Cronaca
Strage di Erba, parla Azouz: “Emozionato, revisione è...
Strage di Erba, parla Azouz: “Emozionato, revisione è mia rivincita”
Slitta l'udienza di revisione del processo per il massacro dell'11 dicembre del 2006. L'accusa: "Sono colpevoli, basta show e suggestioni mediatiche". Azouz Marzouk: "E' la mia rivincita". Beppe Castagna: "Azouz offensivo, ha solo monetizzato come vittima"
Strage di Erba, la difesa di Olindo Romano e Rosa Bassi ha chiesto il rinvio: l'udienza per la revisione del processo è stata rinviata al prossimo 16 aprile. La coppia era stata condannata in via definitiva all'ergastolo per la mattanza dell'11 dicembre del 2006. Il rinvio, deciso dalla seconda sezione della corte d'Appello di Como, per i lunghi tempi degli interventi della pubblica accusa e delle parti civili che hanno depositato anche delle memorie "che richiedono un po' di studio" e anche di fronte al 'rifiuto' della difesa di Olindo e Rosa Bazzi di iniziare il proprio intervento "non avendo ancora letto le memorie presentate in udienza".
Per la pubblica accusa "tutte le prove sono inammissibili" perché irrilevanti, le tre consulenze non vanno acquisite, "si lanciano solo sospetti" da parte della difesa e i testi già sentiti "hanno già riferito tutto quello che potevano dire, sentirli ora sarebbe inopportuno".
I dubbi sollevati dalle difese sulle intercettazioni "sono montate sul nulla" e l'istanza di revisione presentata dal sostituto pg di Milano Cuno Tarfusser "è inammissibile perché è stata redatta e firmata da un soggetto che non è titolare" di questo potere. La sua istanza rappresenta "un unicum nella storia italiana", mentre la legittimata procura generale di Milano ha chiesto "l'inammissibilità della richiesta di revisione".
Il pg: "Inverosimile pista alternativa, odioso mettere in mezzo famiglia Castagna"
Pensare che chi ha compiuto la strage di Erba sia scappato dai tetti o dal terrazzino di casa Castagna "è illogico", così come non ha senso pensare che la criminalità organizzata abbia a che fare con il massacro. Questo quanto sostenuto in aula dal procuratore generale di Brescia Guido Rispoli. "Gli assassini sono mantidi di sangue e sono armati, la corte di via Diaz è già piena di persone e quindi la difesa ipotizza la fuga dall'alto", ma "abbandona" la fuga dall'abbaino di casa Frigerio-Cherubini perché inverosimile, quindi si ritiene che la fuga viene effettuata dal terrazzino di casa Castagna "ma qui non c'è nulla: non una macchia di sangue" spiega il procuratore generale che mostra le immagini del terrazzino e di una pianta neppure spostata dai killer. "E' un'offesa alla logica pensare che siano passati da quel terrazzino, su quella terrazza e su quella grondaia non è passato nessuno".
Anche la pista 'straniera' non viene ritenuta credibile. "Si parla di un 'palo', si parla di tre extracomunitari fermi intorno alle 20.20 davanti a via Diaz, ma qualsiasi autore della strage non si sarebbe fermato in strada", così come riconosciuto da tre gradi di giudizio che hanno riconosciuto la responsabilità di Olindo Romano e Rosa Bazzi, mentre le fiamme già divampavano nell'appartamento di Raffaella Castagna.
"E' inverosimile pensare alla criminalità organizzata", a una vendetta nei confronti di Azouz Marzouk, marito di Raffaella, con precedenti per spaccio. "Le armi utilizzate, la spranghetta e il coltello, non sono quelli che utilizzerebbe la criminalità" che ha proprie 'regole'. "Per quale motivi uccidere donne e bambini? Questi sono ergastoli brutti. Perché uccidere Frigerio e Cherubini? La povera signora Frigerio viene inseguita per dare una lezione a Marzouk? Ma la logica dove la buttiamo?" si chiede il pg Rispoli che riporta anche un'intercettazione di Marzouk. "Dopo la strage dice che era 'il momento migliore della sua vita' e secondo quale logica si può pensare che la criminalità abbia agito e lui non sia terrorizzato?".
C'è stato un intervento lungo e articolato per provare a smontare le tre consulenze, presentate dalla difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi, ritenute "inammissibili" per la pubblica accusa: le confessioni della coppia non sono state estorte; Mario Frigerio, unico sopravvissuto al massacro, riconosce subito nel vicino di casa Olindo; la macchia di sangue della vittima Valeria Cherubini trovata sul battitacco dell'auto della coppia è stato portato dall'ex netturbino. Nella ricostruzione in aula si sottolinea che "non c'è una nuova prova tecnica, scientifica" esiita nella richiesta di revisione e nessuna delle testimonianze chiesta dalla difesa "non possono ribaltare" la responsabilità dei coniugi Romano.
"Trovo odioso provare a mettere di mezzo la famiglia Castagna, sono parti lese di un crimine orrendo", uno dei passaggi dell'intervento del procuratore generale.
Avvocato generale dello Stato: "Limite superato, solo suggestioni mediatiche"
"Siamo di fronte a una manifesta inammissibilità delle richieste di prova" da parte della difesa dei coniugi Romano, ha detto l'avvocato generale dello Stato Domenico Chiaro che, insieme al procuratore generale, rappresenta la pubblica accusa nel processo di revisione .
"Un can can mediatico, incontri pubblici e in tv, le statue di Olindo e Rosa apparse magicamente a Erba. Il popolo ha diritto ha essere informato, ma credo che si siano superati determinati limiti", continua, aggiungendo: "La giustizia si amministra in nome del popolo, ma bisogna capire che le decisioni vengono assunte nelle aule e non altrove e per questo il mio sarà un intervento su aspetti procedurali"e non su "suggestioni mediatiche".
Contro Olindo Romano e Rosa Bazzi, spiega, "c'è un poderoso movente" contro la coppia condannata in via definitiva all'ergastolo per la strage di Erba c'è "lo stesso atteggiamento degli imputati, ma anche le lesioni inferte alle vittime da una mano sinistra meno forte (lei, ndr.) e una destra più forte, i contenuti scritti da Olindo sulla Bibbia, i colloqui psichiatrici".
Per la pubblica accusa le prove portate per chiedere la riapertura del processo "non sono fatti nuovi e questi elementi di prova non hanno capacità demolitoria" e per questo si chiede l'"inammissibilità" della 'riapertura' del caso.
Contro l'ex netturbino c'è, ad esempio, "il video in cui parla con Picozzi che la difesa si è tenuta in tasca fino a oggi. C'è la mancanza di pentimento, la soddisfazione per quanto fatto, a Olindo scappa la frase 'io non ho avuto nessuna sensazione quando li ho uccisi, è stata una cosa normalissima come quando uno ammazza un coniglio'. Dategli l'Oscar della recitazione" dice ironicamente a sottolineare la veridicità di quanto raccontato dall'imputato. "Mai furono fatte pressioni e bisogna dirlo a gran voce per difendere chi ha lavorato a questo processo, gli interrogatori sono stati registrati dall'inizio alla fine" e "non si è mai parlato di cella matrimoniale", dice ancora.
Se veramente si vuole fare chiarezza, allora bisogna dire che è falso che Mario Frigerio non abbia parlato già il 15 dicembre. Voi lo sapete, dico ai difensori. Ve l’hanno fatto sentire in udienza. Il povero Frigerio l'ha detto subito: 'E' stato Olindo'", afferma.
E ancora. Non è vero che la condanna di Rosa e Olindo si basa solo su tre prove, se anche non ce ne fosse una di queste o addirittura tutte e tre avremo la possibilità di fare un processo indiziario perché tanti sono gli elementi che gravano sugli imputati" aggiunge Domenico Chiaro che, in un intervento appassionato, più volte sottolinea "l'inammissibilità" della richiesta della difesa e difende l'operato di carabinieri e "l'onore e la reputazione di colleghi che è stata continuamente calpestata" e sui quali sono state fatte accuse di 'pressioni' per far confessare la coppia Romano.
Mostrate le foto della casa del massacro
Nell'aula del tribunale di Brescia sono state mostrate le foto dell'appartamento di Raffaella Castagna dopo il massacro dell'11 dicembre del 2006. Una scelta che il procuratore generale di Brescia Guido Rispoli 'giustifica' per spiegare l'illogicità di sostenere certe vie di fuga da parte degli aggressori della strage.
Azouz Marzouk: "Emozionato, revisione è nostra rivincita"
"Sono emozionato, stiamo avendo la nostra rivincita. Inizialmente pensavo che Olindo e Rosa fossero colpevoli, poi già nel primo anno dopo il massacro ho cambiato idea e ora credo che non è stata fatta giustizia. Oggi possono riparare", ha spiegato Azouz Marzouk, marito e padre di due delle quattro vittime della strage di Erba, in mattinata entrando nell’aula di Brescia.
“La pista della droga è quella che tutti vogliono far credere, ma mi danneggia visto che mi sto trasferendo in Italia. Credo non sia stata fatta giustizia e ora spetta ai giudici farla", conclude.
A quasi 18 anni di distanza, in aula si parlerà ancora di quanto accaduto nella corte di via Diaz a Erba la sera dell'11 dicembre del 2006, quando sotto i colpi di spranga e coltelli vengono uccisi Raffaella Castagna (30 anni), il figlio Youssef Marzouk di soli due anni, la nonna materna del piccolo Paola Galli (57).
Olindo e Rosa saranno ci saranno, ma lontano dai giornalisti accreditati a cui sarà possibile seguire l'udienza solo da uno schermo, in una stanza accanto. Assenti (tranne Azouz) i parenti dei familiari delle vittime, parti civili, che preferiscono restare lontano dal circo mediatico.
Sì alle telecamere in aula, ma niente riprese per Olindo e Rosa
I giudici della seconda sezione penale della corte d'Appello di Brescia hanno ammesso le telecamere in aula, le riprese verranno effettuate da tre macchine fisse di 'Un giorno in Pretura', ma Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati in via definitiva all'ergastolo per il quadruplice omicidio, hanno chiesto e ottenuto di non essere ripresi.
Si tratta del primo atto dell'udienza da cui sono esclusi i giornalisti. Un atto al buio: i giornalisti non hanno potuto neppure ascoltare l'audio dell'aula e gli interventi delle parti sull'ammissione delle telecamere. In sala stampa la scritta 'La legge è uguale per tutti' è rimasta fissa sugli schermi predisposti per far seguire l'udienza.
Coppia "impassibile" in Aula, Rosa e Olindo seduti uno accanto all'altro
Tra i pochi cittadini 'accreditati', per lo più giovani studenti, il racconto di Olindo e Rosa in aula "è di due persone impassibili, che assistono con attenzione" alle parole pronunciate dalla pubblica accusa che ha mostrato anche delle foto della casa del massacro.
Foto mostrate su uno schermo che, per la posizione della gabbia trasparente posta alla sinistra dell’ingresso in aula, i coniugi Romano potrebbero non aver visto. Giaccone beige lei, maglione di pile blu scuro lui, "sono seduti uno accanto all’altro, a volte bisbigliano qualcosa, si sfiorano ma poco altro" racconta chi ha avuto la possibilità di vedere i due imputati.
Beppe Castagna: "Parole Azouz offensive, ha solo monetizzato da vittima"
"Le parole di Azouz 'Sto facendo questa lotta per tutti' è offensiva in primo luogo per le vittime ma anche per noi, e nel noi comprendo anche i fratelli Frigerio, che in tutti questi anni abbiamo difeso la verità", afferma intanto Giuseppe (Beppe) Castagna, familiare di tre delle quattro vittime della strage.
"In realtà Azouz in tutta la sua vita, prima e dopo la strage, ha sempre e solo lottato per se stesso. Prima ha sempre lasciato sola Raffaella (Castagna, ndr) ad affrontare i vicini e a difendere suo figlio, dopo ha lottato per monetizzare al meglio il suo status di vittima", accusa. Beppe, come il fratello Pietro e i figli del testimone, Elena e Andrea Frigerio, sono parti civili nel processo in corso a Brescia, ma a differenza di Azouz Marzouk hanno deciso di non essere presenti in aula per evitare il circo mediatico.
Cronaca
“Sono malato, ho un cancro”: chi è Franco Di...
Il giornalista in collegamento con Fabio Fazio
Franco Di Mare, 68 anni, annuncia a Che tempo che fa di essere malato. "Ho un mesotelioma, un tumore molto cattivo", dice il giornalista. Di Mare è un nome e un volto notissimo per i telespettatori italiani. La sua carriera comincia negli anni '80, con una serie di collaborazioni prima dell'assunzione a L'Unità, presso cui diventa inviato e caporedattore. Nel 1991 Di Mare approda in Rai e dal 1995 diventa inviato Speciale per il Tg2. Nel 2002 il passaggio al Tg1.
Nel 2003 diventa conduttore televisivo con Unomattina Estate prima di Uno Mattina week end . Dal 2004 diventa il volto di Uno Mattina. Il curriculum comprende programmi di informazione e attualità nella fascia mattutina e una serie di serate su Rai1. Nel 2019 diventa vicedirettore di Raiuno, con delega ad approfondimenti ed inchieste, e l'anno successivo viene nominato direttore generale dei programmi del giorno della Rai prima di assumere la direzione di Raitre il 15 maggio 2020.
Cronaca
G7, corteo di protesta a Torino: manifestanti bloccano...
Avrebbero dovuto sfilare per le vie del capoluogo piemontese, ma a sorpresa hanno cambiato percorso. Bruciate le gigantografie dei leader dei sette Paesi più industrializzati
È durato una decina di minuti il blocco della tangenziale da parte dei manifestanti che hanno sfilato nel corteo di protesta contro il G7 di domani e martedì a Venaria Reale. Hanno, infatti, cambiato percorso all'improvviso e scavalcato il guardrail, bloccando il traffico con lancio di fumogeni e lo sventolio delle bandiere. Dopo aver ribadito al megafono che "chi blocca il nostro futuro si troverà centinaia di blocchi come questo di persone non disposte a far decidere sulla propria testa", i manifestanti stanno ora tornando sui propri passi verso Venaria. "Siamo stati bravissimi ci siamo ripresi la città ma non ci fermiamo qui continueremo, non abbasseremo la testa", hanno scandito dal megafono mentre continuavano a sfilare.
Arrivati nel viale che conduce alla Reggia di Venaria, i manifestanti dopo aver posizionato davanti al cordone di forze dell’ordine grandi foto dei leader dei sette paesi più industrializzati hanno acceso un falò sul quale hanno bruciato le gigantografie. “Siamo qui non per dialogare ma per protestare per dire no al modello di sviluppo che ci vuole imporre il G7”. Così i manifestanti dal megafono poco aver dato alle fiamme le gigantografie dei leader dei sette paesi più industrializzati. “Continueremo la nostra lotta per i nostri territori, per la libertà del popolo palestinese e di tutti i popoli oppressi, per un futuro degno di questo nome, per garantire una vita che non sia solo sopravvivenza”.
Si è conclusa con gli ultimi interventi dei manifestanti la protesta popolare a Venaria Reale contro il G7 ambiente, clima ed energia in programma domani e martedì alla Reggia. Prima di concludere la manifestazione, gli organizzatori si sono dati appuntamento per domani sera alle 19 a Torino davanti a Palazzo. Nuovo per una nuova iniziativa di mobilitazione mentre Ultima Generazione ha annunciato per domattina a Venaria un’assemblea popolare in piazza.
Cronaca
Il Papa oggi a Venezia, le tappe della visita lampo
Il Pontefice alle detenute della Giudecca: "Vi ricorderò, non mollate". Poi gli incontri con gli artisti e i giovani e la messa a Piazza San Marco
Visita lampo di Papa Francesco oggi a Venezia. E' la prima volta di un Pontefice alla Biennale. Bergoglio è atterrato con l'elicottero alle 7.55 nel piazzale interno della Casa di Reclusione all’Isola della Giudecca. Ad accoglierlo Papa Francesco il Patriarca di Venezia, Mons. Francesco Moraglia, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il provveditore Rosella Santoro, la direttrice della struttura, Mariagrazia Felicita Bregoli e il comandante della Polizia penitenziaria, Lara Boco.
"Venezia sia accessibile a tutti"
"Se oggi guardiamo a questa città di Venezia, ammiriamo la sua incantevole bellezza, ma siamo anche preoccupati per le tante problematiche che la minacciano" ha osservato il Papa nel corso della messa in Piazza San Marco.
Bergoglio ha elencato i problemi che affliggono la città lagunare: “I cambiamenti climatici, che hanno un impatto sulle acque della Laguna e sul territorio; la fragilità delle costruzioni, dei beni culturali, ma anche quella delle persone; la difficoltà di creare un ambiente che sia a misura d’uomo attraverso un’adeguata gestione del turismo; e inoltre tutto ciò che queste realtà rischiano di generare in termini di relazioni sociali sfilacciate, di individualismo e solitudine”. Un passaggio applaudito dai 10mila fedeli in Piazza San Marco.
Bergoglio chiama in causa i cristiani: "E noi, che siamo tralci uniti alla vite, vigna del Dio che ha cura dell’umanità e ha creato il mondo come un giardino perché noi possiamo fiorirvi e farlo fiorire, come rispondiamo? Restando uniti a Cristo potremo portare i frutti del Vangelo dentro la realtà che abitiamo: frutti di giustizia e di pace, frutti di solidarietà e di cura vicendevole; scelte di attenzione per la salvaguardia del patrimonio ambientale ma anche di quello umano: abbiamo bisogno che le nostre comunità cristiane, i nostri quartieri, le città, diventino luoghi ospitali, accoglienti, inclusivi. E Venezia, che da sempre è luogo di incontro e di scambio culturale, è chiamata a essere segno di bellezza accessibile a tutti, a partire dagli ultimi, segno di fraternità e di cura per la nostra casa comune. Venezia che fa fratelli”.
L'incontro con le detenute
Bergoglio, sulla sedia a rotelle, ha salutato le detenute del carcere della Giudecca all’interno del quale è stato allestito il Padiglione della Santa Sede per la Biennale. “Vi ricorderò, non mollate”, è stato l’incoraggiamento. “Non isolare la dignità, dare nuove possibilità” a chi è recluso in carcere, ha detto nel corso della visita. “Care sorelle e fratelli, tutti siamo fratelli, nessuno può rinnegare l’altro. Ho desiderato incontrarvi all’inizio della mia visita a Venezia per dirvi che avete un posto speciale nel mio cuore - ha affermato - il carcere è una realtà dura, e problemi come il sovraffollamento, la carenza di strutture e di risorse, gli episodi di violenza, vi generano tanta sofferenza. Però può anche diventare un luogo di rinascita, morale e materiale, in cui la dignità di donne e uomini non è 'messa in isolamento', ma promossa attraverso il rispetto reciproco e la cura di talenti e capacità, magari rimaste sopite o imprigionate dalle vicende della vita, ma che possono riemergere per il bene di tutti e che meritano attenzione e fiducia. Nessuno toglie la dignità di una persona”.
“Non dimentichiamo che tutti abbiamo errori di cui farci perdonare e ferite da curare, io anche, e che tutti possiamo diventare guariti che portano guarigione, perdonati che portano perdono, rinati che portano rinascita”, è stato un altro dei passaggi del discorso.
L'incontro con gli artisti
Concluso l’incontro con le detenute, Bergoglio ha raggiunto la Chiesa della Maddalena (Cappella del Carcere). Qui l'incontro con gli artisti che hanno realizzato le loro opere per il Padiglione. Sia valorizzato adeguatamente il contributo delle donne nell’arte, è stato il mandato che il Papa ha affidato agli artisti: “Oggi abbiamo scelto di ritrovarci tutti insieme qui, nel carcere femminile della Giudecca. È vero che nessuno ha il monopolio del dolore umano. Ma ci sono una gioia e una sofferenza che si uniscono nel femminile in una forma unica e di cui dobbiamo metterci in ascolto, perché hanno qualcosa di importante da insegnarci. Penso ad artiste come Frida Khalo, Corita Kent o Louise Bourgeois e tante altre”.
I giovani e la messa in Piazza San Marco
E dopo avere incontrato le detenute e gli artisti, in motovedetta è arrivato alla Basilica della Salute per incontrare i giovani di Venezia e delle Diocesi del Veneto.
“Andate controcorrente. E insieme: il 'fai da te' nelle grandi cose non funziona. Per questo vi dico: non isolatevi, cercate gli altri, fate esperienza di Dio assieme, seguite cammini di gruppo senza stancarvi”, è stato il mandato che il Papa ha consegnato ai giovani. Bergoglio ha incoraggiato i giovani a creare: “Pensiamo al nostro Padre, che ha creato tutto per noi: e noi, suoi figli, per chi creiamo qualcosa di bello? La bellezza della gioventù quando diventa paternità e maternità. Pensate ai figli che avrete. Non siate professionisti del digitare compulsivo, ma creatori di novità! Siate creativi con gratuità, date vita a una sinfonia di gratuità in un mondo che cerca l’utile! Allora sarete rivoluzionari. Andate, donatevi senza paura! Alzati e vai!”.
Dopo aver rivolto ai presenti il suo discorso, il Papa, accompagnato da una delegazione di giovani, ha attraversato il ponte di barche che collega la Basilica della Salute con Piazza San Marco da dove ha presieduto la messa e il Regina Coeli.
In Piazza San Marco circa 10.500 fedeli secondo la stima del Vaticano. “Se oggi guardiamo a questa città di Venezia, ammiriamo la sua incantevole bellezza, ma siamo anche preoccupati per le tante problematiche che la minacciano”, ha osservato.
Bergoglio ha quindi elencato i problemi che affliggono la città lagunare: “I cambiamenti climatici, che hanno un impatto sulle acque della Laguna e sul territorio; la fragilità delle costruzioni, dei beni culturali, ma anche quella delle persone; la difficoltà di creare un ambiente che sia a misura d’uomo attraverso un’adeguata gestione del turismo; e inoltre tutto ciò che queste realtà rischiano di generare in termini di relazioni sociali sfilacciate, di individualismo e solitudine”.
Il ritorno in Vaticano
Papa Francesco, in elicottero, è tornato in Vaticano alle 14,40 e ha fatto rientro a Casa Santa Marta dopo la visita lampo a Venezia.
Zaia: "Con la sua visita ha portato un segnale di pace"
"È stato un privilegio oggi aver ricevuto la visita di papa Francesco a Venezia, la capitale del Veneto con i suoi 1.100 anni di storia e la meravigliosa Basilica di San Marco, simbolo di tutto ciò che rappresenta questa città". . Lo ha detto Luca Zaia, presidente della Regione del Veneto in occasione della visita a Venezia di Papa Francesco. "Con la sua visita pastorale il Papa ha portato un segnale di pace, invocandola non solo per il Medio Oriente e l'Ucraina, due terre segnate da pesanti conflitti, ma anche per tutte quelle zone del mondo, oltre una sessantina, in cui si continua a morire".
"Come diceva Hemingway, la guerra è il luogo dove gli uomini peggiori mandano a morire gli uomini migliori. Dobbiamo lavorare tutti per la pace. Qui in Veneto esiste una comunità dalle profonde radici cristiane, dove credenti e non credenti si riconoscono uniti da un carattere comune, la solidarietà. Basti pensare che un veneto su cinque, credente e non credente, è impegnato in attività di volontariato. Una regione, la nostra, che è non solo cosmopolita ma anche inclusiva, come ha auspicato il Papa. Un Pontefice - sottolinea - che ha sempre saputo parlare agli ultimi, con quella particolare attenzione che non siano lasciate indietro persone per scelte di vita o condizioni di disagio. Mi sono sentito particolarmente orgoglioso quando il Santo Padre ha definito Venezia una 'terra che fa fratelli': un riconoscimento a questa Regione che da sempre è un crocevia tra Oriente e Occidente, quindi luogo ideale per parlare di pace. A Papa Francesco un grande grazie e un arrivederci a Verona il prossimo 18 maggio”.
Il presidente della Regione Veneto ha voluto ricordare che "oltre all'Ucraina e alla crisi israelo-palestinese, nel mondo ci sono 60 guerre di cui non si parla mai e dobbiamo tutti lavorare per la pace". Ha sottolineato, inoltre, come le radici cristiane della regione siano alla base della dimensione solidale del Veneto "dove 1 veneto su 5 fa volontariato, a prescindere se sia credente o meno, secondo una prospettiva inclusiva e cosmopolita e anche il Veneto sta andando in questa direzione". Al presidente Zaia piace questo Papa che "parla agli ultimi, che è attento a che non ci siano persone lasciate indietro".