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Israele a caccia del leader di Hamas da eliminare per la...

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Israele a caccia del leader di Hamas da eliminare per la vittoria

Eliminare la leadership di Hamas non significherebbe necessariamente indebolire il gruppo, scrive il Washington Post: questo perché non si affida alla figura di un singolo leader

Miliziani di Hamas

Decapitare Hamas, eliminare la sua leadership, togliere al gruppo il controllo della Striscia di Gaza. Questo uno degli obiettivi principali dell'offensiva militare lanciata da Israele dopo l'attacco subito lo scorso 7 ottobre. Un primo risultato potrebbe essere stato ottenuto proprio nel fine settimana, con l'eliminazione del numero due del braccio armato di Hamas, Marwan Issa, in un raid aereo nel centro della Striscia di Gaza. La notizia non ha ancora conferma ufficiale, ma se lo fosse Issa sarebbe il funzionario di Hamas di più alto livello finora ucciso nella rappresaglia israeliana, oltre che una delle più importanti menti del massacro del 7 ottobre.

Ma eliminare la leadership di Hamas non significherebbe necessariamente indebolire il gruppo, scrive il Washington Post citando analisti. E questo perché Hamas non si affida alla figura di un singolo leader, ma sono molti in 'linea di successione' pronti a ricoprire il ruolo di chi viene ucciso. Hamas, poi, ha sia un'ala politica, sia un braccio armato. Alcuni dei suoi leader vivono all'interno della Striscia di Gaza, altri in Paesi diversi in Medioriente. Alcuni sono figure pubbliche, altri operano nell'ombra.

I nomi sulla lista, non solo Sinwar

Tra i più importanti spicca Yehiya Sinwar, il leader di Hamas nella Striscia di Gaza, noto in Israele come ''il macellaio di Khan Younis''. Originario del sud della Striscia di Gaza, prima di essere a capo del gruppo nell'enclave aveva lavorato nel controspionaggio, occupandosi di individuare e colpire spie e informatori all'interno del gruppo. Jonathan Lord, direttore del programma di sicurezza sul Medioriente al Center for a New American Security di Washington, ritiene che Sinwar sia l'ideatore dell'attacco del 7 ottobre contro Israele e che sia nascosto in un tunnel dentro o attorno Khan Younis. La portata dell'attacco 7 ottobre può essere ricondotta, secondo quanto ha detto Lord al Washington Post, proprio all'approccio metodico di Sinwar di creare un piano e comunicarlo in ''un modo molto analogico''.

Sinwar, ha proseguito il direttore del think tank, ha discusso del piano lontano dai dispositivi che potevano essere intercettati dall'intelligence israeliana e ha ridotto al minimo la cerchia di coloro che erano a conoscenza dell'attacco. Il leader di Hamas a Gaza è stato per vent'anni dietro le sbarre di un carcere in Israele per aver pianificato il rapimento e l'uccisione di due soldati israeliani. Parla fluentemente ebraico e si ritiene che abbia una profonda conoscenza di Israele. E' stato scarcerato nel 2011 come parte di un grande scambio di prigionieri che ha portato alla liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit.

Tra i massimi leader di Hamas spicca poi Mohammed Deif, il comandante delle Brigate Izzedine al-Qassam, braccio armato di Hamas, considerato anche lui uno dei principali pianificatori del massacro del 7 ottobre. Di lui si conosce molto poco, il che ne fa aumentare il mito tra i suoi sostenitori a Gaza. ''E' una leggenda'', ha detto al Washington Post un membro della sicurezza di Hamas, Ahmed. Un ex leader di Hamas, Imad Falouji, ha spiegato che Deif mantiene un profilo basso e si muove ''con diversi passaporti e diverse identità''. All'indomani dell'attacco del 7 ottobre si riteneva che Deif fosse nascosto in uno dei tunnel di Hamas nella Striscia di Gaza. Israele ha poi dichiarato di aver demolito una rete di tunnel dove si trovava il suo nascondiglio, ma sulla sua sorte non si hanno conferme. Deif è riuscito a scampare a diversi tentativi di assassinio da parte di Israele, mentre alcuni membri della sua famiglia ne sono rimasti vittima.

Braccio destro di Deif è Marwan Issa, vice comandante del braccio armato di Hamas e responsabile di molte operazioni del gruppo sul campo, come ha spiegato Daniel Byman, senior fellow presso il Center for Strategic and International Studies. Come Deif, ha trascorso gran parte della sua vita in incognito e ha svolto un ruolo importante alla guida delle operazioni logistiche delle Brigate al-Qassem. Secondo Byman, Israele considera Issa una minaccia molto significativa.

Tra i leader più importanti di Hamas c'è anche Mohammed Sinwar, braccio destro di suo fratello Yehiya Sinwar. Sebbene sia stato dato per morto più volte, di recente le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno riferito che è ancora vivo. A inizio novembre le Idf hanno dichiarato di aver fatto irruzione nell'ufficio di Mohammed dove sono stati trovati ''documenti di dottrina militare''. A dicembre, sempre l'Idf ha diffuso un video in cui si vedrebbe Mohammed a bordo di un'auto all'interno di un tunnel a Gaza. Se Israele riuscisse a eliminare i fratelli Sinwar e Deif, secondo Lord potrebbe ''trovare il modo rada per dichiarare vittoria'' e mettere fine alla guerra a Gaza.

Oltre a coloro che guidano il governo e l'ala militare di Hamas all'interno di Gaza, molti leader politici del gruppo vivono fuori dall'enclave. Il leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, svolge la maggior parte del suo lavoro da Doha, in Qatar. Il suo ruolo, ha spiegato Lord, è quello di rappresentare il volto di Hamas, diffondere la retorica politica del gruppo e cercare di raccogliere fondi per sostenere le sue operazioni. Con questa divisione, geografica e organizzativa, di Hamas, non è chiaro quanto leader come Haniyeh sapessero dell'attacco del 7 ottobre.

Ci sono poi gli 'ex'. Un tempo leader di Hamas, Khaled Meshal è ora incaricato di guidare l'ufficio della diaspora del gruppo cercando di alimentare il sostegno all'estero. Compreso quello tra i rifugiati palestinesi in Giordania e in Libano. Dopo l'attacco del 7 ottobre, Meshal ha fatto appello a manifestare nei Paesi musulmani affermando che ''questo è il momento della verità, tutti voi sapete che responsabilità avete''. Meshal è sopravvissuto a un tentato di omicidio da parte di Israele nel 1997 ad Amman, in Giordania. All'epoca funzionari americani e israeliani dissero che era stato Benjamin Netanyahu, che era primo ministro anche nel 1997, a ordinare l'avvelenamento di Meshal. Il leader di Hamas sopravvisse solo grazie all'intervento di Stati Uniti e Giordania, che chiesero a Israele di fornire l'antidoto necessario a eliminare l'effetto del veleno.

Suo secondo, alla guida politica di Hamas, era Saleh Arouri, ucciso il 2 gennaio scorso in un sobborgo di Beirut, in Libano. Secondo Hezbollah Arouri è stato ucciso da un drone armato con tre razzi lanciato da Israele, anche se le autorità israeliane non hanno rivendicato ufficialmente. In ogni caso Arouri è il più importante rappresentante di Hamas ucciso dal 7 ottobre. Fondatore delle Brigate al-Qassam, ha trascorso diverso tempo nelle carceri di Israele. E' stato accusato di aver rapito e ucciso tre adolescenti israeliani nel 2014, facendo scatenare una rappresaglia su Gaza costata la vita a oltre duemila palestinesi.

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Usa, Urbinati (Columbia): ”La rettrice ha scatenato...

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La docente di Teoria politica difende la protesta pacifica degli studenti e sostiene il dialogo senza toni aggressivi in spazi dedicati. Occorre portare avanti una trattativa che permetta il ritorno alla normalità ed eviti un grave danno di immagine per il campus, sostiene.

Usa, Urbinati (Columbia): ''La rettrice ha scatenato l'inferno, senza dialogo salta il semestre''

E' stata una ''reazione folle'' quella della rettrice della Columbia University, Nemat Shafik, di chiamare la polizia per rimuovere la manifestazione studentesca contro Israele. ''Era una protesta pacifica, fatta a suon di rap con giochi, canti e balli'', ma lei ''l'ha trasformata in un inferno''. Per fortuna, anche grazie ''a un documento di appello al dialogo che ho firmato anche io'', ora ''il clima è molto cambiato'' e si è aperto ''un tavolo di trattativa e negoziazione tra i rappresentanti degli studenti, il corpo docente, i dipendenti e l'ammnistrazione dell'università''. L'obiettivo è quello di rientrare in un ''clima di trattativa per riportare la normalità'', altrimenti ''c'è il rischio che salti il semestre'', ma ''nessuno vuole che si arrivi a tanto, sarebbe un danno di immagine incredibile, una rovina enorme''. Nadia Urbinati, che dal 1996 insegna Teoria politica alla Columbia University di New York, racconta ad Adnkronos dall'interno le contestazioni. ''Si tratta di un accampamento pacifico, gli studenti sono molto più moderati della rettrice, ma sono stati trattati da criminali e questo non è possibile'', ha aggiunto Urbinati.

Lei stessa ha avuto contatti con gli studenti, ''hanno scritto un documento bellissimo e molto moderato rivolto alla rettrice che ho firmato insieme a colleghi del mio dipartimento. Un documento in cui chiedevano di tenere in considerazione il problema della violenza che si amplifica se si chiama la polizia''. Tra i suoi studenti, racconta, ''uno che aveva fatto con me un corso sulla retorica è stato arrestato ieri per uso sconsiderato del linguaggio. Ha detto che i sionisti dovrebbero sparire dalla faccia della terra... Ma a parte questo caso nessuno mio studente è stato sospeso o arrestato''. Sottolineando che ''il 20 per cento degli studenti della Columbia arrestati sono ebrei'', Urbinati racconta anche il caso di ''uno studente ebreo israeliano che ha chiesto di non venire in classe per non attraversare il campus in quanto si sente a disagio''. La sua richiesta è stata accolta, ''un caso eccezionale risolto permettendogli di seguire le lezioni tramite Zoom''.

Urbinati racconta poi che in questi giorni hanno visitato la protesta al campus ''il rappresentante repubblicano e quello democratico. Entrambi sono stati ottusamente arroganti. L'esponente repubblicano ha proposto di chiamare guardia nazionale, il che avrebbe riportato il campus a livelli raggiunti solo nel '68''. Secondo la politologa, quindi, è stata ''la rettrice che ha radicalizzato'' la manifestazione. Shafik, spiega Urbinati, ''è alla Columbia da nove mesi e si è dimostrata molto inadeguata. Viene dal mondo delle finanza e ha dimostrato totale incapacità di comprendere che qui non si tratta di dipendenti di una banca, ma di persone varie con le quali occorre entrare in contatto''. E invece, durante la protesta, ''la rettrice è rimasta sempre chiusa nel suo ufficio o nella sua casa. Non ha mai interagito con gli studenti''.

L'auspicio, ora, è che ''vengano messi a disposizione degli spazi, delle aule, dove poter proseguire il dibattito sulla guerra e sui rapporti con Israele''. Perché, prosegue Urbinati, ''se c'è libertà di insegnamento, se si studiano argomenti come la guerra e la pace, gli stati nazione, è evidente che ne esca un dibattito''. Anzi, aggiunge, ''ben venga il dialogo e la riflessione promossi dagli studenti, certo senza usare toni aggressivi''.

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Elezioni Usa, Biden prende in giro Trump: “Sono in...

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Durante la cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca

Joe Biden  - (Afp)

''Sono un uomo adulto e sono in corsa contro un bambino di sei anni''. Così il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha preso il giro l'ex inquilino della Casa Bianca e suo rivale alle prossime elezioni americane Donald Trump. ''L'unica cosa che abbiamo in comune è l'età'', ha aggiunto Biden durante la cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca. Anche se, età anagrafica alla mano, Biden ha 81 anni contro i 77 di Trump. ''Le elezioni del 2024 sono in pieno svolgimento e sì, l'età è un argomento - ha detto Joe Biden - Sono un adulto che corre contro un bambino di sei anni''.

Molti gli ospiti illustri, giornalisti e celebrità presenti all'hotel Hilton di Washington mentre all'esterno un centinaio di manifestanti hanno scandito slogan contro la guerra di Israele nella Striscia di Gaza e sventolato una bandiera palestinese lunga diversi metri. Ma all'interno il conflitto in Medioriente non è stato al centro della scena, soppiantato appunto dalle battute sull'età dei candidati alla presidenza Usa.

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Re Carlo torna agli impegni pubblici, martedì la visita a...

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Buckingham Palace: "Medici incoraggiati dai suoi progressi"

Buckingham Palace mette fine alle congetture sullo stato di salute di Re Carlo. Il sovrano, malato di cancro, da martedì riprenderà i suoi impegni pubblici. Con la regina Camilla si recherà in visita a un centro di cure per i tumori. "Il team medico di Sua Maestà - fa sapere una nota della Casa Reale - è molto incoraggiato dai progressi compiuti finora e rimane positivo quanto al continuo recupero del re".

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