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Salute e Benessere

Il Medico risponde: La temibile allergia a vespe, api e...

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Il Medico risponde: La temibile allergia a vespe, api e calabroni

“Il Medico risponde”

La temibile allergia a vespe, api e calabroni

DOMANDA

Salve Professore.
Grazie del tempo che dedica lei e dedicate tutti voi di Sbircia a tutti noi lettori.
Forse la mia mail potrà sembrarle sciocca, ma vorrei per favore sapere se è vero che ci sono persone allergiche alle temibili vespe, alle api, ai calabroni. Mi potrebbe chiarire e “acculturarmi^^” in tutto e per tutto in merito a questo argomento. Mi risponda per favore. Grazie. Aspetto la sua ricca mail.
Vittorio E. Pordenone

RISPOSTA

A cura del Dr. Ferdinando Martinez

ATTENZIONE: "Le informazioni contenute in questa rubrica medica, non devono ASSOLUTAMENTE, in alcun modo, sostituire il rapporto Medico di Famiglia/Assistito. Si raccomanda per buona regola, di chiedere SEMPRE il parere del proprio Medico di Famiglia, o Specialista di fiducia, il quale conosce in dettaglio la storia clinica del proprio Paziente. La nostra rubrica, non avendo fatto un'anamnesi di chi ci scrive, impossibile online, ha il solo ed esclusivo scopo  informativo, decliniamo quindi tutte le responsabilità nel mettere in pratica qualsiasi chiarimento o indicazione riportata al solo scopo esplicativo e divulgativo. Qualsiasi domanda umanamente  intrattabile via web, verrà automaticamente cestinata. Grazie per la gentile comprensione."

Salve Vittorio, grazie a lei per averci preferito… No, assolutamente, la sua mail non è affatto sciocca, anzi al contrario e la rispondo volentieri con la speranza che la mia mail sia “ricca” come lei simpaticamente richiede.
Sappia che, la cosiddetta allergia, è l’insieme di particolari eventi che si verificano dopo le punture di vespe, api e altri imenotteri.

Gli imenotteri sono i vespidi (vespe e calabroni) e gli apidi (api e calabrone).
Le reazioni allergiche sono molto spesso dovute alle api (Apis Mellifera) e alle vespe comuni (Vespula o Poliste nelle regioni mediterranee).

Gli incidenti allergici sono legati all’ipersensibilità sviluppata a seguito di uno o più punture avute nel tempo.

Devono essere distinti dagli incidenti tossici il più delle volte legati a una massiccia dose di “avvelenamento” da un gran numero di punture simultanee che variano da 50 a 100. Queste reazioni tossiche possono essere immediate, simili a shock allergico o, ritardate, neurologiche, renali, ematiche.

La frequenza delle reazioni allergiche gravi (anafilattiche) è stimata all’1%. Questa cifra è spesso molto più alta nelle popolazioni di famiglie di apicoltori o apicoltori hobbisti, ma anche im persone comuni.

Essere sensibilizzati al veleno di un imenottero non implica necessariamente il verificarsi di un incidente allergico durante una puntura.

L’istamina è al centro della reazione allergica, una prima puntura di un imenottero provoca la produzione di immunoglobuline di tipo E specifiche che si legheranno alle cellule, i mastociti.

Durante una nuovo puntura, l’allergene (il veleno) si attaccherà alla coppia immunoglobina-mastocisti. Questo porterà alla degranulazione dei mastociti, con conseguente rilascio di mediatori chimici come l’istamina, responsabili di numerose gravi manifestazioni cliniche.

Gli aspetti del veleno degli incidenti allergici sono di varia intensità e gravità. Esistono due tipi di reazioni, una reazione tossica locale e una reazione immunologica.

  • La semplice reazione locale al punto di puntura è normale. Ha forte dolore acuto, arrossamento, prurito, gonfiore e indurimento.
  • La gravità di questo attacco può derivare dalla sua posizione: una puntura nella faringe può causare edema alla gola che può arrivare fino al soffocamento.

Gli incidenti allergici vanno da una reazione locale “estesa”, a una grave reazione generale (anafilattica). Questi incidenti di solito si verificano entro 30 minuti dalla puntura.

La reazione allergica di portata locale si verifica entro 30 minuti dalla puntura e include edema che interessa almeno due articolazioni e dura più di 24 ore.

  • La lieve reazione generalizzata è l’ orticaria un’eruzione cutanea pruriginosa.
  • La reazione generalizzata forte o grave può includere orticaria, gonfiore del viso, difficoltà di respirazione, raucedine, nausea, mal di stomaco, diarrea, vertigini, sensazione di morte imminente.

L’angioedema è un coinvolgimento mucocutaneo che si traduce in dolorose vesciche bianche. L’orticaria superficiale spesso accompagna l’angioedema. La pelle sarà quindi ricoperta di macchie rosse che prudono, si fondono e migrano.

Lo shock anafilattico provoca dilatazione dei vasi sanguigni, calo vertiginoso della pressione sanguigna e broncospasmo, può portare alla morte.

Vittorio, oltre a incidenti allergici immediati, possono verificarsi reazioni successive: neurologiche, renali, ematiche. Nei quindici giorni successivi alla fatidica puntura, possono essere rilevate e descritte le cosiddette reazioni ritardate o semi-ritardate sotto forma di orticaria, artralgia e sintomi neurologici.

Ma sono le reazioni generali immediate che comportano un rischio vitale. Possono verificarsi immediatamente o seguire reazioni locali che aumentano gradualmente ad ogni puntura ricevuta.

  • La prima diagnosi clinica si basa sui test cutanei.
  • L’anamnesi del medico è fondamentale; aiuta a guidare la diagnosi di allergia al veleno di imenotteri. L’identificazione dell’insetto è un passaggio importante ma raramente effettuato.

I test cutanei con diversi veleni sono la fase essenziale della diagnosi, sono preferibilmente effettuati da 4 a 6 settimane dopo l’incidente. Né pericolosi né dolorosi, vengono eseguiti, per ogni veleno, in più concentrazioni, per via cutanea , intradermica.

Vittorio, se un veleno dà una reazione positiva, l’allergia viene confermata e l’insetto pungente viene identificato. A volte più di un veleno può dare un test positivo, a causa di allergia crociata o co-sensibilizzazione. Raramente, i test possono essere falsi negativi in ​​una persona che ha avuto un incidente allergico generalizzato. A volte un test è positivo in qualcuno che non ha mai avuto una reazione, ciò testimonia la sensibilizzazione ma non consente di prevedere una reazione successiva in caso di puntura.

Il passo successivo è la determinazione degli anticorpi allergici nel sangue, immunoglobuline E, IgE, specifiche per il veleno, di solito conferma i risultati dei test cutanei. Altri esami di laboratorio meno usuali possono essere richiesti in caso di difficoltà nell’effettuare la diagnosi.

Vittorio, generalmente, gli insetti responsabili sono gli imenotteri.
Gli imenotteri sono api, vespe, calabroni e bombi, insetti completamente metamorfizzati con quattro ali membranose.

In Italia è più spesso coinvolta la vespa Vespula, a cui si aggiunge la vespa Poliste, soprattutto nella regione mediterranea. L’ape ( Apis Mellifera ) è seconda. Il calabrone ( Vespa Cabro ) è meno spesso coinvolto. L’allergia al calabrone ( Bombus ) è raramente riscontrata eccezionalmente.

Vittorio, l’allergia è specifica a un veleno, cioè il paziente che è allergico al veleno di vespa, in linea di principio, non sarà allergico al veleno d’api. Tuttavia, potrebbero esserci allergie crociate tra due veleni o co-sensibilizzazione.
L’allergia crociata è comune tra la vespa Vespula e il calabrone, ma rara tra la vespa Vespula e la Poliste. È anche raro tra vespa e ape, ma più comune tra ape e calabrone.

L’identificazione dell’insetto che punge è un elemento importante. Le vespe hanno un addome liscio con strisce gialle e nere e il più delle volte non lasciano il pungiglione nella pelle. Le api hanno corpi pelosi, con bande marroni e nere, e lasciano il loro pungiglione appuntito nella pelle.

Il trattamento è commisurato alla gravità della reazione allergica.
I corticosteroidi topici, tipo unguenti corticosteroidi, possono essere applicati alle reazioni locali. Se la lesione è troppo pruriginosa, gli antistaminici orali saranno effettivamente utili.

L’angioedema richiede il ricovero in ospedale, verrà quindi scrupolosamente somministrato un trattamento con corticosteroidi e antistaminici.

Il trattamento dello shock anafilattico è un’emergenza importante assoluta. Impone l’immediata iniezione di adrenalina e il ricovero immediato in una struttura ospedaliera o altro ambiente sanitario specializzato è strettamente necessario.

I pazienti che sanno di essere allergici dovrebbero avere a disposizione una siringa di epinefrina di tipo Anapen. Contiene 0,3 mg di adrenalina. Attenzione, questo autoiniettore, viene rilasciato esclusivamente e soltanto su sorvegliata e attenta prescrizione medica.

Il paziente imparerà a iniettarsi da solo per via intramuscolare, generalmente nella coscia e conserverà il dispositivo a temperatura ambiente. La sua durata ha una scadenza estesa.

Per prevenire una successiva reazione allergica, può essere offerta la desensibilizzazione. Questo trattamento consiste nell’iniettare periodicamente al paziente, piccole dosi di veleno gradualmente crescenti. Questa desensibilizzazione dura dai tre ai cinque anni ed è efficace nell’80% dei pazienti.

Sono necessarie misure di prevenzione primaria, ad esempio, gli sciami di vespe devono essere distrutti; i pazienti allergici dovrebbero evitare di camminare a piedi nudi sull’erba, non utilizzare profumi e rinunciare ai picnic.

Dopo una puntura, il pungiglione deve essere rimosso con attenzione, senza indugio, evitando di premere il sacco del veleno per evitare la sua diffusione. Può essere rimosso con una pompetta apposita o con una pinzetta manuale.

Questa allergia può essere molto grave infatti l’intensità della reazione iniziale a una puntura, l’età della persona e gli imenotteri coinvolti sono i fattori di rischio per una reazione più pericolosa di cui bisogna tenere conto in futuro.

Il rischio di una reazione grave a una nuova puntura, dipende dall’intensità della reazione iniziale. Sarebbe del 5% dopo una reazione locale diffusa, dal 15 al 30% dopo una reazione generale lieve (orticaria) e del 50% dopo una reazione generale grave.

La gravità delle reazioni osservate varia anche con l’età. Nei bambini, sono generalmente lievi o moderati, con decessi in casi eccezionali. Le reazioni sistemiche che portano alla morte si verificano più spesso negli adulti, specialmente negli anziani, probabilmente a causa di malattie cardiovascolari o respiratorie associate.

Anche l’imenottero (vespa, calabrone, ape o calabrone) in questione consente di valutare il rischio. Le reazioni generali sono più frequenti con le api, 50% dei casi, che con le vespe, 24% dei casi. Questa differenza è legata alla quantità di veleno iniettata e ad una diversa composizione dei due veleni.

Il lasso di tempo tra due iniezioni non sembra essere un fattore determinante. Gravi reazioni sistemiche possono essere osservate dopo un intervallo anche di 10 anni.

Una volta effettuata la diagnosi, è necessario prendere precauzioni quotidiane. Riconosciuta l’allergia ai veleni di imenotteri (vespe, api, bombi, calabroni), si raccomanda vivamente di seguire le istruzioni precauzionali volte a ridurre il rischio di punture, consigliate dallo specialista medico.

  • Evitare di parcheggiare vicino ad alveari o sciami
  • Evitare di camminare a piedi nudi
  • Evitare di indossare abiti dai colori vivaci
  • Evitare di stare al sole con il corpo bagnato o coperto di olio solare

In caso di esposizione a un potenziale rischio di punture, è necessario avere a portata di mano un kit di emergenza.

Questo kit di emergenza, che viene regolarmente rinnovato, deve contenere:

  • un antistaminico, sciroppo o compressa o iniettabile
  • un corticosteroide in soluzione orale o compressa o iniettabile
  • una siringa di epinefrina autoiniettabile. o una penna autoiniettabile con epinefrina

Il soggetto verrà preventivamente informato dal Medico allergologo delle circostanze di utilizzo di questi vari farmaci e delle loro modalità di utilizzo.

Vittorio, le ricordo che la mia risposta, non intende in alcun modo sostituirsi all’autorevole parere del Medico di famiglia, Medico Curante o di altre Figure Sanitarie di fiducia, preposte alla corretta interpretazione del problema in oggetto, a cui rimando, rigorosamente, per ottenere una più precisa indicazione incline sulle origini di qualsiasi sintomo stesso, grazie per la cortese comprensione, le auguro una meravigliosa domenica.

“In tria tempora vita dividitur: quod fuit, quod est, quod futurum est. Ex his quod agimus breve est, quod acturi sumus dubium, quod egimus certum.”
La vita si divide in tre tempi: passato, presente, futuro. Di essi il presente è breve, il futuro incerto, il passato sicuro.

(Lucio Anneo Seneca)

Aspettiamo le vostre domande, inviatecele via mail a info@sbircialanotizia.it

Docente di Medicina Clinica e Chirurgia Generale: si occupa principalmente della nostra rubrica “Il medico risponde”, ma anche della creazione di articoli riguardanti il campo della medicina. Tutti gli articoli vanno considerati a scopo esclusivamente informativo.

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Il fisiatra: “Infortuni all’anca in aumento,...

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Il fisiatra:

Addio al torneo Atp 1000 di Madrid da parte di Jannik Sinner. "La mia anca mi ha dato fastidio questa settimana e sta lentamente diventando più dolorosa", ha annunciato il tennista sui social, riaccendendo i timori su una articolazione che vede in crescita il numero degli infortuni tra chi pratica il tennis ad altissimo livello. "Il dolore all'anca e gli infortuni a tale livello sono un problema crescente per i tennisti. Sebbene molto spesso siano altre le strutture coinvolte dal sovraccarico tipico del tennis, in realtà le problematiche all'anca sono state segnalate in una percentuale che varia dall'8% al 27% dei giocatori di tennis", spiega all'Adnkronos Salute Andrea Bernetti, vice presidente della Società italiana di medicina fisica e riabilitativa (Simfer).

Il numero di infortuni all'anca nei giocatori di tennis professionisti maschili "è aumentato da meno di 10 nel 2012 a oltre 150 nel 2016. Nella storia dell'Atp Tour, diversi famosi giocatori professionisti classificati tra i primi 10 (tra cui Magnus Norman, Gustavo Kuerten, Lleyton Hewitt, Andy Murray, Bob Bryan e Tommy Haas) hanno subito infortuni all'anca", ricorda Bernetti.

"Il caso di Sinner però non è classificabile. Al momento sappiamo solo che ha un dolore all'anca, non meglio specificato, che lo ha costretto al ritiro dal torneo di Madrid - chiarisce il vice presidente dei medici fisiatri - Ci auguriamo che sia una problematica transitoria e che abbia deciso insieme al suo fantastico staff di preservarsi per i prossimi tornei" - tra poco inizieranno gli Internazionali Bnl d'Italia a Roma - "soprattutto in considerazione dell'elevato numero di partite che i tennisti professionisti giocano ogni anno".

Ma per quale motivo l'anca è diventata un problema per i tennisti? "Il tennis - risponde Bernetti - è uno sport che induce un alto carico sull'articolazione dell'anca perché comporta movimenti di inizio e arresto rapidi, intensi e ripetuti, durante i quali i giocatori effettuano cambi di direzione improvvisi mentre corrono e colpiscono la palla ad alta velocità. In particolare, il diritto impone un elevato carico su anche e ginocchia. Durante il diritto i giocatori possono usare diversi tipi di posizioni, che si riferiscono alla posizione dei piedi e delle anche durante il colpo: le posizioni neutrale, semiaperta e aperta. Per la posizione neutrale - illustra l'esperto - i piedi e le anche del giocatore sono perpendicolari alla rete, mentre sono paralleli alla rete per la posizione aperta 'open'. La posizione semiaperta descrive qualsiasi posizione dei piedi tra le posizioni neutrale e aperta. Attualmente, a causa dell'accelerazione del gioco negli ultimi decenni, i giocatori di tennis di alto livello assumono maggiormente la posizione open, per risparmiare tempo durante i colpi di diritto dalla linea di fondo".

"Si ipotizza che la prevalenza del colpo di diritto in posizione open possa spiegare almeno in parte l'aumento degli infortuni all'anca nei giocatori di tennis di alto livello. Una delle patologie dell'anca più frequenti nel tennis d'élite è l'impingement femoroacetabolare (Fai), caratterizzato da un contatto anomalo della porzione prossimale del femore con l'acetabolo. Con il carico ripetitivo, questo conflitto può provocare danni all'articolazione. Alcuni studi hanno mostrato che fino al 62% dei giovani tennisti d'elite possa essere a rischio per l'impingement femoroacetabolare", conclude il fisiatra.

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Salute e Benessere

Pressione alta, il ruolo del Dna: lo studio

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Maxi-studio internazionale apre a diagnosi di precisione, cure su misura e all'identificazione di nuovi bersagli terapeutici

Uno sfigmomanometro per misurare la pressione - FOTOGRAMMA

La pressione alta dipende certo dai cattivi stili di vita, ma sulla probabilità di ammalarsi di ipertensione - un fattore di rischio chiave per le patologie cardiovascolari - pesa anche il Dna. In un maxi studio sui dati di oltre un milione di persone, il più grande mai condotto finora sull'argomento, ricercatori e collaboratori dei National Institutes of Health-Nih americani hanno scoperto oltre 2mila regioni del genoma umano (loci genomici) legati alla pressione sanguigna, comprese 113 nuove regioni. Il lavoro è pubblicato su 'Nature Genetics' e secondo gli autori permetterà di capire meglio come viene regolata la pressione del sangue, nonché di identificare possibili bersagli per nuovi farmaci.

"Il nostro studio aiuta a spiegare una percentuale molto maggiore di differenze tra la pressione sanguigna di due persone rispetto a quanto precedentemente noto", afferma Jacob Keaton, sezione Informatica sanitaria di precisione del National Human Genome Research Institute (Nhgri), primo autore della ricerca alla quale hanno contribuito più di 140 scienziati di oltre 100 università, istituti e agenzie governative. I ricercatori sono riusciti anche a calcolare un punteggio di rischio poligenico, che combina gli effetti di tutte le varianti genomiche presenti in una persona, per prevederne la pressione e il pericolo ipertensione. "Conoscere il rischio di un paziente di sviluppare ipertensione potrebbe portare a trattamenti su misura, che hanno maggiori probabilità di essere efficaci", sottolinea Keaton.

Tra i nuovi loci genomici scoperti, molti si trovano in geni che svolgono un ruolo nel metabolismo del ferro, confermando precedenti evidenze secondo cui alti livelli di ferro possono contribuire alle malattie cardiovascolari, precisano gli autori. Gli scienziati hanno inoltre confermato l'associazione tra pressione sanguigna e varianti del gene Adra1A, che codifica per un recettore cellulare detto adrenergico, già target di farmaci per la pressione. Ecco perché gli autori ritengono che altre varianti genomiche individuate nella nuova ricerca potrebbero diventare bersagli farmacologici per sviluppare nuove terapie.

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Salute e Benessere

Cardiologi: “Ecg con Ai è salto in avanti, screening...

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Cardiologi:

Lo studio sull'efficacia dell'uso di nuovi Ecg con intelligenza artificiale nel prevenire i decessi individuando pazienti ad alto rischio mortalità, "ci dice che non si deve avere paura e non si deve essere scettici rispetto all'uso dell'Ai nella pratica clinica. Questa ricerca e altre del genere forniscono una indicazione importante sul tema della prevenzione. Se un medico, grazie appunto all'Ai, riceve un alert su un paziente specifico può dedicargli più attenzione, si può identificare uno scompenso cardiaco, si possono usare farmaci antiaritmici in modo selettivo, ma anche individuare aritmie maligne. L'Ecg intelligente ci permette un salto in avanti con uno screening più approfondito rispetto a quello che si esegue di routine, riducendo anche i costi e l'inappropriatezza". Così all'Adnkronos Leonardo De Luca, vice presidente Anmco, l'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri, e direttore della struttura complessa di Cardiologia del Policlinico San Matteo di Pavia.

Rispetto alle innovazioni, in Italia "c'è un problema culturale", avverte De Luca. "Secondo un nostro censimento di tutte le strutture cardiologiche pubbliche, convenzionate e private presenti in Italia - spiega - parliamo di 790 strutture, solo nel 20% sono presenti strumenti di telemedicina, teleconsulto e telerefertazione. Il Pnrr doveva intervenire proprio su queste settore e sull'ammodernamento del parco tecnologico".

Il balzo tecnologico, favorito anche dall'Ai, può essere un rischio nel far aumentare la richiesta di offerta sanitaria 'hi-tech'? "C'è il rischio, come c'è un rischio di esagerare con l'interpretazione dei dati che arrivano dai vari software oggi a disposizione - risponde il primario di Cardiologia - Questo studio dimostra che proprio l'Ai applicata a un esame importante e ormai consolidato come l'Ecg può ridurre la mortalità del paziente ospedalizzato, ma c'è da considerare anche l'effetto Hawthorne, che accade quando c'è una variazione del comportamento in presenza di qualcuno che ti osserva. Questo - chiarisce - potrebbe essere accaduto nello studio quando il medico, che sa di partecipare a un ricerca, è più attento ai dati e all'osservazione clinica del paziente. Magari è più sensibile all'alert dell'Ai e interviene istantaneamente. Ma al di là di questa considerazione, davvero ormai con intelligenze artificiali che passano in rassegna milioni di dati e immagini in pochissimo tempo, siamo in presenza di una rivoluzione nel campo della cardiologia, e non solo".

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