Esteri
Israele-Hamas, ambasciatore Iran a Roma: “Non...
Israele-Hamas, ambasciatore Iran a Roma: “Non vogliamo un’escalation della guerra”
"Sbaglia chi pensa che il problema si risolverà con Gaza senza Hamas"
L'Iran "non dà ordini a Hezbollah" e non vuole un'escalation della guerra in Medio Oriente, lavora "fin dall'inizio" per ridurre le tensioni e ritiene fondamentale per la soluzione di questa crisi "fermare la macchina da guerra" israeliana. Sempre con l'obiettivo di "affermare i diritti della nazione palestinese oppressa" ed "istituire uno Stato palestinese indipendente". E' quanto dichiara in un'intervista all'Adnkronos l'ambasciatore della Repubblica islamica dell'Iran a Roma, Mohammad Reza Sabouri, che spiega la posizione di Teheran sul conflitto, all'indomani della fine della tregua e della ripresa dei combattimenti che, parola di Hamas, hanno già provocato 240 morti tra i palestinesi della Striscia.
"Dal nostro punto di vista Hamas è un'organizzazione di liberazione nazionale legittima secondo il diritto internazionale. Nessuno può ignorare la realtà di Hamas, che è anche un pensiero e un'idea contro il compromesso e contro la violazione dei diritti del popolo palestinese. L'idea e la fede di Hamas scorrono nel sangue della Nazione palestinese. Si sbaglia di grosso chi pensa che il problema si risolverà con Gaza senza Hamas", indica l'ambasciatore, che evidenzia le "iniziative serie" e le "misure immediate" adottate dall'Iran per "prevenire l'escalation" del conflitto, citando "negoziati approfonditi a
livello di ministro degli Esteri e presidente della Repubblica sotto forma di viaggi, contatti telefonici e messaggi a vari interlocutori, regionali e internazionali e soprattutto l'allineamento con i Paesi amici". Secondo il diplomatico, "c'è la convinzione che l'unica soluzione a questa crisi sia affermare i diritti della Nazione palestinese oppressa e fermare la macchina da guerra del regime sionista".
Sabouri respinge l'accusa, mossa dai governi di Tel Aviv e Washington, secondo cui la Repubblica islamica è dietro gli attacchi delle milizie Houthi contro lo Stato ebraico e dei gruppi armati sciiti in Iraq e Siria contro obiettivi statunitensi. "Netanyahu utilizza il vecchio espediente della proiezione per nascondere il suo fallimento contro gli attacchi della resistenza palestinese, per distrarre le menti degli israeliani da questo vergognoso fallimento e poter beneficiare maggiormente dell'aiuto militare dei suoi alleati, adducendo come pretesto l'Iran e gli amici dell'Iran", spiega l'ambasciatore, secondo cui "il comportamento dei gruppi di resistenza è la reazione naturale all'occupazione, ai crimini di guerra e al genocidio che Netanyahu perpetra nei territori palestinesi occupati e a Gaza".
Il diplomatico chiarisce che Teheran non dà ordini a questi gruppi armati, che "non ci interpellano" e "adottano in autonomia le proprie decisioni". Anche Hezbollah, prosegue Sabouri, che è "amico" dell'Iran e con cui "abbiamo rapporti molto stretti", "non prende ordini" da Teheran, che "non conosce le valutazioni dietro le sue politiche. Ma la nostra forte convinzione è che Hezbollah sia un'organizzazione politica e militare nazionale in Libano, creata per difendere la terra del Libano dall'invasione del regime sionista e che adotta ed implementa le soluzioni che ritiene necessarie sulla base delle istanze fondamentali delle loro politiche".
Sull'eventuale ruolo avuto dall'Iran nei negoziati sul cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, l'ambasciatore sottolinea che la Repubblica Islamica, pur accogliendo "favorevolmente" l'istituzione di una tregua umanitaria a Gaza come primo passo per "fermare i crimini di guerra del regime sionista", considera questa evoluzione il risultato di decine di giorni di "ininterrotta resistenza del popolo e dei combattenti palestinesi. Come ha sottolineato il nostro ministro degli Esteri, sono in corso negoziati per stabilire un cessate il fuoco permanente con il rilascio di tutti i prigionieri palestinesi e fin dall'inizio, l'Iran ha perseguito il rilascio degli ostaggi, in particolare degli ostaggi palestinesi detenuti dal regime israeliano".
"Purtroppo il regime sionista ha trovato il coraggio di commettere qualsiasi tipo di crimine con il sostegno globale dei Paesi occidentali e continua a farlo", aggiunge Sabouri, rimarcando che l'Iran ritiene che l'unico modo per avere stabilità e pace nella regione alla luce della crisi palestinese sia indire un referendum tra tutti i palestinesi che vivono dentro e fuori la Palestina e istituire "uno Stato palestinese indipendente in quelle terre". Soluzioni diverse da questa "non possono funzionare poiché ignorerebbero i diritti del popolo palestinese la cui terra è stata invasa e occupata", conclude.
Esteri
Usa, Urbinati (Columbia): ”La rettrice ha scatenato...
La docente di Teoria politica difende la protesta pacifica degli studenti e sostiene il dialogo senza toni aggressivi in spazi dedicati. Occorre portare avanti una trattativa che permetta il ritorno alla normalità ed eviti un grave danno di immagine per il campus, sostiene.
E' stata una ''reazione folle'' quella della rettrice della Columbia University, Nemat Shafik, di chiamare la polizia per rimuovere la manifestazione studentesca contro Israele. ''Era una protesta pacifica, fatta a suon di rap con giochi, canti e balli'', ma lei ''l'ha trasformata in un inferno''. Per fortuna, anche grazie ''a un documento di appello al dialogo che ho firmato anche io'', ora ''il clima è molto cambiato'' e si è aperto ''un tavolo di trattativa e negoziazione tra i rappresentanti degli studenti, il corpo docente, i dipendenti e l'ammnistrazione dell'università''. L'obiettivo è quello di rientrare in un ''clima di trattativa per riportare la normalità'', altrimenti ''c'è il rischio che salti il semestre'', ma ''nessuno vuole che si arrivi a tanto, sarebbe un danno di immagine incredibile, una rovina enorme''. Nadia Urbinati, che dal 1996 insegna Teoria politica alla Columbia University di New York, racconta ad Adnkronos dall'interno le contestazioni. ''Si tratta di un accampamento pacifico, gli studenti sono molto più moderati della rettrice, ma sono stati trattati da criminali e questo non è possibile'', ha aggiunto Urbinati.
Lei stessa ha avuto contatti con gli studenti, ''hanno scritto un documento bellissimo e molto moderato rivolto alla rettrice che ho firmato insieme a colleghi del mio dipartimento. Un documento in cui chiedevano di tenere in considerazione il problema della violenza che si amplifica se si chiama la polizia''. Tra i suoi studenti, racconta, ''uno che aveva fatto con me un corso sulla retorica è stato arrestato ieri per uso sconsiderato del linguaggio. Ha detto che i sionisti dovrebbero sparire dalla faccia della terra... Ma a parte questo caso nessuno mio studente è stato sospeso o arrestato''. Sottolineando che ''il 20 per cento degli studenti della Columbia arrestati sono ebrei'', Urbinati racconta anche il caso di ''uno studente ebreo israeliano che ha chiesto di non venire in classe per non attraversare il campus in quanto si sente a disagio''. La sua richiesta è stata accolta, ''un caso eccezionale risolto permettendogli di seguire le lezioni tramite Zoom''.
Urbinati racconta poi che in questi giorni hanno visitato la protesta al campus ''il rappresentante repubblicano e quello democratico. Entrambi sono stati ottusamente arroganti. L'esponente repubblicano ha proposto di chiamare guardia nazionale, il che avrebbe riportato il campus a livelli raggiunti solo nel '68''. Secondo la politologa, quindi, è stata ''la rettrice che ha radicalizzato'' la manifestazione. Shafik, spiega Urbinati, ''è alla Columbia da nove mesi e si è dimostrata molto inadeguata. Viene dal mondo delle finanza e ha dimostrato totale incapacità di comprendere che qui non si tratta di dipendenti di una banca, ma di persone varie con le quali occorre entrare in contatto''. E invece, durante la protesta, ''la rettrice è rimasta sempre chiusa nel suo ufficio o nella sua casa. Non ha mai interagito con gli studenti''.
L'auspicio, ora, è che ''vengano messi a disposizione degli spazi, delle aule, dove poter proseguire il dibattito sulla guerra e sui rapporti con Israele''. Perché, prosegue Urbinati, ''se c'è libertà di insegnamento, se si studiano argomenti come la guerra e la pace, gli stati nazione, è evidente che ne esca un dibattito''. Anzi, aggiunge, ''ben venga il dialogo e la riflessione promossi dagli studenti, certo senza usare toni aggressivi''.
Esteri
Elezioni Usa, Biden prende in giro Trump: “Sono in...
Durante la cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca
''Sono un uomo adulto e sono in corsa contro un bambino di sei anni''. Così il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha preso il giro l'ex inquilino della Casa Bianca e suo rivale alle prossime elezioni americane Donald Trump. ''L'unica cosa che abbiamo in comune è l'età'', ha aggiunto Biden durante la cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca. Anche se, età anagrafica alla mano, Biden ha 81 anni contro i 77 di Trump. ''Le elezioni del 2024 sono in pieno svolgimento e sì, l'età è un argomento - ha detto Joe Biden - Sono un adulto che corre contro un bambino di sei anni''.
Molti gli ospiti illustri, giornalisti e celebrità presenti all'hotel Hilton di Washington mentre all'esterno un centinaio di manifestanti hanno scandito slogan contro la guerra di Israele nella Striscia di Gaza e sventolato una bandiera palestinese lunga diversi metri. Ma all'interno il conflitto in Medioriente non è stato al centro della scena, soppiantato appunto dalle battute sull'età dei candidati alla presidenza Usa.
Esteri
Re Carlo torna agli impegni pubblici, martedì la visita a...
Buckingham Palace: "Medici incoraggiati dai suoi progressi"
Buckingham Palace mette fine alle congetture sullo stato di salute di Re Carlo. Il sovrano, malato di cancro, da martedì riprenderà i suoi impegni pubblici. Con la regina Camilla si recherà in visita a un centro di cure per i tumori. "Il team medico di Sua Maestà - fa sapere una nota della Casa Reale - è molto incoraggiato dai progressi compiuti finora e rimane positivo quanto al continuo recupero del re".