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Shalabayeva, Cassazione: ”Anomalie in gestione vicenda, non dimostrata insussistenza sequestro persona”
Le motivazioni della sentenza che lo scorso ottobre ha annullato le assoluzioni di Renato Cortese, Maurizio Improta e altri tre poliziotti disponendo un Appello Bis
''Vero punto critico della tenuta logica della sentenza impugnata risiede nel fatto che la dimostrazione della condotta decettiva tenuta ostinatamente dalla Shalabayeva, secondo l'assunto della Corte di merito, non dimostra, tuttavia, l'insussistenza del reato di sequestro di persona ascritto agli imputati’’. E’ quanto si legge nelle motivazioni della sentenza, depositate oggi, con cui i giudici della Cassazione lo scorso ottobre hanno annullato le assoluzioni di Renato Cortese, Maurizio Improta, Francesco Stampacchia, Luca Armeni e Vincenzo Tramma nel processo sull'espulsione di Alma Shalabayeva e di sua figlia Alua avvenuta a Roma dieci anni fa, nel 2013. Una sentenza con la quale i supremi giudici della Quinta Sezione Penale avevano accolto il ricorso della procura generale di Perugia, come sollecitato dalla procura generale della Cassazione, e disposto un nuovo processo davanti alla Corte di Appello di Firenze. In secondo grado, il 9 giugno 2022, i giudici perugini avevano assolto tutti gli imputati “perché il fatto non sussiste” dall’accusa di sequestro di persona, ribaltando il verdetto di primo grado che li aveva condannati.
''L'impasse logico in cui è caduta la sentenza’’ pronunciata dalla Corte di Appello ''è stato quello, una volta ritenuta l'inattendibilità delle deposizioni testimoniali della Shalabayeva, dei suoi familiari e conviventi, nonché dei suoi legali, di ritenere, in tal modo, definitivamente confutata la tesi accusatoria accolta dal primo Giudice; in realtà – scrivono i supremi giudici - la sentenza impugnata non è riuscita in alcun modo a spiegare in che modo la scelta difensiva della Shalabayeva di non ammettere la sua reale identità abbia determinato le anomalie oggettivamente emerse nella gestione della vicenda, tra le righe della motivazione ammesse anche dalla Corte di merito, posto che ben chiara, sin dall'inizio delle operazioni era l'identità della donna’’.
In un altro passaggio della sentenza, si sottolinea: ‘’che organi istituzionali di uno Stato, anche nel contesto di una democrazia parlamentare, possano concludere accordi di tipo riservato con funzionari esponenti di organismi e/o settori di altri Stati, e, come tali, non istituzionalmente ostensibili né manifestabili alla pubblica opinione, appare di tutta evidenza. Le tipologie possibili dell'agire, da parte di settori istituzionali, anche attraverso canali riservati e quali che ne siano le modalità, appartengono alla sfera di scelte, appunto, di tipo esclusivamente politico, la cui discrezionalità certamente non è sindacabile in sede giurisdizionale. Diverso, ovviamente – scrivono i giudici nelle 21 pagine di motivazione - rispetto a tale piano puramente discrezionale, valutabile solo nell'ottica di una responsabilità politica, si colloca quello della possibilità che, in esecuzione ed attuazione di tali scelte, coloro che sono chiamati a realizzarle in concreto, attuando le superiori direttive, possano scegliere delle modalità operative suscettibili di integrare fatti penalmente rilevanti; l'esecuzione di condotte penalmente illecite, ovviamente, non può essere scriminata né qiustificata dalla scelta politica discrezionale ed insindacabile, se non a livello politico, appunto, che costituisce il motivo della condotta stessa’’.
‘’Il che significa che, nel caso di specie, al di fuori di elementi dimostrativi del concorso di un ‘terzo livello’, nei reati ascritti agli imputati, l'individuazione della ipotizzabile scelta politica e degli accordi a monte tra alti livelli istituzionali di differenti paesi (lo Stato italiano e lo Stato kazako), non appare affatto dirimente e decisiva nell'ottica di considerare la rilevanza penale dell'agire degli imputati. In tal senso, quindi, la motivazione della Corte di merito, sul punto, si appalesa come illogica ed avulsa da corretti criteri ricostruttivi’’, si sottolinea nelle motivazioni depositate dalla Cassazione.
‘’In realtà, quindi, anche a prescindere dalla circostanza relativa alla falsità o meno del passaporto diplomatico della Repubblica Centrafricana, elemento ripetutamente utilizzato in motivazione dalla sentenza impugnata, emergono evidenti ben altre circostanze che la Corte di merito avrebbe dovuto considerare per valutare la condotta degli imputati – concludono i giudici della Cassazione -la contrazione dei tempi del rimpatrio, l'immediato reperimento del vettore aereo, lo stato di trattenimento e sostanziale isolamento della Shalabayeva, dall'irruzione nell'abitazione di Casal Palocco alla partenza’’.
Cronaca
Addio a Luigi Molon, nel suo cimitero la gallina del Duce e...
Il proprietario di 'Casa Rosa' a Roma aveva 76 anni
E' morto a Roma, Luigi Molon, 76enne proprietario di Casa Rosa, il cimitero degli animali del Portuense, nato per iniziativa del padre Antonio, già veterinario del Duce, che nel suo cimitero, alla periferia della capitale diede sepoltura anche alla gallina dei figli di Mussolini, nel lontano 1923. 'Mino', questo il nome con cui era conosciuto Molon dagli amici e dai familiari "era un uomo buono, pronto ad essere presente alle difficoltà altrui nonostante le sue difficoltà di salute, ma pronto anche alla battuta, ad una barzelletta alla risata", ha ricordato sui social la sorella Lisetta, dando notizia della sua scomparsa. Alla fine dello scorso ottobre lo stesso Molon, conversando con l'AdnKronos, aveva ricordato, con soddisfazione, come il suo fosse l’unico cimitero italiano autorizzato alla sepoltura degli animali, con tanto di nome e lapide. Nella struttura di Luigi, anche lui veterinario come il padre, sono presenti un migliaio di spoglie degli amati quattro zampe. Ora bisognerà capire cosa ne sarà di questo posto che Molon aveva preservato e continuato a gestire negli anni, con tanta passione e tanta fatica. Oggi il telefono suona a vuoto, nessuna risposta per chi cerca notizie.
A rivolgersi ai 'servizi funebri' dello scomparso Molon, negli anni sono stati in tanti: attori, politici, personaggi pubblici. Anna Magnani ha accompagnato qui i suoi gatti, Peppino De Filippo ci portò il suo Fido, Brigitte Bardot lo scelse per uno dei suoi tantissimi amici a quattro zampe, Michelle, che riposa al Portuense con tanto di lapide, come altri felini e tanti cani. Tutti 'omaggiati' con data di nascita e di morte sul marmo, alcuni con foto, altri con una frase di eterno affetto, in un campo pieno di verde e di ricordi che attraversano l'ultimo secolo e raccontano tante storie del nostro paese. "Negli ultimi dieci anni è stato un boom di politici che sono arrivati per poter dare sepoltura a cani e gatti", aveva raccontato Molon. "C’è un parlamentare che ha fatto seppellire 22 tra cani e gatti, un altro ne ha poi quattro…". La prima sepoltura fu però, come ricordato, pre-repubblicana, di regime: "Nel ’23 - era il racconto di Molon - mio padre Antonio, che era il veterinario di Mussolini, si occupò di tumulare la gallina del Duce, con cui giocavano i figli Romano, Vittorio e Bruno".
Sempre a Casa Rosa, riposano in eterno i cani di Casa Savoia. Poi non mancarono i presidenti della Repubblica, come Leone e Pertini: il primo lasciò qui gli amati gatti, l’ex partigiano invece il suo barboncino gigante di nome Trick. A Casa Rosa vennero tumulati anche altri animali, meno mansueti. "Un cliente mi ha portato un leone, un altro una tigre, ma almeno era cucciola, mentre il leone non so proprio come poteva averlo a casa…", aveva ricordato Molon.
Cronaca
Cecilia Sala: “Io fortunatissima, liberazione così...
La giornalista ospite di 'Che tempo che fa' parla della detenzione in Iran: "Lì solo 21 giorni, non me lo sarei mai aspettato"
"Sono stata fortunatissima a stare lì solo 21 giorni, non me lo sarei mai aspettata mentre ero in carcere". Cecilia Sala, la giornalista liberata dopo 21 giorni di detenzione in Iran lo scorso 8 gennaio, ospite di 'Che Tempo Che Fa', in onda sul Nove parla della prigionia in Iran e parla di quella del governo italiano come di "un'operazione per liberare un ostaggio preso in Iran più rapida dagli anni Ottanta".
Grazie alla brevità della detenzione "il recupero è più rapido rispetto ad altre persone che sono rimaste lì centinaia di giorni - afferma - . Ora, aiutata, riesco a dormire". "Seguo l'Iran da giornalista e quindi conoscevo gli altri casi", sottolinea.
Interrogata incappucciata e faccia al muro
La prigionia comunque è stata dura. "Gli interrogatori avvenivano ogni giorno, per 15 giorni, incappucciata. Sei sempre solo anche quando non sei solo, quando qualcuno ti interroga sei incappucciato, faccia al muro. Il giorno prima della mia liberazione, annunciata alle 9 di mattina dell'8 gennaio, mi hanno interrogato per dieci ore: mi interrogava sempre la stessa persona".
"Non sapevo nulla di ciò che accadeva fuori - ha raccontato la giornalista romana - Nella prima telefonata potevo dire di essere stata arrestata e di non essere stata ferita. Poi le telefonate sono diventate un po' più lunghe e riuscivo a passare delle informazioni a Daniele tramite un linguaggio in codice, nonostante la regola 'non puoi parlare del tuo caso e della prigione'".
"Ho passato il tempo a leggere gli ingredienti sulle buste"
"La prima sera - racconta ancora Cecila Sala - avevo chiesto il Corano in inglese perché pensavo fosse un libro che in un carcere di massima sicurezza dell'Iran non mi potessero negare e invece mi è stato negato. Ho passato il tempo a contarmi le dita, a leggere gli ingredienti sulle buste".
"I rumori che arrivavo dal corridoio spesso erano strazianti: vomito, pianti a volte tentativi di farsi del male. L'isolamento, una condizione in cui si trovano ancora tantissime iraniane, che non hanno la fortuna che ho io di avere un Paese alle spalle che ti protegge".
"La telefonata - aggiunge - che ha fatto capire alla mia famiglia come stessi è stata quella in cui ho detto a Daniele di avere paura per la mia testa, di aver paura di perdere il controllo dei nervi".
"Nessuno della mia famiglia ha parlato con Musk"
"Nessuno della mia famiglia, né il mio compagno Daniele Raineri ha mai parlato con Elon Musk. Ma Daniele ha contattato il referente in Italia Andrea Stroppa e l’unica risposta che ha avuto su Elon Musk è stata: 'informato'", chiarisce poi Sala.
Cronaca
Mareamico: “Dopo mareggiate a rischio crollo strada...
"Dopo le mareggiate dell’ultimo weekend sono nuovamente a rischio crollo la pista ciclabile e la strada del viale delle dune a San Leone", nell'agrigentino. E' la denuncia dell'associazione Mareamico di Agrigento. "L’erosione continua inesorabilmente a martellare le nostre coste e mettere a serio pericolo anche le infrastrutture viarie- dice Mareamico -Gli interventi a rimedio sono di esclusiva competenza della Regione Sicilia che, a quanto è dato a sapere, ha già pronto un progetto per cercare di rallentare il processo erosivo e salvare le nostre coste. Ma bisogna intervenire subito!".