Economia
Bitcoin, cosa c’è dietro la corsa: i fondamentali per...
Bitcoin, cosa c’è dietro la corsa: i fondamentali per stare sul mercato
Il Promemoria di Mauro Masi per Adnkronos
Bitcoin. Pochi giorni fa il bitcoin ha fissato un nuovo record quotando oltre 72.660 dollari (oggi vale intorno a 68.200) con un incremento di circa il 70% dall’inizio dell’anno. Questo trend non è in sé sorprendente perchè tutti gli asset in questo periodo stanno incrementando il loro valore, dalle azioni all’oro, ma bitcoin sta performando molto meglio degli altri. E ciò per vari motivi di cui il principale sembra essere l’approvazione, lo scorso gennaio, da parte della SEC (la Consob statunitense) di autorizzare 11 ETF (Exchange Traded Funds; fondi di investimento quotati) basati sull’andamento di bitcoin. Le richieste per gli ETF venivano da autorevoli società di investimento ad iniziare dalla prima al mondo, Blachrock e da Fidelity. La domanda per questa ETF è stata notevolissima, superiore alle più rosee aspettative, tant’è che in meno di un mese hanno raccolto quasi 10 miliardi di dollari. Tutto ciò ha generato un clima di fiducia nella criptovaluta la cui reputation, in realtà, è stata nel tempo piuttosto altalenante.
Bitcoin è, come noto, uno strumento di scambio usato su Internet con alcune caratteristiche che lo approssimano appunto ad una valuta. E’ stato creato 14 anni fa da Satoschi Sakamoto, uno pseudonimo che nasconde forse una pluralità di persone (anche se l’imprenditore australiano Craig Steven Wright ha annunciato di esserne l’ideatore portando peraltro prove cui molti non credono). Lo sviluppo del Bitcoin è molto dovuto alla bontà della tecnologia che lo sostiene in particolare al sistema Blockchain. Quest’ultimo è un data base distribuito che sfrutta la tecnologia “peer to peer” ed è disponibile a tutti i navigatori della Rete; nella sostanza è un libro contabile che registra tutte le transazioni fatte in Bitcoin dal 2009 in poi.
Le transazioni sono rese possibili dall’approvazione del 50% + 1 di coloro i quali attivano Blockchain e che così diventano nodi della catena (chain). Quest’ultima si presenta come una serie di blocchi che memorizzano blocchi di transazioni recenti correlate ad un marcatore temporale, ogni blocco include i riferimenti (hash) del blocco precedente in modo da collegarsi appunto come una catena. Il tutto crea un sistema di verifica aperto che non ha bisogno di nessun benestare ”esterno” per far funzionare la transazione. Questo sistema si sta mostrando molto efficace tant’è che può essere utilizzato anche in ambiti diversi da Bitcoin. Può ad esempio garantire il corretto scambio di titoli, di azioni ma può addirittura sostituire gli atti notarili in quanto la certificazione dell’atto (la transazione) è garantita dalla maggioranza (50% + 1) dei “nodi” che partecipano anonimamente alla catena.
C’è poi da aggiungere che la tecnologia sottesa al protocollo Bitcoin ha avuto, più di recente, un importante upgrade denominato ”Segregated Witness” che ha corretto dei bug architetturali rendendolo molto più sicuro cosa che ha portato benefici anche alla tecnologia Blockchain. Insomma Bitcoin sta dimostrando di non essere solo il prodotto di una bolla speculativa (come molti sostengono, compresi i premi Nobel Krugman e Stiglitz) ma di avere i “fondamentali” per stare sul mercato e per poterci restare.
Elon Musk. Ha reso noto che a brevissimo renderà “open-source” (aperto a tutti) il suo chatbot di intelligenza artificiale, Grok; mossa questa in aperta contestazione di Open AI e della sua ormai famosa Chat Gpt. Musk da tempo sostiene che Open AI ha completamente distorto la sua missione originaria (di cui lui fu uno dei principali finanziatori) che era quella di far si che i sistemi di IA fossero aperti a tutti e tutti ne potessero trarre vantaggio. Ora, secondo Musk, Opei AI non è più una fondazione no profit ma “una filiale di fatto della più grande azienda tecnologica del mondo, Microsoft”. Proprio per questo Musk ha anche citato in giudizio Open AI per essersi ormai trasformata, a suo dire illecitamente, in una società a fini di lucro.
Boxe. Mike Tyson a 58 anni ha deciso di tornare sul ring; lo farà il prossimo 20 luglio in Texas in un incontro che ha molto a che fare con Internet. Incontrerà infatti il 27 enne Jake Paul diventato boxeur da pochi anni dopo essere stato (ed essere tutt’ora, in verità) un quotato “media influencer”, il mach inoltre, sarà interamente trasmesso in streaming su Netflix che è anche il principale sponsor dell’evento. Un segnale del crescente interesse della piattaforma verso lo sport live dopo essersi assicurata i diritti per lo streaming per gli spettacoli della World Wrestling Entertaiment’s in particolare del seguitissimo show settimanale “Raw”. Per gli amanti della boxe – ammesso che il match sia autentico e non solo uno spettacolo costruito ad arte – sarà interessante vedere la tecnica e il mestiere del quasi sessantenne Iron Mike contro un giovane che a parità di età sarebbe durato con lui solo pochi secondi. (Di Mauro Masi)
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Ita-Lufthansa, rinvio in vista: l’Ue attende nuove...
Bruxelles teme che con il matrimonio tra le compagnie venga ridotta la concorrenza
Sulla questione Ita Airways e Lufthansa la Commissione europea attende nuove proposte sul taglio delle rotte con un probabile rinvio della decisione a metà giugno. Per l'acquisto del 41% di Ita il gruppo tedesco vuole investire 325 milioni ma Bruxelles teme che con il matrimonio tra le compagnie venga ridotta la concorrenza.
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Webuild, bilancio e nuovo Cda lanciano titolo in Borsa...
Giornata particolarmente brillante in Borsa per Webuild che, dopo l'approvazione del bilancio 2023 e la nomina del nuovo Consiglio di amministrazione, che ha riconfermato Pietro Salini come amministratore delegato, chiude la seduta odierna di scambi in deciso rialzo: il titolo balza a quota +5,17% attestandosi a 2,27 euro per azione.
L'assemblea degli azionisti della società, riunitasi questa mattina, ha approvato anche la distribuzione di un dividendo per un importo pari a 0,071 euro per ciascuna azione ordinaria ed 0,824 euro per ciascuna azione di risparmio esistente ed avente diritto al dividendo alla data di stacco della cedola.
Quanto al nuovo cda, composto da 15 membri, vede Gian Luca Gregori con funzioni di presidente, oltre a Davide Croff, Moroello Diaz della Vittoria Pallavicini, Paola Fandella, Francesca Fonzi, Flavia Mazzarella, Itzik Michael Meghnagi, Francesco Renato Mele, Teresa Naddeo, Alessandro Salini, Pietro Salini, Serena Torielli, Michele Valensise, Laura Zanetti e Francesco Chiappetta.
Economia
Università, Free Academy: “Atenei tradizionali e...
Benché l’Italia abbia un bassissimo numero di laureati (in Europa unicamente la Romania ha risultati peggiori), all’interno del bilancio pubblico il comparto universitario pesa in maniera significativa. Secondo l’ultimo rapporto dell’Anvur, il Fondo per il finanziamento ordinario (Ffo) delle università ammonta a 9,205 miliardi di euro, che vanno a coprire più dei 2/3 delle necessità delle università statali. Di questa somma, soltanto lo 0,73% (68 milioni di euro) è destinato alle università non statali, sia tradizionali sia telematiche.
A giudizio di Aurelio Mustacciuoli, responsabile Studi e Ricerche di Free Academy, “limitandoci a considerare l’Ffo lo studente di un’università statale ogni anno costa al contribuente ben 5.701 euro, mentre di media uno studente delle università private costa 195 euro. Se poi si considerano le università telematiche (lasciando quindi da parte gli atenei privati tradizionali: la Bocconi di Milano, la Luiss di Roma ecc.) le risorse che lo Stato destina alle università online ammontano a soli 2,8 milioni”. Questo significa che uno studente universitario telematico grava sullo Stato per la risibile cifra di 12,5 euro: lo 0,21% di quanto costa in media uno studente dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, della Sapienza di Roma o della Federico II di Napoli.
Non basta. La maggior parte delle università telematiche sono fondazioni, ma alcune di loro – quelle più 'sotto attacco' da parte dei difensori dello status quo – sono società di capitali e quindi ogni anno versano somme considerevoli all’erario. Sempre ad avviso di Mustacciuoli, “considerando unicamente il gruppo universitario Multiversity (che è controllato dal fondo Cvc Capital Partners e che include Unipegaso, Mercatorum e San Raffaele Roma) nel 2022 per le sole imposte dirette è stato registrato un esborso di 43 milioni di euro: il che significa che soltanto questi tre atenei online danno allo Stato ben 15 volte quanto tutte le università telematiche nel loro insieme ottengono in forma di Ffo”. Quindi vi sono ben 5050 studenti italiani delle università pubbliche che possono studiare grazie alle entrate fiscali garantite dal gruppo Multiversity.
Da questo punto di vista, una crescita degli atenei privati telematici – la cui retta è mediamente assai inferiore al costo che ogni studente comporta per le casse statali – condurrebbe non soltanto a un minor costo complessivo per ogni studente, ma aiuterebbe anche a ridurre l’esorbitante prelievo fiscale che grava sulle imprese, sulle famiglie e sui lavoratori.
In conclusione, secondo Mustacciuoli, “alla luce dei dati sopra riportati è chiaro che lo studente tradizionale costa allo Stato ben 5.701 euro soltanto per l’Ffo, mentre ognuno degli oltre 144 mila studenti di Unipegaso, Mercatorum e San Raffaele Roma (a.a. 2022-23) porta alle casse statali 331 euro. Si tratta di cifre che devono far riflettere”.