è pronto a fornire indicazioni su come si ricarica una vettura, su come si usa un’auto elettrica, passiamo dunque dalle parole ai fatti e lo facciamo in casa di chi rappresenta una eccellenza. Il mio compito è quello ora di darvi un flash su quello che sta accadendo nel mercato.

Nei primi quattro mesi dell’anno, ci sono segnali positivi nonostante siamo dietro al periodo pre-Covid. Il volume di Hyundai è più positivo del mercato e soprattutto cresce nel campo dei privati, di quasi il 5%.

Un anno molto favorevole per Hyundai, il nostro posizionamento, quello che vorremmo raccontare ai nostri automobilisti, è quello di una visione che vuole rendere più semplice la sostenibilità, il tutto attraverso le zero emissioni e puntando alla neutralità carbonica.

Una EV non si crea dall’oggi al domani, ma bisogna avere strutture come queste, il percorso che ha in mente Hyundai sono quelle di un volume che vuole arrivare a livello mondiale, a oltre il 36% sul totale della produzione.

L’obiettivo è molto chiaro, la leadership o quantomeno di essere ai primi quattro posti tra i protagonisti della mobilità sostenibile. La tecnologia, la piattaforma E-GMP, una base nativa, disegnata, ingegnerizzata per auto elettriche native (Ioniq 5 e Ioniq 6), abbiamo in previsione 11 modelli EV entro il 2030, di cui circa 5 SU. Notevoli sono anche i nostri investimenti, 18 miliardi in elettrificazione entro il 2030, circa 9 miliardi in software.

A partire dal 2018 abbiamo iniziato un lungo percorso di transizione, con la Kona EV e successivamente con l’arrivo della piattaforma E-GMP con alimentazione a 800 Volt, unica in questo genere di mercato. I nuovi prodotti Ioniq 5, Ioniq 6 e Ioniq 7 sono state premiate con il World Car of the Year. Siamo anche molto contenti quest’anno di lanciare la nuova Kona.

Rapidamente sulla Ioniq 6, una berlina elettrica in grado di ricaricare dal 10 all’80% in soli 10 minuti, grazie alla ricarica fast charge. La sua autonomia è notevole, 614 chilometri, una vettura super divertente vista anche la potenza di oltre 300 cavalli. In 15 minuti è possibile ricaricare fino a 351 km.

Da Milano a Roma, partendo con una batteria al 100%, prevedo una sosta di 15 minuti e arrivo tranquillamente a Roma. Non è una cosa rivoluzionaria, bisogna solo avere le vetture giuste per poterlo fare.

La Kona EV avrà un’autonomia di oltre 400 km.

Tutto questo non possiamo e potremo farlo se non avessimo al nostro fianco imprenditori come Santoro.

I nostri risultati raggiunti sono notevoli, Hyundai è il 1 brand per importazione per una quota di mercato privati pari al 9%”.

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