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Genesi degli Houthi, dalla guerra civile in Yemen...
Genesi degli Houthi, dalla guerra civile in Yemen all’alleanza con Iran
Si allarga il conflitto in Medio Oriente dopo i raid effettuati nella notte dalle forze armate statunitensi e britanniche
Si allarga il conflitto in Medio Oriente dopo i raid effettuati nella notte dalle forze armate statunitensi e britanniche contro diversi obiettivi Houthi nelle aree dello Yemen sotto il loro controllo. L'escalation in una delle zone della regione più instabili è una risposta agli attacchi che il gruppo filo-iraniano ha scatenato contro le navi nel Mar Rosso come "vendetta" contro Israele per la sua campagna militare a Gaza nel tentativo di acquisire legittimità in patria e nella regione.
Le navi da guerra della Marina americana hanno abbattuto decine di droni e missili lanciati dagli Houthi nelle ultime settimane. Gli attacchi hanno costretto alcune delle più grandi compagnie petrolifere e di navigazione del mondo a sospendere il transito attraverso quella che è una delle rotte commerciali marittime più importanti del mondo, con conseguenze potenzialmente devastanti per l'economia globale. Gli Stati Uniti e oltre 20 nazioni hanno lanciato l'operazione 'Prosperity Guardian' con l'obiettivo di salvaguardare la navigazione della rotta. L'Italia, come ha recentemente spiegato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha "assicurato sostegno" alla missione e "messo a disposizione con compiti di supporto associato la fregata Virginio Fasan".
Chi sono gli Houthi
Il movimento Houthi, noto anche come Ansarallah (Sostenitori di Dio), è una fazione della guerra civile yemenita che infuria da quasi un decennio. Emerse negli anni '90, quando il suo leader, Hussein al-Houthi, lanciò un movimento di rinascita religiosa ispirato allo zaidismo, una branca dello sciismo, chiamato 'Gioventù Credente'. Gli zaiditi governarono lo Yemen per secoli, ma erano stati emarginati sotto il regime sunnita salito al potere dopo la guerra civile del 1962. Il movimento di al-Houthi era stato fondato per rappresentare gli zaiditi e resistere al sunnismo radicale, in particolare all'ideologia wahhabita che arrivava dall'Arabia Saudita. I suoi seguaci divennero noti come Houthi.
Ali Abdullah Saleh, il primo presidente dello Yemen dopo l'unificazione dello Yemen del Nord e del Sud nel 1990, inizialmente sostenne la 'Gioventù Credente'. Ma man mano che la popolarità del movimento cresceva e la retorica antigovernativa si intensificava, il gruppo diventò una minaccia per Saleh. Le cose precipitarono nel 2003, quando Saleh sostenne l'invasione americana dell'Iraq, alla quale molti yemeniti si opposero. Per gli Houthi l'episodio rappresentò un'opportunità.
Approfittando dell'indignazione pubblica, l'organizzazione organizzò manifestazioni di massa e, dopo mesi di disordini, Saleh emise un mandato di arresto nei confronti di al-Houthi, che venne ucciso nel settembre 2004 dalle forze yemenite. Il movimento, tuttavia, continuò a vivere nonostante la perdita del suo leader. Dopo le prime proteste della Primavera Araba del 2011, gli Houthi presero il controllo della provincia settentrionale di Saada e chiesero la fine del regime di Saleh. In quello stesso anno Saleh accettò di cedere il potere al suo vice, Abd-Rabbo Mansour Hadi. Gli Houthi colpirono nuovamente nel 2014, prendendo il controllo di alcune parti della capitale Sanaa e all'inizio dell'anno successivo presero d'assalto il palazzo presidenziale. Hadi fuggì in Arabia Saudita, un episodio che di fatto scatenò una nuova guerra.
La monarchia del Golfo, infatti, promosse una coalizione militare araba con l'obiettivo di sradicare definitivamente il movimento sciita. Quella che si prevedeva fosse una rapida campagna durò anni e causò massacri con circa 250mila vittime: le Nazioni Unite definirono quella in Yemen la peggiore crisi umanitaria del mondo. Un cessate il fuoco venne finalmente firmato solo nel 2022. Da allora il conflitto non si è mai riacceso su larga scala e gli Houthi hanno consolidato il loro controllo su gran parte dello Yemen settentrionale, cercando anche un accordo con i sauditi per mettere definitivamente fine alla guerra e legittimare il loro ruolo.
Houthi sostenuti dall'Iran
Gli Houthi sono sostenuti dall'Iran, che ha iniziato ad aumentare i suoi aiuti al gruppo nel 2014 con l'escalation della guerra civile e l'intensificarsi della sua rivalità con l'Arabia Saudita. Secondo un rapporto del 2021 del Center for Strategic and International Studies, l'Iran ha fornito al gruppo armi e tecnologia per mine marine, missili balistici e da crociera e droni.
Gli Houthi, insieme a Hamas, Hezbollah e le milizie sciite in Iraq e Siria, oggi fanno parte del cosiddetto 'Asse della Resistenza', un'alleanza anti-israeliana e anti-occidentale di milizie regionali sostenute dalla Repubblica islamica. Negli ultimi tempi le loro capacità militari sono migliorate sensibilmente nella precisione e nella letalità. Inizialmente, le loro armi erano in gran parte assemblate con componenti iraniani introdotti clandestinamente nello Yemen, ma sembra che il gruppo ora possa contare su una produzione nazionale.
In uno sviluppo inedito a inizio dicembre, gli Houthi hanno sparato missili balistici a medio raggio contro Israele, lanciando una salva di proiettili in direzione di Eilat, sul Mar Rosso, che lo Stato ebraico ha affermato di aver intercettato. Nel frattempo mercoledì il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che condanna "con la massima fermezza" i molteplici attacchi dei ribelli al largo delle coste dello Yemen. Undici Paesi hanno votato a favore, nessuno contro mentre gli astenuti sono stati quattro. Tra loro Russia e Cina.
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Usa, Urbinati (Columbia): ”La rettrice ha scatenato...
La docente di Teoria politica difende la protesta pacifica degli studenti e sostiene il dialogo senza toni aggressivi in spazi dedicati. Occorre portare avanti una trattativa che permetta il ritorno alla normalità ed eviti un grave danno di immagine per il campus, sostiene.
E' stata una ''reazione folle'' quella della rettrice della Columbia University, Nemat Shafik, di chiamare la polizia per rimuovere la manifestazione studentesca contro Israele. ''Era una protesta pacifica, fatta a suon di rap con giochi, canti e balli'', ma lei ''l'ha trasformata in un inferno''. Per fortuna, anche grazie ''a un documento di appello al dialogo che ho firmato anche io'', ora ''il clima è molto cambiato'' e si è aperto ''un tavolo di trattativa e negoziazione tra i rappresentanti degli studenti, il corpo docente, i dipendenti e l'ammnistrazione dell'università''. L'obiettivo è quello di rientrare in un ''clima di trattativa per riportare la normalità'', altrimenti ''c'è il rischio che salti il semestre'', ma ''nessuno vuole che si arrivi a tanto, sarebbe un danno di immagine incredibile, una rovina enorme''. Nadia Urbinati, che dal 1996 insegna Teoria politica alla Columbia University di New York, racconta ad Adnkronos dall'interno le contestazioni. ''Si tratta di un accampamento pacifico, gli studenti sono molto più moderati della rettrice, ma sono stati trattati da criminali e questo non è possibile'', ha aggiunto Urbinati.
Lei stessa ha avuto contatti con gli studenti, ''hanno scritto un documento bellissimo e molto moderato rivolto alla rettrice che ho firmato insieme a colleghi del mio dipartimento. Un documento in cui chiedevano di tenere in considerazione il problema della violenza che si amplifica se si chiama la polizia''. Tra i suoi studenti, racconta, ''uno che aveva fatto con me un corso sulla retorica è stato arrestato ieri per uso sconsiderato del linguaggio. Ha detto che i sionisti dovrebbero sparire dalla faccia della terra... Ma a parte questo caso nessuno mio studente è stato sospeso o arrestato''. Sottolineando che ''il 20 per cento degli studenti della Columbia arrestati sono ebrei'', Urbinati racconta anche il caso di ''uno studente ebreo israeliano che ha chiesto di non venire in classe per non attraversare il campus in quanto si sente a disagio''. La sua richiesta è stata accolta, ''un caso eccezionale risolto permettendogli di seguire le lezioni tramite Zoom''.
Urbinati racconta poi che in questi giorni hanno visitato la protesta al campus ''il rappresentante repubblicano e quello democratico. Entrambi sono stati ottusamente arroganti. L'esponente repubblicano ha proposto di chiamare guardia nazionale, il che avrebbe riportato il campus a livelli raggiunti solo nel '68''. Secondo la politologa, quindi, è stata ''la rettrice che ha radicalizzato'' la manifestazione. Shafik, spiega Urbinati, ''è alla Columbia da nove mesi e si è dimostrata molto inadeguata. Viene dal mondo delle finanza e ha dimostrato totale incapacità di comprendere che qui non si tratta di dipendenti di una banca, ma di persone varie con le quali occorre entrare in contatto''. E invece, durante la protesta, ''la rettrice è rimasta sempre chiusa nel suo ufficio o nella sua casa. Non ha mai interagito con gli studenti''.
L'auspicio, ora, è che ''vengano messi a disposizione degli spazi, delle aule, dove poter proseguire il dibattito sulla guerra e sui rapporti con Israele''. Perché, prosegue Urbinati, ''se c'è libertà di insegnamento, se si studiano argomenti come la guerra e la pace, gli stati nazione, è evidente che ne esca un dibattito''. Anzi, aggiunge, ''ben venga il dialogo e la riflessione promossi dagli studenti, certo senza usare toni aggressivi''.
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Elezioni Usa, Biden prende in giro Trump: “Sono in...
Durante la cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca
''Sono un uomo adulto e sono in corsa contro un bambino di sei anni''. Così il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha preso il giro l'ex inquilino della Casa Bianca e suo rivale alle prossime elezioni americane Donald Trump. ''L'unica cosa che abbiamo in comune è l'età'', ha aggiunto Biden durante la cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca. Anche se, età anagrafica alla mano, Biden ha 81 anni contro i 77 di Trump. ''Le elezioni del 2024 sono in pieno svolgimento e sì, l'età è un argomento - ha detto Joe Biden - Sono un adulto che corre contro un bambino di sei anni''.
Molti gli ospiti illustri, giornalisti e celebrità presenti all'hotel Hilton di Washington mentre all'esterno un centinaio di manifestanti hanno scandito slogan contro la guerra di Israele nella Striscia di Gaza e sventolato una bandiera palestinese lunga diversi metri. Ma all'interno il conflitto in Medioriente non è stato al centro della scena, soppiantato appunto dalle battute sull'età dei candidati alla presidenza Usa.
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Re Carlo torna agli impegni pubblici, martedì la visita a...
Buckingham Palace: "Medici incoraggiati dai suoi progressi"
Buckingham Palace mette fine alle congetture sullo stato di salute di Re Carlo. Il sovrano, malato di cancro, da martedì riprenderà i suoi impegni pubblici. Con la regina Camilla si recherà in visita a un centro di cure per i tumori. "Il team medico di Sua Maestà - fa sapere una nota della Casa Reale - è molto incoraggiato dai progressi compiuti finora e rimane positivo quanto al continuo recupero del re".