Politica
Terzo mandato, Follini: “Vero problema è legge...
Terzo mandato, Follini: “Vero problema è legge elettorale”
Il punto di vista di Marco Follini per Adnkronos
"Non sembra così avvincente, il tema del terzo mandato dei governatori delle regioni. Eppure non andrebbe preso alla leggera. Racchiude in sé, infatti, almeno due chiavi di lettura. La prima verte sui rapporti di forza. La seconda verte sui princìpi. E come sempre quando le due cose si sommano è segno che è in ballo qualcosa di importante.
La prima chiave è sotto gli occhi di tutti. La prova di forza tra Meloni e Salvini, a proposito del Veneto (e non solo). E un po’ anche la prova di forza tra Schlein e i governatori del Pd. Dispute simboliche e di potere che possono decidere le sorti dei leader e che non per caso occupano le cronache politiche di questi giorni. Dispute che ovviamente non sarebbe giusto sottovalutare. In particolare a destra, dove la premier e il suo vice sembrano giocarsi la rappresentanza del nord, laddove fino a ieri imperava la Lega e dove invece FdI si propone ora di insediare e far valere il suo primato numerico e politico.
E però l’argomento si presta anche a una interpretazione più profonda e significativa, che riguarda la pretesa di longevità del ceto politico. Tema su cui sarebbe il caso di ragionare più in profondità, dato che quella pretesa, chiamiamola così, agita la politica in molte contrade. A partire dagli Stati Uniti e dalla sfida presidenziale tra i due giovanotti che si contendono la Casa Bianca.
Detto un po’ brutalmente: quanto a lungo può durare un incarico politico? Quante legislature per i deputati e i senatori, quanti mandati per i sindaci e i governatori? La legge del nostro paese consente ora di trascorrere in Parlamento anni e anni. E impone invece che gli amministratori locali tolgano il disturbo, se così si può dire, dopo dieci anni al massimo. E già qui si rintraccia una contraddizione. Poiché chi governa un territorio è ben visibile agli occhi dei cittadini, chi rappresenta la nazione appare invece un pochino più distante dalla loro visuale.
Ma c’è un’aggravante. Ed è che i parlamentari, di questi tempi, sono eletti un po’ alla cieca. Con questa legge elettorale infatti il più delle volte si tratta di dirigenti paracadutati, scelti dai capi dei loro partiti in ragione della loro ubbidienza e spesso quasi estranei al contesto che pure produce i voti per farli entrare a Montecitorio e a Palazzo Madama. Dunque, forse sarebbe più giusto comportarsi con più severità verso di loro e magari consentire agli amministratori locali, più legati al territorio, di disporre di un tempo più lungo. Peccato che le decisioni che si annunciano stiano andando invece nella direzione opposta.
E qui però si viene al nodo, che nessuno sembra voler sciogliere. E cioè al senso e alla durata di un mandato politico. E’ una questione di principio. C’è chi pensa che la politica sia un’attività professionale vera e propria. Un mestiere, verrebbe da dire. E dunque che l’esperienza, la competenza, la resilienza siano parte fondamentale del compito che si è chiamati a svolgere. Dunque, nessuna improvvisazione, nessun dilettantismo. Al capo opposto di questo modo di vedere le cose c’è chi invece inveisce contro la casta e nega che la politica possa mai essere una specializzazione. Anzi, invoca il ricambio e perfino l’inesperienza a garanzia di una sorta di pulizia morale. Si tratta di posizioni estreme, a cui hanno dato voce vecchi dirigenti e nuovi tribuni, qualche volta cambiando idea e il più delle volte adattando le idee al proprio vantaggio.
La prova non proprio brillante che i 'dilettanti' hanno dato di sé ogni volta che gliene è stata offerta l’occasione induce a rivalutare i professionisti di un tempo. Ma la resistenza al cambiamento che i professionisti a loro volta oppongono alle ragioni del ricambio e del rinnovamento finisce per dare un credito immeritato alla denuncia contro la 'casta' e alla cupa visione che la sottende.
E’ un classico caso in cui occorrerebbe seguire una via di mezzo. Magari chiedendo ai professionisti di non esagerare con quel loro tenace e patetico abbarbicarsi allo scranno. E togliendo così, con qualche gesto più generoso, ai loro sfidanti la cupezza del sospetto e l’alibi della demagogia". (di Marco Follini)
Politica
Europee, Meloni in campo: “Scrivete Giorgia sulla...
Salvini si videocollega in strada con la figlia Mirta. La presidente del Consiglio punge: "Ci ha preferito il ponte"
A Pescara, poco più di un mese fa, mimò il gesto di chi calza l'elmetto. A distanza di un mese, sempre a Pescara, Giorgia Meloni quell'elmetto lo indossa davvero, pronta a scendere in campo per le elezioni europee dell'8 e 9 giugno, capolista in tutte le circoscrizioni. L'annuncio, atteso ma ormai diventato un 'segreto di Pulcinella', arriva in chiusura di un intervento di ben 73 minuti, in cui la leader di FdI puntella tutte le battaglie portate avanti in questi 18 mesi al governo del Paese. Seduti in prima fila i leader di centrodestra, tutti eccetto uno: Matteo Salvini, che si videocollega da via del Corso, con la figlia Mirta al suo fianco, gli 'impegni improrogabili' che hanno fatto saltare la sua presenza a Pescara sono legati all'ultima domenica da trascorrere in famiglia prima di dare il via alla maratona elettorale. "Ci ha preferito il ponte…", punge Meloni, che però corregge subito il tiro: "Scherzo ovviamente, so quanto è importante trovare il tempo da dedicare alla famiglia". Nel pomeriggio arriva la telefonata tra i due, per fare il punto sulla kermesse e darsi appuntamento a Roma, fanno sapere dai rispettivi staff.
Sorridente, ma a tratti un po' tesa, Meloni dal palco vista mare spiega che gli otoliti continuano a darle il tormento: "Mi sembra di essere su un ottovolante", confessa. "Ma tranquilli, ce la faccio", rincuora la platea, tanto da essere ancora una volta pronta a mettersi in gioco. "Mi sono sempre considerata un soldato e i soldati, quando devono, non esitano a schierarsi in prima linea". "Siamo di fronte a una battaglia decisiva, un vero e proprio bivio che non consente di sbagliare la scelta o di tirarsi indietro. Tutti devono essere pronti a fare la loro parte e io, come sempre, intendo fare la mia". Trainando la corsa di FdI alle europee e intestandosi una battaglia per l'intero centrodestra: "Vogliamo fare in Europa esattamente quello che abbiamo fatto in Italia il 25 settembre del 2022: creare una maggioranza che metta insieme le forze di centrodestra e mandare finalmente all'opposizione la sinistra anche in Europa".
Per centrare l'obiettivo, la presidente del Consiglio spinge sull'acceleratore. Incurante di chi guardava come fumo negli occhi a una sua possibile discesa in campo, decide di calarsi nell'arena dando alla sua corsa il massimo della personalizzazione: "Scrivete sulla scheda Giorgia, semplicemente Giorgia", raccomanda a chi vorrà votarla. Un'astuzia da campagna elettorale, resa possibile dalla legge, spiegherà poi ai cronisti un po' interdetti dalla scelta il ministro Francesco Lollobrigida.
"Non toglierò un solo minuto all'azione di governo"
"C'è la possibilità, nelle elezioni di ogni tipo – spiega infatti il responsabile delle Politiche agricole -, di dare all'elettore la scelta se mettere il nome per esteso oppure semplificarlo quando è chiarito in fase di presentazione di candidatura come è sostituibile il nome. Accade in tutte le elezioni", in queste "ci sarà scritto 'Giorgia Meloni detta Giorgia'". Un piccolo artificio tecnico e le jeux sont faits.
Si tratta di una trovata elettorale che la premier investe di un forte valore simbolico. "Se gli italiani pensano che stia facendo bene – dice infatti mentre la sala gremita scandisce il suo nome - chiedo loro di andare a votare, chiedo loro di scegliere Fratelli d'Italia e chiedo loro di scrivere sulla scheda il mio nome, il mio nome di battesimo: scrivete Giorgia. La cosa che personalmente mi rende più fiera è che la maggior parte dei cittadini che si rivolge a me continua a chiamarmi Giorgia, semplicemente Giorgia. Non presidente, non Meloni, ma Giorgia. Perché io sono e sarà sempre una di voi: il potere non mi cambierà, il Palazzo non mi isolerà", promette in quell'Abruzzo che sembra portarle fortuna.
La campagna elettorale, però, non la vedrà giocare nel ruolo da protagonista, tutt'altro. Per lei sarà 'light', ristretta, come già accaduto nel 2009, quando Silvio Berlusconi, candidato alle europee ma al timone di Palazzo Chigi, prese parte solo al comizio finale, forte del ruolo da presidente del Consiglio costantemente sotto i riflettori. "Su una cosa voglio essere chiara e so che mi capirete – rimarca la premier -: io non toglierò un solo minuto dell'attività del governo per fare campagna elettorale sul mio nome. Il mio compito è risolvere i problemi di questa nazione e questo intendo fare anche in campagna elettorale".
Anche Arianna Meloni in campo per la campagna elettorale
Dunque l'affondo sul Pd. "Siccome, per fortuna, non sono la segretaria del Partito Democratico – dice -, penso di poter confidare nel fatto che il mio partito sarà del suo meglio per darmi una mano in questa campagna elettorale". Lo schema di gioco, del resto, è già pronto. Incentrato sul 'modello Pescara', con i panel di discussione che hanno animato la 'tre giorni' della conferenza programmatica replicati in tutta Italia, protagonisti ministri, sottosegretari e nomi di peso del partito di via della Scrofa.
Compreso quello di Arianna Meloni, la più fedele dei fedelissimi, responsabile della segreteria politica e del tesseramento di FdI, decisiva per le sorti del partito ma sempre convintamente e per scelta nell'ombra. Non correrà nemmeno stavolta, ma darà una mano in campagna elettorale prendendo parte a un evento in Salento.
L'obiettivo, dichiarato, resta quello di replicare il voto messo a segno alle politiche, il 26%. Ma qui, tra i delegati e i militanti di FdI che hanno riempito le tre sale di Pescara, nessuno fa mistero di puntare più in alto: con il nome di 'Giorgia' sulla scheda, il tetto del 30% potrebbe essere a portata di mano. (dall'inviata Ileana Sciarra)
Politica
Giorgia Meloni, Mantovano: “Mai a rischio la sua...
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio riferisce in merito a notizie giornalistiche sulla presenza di due uomini vicino all'auto dell'ex compagno della premier, Andrea Giambruno
"La sicurezza del presidente Meloni non è mai stata posta a rischio". Lo sottolinea il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, in riferimento a notizie giornalistiche che parlavano della presenza di due uomini nei pressi dell'auto dell'ex compagno della presidente del Consiglio, Andrea Giambruno.
"Dell'episodio accaduto sotto l'abitazione del presidente del Consiglio nella notte tra il 30 novembre e il 1 dicembre, mentre il presidente Meloni era impegnata in una missione all'estero, ho puntualmente riferito - quale Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica - nella mia ultima audizione al Copasir il 4 aprile scorso. Non ho difficoltà a ribadire quanto già chiarito nella sede parlamentare propria, e cioè che gli accertamenti svolti per la parte di competenza dell'intelligence hanno consentito con certezza di escludere il coinvolgimento nell'episodio di appartenenti ai Servizi".
Politica
Europee, Calenda si candida: “La scelta di Meloni...
"In tutte le circoscrizioni"
Il leader di Azione Carlo Calenda si candida alle elezioni Europee. "Dopo aver consultato il Direttivo del partito, i o ed Elena Bonetti abbiamo deciso di accettare la sfida e candidarci insieme in tutte le circoscrizioni - annuncia - per dare ancora più forza alla squadra di straordinaria qualità che abbiamo messo in campo da settimane, con un programma netto e chiaro e l'obbligo per tutti i candidati di aderire al gruppo Renew. Siamo europei e lo dimostreremo l'8 e il 9 giugno" aggiunge.
"Dobbiamo opporci al progetto di Giorgia Meloni"
"Nei mesi scorsi ho più volte sollecitato pubblicamente tutti i leader politici a firmare un accordo per non candidarsi alle Europee" dice. "Schlein e Tajani hanno già scelto la strada della candidatura diretta. Ma la discesa in campo della presidente del Consiglio e la sua piattaforma antieuropea e sovranista, cambiano completamente lo scenario. Dobbiamo opporci con tutti i mezzi al progetto di 'una piccola Italia in una piccola Europa' di Giorgia Meloni. È necessario rispondere a questa sfida antieuropea mettendosi direttamente in gioco".