Esteri
Gaza, Usa si allontanano da Israele: i 3 punti critici
Rafah, la crisi umanitaria nella Striscia e i nuovi insediamenti: tensione tra Biden e Netanyahu cresce
La forte opposizione degli Stati Uniti all'annunciata operazione militare israeliana a Rafah, ''fondamentale'' secondo Benjamin Netanyahu per eliminare Hamas, ma ad alto rischio per più di un milione di sfollati dal nord di Gaza che hanno trovato riparo nella città meridionale. La catastrofica situazione umanitaria nella Striscia di Gaza, esasperata dai paletti posti da Israele all'ingresso degli aiuti umanitari e all'operatività dell'Unrwa, l'Agenzia dell'Onu che si occupa di assistere i rifugiati palestinesi.
E poi, ancora, l'annuncio israeliano di voler costruire nuovi insediamenti in Cisgiordania, con il piano più grande dal 1993, dato tra l'altro proprio mentre il Segretario di Stato americano Antony Blinken era in visita in Israele e letto come una assoluta mancanza di rispetto. Sarebbero questi, scrive il Washington Post, i tre elementi chiave che hanno portato a un deterioramento dei rapporti tra Stati Uniti e Israele. O meglio, che hanno trasformato in ''un abisso'' quella che era una spaccatura sempre più profonda tra il presidente americano Joe Biden e il premier israeliano Benjamin Netanyahu.
Le conseguenze del gelo tra Biden e Netanyahu
Nella pratica, questo ''allontanamento chiaro degli Stati Uniti'', come ha scritto l'ufficio del premier israeliano in una nota, si è tradotto nell'astensione Usa, ovvero nella mancanza di veto sulla nuova risoluzione presentata al Consiglio di sicurezza Onu sul cessate il fuoco a Gaza. E che, proprio per la posizione americana dopo tre precedenti veti su altrettante risoluzioni, è stata approvata. Non senza un lavoro preliminare, dato che Washington è riuscita a far togliere il termine ''permanente'' dal cessate il fuoco richiesto, facendo così approvare un ''cessate il fuoco immediato'' fino alla fine del Ramadan. E chiedendo, allo stesso tempo, ''il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi, nonché la garanzia di accesso umanitario'' nella Striscia di Gaza.
Il presidente americano ''Biden ha fatto tutto quello che poteva per mesi per evitare uno scontro in pubblico'', ha spiegato al Washington Post Frank Lowenstein, un ex funzionario del Dipartimento di Stato Usa che ha contribuito a condurre i negoziati israelo-palestinesi nel 2014. Ma la posizione americana al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, già anticipata dagli Usa a Israele durante i colloqui del fine settimana, ''riflette un cambiamento molto serio nella posizione della Casa Bianca su come gestire gli israeliani durante il resto di questa guerra'', prosegue Lowenstein, secondo cui o ''gli israeliani faranno più attenzione adesso, oppure probabilmente gli Stati Uniti andranno avanti su questa strada''.
Il braccio di ferro
Nel fine settimana c'è stata un'altra prova di forza tra Biden e Netanyahu. Quest'ultimo ha deciso di impedire all'Unrwa di consegnare aiuti umanitari alla popolazione del nord della Striscia di Gaza. E le pressioni degli Stati Uniti non sono riuscite a convincere il premier israeliano a favorire il transito dei camion di aiuti dentro e attraverso la Striscia di Gaza. Tanto che Biden, alla fine, ha ordinato ai militari americani di lanciare aiuti alla popolazione dall'aria e di avviare le procedure per la costruzione di un molo galleggiante al largo della costa dell'enclave per consegnare aiuti via mare.
L'Amministrazione Biden, inoltre, è ''molto irritata dalle azioni aggressive di Israele e dei coloni in Cisgiordania'', sottolinea il Washington Post. Tanto che funzionari della Casa Bianca hanno riferito a Israele che la costruzione di nuovi insediamenti, illegali, radicalizzerebbe ulteriormente la popolazione palestinese allontanando la soluzione a due Stati.
Ma se le relazioni tra Stati Uniti e Israele potrebbero comunque resistere agli ultimi screzi, compresa la decisione di ritirare la delegazione israeliana in visita alla Casa Bianca, a essere ''particolarmente tesi sono i rapporti personali tra Biden e Netanyahu'', come spiega Mara Rudman, ex inviata per il Medio Oriente durante l'Amministrazione Obama. ''Le relazioni geopolitiche, così come anche le relazioni personali, attraversano momenti difficili, succede anche nei matrimoni migliori'', ha detto, sottolineando che ''gli Stati Uniti e Israele si trovano in questa situazione adesso''.
Rapporti con certo idilliaci con l'Amministrazione Usa, Netanyahu li aveva già avuti ai tempi di Barack Obama. La goccia che ha fatto traboccare il vaso era stata, anche quella volta, una risoluzione al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Allora Gaza non c'entrava, ma gli insediamenti sì. In particolare, alla fine del 2016 gli Stati Uniti si sono astenuti dal votare una risoluzione che condannava gli insediamenti israeliani.
Inoltre l'anno precedente Netanyahu si era recato al Congresso Usa per tenere un discorso e qui aveva criticato l'accordo sul nucleare che Obama aveva proposto all'Iran. Una violazione del protocollo che aveva lasciato i funzionari della Casa Bianca a bocca aperta. Si pensava che con Biden sarebbe stato diverso e così è sembrato all'inizio, ma ora è molto forte la pressione internazionale e di politica interna perché rompa i rapporti con Netanyahu e il suo governo di estrema destra.
Esteri
Usa, Urbinati (Columbia): ”La rettrice ha scatenato...
La docente di Teoria politica difende la protesta pacifica degli studenti e sostiene il dialogo senza toni aggressivi in spazi dedicati. Occorre portare avanti una trattativa che permetta il ritorno alla normalità ed eviti un grave danno di immagine per il campus, sostiene.
E' stata una ''reazione folle'' quella della rettrice della Columbia University, Nemat Shafik, di chiamare la polizia per rimuovere la manifestazione studentesca contro Israele. ''Era una protesta pacifica, fatta a suon di rap con giochi, canti e balli'', ma lei ''l'ha trasformata in un inferno''. Per fortuna, anche grazie ''a un documento di appello al dialogo che ho firmato anche io'', ora ''il clima è molto cambiato'' e si è aperto ''un tavolo di trattativa e negoziazione tra i rappresentanti degli studenti, il corpo docente, i dipendenti e l'ammnistrazione dell'università''. L'obiettivo è quello di rientrare in un ''clima di trattativa per riportare la normalità'', altrimenti ''c'è il rischio che salti il semestre'', ma ''nessuno vuole che si arrivi a tanto, sarebbe un danno di immagine incredibile, una rovina enorme''. Nadia Urbinati, che dal 1996 insegna Teoria politica alla Columbia University di New York, racconta ad Adnkronos dall'interno le contestazioni. ''Si tratta di un accampamento pacifico, gli studenti sono molto più moderati della rettrice, ma sono stati trattati da criminali e questo non è possibile'', ha aggiunto Urbinati.
Lei stessa ha avuto contatti con gli studenti, ''hanno scritto un documento bellissimo e molto moderato rivolto alla rettrice che ho firmato insieme a colleghi del mio dipartimento. Un documento in cui chiedevano di tenere in considerazione il problema della violenza che si amplifica se si chiama la polizia''. Tra i suoi studenti, racconta, ''uno che aveva fatto con me un corso sulla retorica è stato arrestato ieri per uso sconsiderato del linguaggio. Ha detto che i sionisti dovrebbero sparire dalla faccia della terra... Ma a parte questo caso nessuno mio studente è stato sospeso o arrestato''. Sottolineando che ''il 20 per cento degli studenti della Columbia arrestati sono ebrei'', Urbinati racconta anche il caso di ''uno studente ebreo israeliano che ha chiesto di non venire in classe per non attraversare il campus in quanto si sente a disagio''. La sua richiesta è stata accolta, ''un caso eccezionale risolto permettendogli di seguire le lezioni tramite Zoom''.
Urbinati racconta poi che in questi giorni hanno visitato la protesta al campus ''il rappresentante repubblicano e quello democratico. Entrambi sono stati ottusamente arroganti. L'esponente repubblicano ha proposto di chiamare guardia nazionale, il che avrebbe riportato il campus a livelli raggiunti solo nel '68''. Secondo la politologa, quindi, è stata ''la rettrice che ha radicalizzato'' la manifestazione. Shafik, spiega Urbinati, ''è alla Columbia da nove mesi e si è dimostrata molto inadeguata. Viene dal mondo delle finanza e ha dimostrato totale incapacità di comprendere che qui non si tratta di dipendenti di una banca, ma di persone varie con le quali occorre entrare in contatto''. E invece, durante la protesta, ''la rettrice è rimasta sempre chiusa nel suo ufficio o nella sua casa. Non ha mai interagito con gli studenti''.
L'auspicio, ora, è che ''vengano messi a disposizione degli spazi, delle aule, dove poter proseguire il dibattito sulla guerra e sui rapporti con Israele''. Perché, prosegue Urbinati, ''se c'è libertà di insegnamento, se si studiano argomenti come la guerra e la pace, gli stati nazione, è evidente che ne esca un dibattito''. Anzi, aggiunge, ''ben venga il dialogo e la riflessione promossi dagli studenti, certo senza usare toni aggressivi''.
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Elezioni Usa, Biden prende in giro Trump: “Sono in...
Durante la cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca
''Sono un uomo adulto e sono in corsa contro un bambino di sei anni''. Così il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha preso il giro l'ex inquilino della Casa Bianca e suo rivale alle prossime elezioni americane Donald Trump. ''L'unica cosa che abbiamo in comune è l'età'', ha aggiunto Biden durante la cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca. Anche se, età anagrafica alla mano, Biden ha 81 anni contro i 77 di Trump. ''Le elezioni del 2024 sono in pieno svolgimento e sì, l'età è un argomento - ha detto Joe Biden - Sono un adulto che corre contro un bambino di sei anni''.
Molti gli ospiti illustri, giornalisti e celebrità presenti all'hotel Hilton di Washington mentre all'esterno un centinaio di manifestanti hanno scandito slogan contro la guerra di Israele nella Striscia di Gaza e sventolato una bandiera palestinese lunga diversi metri. Ma all'interno il conflitto in Medioriente non è stato al centro della scena, soppiantato appunto dalle battute sull'età dei candidati alla presidenza Usa.
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Re Carlo torna agli impegni pubblici, martedì la visita a...
Buckingham Palace: "Medici incoraggiati dai suoi progressi"
Buckingham Palace mette fine alle congetture sullo stato di salute di Re Carlo. Il sovrano, malato di cancro, da martedì riprenderà i suoi impegni pubblici. Con la regina Camilla si recherà in visita a un centro di cure per i tumori. "Il team medico di Sua Maestà - fa sapere una nota della Casa Reale - è molto incoraggiato dai progressi compiuti finora e rimane positivo quanto al continuo recupero del re".