Esteri
Gaza, “ad al-Aqsa bimbi malnutriti, straziante...
Gaza, “ad al-Aqsa bimbi malnutriti, straziante scegliere a chi dare letto”
Chris Lockyear, Segretario generale di Medici Senza Frontiere (Msf), descrive ad Adnkronos quello che ha visto entrando nell'ospedale nel centro della Striscia
''Tre, quattro bambini per letto d'ospedale''. E sono ''bambini malnutriti'', ricoverati fianco a fianco con ''pazienti che hanno subito un trauma'', ovvero ''ferite d'arma da fuoco, ferite da schegge''. Davanti a loro medici costretti a prendere ''decisioni davvero strazianti'', ovvero se ''dare un letto a un bambino malnutrito o a un paziente che ha subito un trauma''. Così Chris Lockyear, Segretario generale di Medici Senza Frontiere (Msf), descrive ad Adnkronos quello che ha visto entrando nell'ospedale di al-Aqsa, nel centro della Striscia di Gaza, la cosiddetta 'Middle area'. Si tratta di uno scenario che ''non avevo mai visto prima in un ospedale'', racconta, ''è un crocevia di una valanga di bisogni che necessitano tutti di cure e sostegno urgenti''.
''L'impatto che si vede maggiormente di questa guerra sono ovviamente le ferite da arma da fuoco, le ferite da schegge, ma la malnutrizione è una delle conseguenze inevitabili dell'assedio di Gaza e il bombardamento subito negli ultimi cinque mesi'', prosegue Lockyear. Ed è ''un numero crescente'' quello dei ''casi di malnutrizione che stiamo riscontrando''. Entrato nelle scorse ore nell'enclave palestinese, dopo aver denunciato un mese fa al Consiglio di sicurezza dell'Onu che a Gaza ''non esiste più un sistema sanitario'', Lockyear parla anche di ''trauma psicologico inevitabile''.
Descrivendo il ''sovraffollamento'' che ha visto ''nell'ospedale di al-Aqsa, ci sono persone ovunque, pazienti convalescenti nei corridoi in attesa di essere sottoposti a interventi chirurgici o di essere medicati'', il Segretario generale di Msf afferma che ''quello che stiamo vedendo nell'ospedale di al-Aqsa, sono sicuro, è quello che accade anche nelle poche altre strutture sanitarie rimaste a Gaza''. Insomma, ''la pressione sull'ospedale di al-Aqsa è atroce'' ed entrando ''nell'obitorio ci sono corpi ovunque''.
Lo scorso 6 gennaio il personale di Medici senza frontiere è stato costretto a evacuare l'ospedale di al-Aqsa a causa dei combattimenti tutt'intorno e degli ordini di evacuazione diffusi da Israele che rendevano inaccessibile la farmacia dell'organizzazione. Tre operatori supportati da Msf sono però rimasti sul posto, decidendo di lavorare in modo autonomo. Il 6 febbraio, l'equipe di Msf è però riuscita a tornare ad al-Aqsa e ha preparato i locali per un pieno ripristino delle attività precedenti.
Il 7 febbraio sono riprese le cure per le persone ferite e le attività di riabilitazione. Da allora l'equipe di Msf è in grado di condurre interventi di chirurgia ortopedica e ricostruttiva, la cura avanzata delle ferite, la cura delle ferite postoperatorie, fisioterapia, promozione della salute e supporto per la salute mentale. Ristabilito anche l'accesso al punto vendita della farmacia.
Tra il 7 febbraio e il 7 marzo, spiega il portavoce di Msf in una nota, sono state eseguite in totale 2.498 medicazioni per ferite. L'83 per cento di queste ferite, precisa, riguardano traumi legati alla guerra.
Esteri
Usa, Urbinati (Columbia): ”La rettrice ha scatenato...
La docente di Teoria politica difende la protesta pacifica degli studenti e sostiene il dialogo senza toni aggressivi in spazi dedicati. Occorre portare avanti una trattativa che permetta il ritorno alla normalità ed eviti un grave danno di immagine per il campus, sostiene.
E' stata una ''reazione folle'' quella della rettrice della Columbia University, Nemat Shafik, di chiamare la polizia per rimuovere la manifestazione studentesca contro Israele. ''Era una protesta pacifica, fatta a suon di rap con giochi, canti e balli'', ma lei ''l'ha trasformata in un inferno''. Per fortuna, anche grazie ''a un documento di appello al dialogo che ho firmato anche io'', ora ''il clima è molto cambiato'' e si è aperto ''un tavolo di trattativa e negoziazione tra i rappresentanti degli studenti, il corpo docente, i dipendenti e l'ammnistrazione dell'università''. L'obiettivo è quello di rientrare in un ''clima di trattativa per riportare la normalità'', altrimenti ''c'è il rischio che salti il semestre'', ma ''nessuno vuole che si arrivi a tanto, sarebbe un danno di immagine incredibile, una rovina enorme''. Nadia Urbinati, che dal 1996 insegna Teoria politica alla Columbia University di New York, racconta ad Adnkronos dall'interno le contestazioni. ''Si tratta di un accampamento pacifico, gli studenti sono molto più moderati della rettrice, ma sono stati trattati da criminali e questo non è possibile'', ha aggiunto Urbinati.
Lei stessa ha avuto contatti con gli studenti, ''hanno scritto un documento bellissimo e molto moderato rivolto alla rettrice che ho firmato insieme a colleghi del mio dipartimento. Un documento in cui chiedevano di tenere in considerazione il problema della violenza che si amplifica se si chiama la polizia''. Tra i suoi studenti, racconta, ''uno che aveva fatto con me un corso sulla retorica è stato arrestato ieri per uso sconsiderato del linguaggio. Ha detto che i sionisti dovrebbero sparire dalla faccia della terra... Ma a parte questo caso nessuno mio studente è stato sospeso o arrestato''. Sottolineando che ''il 20 per cento degli studenti della Columbia arrestati sono ebrei'', Urbinati racconta anche il caso di ''uno studente ebreo israeliano che ha chiesto di non venire in classe per non attraversare il campus in quanto si sente a disagio''. La sua richiesta è stata accolta, ''un caso eccezionale risolto permettendogli di seguire le lezioni tramite Zoom''.
Urbinati racconta poi che in questi giorni hanno visitato la protesta al campus ''il rappresentante repubblicano e quello democratico. Entrambi sono stati ottusamente arroganti. L'esponente repubblicano ha proposto di chiamare guardia nazionale, il che avrebbe riportato il campus a livelli raggiunti solo nel '68''. Secondo la politologa, quindi, è stata ''la rettrice che ha radicalizzato'' la manifestazione. Shafik, spiega Urbinati, ''è alla Columbia da nove mesi e si è dimostrata molto inadeguata. Viene dal mondo delle finanza e ha dimostrato totale incapacità di comprendere che qui non si tratta di dipendenti di una banca, ma di persone varie con le quali occorre entrare in contatto''. E invece, durante la protesta, ''la rettrice è rimasta sempre chiusa nel suo ufficio o nella sua casa. Non ha mai interagito con gli studenti''.
L'auspicio, ora, è che ''vengano messi a disposizione degli spazi, delle aule, dove poter proseguire il dibattito sulla guerra e sui rapporti con Israele''. Perché, prosegue Urbinati, ''se c'è libertà di insegnamento, se si studiano argomenti come la guerra e la pace, gli stati nazione, è evidente che ne esca un dibattito''. Anzi, aggiunge, ''ben venga il dialogo e la riflessione promossi dagli studenti, certo senza usare toni aggressivi''.
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Elezioni Usa, Biden prende in giro Trump: “Sono in...
Durante la cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca
''Sono un uomo adulto e sono in corsa contro un bambino di sei anni''. Così il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha preso il giro l'ex inquilino della Casa Bianca e suo rivale alle prossime elezioni americane Donald Trump. ''L'unica cosa che abbiamo in comune è l'età'', ha aggiunto Biden durante la cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca. Anche se, età anagrafica alla mano, Biden ha 81 anni contro i 77 di Trump. ''Le elezioni del 2024 sono in pieno svolgimento e sì, l'età è un argomento - ha detto Joe Biden - Sono un adulto che corre contro un bambino di sei anni''.
Molti gli ospiti illustri, giornalisti e celebrità presenti all'hotel Hilton di Washington mentre all'esterno un centinaio di manifestanti hanno scandito slogan contro la guerra di Israele nella Striscia di Gaza e sventolato una bandiera palestinese lunga diversi metri. Ma all'interno il conflitto in Medioriente non è stato al centro della scena, soppiantato appunto dalle battute sull'età dei candidati alla presidenza Usa.
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Re Carlo torna agli impegni pubblici, martedì la visita a...
Buckingham Palace: "Medici incoraggiati dai suoi progressi"
Buckingham Palace mette fine alle congetture sullo stato di salute di Re Carlo. Il sovrano, malato di cancro, da martedì riprenderà i suoi impegni pubblici. Con la regina Camilla si recherà in visita a un centro di cure per i tumori. "Il team medico di Sua Maestà - fa sapere una nota della Casa Reale - è molto incoraggiato dai progressi compiuti finora e rimane positivo quanto al continuo recupero del re".