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Mantegna riscoperto, dipinto veneziano identico a quello in...
L'olio su tavola "Madonna col Bambino Gesù, San Giovanni Battista fanciullo e sei sante" ora esposto Villa Contarini a Piazzola sul Brenta
Un piccolo dipinto di fine Quattrocento con "l'impronta" di Andrea Mantegna (1431-1506), riscoperto di recente nei depositi del Museo Correr di Venezia, è stato oggetto di un complesso restauro, sostenuto dalla Fondazione G.E. Ghirardi Onlus, e ora viene restituito alla ammirazione del pubblico e alla possibilità di nuovi studi, approfondimenti e confronti.
L'olio su tavola dal titolo "Madonna col Bambino Gesù, San Giovanni Battista fanciullo e sei sante", datato al 1490-1495, già appartenuto alla favolosa collezione lasciata nel 1830 da Tedoro Correr alla Città di Venezia, è in mostra per la prima volta, da oggi 10 maggio al 27 ottobre 2024, a Villa Contarini - Fondazione G. E. Ghirardi a Piazzola sul Brenta (Padova), luogo natale di Andrea Mantegna. L'esposizione "L'impronta di Andrea Mantegna. Un dipinto riscoperto del Museo Correr di Venezia" permette di avvicinare un'opera misteriosa, pervasa dallo spirito delle grandi corti italiane del Rinascimento e che, soprattutto, reca la chiara il segno del celebre pittore padovano.
Il dipinto a tempera, olio e oro su tavola (cm 38x44,5) riemerso dai depositi del museo veneziano aveva urgente bisogno di un restauro, perchè alterato dal tempo e con successive ridipinture che ne impedivano leggibilità e valutazione. Sono così iniziati lo studio, l'indagine scientifica, anche con l'ausilio di sofisticate tecnologie e poi il delicatissimo restauro. Il primo dato intrigante è che la stessa, singolare, scena sacra tutta al femminile è pressoché identica a quella visibile di un dipinto oggi conservato nell''Isabella Stewart Gardner Museum di Boston (Usa), da sempre attribuito al grande Andrea Mantegna - ne reca la firma, anche se ritenuta non originale da alcuni studiosi - e già presente nelle celebri collezioni mantovane dei Gonzaga. Di tale somiglianza le indagini radiologiche e riflettografiche effettuate sul dipinto veneziano hanno dato chiara spiegazione tecnica, assolutamente inaspettata e sorprendente: il disegno, rilevato strumentalmente sotto al colore, delinea un tracciato pressoché perfettamente coincidente con il dipinto di Boston. Dunque, entrambi i dipinti sembrano essere stati realizzati a partire dallo stesso cartone, forato per trasferire a spolvero i punti guida del disegno sulle due tavole.
È conseguente ritenere che le due opere siano state realizzate dal medesimo atelier - indubbiamente quello mantovano di Andrea Mantegna - a breve distanza di tempo se non in contemporanea: due dipinti quasi del tutto identici, solo con qualche piccola ma significativa variante di dettaglio e colore. Altro dato essenziale emerso da analisi e restauro - ad aumentare ulteriormente il fascino del dipinto veneziano riscoperto - è che si tratta di un'opera incompiuta; ossia, dopo un accuratissimo processo creativo, certo lungo e faticoso, per una incognita ragione il pittore ha abbandonato l'opera ad un passo dal termine.
Ma i misteri non finiscono qui: le domande aperte riguardano anche chi ne fu il committente o, più verosimilmente, la committente (forse una illustre dama Gonzaga) e per quale contingente motivo avrebbe richiesto due dipinti uguali, per quali destinatari, quali significati celano l'attorniarsi alla Vergine e al Bambino Gesù di tante sante donne, alcune identificabili chiaramente, altre invece apparentemente anonime, ma vestite elegantemente alla moda di corte coeva al dipinto. E ancora: quale viaggio abbia fatto giungere in laguna il dipinto ora ritrovato, quali e quanti passaggi per finire nelle mani dell'insaziabile collezionista Teodoro Correr tra Sette e Ottocento.
La mostra "L'impronta di Andrea Mantegna", promosso da Fondazione Musei Civici di Venezia e Fondazione G. E. Ghirardi con il sostegno del Comune di Venezia e Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna, è l'occasione per rivelare al pubblico il misterioso, affascinantissimo dipinto e per tentare le prime risposte alle tante domande poste dalla sua particolarissima natura, materiale, artistica, iconografica. Infatti, accanto al dipinto, un ricco apparato didascalico, su pannelli e multimediale con monitor touch-screen, illustra al pubblico i dati più interessanti emersi dalle indagini e dal restauro, guidandoli nelle profondità della pittura.
Il visitatore potrà addentrarsi nelle prime ipotesi interpretative dei molteplici significati delle raffigurazioni: un affascinate percorso che, attorno alla corte mantovana dei Gonzaga, convoca alcune tra le più celebri figure del Rinascimento. Tra queste Isabella d'Este, tra le più probabili committenti per il singolare 'doppio dipinto', in momento storico - quello di fine Quattrocento - tra i più complessi difficili e nel contempo luminosi della storia d'Italia.
A Piazzola sul Brenta, il piccolo dipinto è offerto anche all'attenzione degli studiosi, che potranno tentare di scalfirne gli affascinanti segreti e, soprattutto, indagare la reale natura e misura della forte, personalissima ‘impronta’ che in esso ha lasciato il grande Mantegna: l'ideazione e il disegno, o anche l’esecuzione di sua mano? Anche in attesa di tali risposte, la mostra-dossier rappresenta l'epilogo del primo atto di una appassionante vicenda che unisce scoperta, indagine, studio, conservazione, restituzione, valorizzazione. Tutto ciò è la parte essenziale dal lavoro quotidiano e della missione della Fondazione Musei Civici di Venezia, che in questa specialissima occasione ha trovato il sostegno di Fondazione G. E. Ghirardi, una realtà mirata alla condivisione della conoscenza e valorizzazione della storia del territorio, del patrimonio artistico, culturale, sociale: scommettendo sul progetto, sostenendo il restauro e questa prima esposizione, ha permesso di far riemergere quello si riconosce come un vero gioiello nascosto. Un’opera ritrovata di straordinaria suggestione, che ha molto, molto da raccontare; iniziando da Piazzola, prima del suo rientro, nel mese di ottobre, nella sua casa veneziana del Museo Correr.
Il dipinto rappresenta il tema della Sacra Conversazione: la Madonna e il bambino Gesù in muto dialogo spirituale con San Giovanni Battista fanciullo e sei sante. Dal punto di vista strettamente iconografico, il soggetto sembra legarsi al tema figurativo fiammingo della Virgo inter virgines, vivo soprattutto nelle corti di Francia e Borgogna del secolo XV. Le figure - tutte e solo donne, ad eccezione dei due fanciulli - sono disposte a semicerchio, alcune sedute, altre inginocchiate su di un chiaro terreno, al limitare di un retrostante prato e con un profondo paesaggio aperto alle loro spalle. Una scoscesa quinta rocciosa bruno-scura è sulla sinistra, mentre al centro e verso destra serpeggia un largo fiume, oltre al quale più lontane e chiare quinte montuose fiancheggiano un dosso collinare punteggiato di piccoli alberi frondosi, sopra al quale si apre l'unico limitato spazio di cielo. Minuscole figure popolano il paesaggio: sulla cima del rilievo roccioso a sinistra si scorge San Girolamo eremita penitente con il leone; il fiume è guadato da San Cristoforo col piccolo Gesù sulle spalle; sulla opposta riva del fiume San Giorgio a cavallo combatte il drago; non lontane, pure sulla riva, vi sono minuscole figurine di uomini.
Delle sei sante, formanti l'insolito sacro gineceo, sono identificabili - le prime a sinistra della Madonna - Elisabetta, anziana e ammantata e Maria Maddalena, coi lunghi capelli biondi. Esse, come la santa Margherita a destra della Vergine, portano i panni all’antica della secolare tradizione figurativa cristiana. Invece, le altre tre ignote figure, una all’estrema destra, altre due verso il margine sinistro, vestono in ricchi ed elaborati abiti contemporanei e sfoggiano ricercate acconciature, secondo la moda delle corti italiane databile precisamente intorno al 1490. Possono esse alludere a ritratti di gentildonne realmente esistite, poste a impersonare sante o beate col loro stesso nome? Potrebbe tra esse celarsi la celebre Isabella d'Este, giunta a Mantova giovane sposa del marchese Francesco Gonzaga proprio nel 1490?
(di Paolo Martini)
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Libri: esce ‘A tavola con De Nittis Italien, peintre,...
Presentato a Milano in anteprima nazionale il libro "A tavola con De Nittis Italien, peintre, gourmet (e i suoi amici)" del giornalista e scrittore Nino Vinella, barlettano come il celebre artista, nella conferenza tenutasi in Palazzo Reale quale evento correlato alla mostra "De Nittis pittore della vita moderna" in svolgimento con successo di pubblico fino al 30 giugno.
Introdotto da Domenico Piraina, direttore cultura del Comune di Milano e di Palazzo Reale, l'incontro è stato salutato dagli interventi del presidente dell'Associazione regionale pugliesi Milano, Camillo de Milato, del presidente della Commissione Consiliare Cultura del Comune di Barletta, Ruggiero Fiorella, e del fiduciario per la Lombardia del Comitato italiano pro Canne della Battaglia ODV, Antonio Luzzio.
Moderatore lo studioso di tradizioni popolari Giuseppe Selvaggi, la presentazione dell'originale tematica denittisiana da parte dell'autore Nino Vinella (con la voce narrante di Edilberto Giannini e le incursioni teatrali in abiti Ottocento degli attori Alessandro Tacconi e Maria Carolina Nardino) si è rivolta ad un'attenta ed affollata platea di partecipanti.
Pennellate di vita artistica, divagazioni gastronomiche, atmosfere e suggestioni tra Italia, Francia e Inghilterra di metà e fine Ottocento. Così è stata raccontata la figura di De Nittis e della moglie Leontine attraverso le opere del celebre artista e di quelle serate del sabato che si svolgevano nella loro casa di Parigi, apprezzate da tutti per l’atmosfera informale, la vivacità della conversazione, la buona musica e il cibo davvero squisito, cucinato dal padrone di casa.
Oltre agli amici di sempre, come i due fratelli Goncourt, Desboutin, Daudet, Manet, Degas, Caillebotte, Claretie, passarono da quelle stanze gioiose personaggi come Oscar Wilde, Zola, Dumas figlio, Burty, Forain, Legros, Stevens, Tissot, la principessa Mathilde Bonaparte, Gustave Doré, Huysmans, Leconte de Lisle, Maupassant.
E poi, naturalmente, gli italiani di passaggio da Parigi. Tra tutti, Diego Martelli, il grande critico sostenitore dei Macchiaioli e appassionato degli Impressionisti, che ci ha lasciato una straordinaria descrizione di quella “casa di un parigino vero, di quei parigini che vengon magari battezzati a Barletta, ma che sono legittimi”.
A questa testimonianza vanno aggiunte altre, come quella entusiasta di Edmond de Goncourt che, nel suo celebre Journal, memorabile cronaca di quegli anni straordinari, ci ha restituito ogni momento di quelle cene “davvero incantevoli”, tra lo scintillare delle foukousas giapponesi, “che sono come delle macchie luminosissime e molto allegre sui muri” e il profumo della “grande piattata di maccheroni” che “cucina lui stesso, nella sua veste di napoletano.
De Nittis, fin dai suoi inizi a Napoli e durante la sua esperienza alla Scuola di Resina, si dedica alla pittura en plein air, praticata direttamente all’aperto anziché in studio. Questa pratica, nata nella metà dell’Ottocento, rappresenta una sfida alla tradizionale educazione accademica basata sulla lezione in aula, con la copia dei modelli e il lavoro in studio.
A Parigi, De Nittis stringe rapporti con artisti come Manet, Caillebotte e soprattutto Degas, con cui instaura una profonda amicizia basata su stima reciproca e ammirazione. È proprio Degas a invitarlo a partecipare alla prima mostra degli Impressionisti nel 1874, presso lo studio del fotografo Nadar, dove De Nittis presenta cinque opere, principalmente esempi di pittura en plein air, tra cui due vedute del Vesuvio.
La pittura all’aria aperta rappresenta il punto di incontro tra De Nittis e l’Impressionismo. La tavolozza si illumina con toni vividi, la pennellata diventa più libera e meno dettagliata, i volumi sono costruiti non attraverso il chiaroscuro, ma tramite il contrasto cromatico. Le composizioni si aprono e acquistano ariosità; gli intensi effetti di controluce, le trasparenze e le ombre colorate mostrano le continue ricerche sulla luce.
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Italia alla Buchmesse 2024, Mazza: “Il nostro fascino...
“È una grande e bella avventura, impegnativa, ma più bella che impegnativa"
'1988-2024, l’Italia a Francoforte: radici e futuro'. Questo il titolo del panel organizzato a SalTo da Italia Ospite d’Onore alla Fiera del Libro di Francoforte 2024. Un confronto tra passato e futuro sulla scia delle ‘Radici nel futuro’ scelte come motto della partecipazione italiana alla 76esima edizione della Buchmesse.
“È una grande e bella avventura, impegnativa, ma più bella che impegnativa – afferma Mauro Mazza, commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle attività connesse alla partecipazione dell'Italia alla Buchmesse – stiamo preparando la presentazione della nostra cultura, della nostra letteratura nel più grande contesto culturale del mondo, non soltanto d'Europa. A ottobre, dopo 36 anni, torniamo ospiti a Francoforte ed è bello immaginare che sì, siamo cambiati molto, ma il fascino che l'Italia esercitò sulla Germania e sull'Europa in quell'occasione può essere reiterato e rinnovato quest'anno, magari anche potenziato: perché le voci che presenteremo sono molte, così come le mostre e le nostre manifestazioni oltre la Buchmesse, oltre Francoforte, in tutta la Germania, che saranno davvero entusiasmanti – aggiunge il Commissario Mazza – Chiedo a tutti, con molta cortesia, di seguirci con curiosità, senza pregiudizi, perché potremo avere tutti insieme grandi e belle sorprese”.