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La street artist Vera Bugatti firma il suo primo murale su una casa privata

In un’inedita cornice, l’artista di origini bresciane Vera Bugatti ha creato il suo primo murale su un’abitazione privata. Questa è la prima volta che l’artista realizza un’opera su commissione al di fuori di un contesto legato a festival d’arte urbana o eventi culturali. Il murale si trova a Villa Carcina, in via Canossi 20, proprio di fronte al cimitero comunale.

Un’opera ricca di simbolismo e significati

L’opera ritrae una giovane viaggiatrice che porta con sé una volpe nello zaino, un libro nella mano e un pettirosso appoggiato sul bastone da passeggio. Secondo l’artista, gli animali rappresentano un messaggio profondo: “La volpe e il pettirosso abitano le nostre montagne – sono simboli di rinascita e di rinnovamento ma soprattutto della necessità di tornare ad un rapporto sano ed empatico con la natura, spesso saccheggiata e deturpata”.

In particolare, Bugatti fa notare che la volpe è al sicuro nello zaino, mentre la porta della casetta di legno è troppo piccola per il pettirosso e il ramo è spoglio, ad eccezione delle poche foglie verdi che sembrano essere create dalla mano della ragazza.

Una commissione inaspettata

Il murale è stato commissionato dai proprietari dell’abitazione, due famiglie che hanno scelto di condividere la casa e che hanno concesso all’artista carta bianca nella realizzazione dell’opera. La scelta dell’iconografia è stata influenzata dal crescente impegno dei giovani in tutto il mondo nella difesa dell’ambiente, un tema che è diventato oggetto di dibattito pubblico negli ultimi anni.

L’opera di Vera Bugatti sottolinea l’importanza di un rapporto empatico e rispettoso con la natura e celebra il ruolo fondamentale dei giovani nelle mobilitazioni a difesa dell’ambiente, diventando così un simbolo di speranza e di rinnovamento per la comunità locale.

Foto di Andrea Zampatti – www.verabugatti.it

Animato da un’indomabile passione per il giornalismo, Junior ha trasceso il semplice ruolo di giornalista per intraprendere l’avventura di fondare la sua propria testata, Sbircia la Notizia Magazine, nel 2020. Oltre ad essere l’editore, riveste anche il ruolo cruciale di direttore responsabile, incarnando una visione editoriale innovativa e guidando una squadra di talenti verso il vertice del giornalismo. La sua capacità di indirizzare il dibattito pubblico e di influenzare l’opinione è un testamento alla sua leadership e al suo acume nel campo dei media.

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Attualità

Bonus Natale 2024: Un aiuto concreto per i lavoratori...

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Manca poco a Natale e come ogni anno, le spese si accumulano e i bilanci familiari diventano più difficili da gestire. Proprio per questo arriva una notizia interessante per moltissimi lavoratori dipendenti in Italia: il Bonus Natale 2024. Si tratta di un contributo di 100 euro, una tantum, pensato per chi si trova in una determinata fascia reddituale e ha almeno un figlio a carico. E non parliamo solo della consueta tredicesima mensilità ma di un sostegno extra, di cui vale sicuramente la pena sapere di più.

Cos’è questo Bonus Natale 2024?

Allora, facciamola semplice: il Bonus Natale è un aiuto economico di 100 euro, che va a chi ha certi requisiti. Niente di complicato, solo un modo per dare una mano a quelle famiglie che, diciamocelo, a Natale si trovano con un sacco di spese extra – tra regali per i bambini, cenoni e chi più ne ha più ne metta – e magari non se la passano benissimo economicamente. Chi rispetta i requisiti si vedrà arrivare questo contributo direttamente in busta paga, insieme alla tredicesima, giusto per avere un po’ di respiro finanziario in più durante le feste.

Il Bonus Natale 2024 è stato pensato proprio per questo: dare un piccolo aiuto extra a chi ne ha davvero bisogno. Non è per tutti, no, è per chi fatica di più a far quadrare i conti. Insomma, un modo per rendere il Natale un po’ meno pesante, soprattutto per quelle famiglie italiane con entrate medie o medio-basse.

Chi può richiedere il Bonus: Requisiti essenziali

Vediamo subito a chi è rivolto questo Bonus e quali sono i requisiti da rispettare per poter accedere al contributo. Sono tre i punti fondamentali:

  1. Requisito reddituale: Allora, il bonus va a chi, nel 2024, ha avuto un reddito complessivo non superiore a 28.000 euro. Insomma, l’idea è di dare una mano a chi sta in una fascia di reddito media o medio-bassa, quelli che sentono più di tutti il peso delle spese natalizie.
  2. Situazione familiare: Serve avere almeno un figlio fiscalmente a carico. Questo è uno degli aspetti più importanti: non è solo per chi è sposato ma anche per i genitori single e le coppie di fatto. Una scelta che amplia il raggio dei possibili beneficiari, includendo anche quelle famiglie che convivono e hanno dei figli, senza essere formalmente sposati.
  3. Capienza fiscale: Infine, bisogna verificare di avere una capienza fiscale sufficiente, cioè che l’imposta lorda sui redditi da lavoro dipendente sia superiore alle detrazioni spettanti. Questo è un aspetto un po’ tecnico ma serve per garantire che il bonus arrivi davvero a chi paga le tasse e ha un carico fiscale concreto da sostenere.

Come fare per ottenerlo?

Se state pensando di fare domanda, ecco cosa c’è da sapere. Il Bonus Natale non arriva in automatico, quindi, ecco che tocca ai lavoratori fare un po’ di burocrazia. Bisogna presentare una dichiarazione al datore di lavoro. Sì, una specie di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, in cui si dice di avere tutti i requisiti richiesti, incluso il codice fiscale dei figli a carico. Non è complicato ma serve farlo.

Ma attenzione alle scadenze:

  • Per i dipendenti pubblici, il termine è fissato per il 22 novembre 2024 alle ore 12:00. Serve rispettare questa data per permettere agli enti pubblici di elaborare correttamente i pagamenti.
  • Per quanto riguarda i dipendenti privati, invece, la scadenza può variare a seconda delle indicazioni del datore di lavoro. In ogni caso, è sempre meglio muoversi per tempo.

Altri dettagli pratici

Non tutti sanno che il bonus di 100 euro è proporzionato ai giorni di lavoro svolti durante il 2024. Quindi, se avete lavorato solo una parte dell’anno, l’importo sarà ridotto. Non è un contributo fisso per tutti ma cambia a seconda della vostra situazione lavorativa.

E per chi, purtroppo, non riuscisse a presentare la domanda in tempo? Niente paura. In questo caso, il Bonus può essere recuperato nella dichiarazione dei redditi per l’anno 2025. È una sorta di seconda chance per chi non è riuscito a fare tutto entro la scadenza: l’importo può essere richiesto come detrazione fiscale, evitando così di perdere questo piccolo aiuto.

Perché questo Bonus è importante?

Si potrebbe pensare: 100 euro sono davvero così importanti? La risposta è sì, soprattutto quando consideriamo il periodo dell’anno. Il Natale è uno dei momenti in cui le famiglie italiane spendono di più, tra regali, cene, spostamenti e attività con i bambini. Ricevere questo contributo insieme alla tredicesima può fare la differenza e rappresenta un modo per affrontare le spese senza troppa ansia. Non è molto, certo, ma in un periodo come questo, ogni aiuto conta.

In più, questo bonus è parte di un piano più ampio che cerca di alleviare la pressione fiscale sui lavoratori dipendenti con figli. Negli ultimi anni, sono state diverse le misure di sostegno proposte, ma questa sembra essere pensata per arrivare direttamente nelle tasche di chi ne ha davvero bisogno.

Dove trovare ulteriori informazioni

Se siete curiosi e volete saperne di più, l‘Agenzia delle Entrate ha pubblicato una circolare – la n. 19/E del 10 ottobre 2024 – che descrive in dettaglio tutti gli aspetti del Bonus Natale 2024. Potete trovarla direttamente sul loro sito ufficiale (agenziaentrate.gov.it) e è il documento di riferimento per chi vuole essere sicuro di avere tutte le carte in regola.

Questo bonus è una piccola ma significativa iniziativa per tutti quei lavoratori dipendenti italiani che hanno figli a carico e un reddito medio-basso. Un aiuto extra che, messo insieme alla tredicesima, vuole rendere le feste un po’ meno pesanti, un po’ più serene. Quindi, mi raccomando, controllate bene i requisiti e non perdetevi le scadenze: è un’occasione che può davvero fare la differenza, specialmente in un periodo dell’anno dove ogni piccolo contributo può dare una mano.

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Attualità

CDS salva i cervi d’Abruzzo, ON. BRAMBILLA: “Vittoria, ci...

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“I magistrati amministrativi di secondo grado – spiega – hanno riconosciuto la fondatezza del ricorso che era stato respinto in primo grado e hanno ricordato che la Regione potrebbe adottare misure per la prevenzione di incidenti stradali, “come l’apposizione di recinzioni e la realizzazione di attraversamenti faunistici”. Esattamente ciò che propone uno dei miei emendamenti alla legge di bilancio”. Quindi i cervi, per ora, non si toccano.

“La popolazione di cervi in Abruzzo – prosegue la deputata – non ha avuto una “proliferazione anomala”, ma un aumento contenuto per l’abbandono delle terre agricole da parte dell’uomo e l’abbondanza di cibo, in un territorio dove la presenza del lupo fa da naturale contrappeso. I danni agli agricoltori sono tutto sommato limitati – l’anno scorso la Regione ha speso 170 mila euro in indennizzi – e non è neppure certo che gli abbattimenti riducano davvero le perdite nelle colture. Anzi, come dimostrano esperienze pregresse con altre specie, non hanno mai risolto veramente i problemi. Sotto la maschera del piano di contenimento, c’è un programma venatorio a vantaggio dei cacciatori, la lobby più vezzeggiata da tutte le Regioni italiane, del loro divertimento e delle loro casse (i proventi da tariffario andrebbero agli Ambiti territoriali di caccia). Ma il conto vero lo pagherebbe Bambi, con la sua pelle. E tutti noi diventeremmo più poveri”.

“Ringrazio perciò, una per una – conclude – tutte le personalità dello spettacolo e della cultura che hanno accolto l’invito della nostra LEIDAA e del nostro movimento culturale “La coscienza degli animali” a rivolgere alla Regione Abruzzo un accorato appello per fermare quest’ inutile strage”.

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Attualità

La storia del telefono cellulare: Dal sogno alla...

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Proviamo a immaginare com’era la vita senza i telefoni cellulari. Strano, vero? Oggi sembra quasi impossibile pensarci, ma c’è stato davvero un tempo in cui tutto questo semplicemente non esisteva. Immaginate di voler parlare con qualcuno e dover per forza trovare un telefono fisso, o magari aspettare di tornare a casa per fare quella chiamata. Magari eravate per strada, sotto la pioggia, cercando una cabina telefonica che funzionasse e spesso le monete finivano proprio sul più bello. Niente messaggi veloci, niente videochiamate, niente selfie da mandare al volo. Insomma, era un altro mondo. Nessuna possibilità di prenotare un taxi all’ultimo momento o di chiedere indicazioni semplicemente guardando lo schermo del vostro telefono.

Tutte queste piccole comodità che oggi diamo per scontate, un tempo erano sogni irraggiungibili. Gli smartphone che ormai ci portiamo dietro ovunque sono il risultato di anni di prove, errori, fallimenti e sogni grandi. Ci sono stati momenti di successo, ma anche tanti fallimenti e ognuno di questi ci ha portato più vicini a quello che oggi consideriamo normale. Ma da dove è partito tutto? Andiamo a scoprirlo passo dopo passo, tra storie pazze e momenti epici. Prendetevi un po’ di tempo, la storia è più incredibile di quanto si possa immaginare.

Dove tutto comincia: i primi esperimenti

Allora, la storia del telefono cellulare inizia con tentativi che sembrano quasi pazzie. Parliamo degli anni ’40, quando c’erano questi pionieri, veri e propri visionari, che facevano esperimenti senza neanche sapere se sarebbero riusciti. Tutto comincia nei laboratori della Bell Labs, una divisione di AT&T. Immaginate questi scienziati, chiusi in stanze piene di cavi e valvole, roba strana che forse manco noi capiremmo. Già negli anni ’40, stavano provando a inventare qualcosa che somigliasse alla telefonia mobile. Ma lasciate perdere: era tutto rudimentale, un disastro. Nel 1946, Bell mise insieme la prima rete mobile, ma non pensate ai cellulari che conosciamo oggi: erano enormi, installati sulle automobili, pesanti e scomodissimi. Altro che metterli in tasca, impossibile!

Nel frattempo, in altre parti del mondo, nessuno stava con le mani in mano. Negli Stati Uniti, la RCA stava facendo esperimenti con nuovi sistemi di comunicazione radio. In Europa, la Plessey cercava di migliorare la copertura e la qualità del segnale. Ma qual era il problema più grande? La “banda”. Non c’era abbastanza spazio per tutte le chiamate, una specie di ingorgo telefonico continuo. L’idea di avere una piccola scatoletta in tasca per parlare con qualcuno dall’altra parte del mondo? Beh, scordatevelo. Era pura fantascienza, un sogno lontanissimo.

Il momento storico: Martin Cooper e il primo vero cellulare

Per arrivare a parlare di telefoni cellulari veri e propri, dobbiamo spostarci negli anni ’70. E qui entra in gioco Martin Cooper, uno di quei tipi che cambiano tutto. Martin Cooper, ingegnere in Motorola, viene ricordato come il “padre” del telefono cellulare. Siamo al 3 aprile 1973 e sapete cosa fa? Prende questo enorme aggeggio, un mattone di nome DynaTAC 8000X, pesante come un dannato chilo e chiama il suo rivale, Joel Engel di Bell Labs. Una cosa tipo: “Hey Joel, ce l’abbiamo fatta!”. Provate a immaginarvi la scena: un telefono che pesava più di una bottiglia d’acqua, con un’autonomia ridicola di 30 minuti dopo 10 ore di ricarica… eppure, era magia pura.

Cooper e il suo team ci avevano messo l’anima in quel progetto. Tre anni di ricerca, prove e tanti problemi da risolvere. Dovevano capire come rendere più piccoli tutti quei componenti elettronici, come far sì che la batteria durasse abbastanza da fare almeno una chiamata decente. Non era facile, affatto. Ma alla fine ce l’hanno fatta. Quel giorno d’aprile ha cambiato tutto. La telefonia mobile, che fino a quel momento sembrava da film di fantascienza, stava diventando realtà.

Gli anni ’80: la prima commercializzazione

Dopo quella chiamata epica di Cooper, passano altri dieci anni… dieci anni! Prima che il primo cellulare vero e proprio finisse nelle mani del pubblico. Arriva il Motorola DynaTAC 8000X, nel 1983. E sapete qual era il prezzo? Tenetevi forte: circa 4.000 dollari. Cioè, una piccola fortuna per quei tempi, roba da pochi eletti. E infatti, nonostante il prezzo assurdo, il DynaTAC diventò subito un simbolo di status. Lo vedevi nelle mani di uomini d’affari e di quei pionieri digitali pieni di soldi che volevano far vedere che erano avanti.

E questi telefoni, in quegli anni, erano proprio dei mattoni: enormi, pesanti, con pochissime funzioni. Facevano una cosa sola e facevano pure fatica: le chiamate vocali. Niente messaggi, niente app, niente fotocamere. Praticamente era un telefono fisso, ma senza il filo, che però potevi portarti dietro… sempre che avessi abbastanza forza per farlo!

Il boom degli anni ’90: GSM e la democratizzazione del cellulare

Gli anni ’90… che anni! I telefoni cellulari cambiarono completamente. Le vecchie reti analogiche? Un disastro: limitate, piene di interferenze. Piano piano, però, queste reti vennero sostituite dal GSM (Global System for Mobile Communications) e fu un vero punto di svolta. Era il 1991 e l’Europa per prima disse: “Facciamo qualcosa di diverso, rendiamo queste reti standard per tutti!”. E il GSM permise proprio questo: ora potevi usare il cellulare anche fuori dai confini del tuo Paese. Tutto questo fece decollare la produzione di massa e i costi iniziarono a scendere. Fu un momento decisivo.

E poi, sempre negli anni ’90, i telefoni stessi cominciarono a cambiare aspetto: sempre più piccoli, leggeri e finalmente un po’ meno costosi. Nokia, Ericsson e altri brand iniziarono a creare modelli che non erano più dei mattoni, ma qualcosa che la gente poteva usare senza troppi problemi. Chi se lo dimentica il Nokia 3210, uscito nel 1999?? Quello sì che era un telefono: robusto, con il mitico Snake che ci ha fatto perdere ore intere. Subito un successo tra giovani e adulti, un pezzo di storia.

Ma già qualche anno prima, nel 1996, Motorola aveva fatto parlare di sé con un altro colpo di genio: il Motorola StarTAC. Il primo telefono a conchiglia, piccolo, leggero, finalmente qualcosa che potevi davvero infilare in tasca senza sembrare un cyborg. Era un simbolo, un oggetto che faceva dire a tutti: “Wow, guarda che roba!”. Non era solo pratico, era figo. La gente impazziva per questo telefono. Non più un mattone, ma qualcosa di davvero portatile. Il StarTAC ha segnato un passaggio importante, quasi un anticipo dei telefoni moderni. È stato un successo enorme e ha dato il via a tutto ciò che è venuto dopo.

E poi, il Nokia 3310… chi non se lo ricorda? Snake, la resistenza infinita, cadute che avrebbero distrutto qualsiasi altra cosa, ma non lui! Era diventato un’icona e senza dubbio ha contribuito alla diffusione dei cellulari come pochi altri modelli.

E poi, negli anni ’90, c’è un’altra piccola rivoluzione. Gli SMS. Sì, i messaggini. Allora, pensate un attimo: il primo messaggio di testo venne mandato nel 1992. Sì, era un semplice “Merry Christmas”. Roba semplice, niente di epico. Mandato da un computer a un cellulare. Una cosa piccola, ma se ci pensate bene, era l’inizio di qualcosa di enorme. Niente di che, vero? Ma fu solo l’inizio. Da lì in poi, i messaggi di testo diventano uno dei modi più popolari per comunicare. Un “dove sei?”, un “ti voglio bene”, tutto in pochi caratteri. Qualcosa che cambia le relazioni, il modo di parlare, tutto quanto.

Gli anni 2000: la nascita degli smartphone

E poi, eccoci agli anni 2000. Il cellulare smette di essere solo per chiamare. Diventa molto di più. Iniziano a chiamarli smartphone. La vera svolta arriva con il BlackBerry: email sul telefono, internet sempre con te. Nokia, ovviamente, non rimane a guardare. Nel 1996 lancia il Nokia Communicator, qualcosa che cercava di unire le funzionalità di un computer con un telefono. Era strano, ma era un inizio. Un tentativo di fare qualcosa di diverso, di innovativo. E non era l’unico. Tutti volevano essere i primi a creare il vero smartphone.

Ma il vero spartiacque? Beh, arriva nel 2007. E chi c’era? Steve Jobs. Sale sul palco e presenta al mondo l’iPhone. Una presentazione pubblica e il pubblico resta senza parole. Jobs tira fuori questo dispositivo e non è solo un telefono: è un lettore musicale, un navigatore, tutto in uno. La reazione? Incredibile, la gente impazzisce. L’entusiasmo è immediato, le notizie esplodono ovunque, tutti ne parlano. Non è solo un salto tecnologico, è un fenomeno culturale.

La gente fa la fila fuori dagli Apple Store, ore e ore, persino giorni interi, pur di essere tra i primi a metterci le mani sopra. Questo dispositivo segna davvero l’inizio di qualcosa di nuovo, l’era degli smartphone. Cambia per sempre il nostro modo di vivere la tecnologia. Non era solo un telefono, era tutto: una fotocamera, un lettore musicale, un navigatore. Un piccolo computer in tasca, con quella interfaccia touch che cambiava tutto. L’iPhone ridefinisce cosa significa avere un cellulare. E poi, arriva l’era degli app store: puoi scaricare funzionalità, giochi, strumenti di lavoro, social network. Un mondo tutto nuovo e tutto a portata di mano.

Le reti 3G e 4G: connessione sempre più veloce

Ma, diciamocelo, uno smartphone senza una rete come si deve, non avrebbe cambiato molto. E qui entra in gioco il 3G. Prima, navigare in internet era una roba da matti, lento come una tartaruga. Poi arriva il 3G e finalmente la navigazione diventa qualcosa di sopportabile, più fluida, più veloce. Ma non ci fermiamo lì. Dopo un po’, ecco il 4G. Era il 2010 e all’improvviso tutto cambia ancora. Streaming di video in alta definizione, applicazioni che divorano dati senza problemi. E così il cellulare non era più solo per fare chiamate o mandare messaggini. No, diventava lo strumento per guardare contenuti multimediali, Youtube, Netflix, tutto a portata di mano. Insomma, lo smartphone diventa una finestra vera e propria sul mondo.

I giorni nostri: 5G e il futuro del cellulare

Oggi siamo nell’era del 5G. Roba veloce, velocissima. Promette cose mai viste prima, tipo la realtà aumentata, la realtà virtuale e poi tutte quelle applicazioni avanzate per l’Internet delle Cose. Pensateci un attimo: i telefoni di oggi, tipo gli ultimi iPhone o Samsung Galaxy, sono praticamente dei supercomputer che fanno sembrare i computer usati per andare sulla Luna negli anni ’60 delle calcolatrici giocattolo. Assurdo, no?

E il futuro? Dove andremo a finire? Qualcuno dice dispositivi indossabili, roba da tenere addosso tutto il tempo. Occhiali smart, auricolari che non ti togli mai, sempre connessi, senza neanche dover tirare fuori il telefono dalla tasca. Oppure, cose ancora più folli: chip sottopelle, comunicazione invisibile. Magari l’intelligenza artificiale farà tutto per noi, senza nemmeno accorgercene. Chissà… sembra fantascienza, ma piano piano, ci stiamo arrivando davvero.

Un cambiamento culturale profondo

Il telefono cellulare non ha solo cambiato come comunichiamo, ha stravolto il modo in cui viviamo. Negli anni ’80 era un affare per businessman, roba da gente con la valigetta. Poi, anni ’90 e 2000, boom: diventa un oggetto di massa, ce l’avevano tutti. E oggi? Beh è praticamente un pezzo di noi, una estensione del nostro corpo. Pensateci: quante volte al giorno lo controllate? È il nostro calendario, ci dice dove andare, ci fa da macchina fotografica, ci tiene in contatto con tutti. Non possiamo farne a meno.

Questa rivoluzione del cellulare è stata così profonda che ha cambiato tutto: cultura, relazioni, persino la psicologia. Ci ha reso dipendenti, ma allo stesso tempo ci ha dato opportunità incredibili di connessione e accesso all’informazione. Insomma, è una lama a doppio taglio. Ha cambiato le regole del mondo del lavoro, permettendo il remote working e nuove forme di business.

Un viaggio incredibile che continua

La storia del telefono cellulare è fatta di tutto: innovazione continua, tentativi assurdi, fallimenti, sogni, successi… un mix di tutto. Immaginate Martin Cooper, nel 1973, che chiama il suo rivale con un apparecchio enorme, un “mattone” che pesava un chilo. E da lì, passo dopo passo, errori su errori, alla fine siamo arrivati ai dispositivi di oggi, quelli che ti porti in tasca e sono più potenti di un computer da tavolo di vent’anni fa. È stato un viaggio lungo, strano, pieno di colpi di scena. Affascinante, insomma.

Ma non è finita qui: il viaggio continua. Ogni anno vediamo nuove funzionalità, nuove tecnologie, nuovi modelli. E chissà come sarà il telefono cellulare tra venti o trent’anni. Forse non avremo nemmeno più bisogno di un “telefono” come lo intendiamo oggi. Forse comunicheremo direttamente con la nostra mente. O forse torneremo a riscoprire il piacere della conversazione faccia a faccia, senza schermi a separarci.

D’ora in poi potrebbe succedere qualsiasi cosa. Ma una cosa è sicura: il cellulare, un oggetto che abbiamo sempre in tasca, ha davvero cambiato tutto. Una svolta epocale. Siamo solo all’inizio e questa tecnologia, non sappiamo neanche dove ci porterà ancora. Siamo all’alba di qualcosa di enorme e ci stiamo solo scaldando i motori.

Il telefono cellulare non è solo tecnologia, è l’evoluzione di un sogno che ha cambiato il nostro modo di vivere, comunicare e sognare il futuro.” – Junior Cristarella

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