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Attacco Usa contro Houthi con Tomahawk: cos’è il...
Attacco Usa contro Houthi con Tomahawk: cos’è il missile e come funziona
Sono il risultato di un processo di studio e progettazione iniziato addirittura negli anni '40 del secolo scorso. L'iter è decollato negli anni '70 e la fornitura alle forze armate degli Stati Uniti è iniziata ufficialmente nel 1983 con il coinvolgimento del contractor McConnell Douglas
I missili Tomahawk per colpire gli Houthi nello Yemen. Gli Stati Uniti, nell'attacco ordinato dal presidente Joe Biden contro le milizie che minacciano le navi commerciali nel Mar Rosso, hanno fatto ricorso ad un'arma collaudata e affidabile. I missili da crociera noti come Tomahawk sono il risultato di un processo di studio e progettazione iniziato addirittura negli anni '40 del secolo scorso. L'iter è decollato negli anni '70 e la fornitura alle forze armate degli Stati Uniti è iniziata ufficialmente nel 1983 con il coinvolgimento del contractor McConnell Douglas.
Secondo il progetto originario, i missili Tomahawk erano prodotti in 3 'versioni': un missile antinave armato con testate convenzionali e 2 missili per colpire obiettivi terrestri, con testate nucleari o convenzionali. Oggi, viene utilizzata solo quest'ultima versione, attualmente prodotta da Raytheon che ha perfezionato e potenziato l'idea iniziale.
Il Tomahawk Land Attack Missile (TLAM) oggi è un missile da crociera lungo circa 6,5 metri e pesa circa 1,5 tonnellate. Il lancio viene effettuato dai tradizionali tubi lanciasiluri presenti sui sottomarini o dai tubi verticali che caratterizzano i sottomarini più moderni. Il missile, una volta in aria, 'apre' due alette e raggiunge una velocità di circa 800 km orari, con la capacità di colpire obiettivi a 2500 km di distanza. La caratteristica del Tomahawk è la precisione garantita da una serie di sistemi correlati: l'impiego di Gps (integrato anche con satelliti), TERCOM (Terrain Contour Matching che sfrutta segnali radar) e DSMAC (Digital Scene-Matching Area Correlator che impiega immagini ottiche memorizzate) consente di modificare la traiettoria in volo e di centrare il bersaglio. La versione attuale, la Block IV Tactical Tomahawk, o TACTOM, dispone di un collegamento dati che consente anche di cambiare bersaglio durante il volo. Mentre si avvicina al suo obiettivo, il missile scende ad un'altitudine di 30-40 metri in preparazione all'impatto.
Il debutto dell'arma in un'operazione militare risale alla Guerra del Golfo nel 1991. Il 17 gennaio, la USS Paul F. Foster lanciò il primo Tomahawk. Nel corso dell'offensiva, ne vennero lanciati altri 300 circa da navi e sottomarini. L'efficacia del Tomahawk ha favorito la diffusione del missile, usato con frequenza nel decennio. Gli Usa hanno fatto ricorso all'arma oer colpire obiettivi in Iraq nel 1998 e successivamente nel 2003.
Il protocollo seguito dalla marina degli Stati Uniti dal 2020 prevede che i missili vengano ricertificati ed eventualmente modernizzati per approdare alla versione Block V. Come rende noto la Raytheon, le forze armate americane e i paesi alleati hanno testato in volo il Tomahawk 550 volte e lo hanno utilizzato in combattimento più di 2.300 volte.
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Usa, Urbinati (Columbia): ”La rettrice ha scatenato...
La docente di Teoria politica difende la protesta pacifica degli studenti e sostiene il dialogo senza toni aggressivi in spazi dedicati. Occorre portare avanti una trattativa che permetta il ritorno alla normalità ed eviti un grave danno di immagine per il campus, sostiene.
E' stata una ''reazione folle'' quella della rettrice della Columbia University, Nemat Shafik, di chiamare la polizia per rimuovere la manifestazione studentesca contro Israele. ''Era una protesta pacifica, fatta a suon di rap con giochi, canti e balli'', ma lei ''l'ha trasformata in un inferno''. Per fortuna, anche grazie ''a un documento di appello al dialogo che ho firmato anche io'', ora ''il clima è molto cambiato'' e si è aperto ''un tavolo di trattativa e negoziazione tra i rappresentanti degli studenti, il corpo docente, i dipendenti e l'ammnistrazione dell'università''. L'obiettivo è quello di rientrare in un ''clima di trattativa per riportare la normalità'', altrimenti ''c'è il rischio che salti il semestre'', ma ''nessuno vuole che si arrivi a tanto, sarebbe un danno di immagine incredibile, una rovina enorme''. Nadia Urbinati, che dal 1996 insegna Teoria politica alla Columbia University di New York, racconta ad Adnkronos dall'interno le contestazioni. ''Si tratta di un accampamento pacifico, gli studenti sono molto più moderati della rettrice, ma sono stati trattati da criminali e questo non è possibile'', ha aggiunto Urbinati.
Lei stessa ha avuto contatti con gli studenti, ''hanno scritto un documento bellissimo e molto moderato rivolto alla rettrice che ho firmato insieme a colleghi del mio dipartimento. Un documento in cui chiedevano di tenere in considerazione il problema della violenza che si amplifica se si chiama la polizia''. Tra i suoi studenti, racconta, ''uno che aveva fatto con me un corso sulla retorica è stato arrestato ieri per uso sconsiderato del linguaggio. Ha detto che i sionisti dovrebbero sparire dalla faccia della terra... Ma a parte questo caso nessuno mio studente è stato sospeso o arrestato''. Sottolineando che ''il 20 per cento degli studenti della Columbia arrestati sono ebrei'', Urbinati racconta anche il caso di ''uno studente ebreo israeliano che ha chiesto di non venire in classe per non attraversare il campus in quanto si sente a disagio''. La sua richiesta è stata accolta, ''un caso eccezionale risolto permettendogli di seguire le lezioni tramite Zoom''.
Urbinati racconta poi che in questi giorni hanno visitato la protesta al campus ''il rappresentante repubblicano e quello democratico. Entrambi sono stati ottusamente arroganti. L'esponente repubblicano ha proposto di chiamare guardia nazionale, il che avrebbe riportato il campus a livelli raggiunti solo nel '68''. Secondo la politologa, quindi, è stata ''la rettrice che ha radicalizzato'' la manifestazione. Shafik, spiega Urbinati, ''è alla Columbia da nove mesi e si è dimostrata molto inadeguata. Viene dal mondo delle finanza e ha dimostrato totale incapacità di comprendere che qui non si tratta di dipendenti di una banca, ma di persone varie con le quali occorre entrare in contatto''. E invece, durante la protesta, ''la rettrice è rimasta sempre chiusa nel suo ufficio o nella sua casa. Non ha mai interagito con gli studenti''.
L'auspicio, ora, è che ''vengano messi a disposizione degli spazi, delle aule, dove poter proseguire il dibattito sulla guerra e sui rapporti con Israele''. Perché, prosegue Urbinati, ''se c'è libertà di insegnamento, se si studiano argomenti come la guerra e la pace, gli stati nazione, è evidente che ne esca un dibattito''. Anzi, aggiunge, ''ben venga il dialogo e la riflessione promossi dagli studenti, certo senza usare toni aggressivi''.
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Elezioni Usa, Biden prende in giro Trump: “Sono in...
Durante la cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca
''Sono un uomo adulto e sono in corsa contro un bambino di sei anni''. Così il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha preso il giro l'ex inquilino della Casa Bianca e suo rivale alle prossime elezioni americane Donald Trump. ''L'unica cosa che abbiamo in comune è l'età'', ha aggiunto Biden durante la cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca. Anche se, età anagrafica alla mano, Biden ha 81 anni contro i 77 di Trump. ''Le elezioni del 2024 sono in pieno svolgimento e sì, l'età è un argomento - ha detto Joe Biden - Sono un adulto che corre contro un bambino di sei anni''.
Molti gli ospiti illustri, giornalisti e celebrità presenti all'hotel Hilton di Washington mentre all'esterno un centinaio di manifestanti hanno scandito slogan contro la guerra di Israele nella Striscia di Gaza e sventolato una bandiera palestinese lunga diversi metri. Ma all'interno il conflitto in Medioriente non è stato al centro della scena, soppiantato appunto dalle battute sull'età dei candidati alla presidenza Usa.
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Re Carlo torna agli impegni pubblici, martedì la visita a...
Buckingham Palace: "Medici incoraggiati dai suoi progressi"
Buckingham Palace mette fine alle congetture sullo stato di salute di Re Carlo. Il sovrano, malato di cancro, da martedì riprenderà i suoi impegni pubblici. Con la regina Camilla si recherà in visita a un centro di cure per i tumori. "Il team medico di Sua Maestà - fa sapere una nota della Casa Reale - è molto incoraggiato dai progressi compiuti finora e rimane positivo quanto al continuo recupero del re".