Cultura
Con sostegno Fondazione Bracco, al via mostra ‘Piero...
Con sostegno Fondazione Bracco, al via mostra ‘Piero della Francesca. Il polittico agostiniano riunito’
A 555 anni dalla sua realizzazione, il Polittico agostiano, capolavoro di Piero della Francesca (1412-1492) viene presentato per la prima volta nella storia al Museo Poldi Pezzoli di Milano, con il sostegno di Fondazione Bracco quale Main Partner
Un’esposizione unica e irripetibile quella presentata il 19 marzo al Museo Poldi Pezzoli di Milano, che con il sostegno di Fondazione Bracco quale Main Partner ha dato il via alla mostra ‘Piero della Francesca. Il polittico agostiniano riunito’, aperta al pubblico dal 20 marzo al 24 giugno 2024 e presentata per la prima volta nella storia, dopo 555 anni dalla sua realizzazione.
Era il 1469 quando Piero della Francesca finiva di dipingere il suo magnifico polittico per l’altare maggiore della chiesa degli agostiniani a Borgo San Sepolcro (Arezzo), iniziato nel 1454. La pala, fra le opere di maggiore impegno di Piero della Francesca, fu smembrata e dispersa entro la fine XVI secolo. Oggi ciò che resta del polittico agostiniano, ovvero otto pannelli (la tavola centrale e gran parte della predella non sono state finora rintracciate), si trova in musei in Europa e negli Stati Uniti, oltre che al Museo Poldi Pezzoli, proprietario del pannello raffigurante San Nicola da Tolentino, uno dei quattro santi che appartenevano alla parte centrale del polittico.
Gian Giacomo Attolico Trivulzio, presidente della Fondazione Artistica Poldi Pezzoli, è intervenuto spiegando le origini del progetto: "E' nato tutto nel giro di sei mesi, da quando ha preso servizio la nostra direttrice Alessandra Quarto, prima raccogliendo l'autorizzazione della Frick Collection di New York di lasciarci le quattro predele (San Giovanni Evangelista, la Crocifissione, Santa Monica e San Leonardo) e poi ottenendo l’autorizzazione dai direttori degli altri tre musei di Lisbona, Washington e Londra, riuscendo a riunire queste otto predele in soli sei mesi - spiega il presidente della Fondazione Artistica Poldi Pezzoli - Ne mancano altre 22, in quanto il polittico originariamente prevedeva 30 predele, ma finora non sono state rintracciate. Quindi questo sarà un progetto destinato agli storici dell’arte in quanto ci sono delle particolarità emerse dalle radiografie, che saranno oggetto di studio per gli storici dell’arte e combineremo anche delle giornate di studio proprio sull’origine di questi capolavori”.
La mostra, ideata da Alessandra Quarto, direttore del Museo Poldi Pezzoli, è a cura di Machtelt Brüggen Israëls (Rijksmuseum e Università di Amsterdam) e Nathaniel Silver (Isabella Stewart Gardner Museum, Boston), studiosi di livello internazionale e ultimi a proporre la ricostruzione del polittico nel 2013 presso la Frick Collection di New York sulla base delle indagini finora condotte. L’organizzazione della mostra è a cura di Lavinia Galli, conservatrice, e Federica Manoli, collection manager, del Museo Poldi Pezzoli, con il coordinamento di Arianna Pace, dell’ufficio mostre. La direttrice del Museo Poldi Pezzoli, ha parlato, infatti, della grande collaborazione e al lavoro di squadra dietro a un progetto così importante: “E' davvero un lavoro straordinario, perché ha visto impegnati i musei prestatori, che hanno creduto nel progetto scientifico e hanno approvato i prestiti, nonostante le tempistiche, perché è tutto legato alla chiusura temporanea della Frick Collection, quindi abbiamo avviato una grande avventura grazie a questa collaborazione straordinaria dei musei, ma anche grazie alla collaborazione con l'Università Bicocca e con la Fondazione Bracco per le analisi diagnostiche, che è stata veramente importante, innanzitutto perché le scoperte che sono state effettuate grazie a questa indagine hanno portato a nuove informazioni sulla storia del polittico. Poi, come ogni ricerca scientifica, il lavoro è multidisciplinare, quindi abbiamo avuto modo di lavorare con scienziati, restauratori, curatori ed è stata una squadra che ha operato in maniera molto armonica e in sinergia, riuscendo a superare un traguardo così sfidante come una mostra così importante”.
Tommaso Sacchi, assessore alla Cultura della città di Milano ha espresso l’orgoglio per la riuscita di un progetto all’interno di un importante museo della città come il Poldi Pezzoli: “E' una giornata speciale per Milano, perché molti mesi fa ci siamo trovati con la direttrice Quarto a ragionare su questa intuizione di riunire il polittico di Piero della Francesca al Museo Poldi Pezzoli, un’intuizione molto milanese e meneghina, perché questo è un luogo che piace molto ai milanesi. L’idea che possa atterrare un progetto di questa qualità all’interno di uno dei nostri musei ci riempie di gioia e orgoglio. Il senso è quello di riunire, attraverso tutti i grandi istituti che hanno deciso di guardare a Milano come ad una città autorevole che ha avuto un'idea giusta e fortunata, delle opere che dopo 555 anni tornano insieme. E’ un momento storicamente importante non solo per quanto riguarda la frequentazione e il turismo culturale, i mondi della cultura che si affacceranno a questa mostra, ma ha anche un valore storico ontologico per quanto riguarda la storia delle grandi opere, dei grandi capolavori del passato. E in più c'è questo secondo livello non meno importante della diagnostica. Quindi, grazie ai sostenitori che ringrazio che hanno potuto contribuire a questa mostra, si arriva anche a studiare Piero della Francesca da un punto di vista scientifico”.
Machtelt Brüggen Israëls, curatrice della mostra, espone, infine, l’unicità della mostra e dei progetti futuri: “È una mostra-miracolo perché porta insieme gli unici frammenti superstiti di un grande polittico di Piero della Francesca, per la prima volta dopo più di 450 anni. Già questa è un’ occasione irripetibile. È stata una grande occasione di ricerca perché abbiamo potuto fare delle indagini diagnostiche, che ci hanno consentito di svelare un bel po’ di misteri che c'erano ancora attorno a questo polittico. Abbiamo fatto un video che presenta anche al pubblico le indagini che abbiamo fatto e che consentono di capire la tecnica, il modo di lavorare di Piero della Francesca. Inoltre ci sarà un percorso all'interno del museo che fa vedere anche gli oggetti dipinti da Piero della Francesca per capire quanto era realistico e quanto aveva sviluppato una pittura mirata a poter rendere gli effetti bellissimi di gioielli, di perle, ma anche di armi angeliche, di broccati d'oro, nonchè ci sarà anche una giornata di studio: abbiamo coinvolto molti colleghi e porteremo avanti le indagini diagnostiche sui pannelli a cominciare da una giornata di studio al Museo Poldi Pezzoli il 7 maggio, che verranno poi presentate e pubblicate e il museo ha organizzato degli eventi per le scuole e per il grande pubblico, con delle visite a questa mostra”.
Cultura
Fumetti, Ortolani: “Rat-Man ha successo da 20 anni ma...
Il fumettista, intervistato dall'Adnkronos, svela il segreto di tanto successo: "passione e umorismo"
Ama definirsi artista, pubblica le sue vignette anche su Instagram seguite da oltre 118mila followers, fumettista per passione e professione nonostante una laurea in geologia. E’ Leo Ortolani, classe 1967, famoso per le serie a fumetti di ‘Rat-Man’ che vanno avanti dagli anni ‘90. In questi giorni è possibile incontrarlo tra gli stand di Floracult a Roma, invitato ed "inviato speciale". Ortolani, che si aggira nel colorato mondo dei fiori della mostra-mercato, organizzata da Ilaria Venturini Fendi nella sua azienda agricola al Parco di Veio (in corso fino a domenica 28 aprile) trasmette le proprie "impressioni su questo evento" sul suo profilo Instagram e su quello di Floracult, attraverso un personaggio che altri non è che la caricatura di se stesso. "Qui sto realizzando vignette corredate da gag, ne farò una decina fino a domenica e le pubblico su Instagram" rivela intervistato dall’Adnkronos, alla ricerca di nuovi spunti tra natura e cultura.
Ortolani non abbandona però la carta perché "quello che caratterizza un disegnatore è il segno che esce dalla matita o dal pennello" a conferma del fatto che non si avvale di strumenti digitali. "Non uso il tablet perché il segno tende a essere più uniforme" aggiunge. Tuttavia, pubblica anche sul web "perché è un ottimo modo per avere visibilità".
"Il mio personaggio Rat-Man va avanti da venti anni con serie di storie a fumetti ma disegno fumetti da quando avevo 4 anni, ho sempre avuto questa passione e non ho mai smesso – afferma sorridendo – anche se sono geologo a tutti gli effetti, avendo fatto l’esame di Stato...tuttavia ho seguito il consiglio di mia madre che era pittrice e mi raccomandò di avere un piano B visto che gli artisti di solito non è che campino bene con la loro arte. A me, per fortuna, riesce ma molti fumettisti fanno anche altre cose: ad esempio c’è chi insegna".
Quanto alle difficoltà della professione di fumettista in Italia Ortolani tende a sfatare luoghi comuni. "In Italia è più facile piuttosto che, ad esempio, in America dove il mondo del fumetto è gestito da grandi società come Marvel, DC Comics, ecc. Lì ti chiedono determinate cose e quindi, se lo vedi come un lavoro hai già fallito… Io sono riuscito a imporre le mie storie con l’umorismo, comunque, di base lo fai perché ti deve piacere".
"Con i social come Instagram si può pubblicare subito e magari se si ha qualcosa da dire ti può andare bene ma – sostiene il fumettista pisano - può essere un’arma a doppio taglio perché le case editrici vedono quanti ti seguono e magari hai pochi followers non vuol dire che tu non sia in grado di reggere una pubblicazione. In Italia ci sono fumetti bellissimi che leggono in pochi…io al momento ne ho 118mila, sono tanti, poi pubblico con Feltrinelli e Panini Comics”. A Floracult è la sua prima volta ma l'artista frequenta molte manifestazioni del settore, a cominciare da Lucca Comics and Games che ritiene essere "casa mia" e dove presenta i suoi lavori. Il prossimo evento a cui parteciperà sarà "Best movies comics and games" a Milano l'8 e 9 giugno per il quale ha firmato anche la locandina.
Cultura
Sherlock Holmes, in arrivo nuovo romanzo: sarà lo scrittore...
Il giornalista e romanziere scelto dai discendenti di Arthur Conan Doyle. 'Holmes and Moriarty' sarà pubblicato il prossimo 12 settembre in Gran Bretagna e in contemporanea mondiale in una ventina di nazioni
Gli eredi dello scrittore scozzese Arthur Conan Doyle (1859-1930) hanno scelto il romanziere e giornalista inglese Gareth Rubin per continuare le avventure di Sherlock Holmes, il famoso detective di Baker Street. E hanno già annunciato un nuovo libro sul padre di tutti gli investigatori privati: si intitola "Holmes and Moriarty" e sarà pubblicato da Simon & Schuster il prossimo 12 settembre in Gran Bretagna, in contemporanea mondiale in una ventina di nazioni (in Italia uscirà da Longanesi).
La trama
Gareth Rubin, affermato giallista, accanto a Sherlock Holmes e al dottor Watson, sua immancabile spalla, mette in scena l'arcinemico, il professor James Moriarty, unendo l'abilità investigativa del talentuoso detective a quella del suo grande avversario, una mente criminale che gestisce una rete invisibile di ladri, assassini e ricattatori e che tuttavia non lascia mai una traccia che lo colleghi alla scena del crimine.
Nella Londra del 1903 Holmes e Watson sono stati ingaggiati dall'attore George Reynolds: vuole che scoprano perché il pubblico che viene a vederlo recitare ogni sera in teatro è composto dalle stesse persone, solo che indossano dei travestimenti. Sta succedendo qualcosa di sinistro e, se sì, cosa? Nel frattempo, l'arcinemico di Holmes, il professor James Moriarty, ha i suoi problemi. Implicato nell'omicidio del capo di una banda, Moriarty e il suo braccio destro, Moran, devono fuggire dalla polizia per scoprire chi c'è dietro la messinscena. Ma la loro indagine li mette sulla strada di Holmes e Watson e non passa molto tempo prima che tutti e quattro si rendano conto di essere presi di mira dalla stessa persona. Con le vite in gioco, non solo la loro, devono formare un'alleanza scomoda per smascherare il vero cattivo. Con gli indizi che li portano a un hotel in Svizzera e a una cospirazione molto più grande di quanto si aspettassero, di chi ci si può fidare e qualcuno di loro riuscirà a sopravvivere?
I personaggi di Conan Doyle e la scelta dei sequel
"Uno dei nostri obiettivi è far conoscere al mondo altri personaggi di Conan Doyle. Non solo Moriarty, ma anche quelli di altri misteri di Holmes, come il colonnello Sebastian Moran, o di altre serie di avventure, come le storie del professor Challenger", ha dichiarato Richard Pooley, pronipote di Arthur Conan Doyle e responsabile della proprietà letteraria insieme al pronipote di Conan Doyle, Richard Doyle, e alla sua pronipote, Catherine Bates. La famiglia ha approvato il libro di Rubin, "Holmes and Moriarty", come degno sequel. "Gareth ha disegnato molto bene questi personaggi, compreso il colonnello Moran, che è fondamentale per questa storia", ha aggiunto Pooley. "Moran è stato descritto da Holmes come 'il secondo uomo più pericoloso di Londra' e racconta metà di questo nuovo mistero. Come braccio destro di Moriarty, compare solo in un paio di storie originali di Holmes".
Gli sforzi per trarre un nuovo sequel da un'opera consolidata sono diventati cruciali per gestire con profitto una proprietà letteraria come quella dei discendenti di Conan Doyle. L'idea di creare un legame tra Holmes e Rubin, un londinese che lavora all'"Observer" ed è noto soprattutto per il suo recente bestseller "The Turnglass" (in italiano "La clessidra di cristallo è stata pubblicata nel 2023 da Longanesi), è venuta all'agente dello scrittore Jon Wood. Più di dieci anni fa, fu Wood a suggerire ad Anthony Horowitz di scrivere i precedenti titoli autorizzati di Holmes nel 2011 e 2014.
In vista anche una serie tv
"Gareth ha davvero sviluppato i personaggi ed è così bravo nei dialoghi", ha detto il discendente Richad Pooley, che sospetta che Moran, "un ragazzo giovane", potrebbe ora dare vita a una serie tutta sua. Ma c'è anche del potenziale, secondo lui, nel professor Challenger e nel lottatore Stone. Nella mitologia di Holmes hanno un ruolo importante anche Mycroft, il fratello solitario di Sherlock, e la cattiva Irene Adler, l'unica avversaria che ha avuto la meglio su Holmes e che in seguito è sempre stata chiamata "la donna".
"Stiamo già parlando con persone che vogliono prendere Irene Adler per sviluppare una serie televisiva. La maggior parte dei personaggi ricorrenti di Conan Doyle erano uomini, anche se le storie parlano spesso di donne in pericolo. Tutto ciò deriva dal suo carattere. Le persone più importanti della sua vita erano sua madre e la sua seconda moglie", ha dichiarato Pooley. "Suo padre era inutile e alcolizzato, e quindi tutti i suoi racconti parlano di cavalleria. Sherlock e il dottor Watson salvano sempre le donne".
Cultura
La Gioconda in un caveau, l’ipotesi del Louvre
La stampa francese ipotizza un trasferimento in una camera sotterranea del museo parigino
Per porre fine alle lamentele dei turisti che vorrebbero sostare più a lungo davanti al capolavoro di Leonardo da Vinci, il Louvre sta pensando di spostare la Gioconda in una stanza sotterranea del museo parigino. L'immagine iconica di una gentildonna dal sorriso enigmatico è protetta da un vetro antiproiettile e antiriflesso, insieme a impostazioni di temperatura e umidità strettamente controllate per garantire la conservazione del dipinto. Nel tentativo di porre rimedio a questa situazione di eccessivo affollamento e alle file che alimentano i malumori dei visitatori giunti da ogni parte del mondo, la Monna Lisa potrebbe essere trasferita in un caveau di nuova costruzione, secondo quanto riportato dalla stampa francese.
Una nuova camera sotterranea per la pittura farebbe parte di una futura ristrutturazione del "Grand Louvre", con un nuovo ingresso al museo. I visitatori eviterebbero l'ingresso con la celeberrima piramide di vetro e sarebbero condotti direttamente alle sale sotterranee: una per la Monna Lisa e l'altra per le mostre temporanee. Secondo il quotidiano "Le Figaro", il budget per la ristrutturazione del Louvre è stimato in 500 milioni di euro.
La direttrice del Louvre, Laurence des Cars, ha recentemente suggerito di trasferire la popolare opera d'arte in un'apposita sala costruita nel seminterrato dell'istituzione. "Non accogliamo molto bene i visitatori in questa sala, quindi riteniamo di non fare bene il nostro lavoro", avrebbe detto de Cars al personale e ai supervisori. "Spostare la Gioconda in una sala separata potrebbe porre fine al disappunto del pubblico". "Ci abbiamo pensato a lungo, ma questa volta siamo tutti d'accordo", ha dichiarato a "Le Figaro" Vincent Delieuvin, curatore capo della pittura italiana del XVI secolo del Louvre. "È una grande sala e la Gioconda è in fondo, dietro il suo vetro di sicurezza, quindi a prima vista sembra un francobollo", ha sottolineato.
Ogni anno il Louvre riceve tra i 9 e 10 milioni di visitatori e, secondo i funzionari del museo, la Gioconda è l'attrazione principale per l'80%. Nei giorni di maggiore affluenza, anche 25.000 persone fanno la fila per vederla per una manciata di secondi. La popolarità del dipinto ha indotto altri tentativi di migliorare l'esperienza visiva, tra cui la ridipintura delle pareti della galleria da giallo uovo a blu notte nel 2019, nonché un cambiamento nel sistema di code per i visitatori.
Ma Delieuvin ha affermato che l'impatto dei social media e del turismo di massa richiede uno sforzo maggiore, soprattutto dopo che la celebrità dell'opera d'arte è aumentata in seguito al furto nel 1911. "Al giorno d'oggi, bisogna aver visto almeno una volta nella vita qualcosa di cui tutti parlano, e la Gioconda è chiaramente uno di quei capolavori da vedere", ha dichiarato il curatore. "Dobbiamo accettare lo status di icona globale del dipinto, che sfugge al nostro controllo", ha aggiunto la direttrice de Cars.