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Salute e Benessere

L’osteopata dei cantanti, ‘così li accompagno...

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L’osteopata dei cantanti, ‘così li accompagno dalle prove al palco di Sanremo’

L'osteopata dei cantanti, 'così li accompagno dalle prove al palco di Sanremo'

Il sipario sta per alzarsi sui 30 artisti in gara al 74esimo Festival di Sanremo. Dalle vecchie glorie della musica italiana alle nuove leve, dai veterani della kermesse ai debuttanti, c’è un fil rouge che affratella i cantanti in attesa di esibirsi: il ‘panico da Ariston’, la paura che un acuto possa tremare, che un tono basso muoia in gola, che il fiato non regga. Evitare stecche non è solo una questione di mestiere, ma anche il frutto di un lungo lavoro di squadra che coinvolge tanti professionisti della voce. Una di loro è Valentina Carlile, nome di punta dell’osteopatia foniatrica, che nella sua carriera ha collaborato a tour di star nazionali e internazionali. Sotto le sue mani stelle del pop, come pure ‘ugole’ della lirica. Anche quest’anno l’esperta ha aiutato a preparare alcuni concorrenti di Sanremo e all’Adnkronos Salute spiega come li accompagna “dalla sala prove al palco”.

“L’organo musicale più antico, più vero, più bello, la sola origine alla quale la nostra musica deve il suo essere, è la voce umana”. Nata a Sesto San Giovanni nel 1974, studio a Milano, Carlile ha scelto questa frase di Richard Wagner come biglietto da visita per presentare su Internet l’attività che la assorbe da quando, nel 2002, si è messa “al servizio di chi lavora con la voce”. Che proprio come uno strumento va ‘accordata’ e manutenuta, perché davanti al pubblico – soprattutto di fronte a quello dell’Ariston – improvvisare non si può. “Si comincia a lavorare a dicembre – racconta – subito dopo Natale. Appena dopo la presentazione ufficiale del titolo del brano in gara a Sanremo”, all’osteopata dei cantanti “iniziano ad arrivare le richieste di vocal coaches e gli invii foniatrici per l’assistenza alla preparazione degli artisti”.

Cosa succede esattamente? “L’artista – descrive Carlile – viene accolto in studio con la segnalazione di quelle che sono le sue difficoltà o i punti di debolezza nell’esecuzione, che possono variare da dolori dorsali, salti di nota o rotture al passaggio fra una nota e l’altra, a tensioni mandibolari o disturbi nel tuning a livello di feedback acustico. Quasi sempre ad accompagnare il cantante ci sono il manager o il vocal coach con i dati della visita foniatrica. Si inizia allora a fare una valutazione con test, palpazione e, se necessario, anche monitoraggio strutturale di tutto il ‘motore della voce’, dal torace (partendo dal diaframma e dai suoi ancoraggi), al vero e proprio tratto vocale con le sue strutture associate, e si comincia a impostare un piano di trattamento”.

Nei mesi che separano il cantante dalla scalinata dell’Ariston, il programma terapeutico stilato dall’osteopata procede “di pari passo con il lavoro in voce per permettere all’artista il massimo comfort e la massima libertà e resa esecutiva – prosegue l’esperta – e si pianificano delle sedute in accordo con gli impegni pre-kermesse”. Un delicato incastro tra “interviste, prove in sala, prove in teatro e altri mille appuntamenti”.

“In tutto questo percorso – sottolinea Carlile – il vocal coach diventa il ‘caregiver’: sarà lui che seguirà l’artista fino all’ingresso sul palco, quindi al cantante e al suo vocal vengono insegnate strategie di autotrattamento per la gestione degli elementi vocali anche in caso di difficoltà last minute”. Siccome però una performance perfetta dipende dalla voce, ma anche dall’orecchio, sarà “importantissima la sincronia con il sistema acustico”, l’apparato uditivo, “che verrà valutato dall’audiologo foniatra così da poter trasmettere i dati più corretti al fonico una volta arrivati in teatro”. Insomma, “il tempo non è mai troppo – precisa l’osteopata – e prepararsi è uno ‘slalom’ dentro un immenso calendario di impegni, ma lo stretto contatto tra tutte le figure che seguono gli artisti è fondamentale perché il risultato sia il migliore”.

Dritte della vigilia? “Sicuramente – osserva Carlile – una delle difficoltà della prima serata è il dover cantare in un teatro pieno dopo aver fatto le prove a teatro vuoto. Questo a volte porta l’artista a spingere un po’ di più la voce per ovviare a piccoli aggiustamenti di feedback”. Il consiglio è “cercare di seguire solo le sensazioni fisiche vocali, senza aggiungere o modificare quanto assimilato in preparazione e in prova, in modo da non creare piccoli sovraccarichi che potrebbero pesare sulla voce nelle serate a seguire”. Chi poi volesse sfruttare a proprio vantaggio anche l’attesa dietro le quinte potrà mettere in pratica le ‘manovre’ apprese dall’osteopata: “Automassaggio dei muscoli masticatori e della catena linguale superiore – prescrive l’esperta – abbinato ai consueti esercizi di riscaldamento e raffreddamento vocale, prima di esibirsi e dopo averlo fatto”.

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Pressione alta, il ruolo del Dna: lo studio

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Maxi-studio internazionale apre a diagnosi di precisione, cure su misura e all'identificazione di nuovi bersagli terapeutici

Uno sfigmomanometro per misurare la pressione - FOTOGRAMMA

La pressione alta dipende certo dai cattivi stili di vita, ma sulla probabilità di ammalarsi di ipertensione - un fattore di rischio chiave per le patologie cardiovascolari - pesa anche il Dna. In un maxi studio sui dati di oltre un milione di persone, il più grande mai condotto finora sull'argomento, ricercatori e collaboratori dei National Institutes of Health-Nih americani hanno scoperto oltre 2mila regioni del genoma umano (loci genomici) legati alla pressione sanguigna, comprese 113 nuove regioni. Il lavoro è pubblicato su 'Nature Genetics' e secondo gli autori permetterà di capire meglio come viene regolata la pressione del sangue, nonché di identificare possibili bersagli per nuovi farmaci.

"Il nostro studio aiuta a spiegare una percentuale molto maggiore di differenze tra la pressione sanguigna di due persone rispetto a quanto precedentemente noto", afferma Jacob Keaton, sezione Informatica sanitaria di precisione del National Human Genome Research Institute (Nhgri), primo autore della ricerca alla quale hanno contribuito più di 140 scienziati di oltre 100 università, istituti e agenzie governative. I ricercatori sono riusciti anche a calcolare un punteggio di rischio poligenico, che combina gli effetti di tutte le varianti genomiche presenti in una persona, per prevederne la pressione e il pericolo ipertensione. "Conoscere il rischio di un paziente di sviluppare ipertensione potrebbe portare a trattamenti su misura, che hanno maggiori probabilità di essere efficaci", sottolinea Keaton.

Tra i nuovi loci genomici scoperti, molti si trovano in geni che svolgono un ruolo nel metabolismo del ferro, confermando precedenti evidenze secondo cui alti livelli di ferro possono contribuire alle malattie cardiovascolari, precisano gli autori. Gli scienziati hanno inoltre confermato l'associazione tra pressione sanguigna e varianti del gene Adra1A, che codifica per un recettore cellulare detto adrenergico, già target di farmaci per la pressione. Ecco perché gli autori ritengono che altre varianti genomiche individuate nella nuova ricerca potrebbero diventare bersagli farmacologici per sviluppare nuove terapie.

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Cardiologi: “Ecg con Ai è salto in avanti, screening...

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Cardiologi:

Lo studio sull'efficacia dell'uso di nuovi Ecg con intelligenza artificiale nel prevenire i decessi individuando pazienti ad alto rischio mortalità, "ci dice che non si deve avere paura e non si deve essere scettici rispetto all'uso dell'Ai nella pratica clinica. Questa ricerca e altre del genere forniscono una indicazione importante sul tema della prevenzione. Se un medico, grazie appunto all'Ai, riceve un alert su un paziente specifico può dedicargli più attenzione, si può identificare uno scompenso cardiaco, si possono usare farmaci antiaritmici in modo selettivo, ma anche individuare aritmie maligne. L'Ecg intelligente ci permette un salto in avanti con uno screening più approfondito rispetto a quello che si esegue di routine, riducendo anche i costi e l'inappropriatezza". Così all'Adnkronos Leonardo De Luca, vice presidente Anmco, l'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri, e direttore della struttura complessa di Cardiologia del Policlinico San Matteo di Pavia.

Rispetto alle innovazioni, in Italia "c'è un problema culturale", avverte De Luca. "Secondo un nostro censimento di tutte le strutture cardiologiche pubbliche, convenzionate e private presenti in Italia - spiega - parliamo di 790 strutture, solo nel 20% sono presenti strumenti di telemedicina, teleconsulto e telerefertazione. Il Pnrr doveva intervenire proprio su queste settore e sull'ammodernamento del parco tecnologico".

Il balzo tecnologico, favorito anche dall'Ai, può essere un rischio nel far aumentare la richiesta di offerta sanitaria 'hi-tech'? "C'è il rischio, come c'è un rischio di esagerare con l'interpretazione dei dati che arrivano dai vari software oggi a disposizione - risponde il primario di Cardiologia - Questo studio dimostra che proprio l'Ai applicata a un esame importante e ormai consolidato come l'Ecg può ridurre la mortalità del paziente ospedalizzato, ma c'è da considerare anche l'effetto Hawthorne, che accade quando c'è una variazione del comportamento in presenza di qualcuno che ti osserva. Questo - chiarisce - potrebbe essere accaduto nello studio quando il medico, che sa di partecipare a un ricerca, è più attento ai dati e all'osservazione clinica del paziente. Magari è più sensibile all'alert dell'Ai e interviene istantaneamente. Ma al di là di questa considerazione, davvero ormai con intelligenze artificiali che passano in rassegna milioni di dati e immagini in pochissimo tempo, siamo in presenza di una rivoluzione nel campo della cardiologia, e non solo".

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Nuovo cancro seno ereditario, Aiom: “Passo avanti per...

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Nuovo cancro seno ereditario, Aiom:

E' "un passo avanti importante sulla strada della diagnosi di precisione" lo studio dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, pubblicato su 'Jama Network Open', che ha scoperto una nuova forma ereditaria di cancro al seno, associata al gene Cdh1. A spiegare all'Adnkronos Salute il valore del lavoro dei senologi Ieo è Francesco Perrone, presidente dell'Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) e direttore dell'Unità Sperimentazioni cliniche dell'Istituto nazionale tumori Fondazione Pascale di Napoli.

In donne operate per un tumore lobulare del seno, gli autori hanno definito una nuova sindrome chiamata 'carcinoma mammario lobulare ereditario', associata a mutazioni patogenetiche del gene Cdh1. Una forma di cancro e che si differenzia integralmente - sottolineano i ricercatori - dalla classica sindrome del carcinoma mammario ereditario causata dalle note mutazioni dei geni Brca1 e Brca2. I cosiddetti 'geni Jolie', che hanno spinto l'attrice americana e più di recente la supermodella Bianca Balti a ricorrere alla chirurgia preventiva per scongiurare il rischio cancro. Per i senologi Ieo, "le donne con un tumore lobulare, con età sotto i 45 anni, o con storia familiare positiva o con tumore lobulare bilaterale, dovrebbero essere tutte testate per il gene Cdh1".

Su questo punto Perrone precisa: "Non faccio anticipazioni sui contenuti delle future linee guida Aiom, che sono frutto di un processo lungo e complesso, e che sono valide una volta approvate dall'Istituto superiore di sanità e pubblicate". Ciò premesso, lo studio dell'Irccs fondato da Umberto Veronesi indica "una nuova potenziale possibilità di fare diagnosi di precisione", afferma l'oncologo. Le conclusioni del lavoro, puntualizza, aprono all'eventualità di "aggiungere, nei prossimi anni, qualcosa all'armamentario diagnostico già disponibile per cercare di identificare tumori che hanno una causa ereditaria". Un'opportunità molto importante per i pazienti con mutazioni genetiche a rischio cancro, ma anche per i loro familiari, sui quali potrà essere cercata la stessa mutazione, valutando strategie personalizzate di prevenzione.

La nuova ricerca dell'Ieo, commenta il presidente Aiom, "è uno studio sicuramente importante su un tema molto importante che è quello delle forme ereditarie di cancro. In questo caso una forma di cancro della mammella, il carcinoma lobulare, che non è la più frequente", rimarca Perrone. L'oncologo si complimenta pertanto con gli autori anche "per la capacità di mettere insieme una grande casistica, iniziata prima del 2000", così da produrre risultati abbastanza 'pesanti' da poter sperare di orientare in futuro la diagnosi oncologica di precisione.

"Al momento - ribadisce il numero uno dell'associazione oncologi medici - mi sembra che il senso di questa pubblicazione possa essere quello di aggiungere potenzialmente, nei prossimi anni, qualcosa all'armamentario diagnostico di cui disponiamo per individuare i tumori con una causa ereditaria. Che ciò si potrà tradurre in una modifica della terapia o della prognosi è molto presto per dirlo, però è una cosa importante. Con i più noti e importanti 'geni Jolie' - ricorda infatti Perrone - quello che accade" già oggi "è che si fa una diagnosi di un tumore che è legato a un'anomalia di questi geni, e quindi si può poi discutere e ragionare anche per la prevenzione del cancro nei familiari che potrebbero avere la stessa mutazione. Un elemento, questo, molto importante".

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