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Israele vuole allagare i tunnel di Hamas? Precedenti e...
Israele vuole allagare i tunnel di Hamas? Precedenti e rischi della possibile strategia a Gaza
La dimensione sotterranea dell'enclave palestinese è un labirinto di cunicoli che sarebbe più lungo della metropolitana di Londra. Secondo il Wall Street Journal, i militari israeliani hanno installato a metà novembre cinque pompe idriche a nord di Gaza City
Allagare la rete di tunnel usati da Hamas e da altri gruppi armati nella Striscia di Gaza per renderli inutilizzabili. Sarebbe questa l''ultima' strategia dei militari israeliani nel contesto delle ostilità esplose dopo il terribile attacco del 7 ottobre in Israele. La dimensione sotterranea dell'enclave palestinese è un labirinto di cunicoli che sarebbe più lungo della metropolitana di Londra. Secondo il Wall Street Journal, che cita fonti Usa, i militari israeliani hanno installato a metà novembre cinque pompe idriche a nord di Gaza City. La Bbc ha chiesto loro un commento, ma per ora si limitano ad affermare di verificare le indiscrezioni, e la rete britannica precisa di non poter confermare le ultime notizie in modo indipendente.
Eppure, ricordano i media internazionali, nel 2015 l'Egitto utilizzò l'acqua del Mediterraneo per allagare una rete di centinaia di tunnel lungo il confine con Gaza. Il contrabbando è il 'problema' rappresentato da sempre da quel labirinto sotterraneo. E nel 2015 l'operazione egiziana scatenò le ire a Rafah dove denunciarono danni per le coltivazioni. Nel 2021, prosegue la Bbc, le Idf affermarono di aver distrutto con raid aerei più di 100 chilometri di tunnel a Gaza. Hamas parlava di una rete di gallerie sotterranee di 500 chilometri (402 la metropolitana di Londra).
Adesso a complicare lo scenario ci sono gli ostaggi, rapiti il 7 ottobre in Israele e da allora trattenuti nella Striscia. Hamas afferma che si trovano in "luoghi sicuri e nei tunnel". E c'è anche la questione dell'impatto ambientale. Pompare acqua salata potrebbe comportare anche danni per la falda acquifera sotterranea. L'operazione potrebbe rendere estremamente difficile coltivare la terra di Gaza e, inoltre, quello che è stato immagazzinato negli anni nei tunnel potrebbe contaminare il terreno. Non solo. L'operazione che secondo il Wall Street Journal avrebbero in mente i militari israeliani potrebbe richiedere settimane e quindi consentire ai combattenti di Hamas di spostarsi, portando potenzialmente con loro gli ostaggi.
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Ucraina, la guerra elettronica della Russia disarma Kiev
La richiesta agli Usa di 'aggiornare' i sistemi di difesa che vengono forniti
L'Ucraina non chiede solo più munizioni, ma anche munizioni in grado di resistere ai sistemi di disturbo elettronico della Russia che, spesso e in maniera crescente, riescono a neutralizzare munizioni, guidate da satellite fornite dagli Stati Uniti, tanto che le forze di Kiev hanno smesso di usare alcuni sistemi forniti dall'Occidente, come denunciano fonti ucraine citate dal Washington Post.
Fra i sistemi annientati dal 'jamming' russo, che viene anche montato su droni, ci sono i proiettili di artiglieria Excalibur, guidati dai Gps - il cui tasso di successo è crollato nel giro di qualche mese a meno del dieci per cento degli obiettivi colpiti, rispetto al 50 per cento dell'inizio dello scorso anno, quindi abbandonati nei magazzini dallo scorso anno - e gli Himars (High Mobility Artillery Rocket System) che possono sparare razzi con una gittata fino a 80 chilometri.
"La tecnologia Excalibur nelle diverse versioni esistenti ha perso il suo potenziale", si legge in una valutazione effettuata dal comando militare ucraino fra l'autunno del 2023 e l'aprile del 2024. Non è più un sistema 'one shot, one target', come lo si reclamizzava un tempo. Da sei mesi, gli Stati Uniti hanno smesso di inviare questi sistemi a Kiev.
In altri casi, come le bombe sganciate da aereo Jdams, i produttori hanno messo una toppa al problema pochi mesi dopo la loro introduzione all'inizio dello scorso anno e l'Ucraina ha ripreso a usarle. Problemi simili si sono verificati con altri proiettili da 155mm, forniti da altri Paesi occidentali, anche se non usano tecnologia Gps.
Stesso discorso per i lanciatori Himars. Dopo un anno dalla loro introduzione, il loro successo si è esaurito. "I russi hanno dispiegato sistemi elettronici che hanno disabilitato i segnali dei satelliti e gli Himars sono diventati completamente inefficaci, tanto che il sistema molto caro viene usato sempre di più per colpire obiettivi con bassa priorità". Possono mancare un obiettivo di 15 metri.
"La Russia ha continuato a lavorare ed espandere il suo uso di sistemi elettronici in guerra e lo fa con una urgenza che non hanno i produttori occidentali. E continuiamo a evolvere e a fare in modo che l'Ucraina abbia le capacità di cui hanno bisogno per essere efficaci", ha ammesso una fonte militare americana, negando che aspetti burocratici abbiano rallentato il processo di adeguamento.
"Non sto dicendo che nessuno se ne preoccupava prima, ma ora stanno iniziando a preoccuparsene", sottolinea un militare ucraino. Soprattutto perché quello che accade sul teatro ucraino, incluse le debolezze dei sistemi americani, arriva anche a Pechino.
In alcuni casi, i produttori hanno fornito soluzioni nel giro di ore o giorni, ha aggiunto, senza però precisare altro. Fonti militari ucraine precisano che la difesa a Kiev lavora a stretto contatto con il Pentagono su questi temi.
Il problema è acuito dal fatto che in questa guerra, gli ucraini non dispongono delle forze aeree avanzate, come gli F16, e di contromisure elettroniche robuste. Ma le capacità russe comunque rappresentano una fonte di pressione significativa sugli Stati Uniti e i loro alleati nella Nato, costringendoli a continuare a innovare. E una bomba di diametro ridotto, la Gbu-39, ha dimostrato di resistere al disturbo elettronico. Il 90 per cento degli ordigni sganciati raggiunge l'obiettivo. Proprio a causa delle dimensioni ridotte.
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Hamas: “Ostaggi uccisi in raid Israele, ecco come...
Nel filmato si vedono i familiari che piangono su una bara
Hamas ha diffuso un nuovo video in cui si vedono i cadaveri di quelli che, riferiscono i miliziani, sono alcuni degli ostaggi che sarebbero stati uccisi nei raid condotti dalle forze israeliane sulla Striscia di Gaza. Lo riporta l'emittente al-Jazeera. ''Chiedete a Netanyahu e al suo governo quali sono le loro identità e i loro nomi'', si legge nel testo diffuso in arabo, ebraico e inglese. ''Possono dirvi tutto perché li conoscono bene'', prosegue il messaggio. ''Ecco come li riporteranno indietro'', aggiunge il video, mostrando una foto di famiglie israeliane che piangono su una bara.
Esteri
Incontro Tajani-premier Anp: “L’Italia riparte...
La presidente del Consiglio: "Sostegno a tutti gli sforzi per un cessate il fuoco sostenibile". Stanziati 35 milioni di euro per finanziamenti a favore della popolazione di cui 5 milioni per l'Agenzia per i rifugiati
L'Italia riparte con i finanziamenti all'Unrwa. Lo ha annunciato oggi, 25 maggio, il vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani incontrando alla Farnesina il primo ministro e ministro degli Esteri e degli Emigrati dell’Autorità Palestinese, Mohammed Mustafa. Il premier palestinese è poi stato ricevuto a Palazzo Chigi dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
"Sostegno per cessate il fuoco sostenibile"
"Sostegno italiano a tutti gli sforzi in atto per un cessate il fuoco sostenibile, il rilascio di tutti gli ostaggi nelle mani di Hamas e un salto di qualità nell’assistenza umanitaria alla popolazione di Gaza". E' quanto ribadito dalla premier Giorgia Meloni che ha ricevuto oggi, 25 maggio, il primo ministro palestinese, Mohammed Mustafa.
Durante il faccia a faccia, fa sapere una nota di Palazzo Chigi, "è stato sottolineato il forte impegno italiano a favore della popolazione civile di Gaza anche attraverso ulteriori finanziamenti per l’iniziativa 'Food for Gaza'". Nel corso del colloquio con il premier palestinese "Meloni ha ribadito la necessità di riavviare un processo politico che conduca a una pace duratura basata sulla soluzione dei due Stati".
"Ruolo ponte per l'Italia"
"L’Italia, grazie alle sue posizioni equilibrate - ha sottolineato il ministro degli Esteri Tajani - vuole svolgere un ruolo di ponte e lavorerà con sempre maggiore intensità affinché si chiuda questa fase dello scontro militare a Gaza. In questo si inserisce la visita a Roma del primo ministro palestinese, che è la prima in Europa dal suo insediamento. Ho informato Mustafa - ha aggiunto Tajani - che il Governo ha disposto nuovi finanziamenti a favore della popolazione palestinese, per un totale di 35 milioni di euro, che vanno ad aggiungersi a quanto già fatto in risposta alla crisi. Di questi, 5 milioni saranno destinati a Unrwa: a seguito del lavoro svolto dalla Commissione indipendente presieduta dall’ex ministra francese Colonna e delle misure a tutela del principio di neutralità, l’Italia ha deciso di riprendere a finanziare specifici progetti destinati all’assistenza ai rifugiati palestinesi, ma solo dopo controlli rigorosi che garantiscano che neanche un centesimo possa rischiare di finire al sostegno al terrorismo", mentre 30 milioni di euro saranno dedicati all’iniziativa 'Food for Gaza'.
30 milioni a 'Food for Gaza'
Nel corso del colloquio, Tajani ha infatti annunciato che, dopo i primi due pacchetti di aiuti da 20 milioni già stanziati, il Governo ha deciso di predisporre un nuovo, terzo pacchetto che, dai 20 milioni già decisi nelle scorse settimane, si è disposto di incrementare a 30 milioni di euro. L’iniziativa 'Food for Gaza', che il vicepremier aveva presentato al ministro degli Esteri israeliano Katz durante la sua visita a Roma del 7 aprile, è stata attivata in coordinamento con Fao, Pam e Ficross per portare un aiuto concreto, in termini di sicurezza alimentare, alla popolazione palestinese.
Si tratta di un ulteriore sostegno che si aggiunge al lavoro fatto dall’Italia sul fronte umanitario durante gli scorsi mesi per esfiltrare dalla Striscia di Gaza 156 cittadini palestinesi, tra cui 58 minori feriti che hanno beneficiato in Italia delle cure dei nostri ospedali e relativi accompagnatori. Rimane attiva in parallelo la collaborazione con gli Eau dal punto di vista medico con l'invio di personale italiano negli Emirati Arabi Uniti, dove i nostri medici hanno contribuito a visitare e operare alcuni pazienti pediatrici con gravi traumi, trasportati da Gaza.
"Soluzione due popoli due Stati attraverso processo politico"
“Noi crediamo che sia necessario lavorare alla soluzione 'due popoli, due Stati' nella cornice di un più ampio processo politico che porti alla pace, frutto di un’azione regionale coordinata, con un forte appoggio della comunità internazionale. È essenziale affrontare sia l’emergenza umanitaria del popolo palestinese e le sue legittime aspirazioni ad avere un proprio Stato, sia le altrettanto legittime esigenze di sicurezza di Israele. La creazione di uno Stato palestinese deve essere parte integrante di tale percorso”, ha dichiarato il Vice Presidente.
Tajani ha ribadito che l’Italia continuerà ad assicurare, come nel passato, il pieno sostegno all’Autorità Palestinese e al suo rafforzamento, come dimostrano le iniziative per lo sviluppo di capacità autonome nel settore della governance e della sicurezza.