Esteri
Famiglia liberata in Mali, ecco tutti gli italiani rapiti...
Famiglia liberata in Mali, ecco tutti gli italiani rapiti nel Sahel
Prima di loro Luca Tacchetto e la compagna canadese Edith Blais, padre Pier Luigi Maccalli e Nicola Chiacchio
I tre ostaggi italiani liberati oggi - Rocco Langone, la moglie Maria Donata Caivano e il figlio Giovanni - sono gli ultimi di una serie di rapimenti che hanno coinvolto nostri connazionali nella regione del Sahel. Prima del loro sequestro, il 19 maggio 2022, erano stati presi in ostaggio il 31enne padovano Luca Tacchetto, il sacerdote di Cremona Pier Luigi Maccalli e il cicloturista campano Nicola Chiacchio, tenuti prigionieri per mesi da gruppi jihadisti vicini ad al Qaeda. Sono stati poi tutti liberati in Mali.
Luca Tacchetto e la compagna canadese Edith Blais, rapiti il 15 dicembre del 2018 mentre si trovavano in Burkina Faso, hanno ritrovato la libertà in Mali nel marzo del 2020, dopo 15 mesi di prigionia. I due sono riusciti a fuggire ai loro carcerieri la sera del 12 marzo, come racconterà Tacchetto ai pm di Roma e ai carabinieri del Ros. Rientrato in Italia il 15 marzo del 2020, il 31enne padovano ha spiegato che il sequestro era stato condotto da un gruppo che si autodefiniva jihadista vicino ad al Qaeda, che era stato trattato bene dai rapitori, mai minacciato con le armi.
Padre Pier Luigi Maccalli, sacerdote della Società delle Missioni Africane, è stato rapito il 17 settembre del 2018 a 150 chilometri dalla capitale del Niger Niamey. Verrà rilasciato il 9 ottobre del 2020 insieme al turista Nicola Chiacchio dopo due anni di prigionia e diversi passaggi a tre gruppi diversi della galassia jihadista che fa capo ad al-Qaeda. Mai minacciati di morte, i due racconteranno ai pm che i momenti più difficili sono quelli seguiti proprio alla fuga di Tacchetto e della compagna. ''Ci hanno tenuto per alcuni giorni incatenati agli alberi, ma poi la situazione si è tranquillizzata'', hanno spiegato.
Il turista campano Nicola Chiacchio è stato invece rapito in Mali il 4 febbraio del 2019 mentre stava effettuando un tour turistico in bicicletta. Ha confermato la versione del sacerdote e indicato tre diverse zone di prigionia, comprese le aree desertiche del Mali e la zona rocciosa a nord.
Mali, liberati i tre italiani sequestrati nel 2022
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Usa, Urbinati (Columbia): ”La rettrice ha scatenato...
La docente di Teoria politica difende la protesta pacifica degli studenti e sostiene il dialogo senza toni aggressivi in spazi dedicati. Occorre portare avanti una trattativa che permetta il ritorno alla normalità ed eviti un grave danno di immagine per il campus, sostiene.
E' stata una ''reazione folle'' quella della rettrice della Columbia University, Nemat Shafik, di chiamare la polizia per rimuovere la manifestazione studentesca contro Israele. ''Era una protesta pacifica, fatta a suon di rap con giochi, canti e balli'', ma lei ''l'ha trasformata in un inferno''. Per fortuna, anche grazie ''a un documento di appello al dialogo che ho firmato anche io'', ora ''il clima è molto cambiato'' e si è aperto ''un tavolo di trattativa e negoziazione tra i rappresentanti degli studenti, il corpo docente, i dipendenti e l'ammnistrazione dell'università''. L'obiettivo è quello di rientrare in un ''clima di trattativa per riportare la normalità'', altrimenti ''c'è il rischio che salti il semestre'', ma ''nessuno vuole che si arrivi a tanto, sarebbe un danno di immagine incredibile, una rovina enorme''. Nadia Urbinati, che dal 1996 insegna Teoria politica alla Columbia University di New York, racconta ad Adnkronos dall'interno le contestazioni. ''Si tratta di un accampamento pacifico, gli studenti sono molto più moderati della rettrice, ma sono stati trattati da criminali e questo non è possibile'', ha aggiunto Urbinati.
Lei stessa ha avuto contatti con gli studenti, ''hanno scritto un documento bellissimo e molto moderato rivolto alla rettrice che ho firmato insieme a colleghi del mio dipartimento. Un documento in cui chiedevano di tenere in considerazione il problema della violenza che si amplifica se si chiama la polizia''. Tra i suoi studenti, racconta, ''uno che aveva fatto con me un corso sulla retorica è stato arrestato ieri per uso sconsiderato del linguaggio. Ha detto che i sionisti dovrebbero sparire dalla faccia della terra... Ma a parte questo caso nessuno mio studente è stato sospeso o arrestato''. Sottolineando che ''il 20 per cento degli studenti della Columbia arrestati sono ebrei'', Urbinati racconta anche il caso di ''uno studente ebreo israeliano che ha chiesto di non venire in classe per non attraversare il campus in quanto si sente a disagio''. La sua richiesta è stata accolta, ''un caso eccezionale risolto permettendogli di seguire le lezioni tramite Zoom''.
Urbinati racconta poi che in questi giorni hanno visitato la protesta al campus ''il rappresentante repubblicano e quello democratico. Entrambi sono stati ottusamente arroganti. L'esponente repubblicano ha proposto di chiamare guardia nazionale, il che avrebbe riportato il campus a livelli raggiunti solo nel '68''. Secondo la politologa, quindi, è stata ''la rettrice che ha radicalizzato'' la manifestazione. Shafik, spiega Urbinati, ''è alla Columbia da nove mesi e si è dimostrata molto inadeguata. Viene dal mondo delle finanza e ha dimostrato totale incapacità di comprendere che qui non si tratta di dipendenti di una banca, ma di persone varie con le quali occorre entrare in contatto''. E invece, durante la protesta, ''la rettrice è rimasta sempre chiusa nel suo ufficio o nella sua casa. Non ha mai interagito con gli studenti''.
L'auspicio, ora, è che ''vengano messi a disposizione degli spazi, delle aule, dove poter proseguire il dibattito sulla guerra e sui rapporti con Israele''. Perché, prosegue Urbinati, ''se c'è libertà di insegnamento, se si studiano argomenti come la guerra e la pace, gli stati nazione, è evidente che ne esca un dibattito''. Anzi, aggiunge, ''ben venga il dialogo e la riflessione promossi dagli studenti, certo senza usare toni aggressivi''.
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Elezioni Usa, Biden prende in giro Trump: “Sono in...
Durante la cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca
''Sono un uomo adulto e sono in corsa contro un bambino di sei anni''. Così il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha preso il giro l'ex inquilino della Casa Bianca e suo rivale alle prossime elezioni americane Donald Trump. ''L'unica cosa che abbiamo in comune è l'età'', ha aggiunto Biden durante la cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca. Anche se, età anagrafica alla mano, Biden ha 81 anni contro i 77 di Trump. ''Le elezioni del 2024 sono in pieno svolgimento e sì, l'età è un argomento - ha detto Joe Biden - Sono un adulto che corre contro un bambino di sei anni''.
Molti gli ospiti illustri, giornalisti e celebrità presenti all'hotel Hilton di Washington mentre all'esterno un centinaio di manifestanti hanno scandito slogan contro la guerra di Israele nella Striscia di Gaza e sventolato una bandiera palestinese lunga diversi metri. Ma all'interno il conflitto in Medioriente non è stato al centro della scena, soppiantato appunto dalle battute sull'età dei candidati alla presidenza Usa.
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Re Carlo torna agli impegni pubblici, martedì la visita a...
Buckingham Palace: "Medici incoraggiati dai suoi progressi"
Buckingham Palace mette fine alle congetture sullo stato di salute di Re Carlo. Il sovrano, malato di cancro, da martedì riprenderà i suoi impegni pubblici. Con la regina Camilla si recherà in visita a un centro di cure per i tumori. "Il team medico di Sua Maestà - fa sapere una nota della Casa Reale - è molto incoraggiato dai progressi compiuti finora e rimane positivo quanto al continuo recupero del re".