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Nizza, un uomo armato di coltello uccide tre persone

Un tunisino di 21 anni ha ucciso tre persone con un coltello giovedì mattina nella basilica di Notre-Dame a Nizza. È stato neutralizzato dalla polizia municipale, gravemente ferito, è ancora in ospedale. L’indagine continua per individuare il profilo e le motivazioni di questo giovane, arrivato clandestinamente in Europa lo scorso settembre. Un uomo di 47 anni, sospettato di averlo incontrato il giorno prima dell’incidente, è stato preso in custodia dalla polizia. Le autorità hanno intensificato la sorveglianza dei luoghi di culto, comprese le Chiese, designati come potenziali bersagli in una dichiarazione di un’agenzia vicina ad Al-Qaeda.

All’indomani dell’attacco, Brahim A è ancora tra la vita e la morte all’ospedale Pasteur di Nizza. Gli investigatori della DGSI e Sdat (sottodirezione antiterrorismo della polizia giudiziaria) stanno cercando di capire meglio il profilo di questo tunisino di 21 anni, che ha ucciso tre persone con un coltello in una Chiesa a Nizza, Giovedì mattina, prima di essere neutralizzato dagli agenti di polizia municipale.

In questi casi, i membri della famiglia del sospettato vengono spesso rapidamente presi in custodia dalla polizia. Ma i dieci fratelli e i genitori del giovane non lo hanno seguito nella traversata del Mediterraneo, lo scorso settembre, rimanendo a Sfax, nella Tunisia centrale, dove vivono in un quartiere popolare vicino di una zona industriale.

L’attentatore è sbarcato a Lampedusa

Un mese e mezzo fa, il giovane non aveva comunicato alla famiglia la sua intenzione di voler raggiungere l’Europa clandestinamente: è sbarcato a Lampedusa il 20 settembre, prima di raggiungere Bari il 9 ottobre, ha spiegato il procuratore antiterrorismo durante una conferenza stampa. Nonostante gli sia stato imposto di lasciare il nostro Paese entro sette giorni, è rimasto illegalmente per lavorare nella raccolta delle olive.

Mercoledì sera, Brahim ha chiamato sua madre per avvertirla “che sarebbe arrivato in Francia“, dove non aveva chiesto asilo. Questa notizia ha sorpreso la donna: “Gli ho chiesto: perché non resti in Italia? Non parli francese e non conosci nessuno. Non hai alcun legame, nessuna relazione. Perché andare in Francia?“, ha detto la donna alla stampa .

Prega da circa due anni e mezzo. Non faceva altro che andare a lavoro e poi tornava subito a casa, non si relazionava con nessuno“, ha aggiunto, in lacrime. In Tunisia, era noto ai tribunali per casi di violenza o droga. Ma non è stato identificato come terrorista, hanno detto le autorità del Paese. In Francia era sconosciuto anche ai servizi segreti.

Gli investigatori stanno quindi cercando di chiarire il suo percorso verso Nizza e determinare il possibile coinvolgimento di eventuali complici. È un atto isolato? O Brahim A. è stato guidato dall’estero? In attesa che lui possa rispondere alle domande, la polizia cerca di trovare qualche risposta nei cellulari trovati in una borsa vicino alla Cattedrale di Notre-Dame.

Un uomo in custodia

Giovedì sera, a Nizza, è stato anche arrestato un uomo di 47 anni, che è stato preso in cautela. Il sospetto è che quest’uomo sia stato in contatto con l’aggressore il giorno prima dell’incidente. Contestualmente alle indagini, il ministro dell’Interno francese, ha chiesto ai prefetti, in un telegramma inviato loro giovedì sera, di “rafforzare immediatamente la sorveglianza attorno a luoghi di culto e cimiteri“.

Pochi giorni prima, Gérald Darmanin li aveva già invitati a dare prova di “maggiore vigilanza a seguito delle minacce fatte in un comunicato dell’agenzia Thabat“, vicino all’organizzazione terroristica Al-Qaeda. Questo testo “richiede esplicitamente azioni mirate al nostro Paese nel quadro dello jihad individuale“, ha precisato il ministro, sottolineando che “sono suggerite diverse modalità operative come gli attacchi con il coltello o l’uso di una auto-ariete contro la folla“. Tra gli obiettivi designati da questo comunicato vi sono “Chiese e simboli del cristianesimo“.

Animato da un’indomabile passione per il giornalismo, Junior ha trasceso il semplice ruolo di giornalista per intraprendere l’avventura di fondare la sua propria testata, Sbircia la Notizia Magazine, nel 2020. Oltre ad essere l’editore, riveste anche il ruolo cruciale di direttore responsabile, incarnando una visione editoriale innovativa e guidando una squadra di talenti verso il vertice del giornalismo. La sua capacità di indirizzare il dibattito pubblico e di influenzare l’opinione è un testamento alla sua leadership e al suo acume nel campo dei media.

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Cronaca

Papa Francesco lascia il Gemelli: inizia la convalescenza

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Domenica 23 marzo segna il giorno in cui Papa Francesco, dopo oltre un mese di ricovero presso il Policlinico Gemelli, farà ritorno a casa. Sebbene non sia previsto che reciti l’Angelus, il messaggio sarà diffuso in forma scritta. Tuttavia, salvo imprevisti dell’ultima ora, il Pontefice si affaccerà dalla finestra della sua stanza in ospedale per impartire un saluto e una benedizione al termine di questa lunga degenza, un gesto che desidera compiere con tutto il cuore. Successivamente, intraprenderà il viaggio verso la sua residenza, dove lo attende un periodo di riposo e recupero della durata di due mesi, come comunicato dai medici del Gemelli durante un briefing ufficiale con la stampa.

“Il Santo Padre non ha mai necessitato di intubazione, rimanendo sempre vigile, lucido e presente”, ha dichiarato Sergio Alfieri, medico del Gemelli, durante l’incontro con i media. Le sue condizioni cliniche si sono mantenute stabili per almeno due settimane, permettendo così la decisione delle dimissioni. Alfieri ha inoltre sottolineato l’importanza di proseguire con alcune terapie farmacologiche per via orale, che saranno necessarie ancora per un periodo prolungato. Il riposo, un elemento cruciale in questa fase di convalescenza, dovrà essere rigorosamente rispettato per i prossimi due mesi.

Luigi Carbone, medico di riferimento del Pontefice in Vaticano, ha specificato che si tratta di una “dimissione protetta”, che implica un’attenta pianificazione delle cure successive. “Abbiamo valutato con precisione i bisogni del Papa, tenendo conto delle sue condizioni e della sua età, comparabili a quelle di altri pazienti anziani dimessi dopo una polmonite”, ha spiegato Carbone. In particolare, il Santo Padre necessiterà di un supporto con ossigeno finché sarà richiesto, oltre all’assistenza sanitaria garantita dalla Direzione di Sanità e Igiene della Città del Vaticano presso la residenza di Santa Marta.

Sin dai giorni precedenti, il Papa aveva manifestato il desiderio di tornare a casa, ma ha scelto di seguire i consigli dei medici, che hanno infine confermato la possibilità di dimissione. Durante i due mesi di riposo prescritti, sarà fondamentale evitare sforzi eccessivi e incontri con gruppi di persone. La fisioterapia motoria e respiratoria proseguirà regolarmente. Alfieri ha spiegato che “le infezioni più gravi sono ormai risolte”, aggiungendo che alcuni batteri e virus sono stati debellati, mentre altri richiederanno più tempo per essere eliminati completamente. Fortunatamente, la polmonite bilaterale è stata completamente curata, ma la guarigione definitiva da alcune specie polimicrobiche richiederà ulteriore pazienza.

Quanto agli impegni futuri, il portavoce del Vaticano Matteo Bruni ha sottolineato che la partecipazione del Pontefice ai riti pasquali e ad eventuali viaggi sarà valutata in base ai progressi della sua salute. La Pasqua, ormai imminente, rappresenta un momento importante, ma tutto dipenderà dai miglioramenti raggiunti durante questa fase di convalescenza.

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Cronaca

Caserta, choc notturno: fuga rocambolesca e due poliziotti feriti

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Ci chiediamo ancora come si sia potuto arrivare a tanto. Noi, che di solito raccontiamo la cronaca con un tono distaccato, stavolta sentiamo un groppo in gola. Un gruppo di malviventi, a quanto pare ben organizzato, ha provato a sradicare un bancomat dal cuore di Caserta. Voi immaginate la scena? Rumori metallici in piena notte, un tentativo frenetico di trascinare via l’intero dispositivo. Subito l’allarme, poi i lampeggianti. E poi la fuga. Una di quelle fughe che ci costringono a riflettere sul coraggio di chi interviene ogni giorno per difendere la collettività.

Le prime mosse: il tentato furto

Tutto è accaduto in via G.M. Bosco, davanti alla Deutsche Bank. Hanno provato a portarsi via l’intero bancomat, già divelto e pronto per essere caricato. Per fortuna, l’arrivo di una pattuglia ha messo in allerta i ladri, che se la sono data a gambe a bordo di un’auto scura. Ancora non sappiamo se fosse un’Audi S3, come molti dicono. Sappiamo però che la volante della Polizia non ha esitato un secondo a inseguirli. Non poteva finire lì, non potevamo lasciare il campo ai criminali.

Vi chiedete se la banda avesse già tentato qualcosa di simile in zona? In effetti, poche ore prima in provincia si era registrato un altro assalto, sempre a un bancomat, all’interno di una filiale del Credit Agricole. Una coincidenza? Oppure una strategia pianificata per colpire più sedi nello stesso lasso di tempo?

Alta velocità e scontro frontale

Noi ci sentiamo quasi in apnea, ricordando ciò che è successo subito dopo. Imboccando strade laterali e aumentando il ritmo, i malviventi hanno costretto gli agenti a manovre estreme. L’inseguimento si è concluso però in modo drammatico, con un violento scontro frontale avvenuto in via Settembrini. La volante è andata letteralmente distrutta, e i banditi, approfittando di quell’attimo di confusione, sono fuggiti a piedi verso un secondo veicolo di supporto.

Due poliziotti, quei due che avevano acceso i lampeggianti per proteggere tutti noi, sono finiti in ospedale con diverse fratture. Nulla di mortale ma abbastanza per segnarli nel fisico e anche nell’anima. Pensare che, nonostante lo choc, hanno comunque provato a rincorrere i colpevoli, strappando perfino un passamontagna a uno di loro.

Reazioni dei sindacati e richiesta di sostegno

C’è un punto su cui i principali sindacati di Polizia tornano sempre: la sicurezza si fa con il personale. Felice Romano del Siulp ha espresso solidarietà agli agenti e ha messo in luce quanto la carenza di mezzi renda la vita facile alle bande criminali. Valter Mazzetti, alla guida del sindacato Fsp, ha sottolineato che i due poliziotti si possono definire “vivi per miracolo”, rimarcando l’esigenza di rinforzi.

E poi c’è Francesco Di Domenico, segretario Fsp Caserta, che ci ha fatto riflettere su un dato: spesso in certe fasce orarie esce in servizio una sola volante. Come si può garantire un controllo efficace del territorio con così poche risorse? Loro chiedono più assunzioni. Hanno bisogno di un sostegno tangibile da parte del Governo. Noi vediamo la paura sui loro volti, oltre all’enorme determinazione.

Indagini serrate e speranze future

Ora c’è un’auto danneggiata da analizzare, un passamontagna forse ricco di indizi e la certezza che i criminali non siano spariti nel nulla. La Polizia Scientifica è già al lavoro. Noi confidiamo che le ricerche dei fuggitivi vadano a buon fine. Mentre attendiamo aggiornamenti, notiamo un aumento dei controlli in alcune zone di Caserta.

Tutto sommato, il bancomat è stato salvato, ma a quale prezzo? Due agenti doloranti, un’auto di servizio distrutta e un senso di vulnerabilità che ci fa rabbrividire. Voi cosa ne pensate? È un campanello d’allarme per tutta la comunità? Forse sì. Forse dovremmo sostenere con più convinzione chi ogni notte corre in nostro soccorso.

Facciamo appello a chi di dovere: servono strumenti, servono persone. Altrimenti rischiamo di assistere ancora a inseguimenti al cardiopalma e incidenti che feriscono non solo chi li vive in prima persona, ma l’intera città. Noi restiamo qui, con il fiato sospeso, sperando che la prossima nottata porti buone notizie e non un’altra pagina nera da raccontare.

A voi che stanotte siete usciti senza sapere se sareste tornati a casa, a voi che affrontate pericoli che nessuno vorrebbe mai vedere, a voi che stringete i denti e nascondete le lacrime dietro una divisa: sappiate che non siete soli. Noi siamo qui. E anche se non ve lo diciamo mai, siete voi che ci insegnate ogni giorno cosa significa davvero essere coraggiosi e guardare il male dritto negli occhi senza abbassare lo sguardo.

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Cronaca

Comitini dedica il suo auditorium al magistrato Luca Crescente

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Il centro direzionale del Comune di Comitini, un piccolo paese della provincia di Agrigento, ha reso omaggio alla memoria del giudice Luca Crescente intitolando il suo auditorium al magistrato originario di Castelvetrano. Crescente, che svolse un lavoro di grande rilievo presso la direzione distrettuale antimafia, si occupò intensamente delle vicende legate alla criminalità organizzata agrigentina. La sua prematura scomparsa, avvenuta all’età di 39 anni nell’agosto del 2003 a causa di un infarto durante una vacanza in Trentino Alto Adige, lasciò un grande vuoto.

La cerimonia di intitolazione ha visto la partecipazione del sindaco Luigi Nigrelli, della vedova Milena Marino e dei figli Marco e Gabriele, che insieme hanno scoperto la targa dedicata al magistrato. Il momento è stato impreziosito dalla Santa Benedizione impartita da don Angelo Burgio, parroco locale. Durante l’evento, Ambrogio Cartosio, ex collega di Crescente e oggi procuratore a Termini Imerese, ha condiviso i suoi ricordi: “Con Luca abbiamo avuto molte conversazioni sulla evoluzione della mafia, spesso davanti al tempio della Concordia durante le pause delle udienze. La sua figura è sempre presente nella mia vita, come testimonia la foto che ci ritrae insieme al termine del processo Akragas, custodita dietro la mia scrivania.”

A ricordare la figura del magistrato è stato anche il procuratore della Repubblica di Marsala, Fernando Asaro, che ha descritto Crescente come un “esempio di uomo e magistrato sereno e sorridente”. Parole di grande stima sono giunte anche dall’ex procuratore di Agrigento, Ignazio De Francesci, che ha sottolineato il valore dell’impegno profuso da Crescente e dai suoi colleghi. La vedova, Milena Marino, ha evidenziato il senso di indignazione del marito davanti alle ingiustizie e ha ribadito l’importanza di mantenere viva la memoria: “Luca desiderava cittadini, non sudditi, capaci di esercitare un controllo sociale della democrazia. Sperava che l’efficienza diventasse un parametro di azione, un pensiero che mi auguro venga raccolto dalle nuove generazioni.”

Alla cerimonia hanno preso parte anche il procuratore di Trapani, Gabriele Paci, e i magistrati Ignazio De Francisci e Salvatore Cardinale. L’evento ha coinvolto gli studenti del liceo Martin Luther King di Favara, accompagnati dalla preside Mirella Vella, e quelli del liceo musicale Empedocle di Agrigento, che hanno eseguito brani sotto la direzione del professor Giacomo Consolo. Inoltre, alcune lettere sono state lette dagli alunni dei plessi Leonardo Da Vinci e Ciranni di Comitini.

Numerosi sono stati i messaggi di partecipazione, tra cui quelli inviati dal colonnello dei carabinieri Massimiliano Sole e dai magistrati Lia Sava, Gaetano Paci e Sergio Lari. L’organizzazione dell’evento è stata curata dal Comitato scientifico del Comune, composto dal sindaco Luigi Nigrelli, Benedetto Raneri, Salvatore Parello e Alfonso Bugea.

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