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Sostenibilità

Madrid ha più chilometri di metro di tutta Italia, la...

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Madrid ha più chilometri di metro di tutta Italia, la denuncia di Legambiente

Il rapporto di Legambiente “Pendolaria 2024 – Speciale aree urbane” fotografa il grave ritardo del Belpaese sul trasporto pubblico

Metropolitana a Milano - Canva

Diventare un Paese sostenibile senza alternative al trasporto su gomma è una sfida ardua, ed è quella che deve affrontare l’Italia, maglia nera tra le economie avanzate europee per quanto riguarda il trasporto pubblico. Mai come in questo caso, si può dire che il Belpaese è in clamoroso ritardo rispetto ai partner europei, e non solo per collegarsi all’argomento del rapporto di Legambiente “Pendolaria 2024 – Speciale aree urbane”.

I numeri del trasporto su ferro in Italia sono drammatici. Basti pensare che la città di Madrid, da sola, ha più chilometri di metro di tutta l’Italia. Le istituzioni si stanno impegnando per ridurre le emissioni, spesso a suon di restrizioni sui cittadini, ma per creare delle alternative efficaci al trasporto su gomma, il principale responsabile delle emissioni di CO2, si fa ancora troppo poco. Nell’ultimo anno, quasi nulla: “In Italia – denuncia Legambiente – non è stato inaugurato nemmeno un chilometro di nuove tranvie mentre l’unica aggiunta alla voce metropolitane riguarda l’apertura di un nuovo tratto della M4 a Milano”, che corrisponde a pochi chilometri di copertura in più in una città dove lo smog si fa sentire, anche attraverso le polemiche.

Un paradosso italiano

Per contrastare il surriscaldamento climatico, negli ultimi anni, viene richiesto un impegno crescente nella sostenibilità ambientale, con imprese e cittadini italiani costretti a fare i conti con regole sempre più restrittive, ma necessarie. Restrizioni che darebbero i propri frutti se fossero parte di una strategia. E invece, nonostante i limiti alla circolazione delle auto Euro 5 anche nei comuni limitrofi, Milano è ancora tra le città più inquinate al mondo e il Nord Italia è la zona più inquinata d’Europa.

Ma perché succede questo? Perché dal 2016 l’Italia ha registrato uno brusco stop nella implementazione dei binari per treni e trami: da allora e fino al 2023, sono stati realizzati appena 11 km di tranvie e 14,2 km di metropolitane, con una media annua rispettivamente di 1,375 km e 1,775 km. Numeri lontanissimi dal concetto di transizione ecologica e dalle altre realtà europee.

Per quanto riguarda le tranvie, nel Regno Unito sono stati realizzati 5,2 km nel Regno Unito (a Edimburgo e Birmingham), 3,5 km in Germania (a Berlino, Bochum e Mannheim), 2,4 km in Spagna (a Vitoria/Gasteiz) e ben 40 km in Francia (a Parigi, Angers e Bordeaux). Il tutto nel solo 2023.

Nel nostro Paese sono in esercizio 397,4 km totali di tranvie, molto lontani dagli 875 km della Francia e soprattutto dai 2.042,9 km della Germania.

Il ritardo sulle metro

Le tramvie sono un canale interessante per ridurre il trasporto su gomma perché necessitano di investimenti molto più bassi rispetto a quelli richiesti per allungare o costruire una linea di metro che resta il mezzo più veloce e più efficace all’interno delle città. Anche sotto questo profilo, Legambiente fotografa un ritardo colossale dell’Italia rispetto a Francia, Germania, Regno Unito e Spagna.

Ecco come è distribuita la dotazione di linee metropolitane nei vari Paesi europei:

- Italia: 255,9 km;

- Regno Unito: 680,4 km;

- Germania: 656,5 km;

- Spagna: 615,6 km.

La dotazione di linee metropolitane delle città italiane messe assieme si ferma a 255,9 km totali, ben lontano dai valori di Regno Unito (680,4 km), Germania (656,5) e Spagna (615,6). Basti dire che il totale di km di metropolitane in Italia è inferiore, o paragonabile a quello di singole città europee come Madrid (291,3) o Parigi (225,2), che mostrano numeri impressionanti e progetti di sviluppo per aumentare il numero di utenti. Analoga situazione per le ferrovie suburbane, utilizzate ogni giorno da molti pendolari, dove l’Italia conta una distribuzione totale di 740,6 km contro i 2.041,3 quelli della Germania (che aumentano grazie all’apertura di 3,1 km a Hannover nel 2023), 1.817,3 km nel Regno Unito e 1.442,7 km in Spagna.

Si potrebbe pensare, o sperare, che questo distacco sia motivato dalla differenza di abitanti, ma si resterebbe delusi. Il rapporto “Pendolaria 2024 – Speciale aree urbane” offre anche uno spaccato delle diverse città più importanti italiane con quelle degli altri Paesi europei confrontati:

Critiche alla legge di Bilancio

Nel suo report, Legambiente critica apertamente la legge di Bilancio 2024 che definisce “inadeguata a rispondere alla sfida della mobilità del futuro”.

L’associazione spiega che per la prima volta dal 2017 non sono previsti fondi né per il trasporto rapido di massa, né per la ciclabilità e la mobilità dolce. Una problematica tipica del Belpaese è la mancata conclusione di opere già avviate a suon di milioni o miliardi di euro. Sul punto Legambiente ricorda come l’ultima manovra non abbia previsto fondi neanche per il rifinanziamento del fondo destinato alla copertura del caro materiali per i progetti finanziati, in via di realizzazione e neanche per il fondo di progettazione, con gravi conseguenze sui lavori.

Viene anche ridotto di 35 milioni lo stanziamento previsto dalla legge di Bilancio precedente per il Fondo per le infrastrutture ad alto rendimento (Fiar) e per gli interventi di sicurezza stradale vengono allocati appena 29,3 milioni per il 2024, 30,3 per il 2025 e 26,3 per il 2026.

“In questo contesto – scrive Legambiente – è impossibile immaginare di potenziare il servizio di trasporto pubblico italiano senza rifinanziare i fondi svuotati dal governo Meloni o senza incrementare la dotazione del fondo nazionale trasporti per finanziare il servizio. I finanziamenti destinati alle infrastrutture urbane in questi anni hanno preso corpo in buona parte su progetti che hanno tempi lunghi di realizzazione e che continuano ad essere in ritardo, o che hanno criticità evidenti. Ammontano a oltre 16 miliardi di euro, spalmati però su oltre 10 anni di lavori e progetti (quindi meno di 2 miliardi l’anno reali). Complessivamente sono in cantiere o finanziati 144,2 chilometri di metro tra linee nuove, prolungamenti e riconversioni, 248,5 di tranvie, 183,9 di filobus e busvie”.

Quante auto ci sono nelle varie città italiane

Con la copertura di piste ciclabili del tutto precaria e mal concepita, la conseguenza di questa grave insufficienza del trasporto pubblico italiano può essere solo una: molti utilizzano la propria auto privata per spostarsi, tanto che l’Italia è il Paese europeo con più auto rispetto agli abitanti.

L’elevato utilizzo del mezzo privato si associa ad altrettanto elevati tassi di motorizzazione: 666 auto ogni mille abitanti, il 30% in più rispetto alla media di Francia, Germania e Spagna.

Qualche numero dal rapporto di Legambiente: sono 780 le auto ogni 1.000 abitanti a Catania, 760 a Perugia, 680 a Cagliari e Reggio Calabria, alcune addirittura in aumento negli ultimi anni. Elevatissimi anche i numeri di Messina (670), Roma (640) e Torino (610).

Numeri molto diversi nelle altre ricchezze europee: a Madrid il tasso di motorizzazione è di 360 veicoli ogni 1.000 abitanti, a Londra 351, a Berlino di 337 e a Parigi 250. “Tutte grandi capitali dove, al contrario, la tendenza è in deciso calo” osserva Legambiente che riporta Parigi come esempio virtuoso. Infatti, nella capitale francese dal 1990 a oggi:

- l’utilizzo dell’auto privata è diminuito del 45%;

- l’utilizzo del trasporto pubblico è aumentato del 30%;

- l’utilizzo della bicicletta è cresciuto di 10 volte.

Questa la fotografia delle varie città italiane offerte dal rapporto “Pendolaria 2024 – Speciale aree urbane”

Non mancano delle note positive: come emerge dai dati raccolti da Ecosistema Urbano di Legambiente, nei capoluoghi di provincia cresce l’attenzione degli amministratori e dei tecnici per una mobilità più sostenibile, anche se le emergenze urbane sono grossomodo le stesse di 30 anni fa. Continua ad aumentare anche la ciclabilità (km di piste e infrastrutturazione) e, dopo molto tempo, crescono anche le superfici pedonali. Anche il progetto 'Bologna città 30' va nella direzione di rendere la città più a misura d’uomo anche se non mancano le critiche.

Come più volte sottolineato su queste pagine, infatti, l’unico modo per attuare concretamente la transizione green è far conciliare le esigenze ambientali con quelle economiche, convincendo anche gli scettici. Una rivoluzione che applica restrizioni alla circolazione privata senza offrire valide alternative non va in questa direzione.

Le soluzioni secondo Legambiente

Per l’associazione l’unico modo per vincere la sfida della mobilità moderna è implementarla con una visione integrata, oltre che innovativa. Legambiente sottolinea come nei Piani urbani di mobilità sostenibile (Pums) avanzati sul territorio nazionale ci siano diversi spunti interessanti. I Pums, insieme ad altre forme di investimento, rappresentano la via per creare una rete di trasporto su rotaia moderna e interconnessa, includendo tram, metro, treni regionali, e mobilità dolce ed elettrica.

Favorire l'intermodalità

- Introdurre treni urbani e tram adatti al trasporto di biciclette, monopattini elettrici.

- Sviluppare app e tecnologie per analizzare i flussi di spostamento e rendere più facile il passaggio da un mezzo all’altro.

Più bici e mobilità elettrica

- Adattare strade, piazze e spazi pubblici alle persone, privilegiando la bicicletta che Legambiente definisce “il mezzo che può guidare questo cambio” concettuale che mette al secondo posto le auto e al primo il trasporto sostenibile;

- Creare percorsi ciclabili lungo gli assi prioritari, con protezioni e passaggi esclusivi;

- Implementare ampie Low Emission Zones (“zone 30” e “zone 20” e Ultra Low Emission Zones con dossi stradali, restringimenti di carreggiata, sensi unici alternati o alterazioni della pavimentazione;

- Incentivare il noleggio gratuito di biciclette elettriche e/o pieghevoli che favoriscono l’intermodalità;

- Offrire incentivi alla condivisione di micro, bici, auto, van e cargo bike, anche nelle periferie e anche realizzando programmi di mobilità attiva come "bike to work" e "bike to school".

- Istituire corsi di educazione stradale che educhino i cittadini a un nuovo concetto di trasporto e di spostamenti

“In questo senso – spiega Legambiente – rientra il ragionamento delle “città dei 15 minuti” (in cui tutto ciò che serve sta a pochi minuti a piedi da dove si abita), e quello della sicurezza stradale (Vision Zero incidenti gravi, a cominciare dai minori), con quartieri liberi da auto, slow streets, incentivazione della ciclopedonalità e micromobilità elettrica”.

Il ruolo delle auto elettriche in Italia

Per Legambiente è, infine, “indispensabile” istituire distretti Zed (Zero Emissions Distribution), dove possono entrare solo veicoli merci elettrici (dalle cargo bike ai camion), come già fatto a Santa Monica in California e in vari comuni olandesi.

Sul punto va però segnalata la scarsa diffusione delle auto elettriche in Italia e tutti i dubbi sollevati sul settore dopo il crollo registrato in Germania a fine 2023, anno in cui comunque il mercato delle auto elettriche in Italia è cresciuto del 18,87%.

Nonostante i vari incentivi per passare alle auto elettriche, in Italia le auto elettriche sono solo il 4% del totale contro il 14% della media europea come evidenziato dal white paper “La mobilità sostenibile e i veicoli elettrici” di Repower Italia.

Tante le cause di questo ritardo a partire dalla carenza di colonnine di ricarica presenti sul territorio, ma anche la diffidenza degli italiani. D’altra parte, c’è anche un discorso di risorse economiche dato che gli italiani devono fare i conti con i salari più immobili dell’area Ocse e sono poco ottimisti sugli scenari futuri.

In un contesto del genere, le risposte devono arrivare dalle istituzioni: gli sforzi richiesti ai cittadini devono essere affiancate dall’esempio e dagli investimenti pubblici nel trasporto sui binari.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Sostenibilità

Moda, glamour e innovazione al Italia Green Film Festival

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Madrina della serata, che si è svolta al al Wegil di Trastevere, la cantante Noemi che ha sottolineato i temi cardine legati all'Ambiente e alla sostenibilità

credits: Alessandro Arsì

Un evento da urlo quello che ha visto protagonista la Moda sostenibile nella kermesse di Italia Green Film Festival. Una serata in cui glamour e innovazione sono andati a braccetto con il Made in Italy legato al green, tema portante del Festival arrivato alla sua quinta edizione. Madrina della serata, che si è svolta al al Wegil di Trastevere, la cantante Noemi che ha sposato il Green Festival e ha sottolineato i temi cardine legati all'Ambiente e alla sostenibilità. “Si tratta di un'iniziativa importante che lega l'industria del Cinema e della Moda in un'ottica Green – ha detto Noemi – questa sera ho voluto scegliere di cantare Vuoto a Perdere, poi per dare forza al tema delle donne, sulla consapevolezza dell’accettazione che risuona come un grido di orgoglio e di rivalsa”. Per la cantante la Golden Leaf (il premio simbolo del Green Film Festival) speciale.

Ma l'evento, il terzo dopo quello legato al Food e al Cinema ovviamente, ha toccato il settore Moda in una chiave nuova. Quella della sostenibilità e dello sviluppo di nuove produzioni con attenzione speciale all'ambiente. Da sottolineare l'impegno di stilisti e maison per il Green. Tra questi sicuramente spicca Marilena Spiridigliozzi stilista, artista, imprenditrice e formatrice di sartoria alta moda che ha creato il brand Mariel da giovanissima e a seguire altre cinque linee dalla sposa alta moda alle linee da giorno tecnici per una donna moderna e dinamica. La sua eccellenza tutta made in Italy è prodotta in made in Lazio si esprime negli abiti dipinti a mano con colori ecologici esclusivi e dove la femminilità e l'amore per la natura viene fortemente espressa.

Poi Lisa Tibaldi: stilista e designer romana, con il suo brand dal 1989 è presente con numerose pubblicazioni sulle riviste più prestigiose quali Vogue Sposa, Elle, Marie Claire; è stata invitata a chiudere la Monte Carlo Fashion Fair, ha vestito l’orchestra ed il coro del Festival di Sanremo, collabora da anni con diverse produzioni cinematografiche e televisive (Detto Fatto, Temptation Island, Uomini e Donne). Dal 2018 inoltre, la stilista realizza le linee ecosostenibili Lisa Tibaldi Terra Mia di Accessori moda -alta bigiotteria con foglie di stramma (erba del territorio anticamente usata per cesteria) e foulard in seta ispirati alla bellezza della terra aurunca – e Lisa Tibaldi Privernum Collection di Home design con vasi in resina di mais biodegradabili in stampa 3D ispirati al patrimonio della città di Priverno (Lt). Dal 2021 la stilista è Presidente di CNA Federmoda Latina, nonché madrina di nuovi corsi di studi professionali di Moda Made in Italy presso Istituti superiori della provincia e docente di corsi professionalizzanti di moda e sartoria. A febbraio 2023 ha fondato l’associazione #AmolamiaTerra aps di cui è Presidente, per la valorizzazione sostenibile, culturale ed ambientale del territorio aurunco e sud pontino. È l’unico Maestro Artigiano di abiti su misura riconosciuto dalla Regione Lazio e annovera diversi premi e riconoscimenti, tra i più recenti: Premio culturale Aurunci Patres , Premio Camilla Città di Priverno, Premio Internazionale Eroe Antonio Ambroselli, Premio Immagine Latina.

E ancora La capsule Fashion in Blue presentata all'Italia Green Film Festival è stata realizzata con gli scarti della filiera dell'industria velica e della pesca del Golfo di Gaeta con l'intento di valorizzare un'economia circolare sostenibile a km 0.

Il direttore artistico del Festival Pierre Marchionne che da sempre ha creduto in questo progetto: “Dopo cinque anni ci troviamo qui con la stessa emozione e la stessa passione che ci ha spinto a credere in questo Festival. Nel corso degli anni siamo cresciuti e il nostro obiettivo è quello di crescere ancora per dare evidenza e portare in primo piano i temi dell'ambiente e del nostro futuro”.

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Sostenibilità

‘Effetto Oasi’, 27mila ettari di territorio...

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I numeri del nuovo report Wwf lanciato in occasione del Mese delle Oasi

Ambiente - (Fotolia)

Ben 27mila ettari di territorio protetto, circa 100 Oasi, 350mila visitatori annui: è l''effetto oasi' lungo 57 anni, dalla prima creata in Toscana, quella di Burano nel 1967, da cui si è sviluppato un sistema di aree protette complesso e articolato, il primo in Italia gestito da una associazione privata e tra i primi in Europa, che impiega nelle attività di gestione, fruizione e tutela a diverso titolo 150 persone e circa 500 volontari. Sono alcuni dei numeri di 'Effetto Oasi', il report Wwf lanciato in occasione del Mese delle Oasi per la campagna OurNature.

I numeri delle Oasi Wwf

'Effetto Oasi' sono anche gli habitat mappati nelle aree protette del panda, ben 109 (di cui 27 definiti prioritari in ambito europeo), 378 le attività di educazione ambientale realizzate nel 2023, 130 i progetti di conservazione in corso e 80 le attività di creazione di nuovi habitat come stagni, zone umide o aree per impollinatori. Le Oasi ospitano anche 10 centri di educazione ambientale e 8 Cras (Centri recupero Animali selvatici) che curano ogni anno oltre 8mila animali feriti o in difficoltà.

Dalla ricerca scientifica alle vacanze natura, dall’educazione ambientale con le scuole all’impegno nella conservazione di specie e habitat e nel recupero ambientale con progetti di ripristino e restauro ecologico, le Oasi sono anche luoghi di aggregazione sociale, di sperimentazione di attività legate al benessere psicofisico, di formazione. Soprattutto, hanno giocato un ruolo centrale per la conservazione di alcune specie simbolo, quali l’orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus), la lontra (Lutra lutra), il cervo Sardo (Cervus elaphus corsicanus).

"Il più grande progetto di conservazione del Wwf in Italia"

“La natura italiana è tra le più ricche in Europa, ma questa ricchezza oggi la stiamo perdendo sempre più rapidamente: il 50% delle specie di vertebrati in Italia è minacciato d’estinzione, il 52% delle specie di fauna protette dalla Direttiva Habitat mostra uno stato di conservazione inadeguato e quasi il 90% degli habitat tutelati versa in uno stato di conservazione inadeguato o sfavorevole. L’impegno e l’investimento del Wwf con il sistema Oasi, nato più di 50 anni fa con l’azione di pionieri come Fulco Pratesi e altri illuminati precursori, che decisero di acquisire il lago costiero di Burano per farne la prima Oasi (1967), è divenuto oggi il più grande progetto di conservazione del Wwf in Italia. Tutto ciò è stato possibile grazie a sinergie e collaborazioni con soggetti pubblici e privati, con i quali si è fatta rete, e all’insostituibile contributo dei volontari”, ha detto Marco Galaverni, direttore Oasi Educazione e Attivazione Wwf Italia.

Le Oasi sono anche laboratori a cielo aperto, centri di educazione ambientale e aree indirizzate alla ricerca scientifica. Nel solo 2023, sono state 378 le attività di educazione ambientale condotte nelle Oasi. Le attività svolte con scuole o Università e campi natura sono state ben 72, con circa 45mila studenti coinvolti.

Il mese delle Oasi

Il Mese oasi, la formula di ‘lungo evento’ che da un paio di anni ha trasformato la tradizionale Festa delle Oasi celebrata da oltre 30 anni in una sola giornata, è una vera e propria Festa della Natura dedicata alla biodiversità italiana ed è parte della campagna Wwf Our Nature per la difesa della biodiversità. Per 5 weekend consecutivi sarà per tutti l’occasione di tuffarsi nella bellezza della natura, tra orchidee, farfalle, aironi e fenicotteri, immersi nei boschi o lungo fiumi, laghi e sentieri di montagna. Ben 150 gli eventi in programma nel mese delle Oasi: visite guidate, a piedi o in bicicletta, laboratori e attività per i più piccoli, eventi di citizen science.

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Sostenibilità

Clima ed energia: obiettivi 2030 ancora alla portata...

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A che punto siamo secondo quanto rilevato da Italy for Climate

jonny-clow-unsplash

Il 22 aprile 2024 si è celebrata la Giornata Internazionale della Terra. Tra le tante iniziative ed eventi organizzati in ogni angolo del Mondo, è stato anche il momento di condividere bilanci e analisi sullo stato attuale in tema di clima ed energia. Con riguardo al nostro Paese, in occasione della Giornata della Terra, Italy for Climate ha pubblicato la quinta edizione del rapporto “10 Key trend sul clima” che analizza le principali tendenze registrate nel 2023 in Italia con riferimento alla lotta al cambiamento climatico e alla transizione energetica. Tra i dati principali, emerge che nell'ultimo anno il nostro Paese ha prodotto uno sforzo davvero considerevole nel tagliare le emissioni di gas serra con una diminuzione del 6,5% rispetto all'anno precedente, percentuale che corrisponde a una diminuzione di circa 27 milioni di tonnellate di gas serra prodotti. Il dato, qualora confermato, significherebbe che il nostro Paese si trova nella condizione di raggiungere ancora gli obiettivi di decarbonizzazione fissati per il 2030. Tra i principali fattori che hanno influito sulla diminuzione registrata nel 2023 vi sono il minore utilizzo di carbone per produrre energia, i consumi energetici ridotti anche dovuti a un inverno piuttosto mite, un calo della produzione industriale, ma anche un'accelerazione nelle rinnovabili.

I principali trend sul clima in Italia

Oltre al primo trend che, come detto, riguarda la drastica riduzione delle emissioni, le altre principali tendenze in tema di clima ed energia segnalate da Italy for Climate non sono tutte esattamente positive. A cominciare dal numero di eventi climatici, drammaticamente aumentato nel 2023, che secondo le stime di Ispra risulta essere stato il secondo anno più caldo mai registrato in Italia. Non solo, l'anno passato, sul nostro territorio sono stati registrati 3.400 eventi climatici estremi. In quanto all'energia, secondo le stime Enea è calata del 3% l'intensità energetica del Pil ovvero del fabbisogno energetico necessario a produrre una unità di Pil. In calo, nel valore assoluto, anche i consumi di energia negli edifici (-2,3 Mtep) e nell'industria (-1,2% Mtep). Sempre secondo Enea, il calo delle emissioni globali di cui sopra è dovuto principalmente all'evoluzione del settore elettrico che sempre più si basa sulle fonti rinnovabili (+15 Twh) e meno su quelle fossili (-33 Twh). In particolare, la quota complessiva di energia prodotta da eolico e fotovoltaico è pari al 20%, mentre la quota di tutte le rinnovabili sfiora il 44% della produzione, il tetto massimo mai raggiunto. Meno bene invece gli indicatori sulla dipendenza energetica che vedono l'Italia tra i Paesi europei a più elevata dipendenza, seppur in lieve calo rispetto al 2022. Parlando di riqualificazione degli edifici, una questione di grande portata visto l'impatto che il parco immobiliare ha sul clima, nel 2023 sono state riqualificate oltre 700 mila abitazioni grazie agli incentivi introdotti dal Superbonus, il triplo in più rispetto alla media degli anni precedenti. Inoltre, a fine anno risultano installati 1,3 milioni di impianti fotovoltaici nel settore residenziale. Il mercato dell'auto elettrica seppur lentamente appare in crescita e ad oggi rappresenta il 4,2% del totale immatricolazioni. Dati comunque molto contenuti rispetto alla media europea del 14,6% con punte del 18,4% in Germania. Da segnalare infine il deficit medio nazionale del 60% sulle scorte di acqua nevosa nei principali bacini del Paese, con punte fino a -70% nel bacino dell'Adige e -67% in quello del Po. Proprio la crisi idrica rappresenta uno dei temi che andranno affrontati con maggiore attenzione, rapidità ed efficacia.

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