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Ucraina-Russia, Zelensky: “Non finiremo...
Ucraina-Russia, Zelensky: “Non finiremo nell’impero di Putin”
Il presidente ucraino al Tg1: "L'Italia è con noi, non possiamo concedere alla Russia di prevalere"
"Non saremo parte dell'impero di Putin". Volodymyr Zelensky, presidente dell'Ucraina, a 2 anni dall'inizio della guerra con la Russia risponde alle domande del direttore del Tg1, Gian Marco Chiocci, analizzando lo scenario attuale del conflitto e le prospettive in un quadro fortemente legato al sostegno che Kiev riceve dai partner internazionali. "L'Italia è con noi", dice Zelensky soffermandosi in particolare sul rapporto con Roma, costruito quando a Palazzo Chigi c'era Mario Draghi e mantenuto con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Due anni dall'inizio della guerra, cosa è cambiato
Zelensky ripensa all'inizio della guerra. "Sembra sia passata un'eternità. I primi giorni erano diversi, la gente era scioccata all'inizio dell'invasione, con gli attacchi sulle città. Ora è diverso: abbiamo cominciato a difendere la nostra terra e le nostre famiglie, non avevamo alternative. Ora il paese sa cos'è la guerra: molte famiglie hanno perso i propri cari, ci sono i feriti, molti sono al fronte. Ma non siamo soli, siamo riusciti a unire i leader mondiali", dice il presidente ucraino.
"Dopo 2 anni è importante aver difeso il nostro stato, circa il 26% del territorio nazionale è ancora sotto occupazione, ma vediamo che l'esercito russo non riesce a avanzare in maniera significativa: li abbiamo fermati", afferma Zelensky. "Oggi l'Ucraina è più vicina all'Europa e ha un esercito più forte, è dotata di mezzi occidentali: siamo più esperti. Siamo un po' stanchi a volte, a volte forse arroganti. Ma non possiamo concedere alla Russia di prevalere", prosegue.
"Non ho mai pensato di mollare, sono ucraino: amo e difendo il paese, è il mio dovere. Non si può credere alla vittoria del male, noi vinceremo", dice ancora. I 50 miliardi stanziati dall'Europa "sono un aiuto molto importante. Senza, la difesa diventa impossibile. Senza questi soldi, possiamo perdere ciò che abbiamo perché la Russia non si fermerà".
Che succede se negli Usa vince Trump?
E' cruciale il sostegno degli Stati Uniti. Se Donald Trump dovesse vincere le elezioni presidenziali e diventare presidente, cambierebbe il rapporto tra Washington e Kiev? "Noi tutti viviamo in una realtà in cui ogni giorno cambia qualcosa. Dobbiamo trovare le possibilità per lavorare insieme. Voglio credere e sperare che se ci saranno cambiamenti negli Usa, la linea rimanga la stessa. Nel partito repubblicano ci sono voci radicali ma anche tante persone che supportano l'Ucraina. E' il popolo degli Stati Uniti che decide: se gli Usa intendono diminuire l'assistenza all'Ucraina, allora ci sarà un nuovo assetto geopolitico. Putin sfonderà la nostra difesa e andrà avanti, non si fermerà facilmente".
Controffensiva tra delusione e obiettivi raggiunti
L'Ucraina si aspettava risultati decisamente migliori dalla controffensiva condotta lo scorso anno. Zelensky, però, non esprime un giudizio totalmente negativo: "Non direi che la controffensiva non ha funzionato. L'operazione marina ha prodotto risultati positivi, la Russia ha perso molte navi e ha perso la prevalenza nel Mar Nero. Siamo riusciti ad aprire un corridoio per il grano. C'è uno stallo nella guerra sul terreno, è mancato qualcosa: ci sono ritardi negli equipaggiamenti e i ritardi significano errori. Combattiamo contro terroristi che hanno uno degli eserciti più potenti del mondo, non bastano le munizioni e servono mezzi moderni".
Il generale Zaluzhny via? "Ci sto riflettendo"
Si discute del ruolo del generale Valerii Zaluzhny, comandante delle forze armate, e dell'ipotesi di una sua rimozione. I contrasti tra il generale e Zelensky sono al centro di indiscrezioni sempre più frequenti. "E' una questione che riguarda le persone che devono guidare l'Ucraina. Un reset è necessario, un ricambio di una serie di dirigenti e non solo nel settore militare. Sto riflettendo su questo ricambio, ma non si può dire che si può ripartire dopo aver sostituito una sola persona", dice il presidente.
"E' una questione che riguarda tutto il gruppo dirigente, una macchina grande e complessa. Dobbiamo spingere tutti nella stessa direzione, convinti della vittoria. Non possiamo essere scoraggiati e farci cadere le braccia, dobbiamo avere le energie giuste: le negatività vanno lasciate a casa. Non possiamo assumere atteggiamenti rinunciatari, quando parlo di ripartenza e ricambio ho in mente qualcosa di serio. Non riguarda una singola persona, ma la direzione della leadership del paese", ribadisce.
"Putin non vuole la pace"
Davanti c'è un nemico che vuole distruggere Kiev: "La Russia non vuole la pace, la pace per loro significa sconfitta. Il loro compito è la distruzione completa dell'Ucraina. L'obiettivo principale di Putin è privarci dell'indipendenza, vuole che l'ucraina sia parte del suo impero. Noi abbiamo proposto una formula di pace, ho concordato con la Svizzera che lì si terrà il primo summit: analizzeremo e svilupperemo i punti del piano per arrivare ad una pace giusta, il documento sarà proposto a tutto il mondo, Russia compresa".
Il messaggio all'Europa: "Non siete pronti alla guerra"
Il messaggio all'Europa è chiaro: "Quando la guerra arriva a casa tua, è impossibile e inammissibile abituarsi. Una parte degli ucraini si sta abituando ed è un errore ed è ingiusto nei confronti di chi è al fronte. Questo vale anche per l'Europa: il fronte può arrivare dove sei tu se non sostieni chi combatte. E quando la guerra arriverà, nessuno sarà pronto. Gli eserciti europei non sono pronti, ci saranno migliaia di persone che migreranno. Come si difenderà l'Europa? Dov'è la garanzia che la Nato agirà prontamente? Chi ne parla? Nessuno".
"Ci sarà una guerra globale con tante perdite. Bisogna compiere in anticipo alcuni passi per mettere al sicuro i propri paesi e la propria gente, sostenere l'Ucraina significa fermare i russi qui da noi. Ecco cosa bisogna fare. Se non è detto che Putin verrà da voi, non è detto nemmeno che non verrà...", dice ancora.
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Usa, Urbinati (Columbia): ”La rettrice ha scatenato...
La docente di Teoria politica difende la protesta pacifica degli studenti e sostiene il dialogo senza toni aggressivi in spazi dedicati. Occorre portare avanti una trattativa che permetta il ritorno alla normalità ed eviti un grave danno di immagine per il campus, sostiene.
E' stata una ''reazione folle'' quella della rettrice della Columbia University, Nemat Shafik, di chiamare la polizia per rimuovere la manifestazione studentesca contro Israele. ''Era una protesta pacifica, fatta a suon di rap con giochi, canti e balli'', ma lei ''l'ha trasformata in un inferno''. Per fortuna, anche grazie ''a un documento di appello al dialogo che ho firmato anche io'', ora ''il clima è molto cambiato'' e si è aperto ''un tavolo di trattativa e negoziazione tra i rappresentanti degli studenti, il corpo docente, i dipendenti e l'ammnistrazione dell'università''. L'obiettivo è quello di rientrare in un ''clima di trattativa per riportare la normalità'', altrimenti ''c'è il rischio che salti il semestre'', ma ''nessuno vuole che si arrivi a tanto, sarebbe un danno di immagine incredibile, una rovina enorme''. Nadia Urbinati, che dal 1996 insegna Teoria politica alla Columbia University di New York, racconta ad Adnkronos dall'interno le contestazioni. ''Si tratta di un accampamento pacifico, gli studenti sono molto più moderati della rettrice, ma sono stati trattati da criminali e questo non è possibile'', ha aggiunto Urbinati.
Lei stessa ha avuto contatti con gli studenti, ''hanno scritto un documento bellissimo e molto moderato rivolto alla rettrice che ho firmato insieme a colleghi del mio dipartimento. Un documento in cui chiedevano di tenere in considerazione il problema della violenza che si amplifica se si chiama la polizia''. Tra i suoi studenti, racconta, ''uno che aveva fatto con me un corso sulla retorica è stato arrestato ieri per uso sconsiderato del linguaggio. Ha detto che i sionisti dovrebbero sparire dalla faccia della terra... Ma a parte questo caso nessuno mio studente è stato sospeso o arrestato''. Sottolineando che ''il 20 per cento degli studenti della Columbia arrestati sono ebrei'', Urbinati racconta anche il caso di ''uno studente ebreo israeliano che ha chiesto di non venire in classe per non attraversare il campus in quanto si sente a disagio''. La sua richiesta è stata accolta, ''un caso eccezionale risolto permettendogli di seguire le lezioni tramite Zoom''.
Urbinati racconta poi che in questi giorni hanno visitato la protesta al campus ''il rappresentante repubblicano e quello democratico. Entrambi sono stati ottusamente arroganti. L'esponente repubblicano ha proposto di chiamare guardia nazionale, il che avrebbe riportato il campus a livelli raggiunti solo nel '68''. Secondo la politologa, quindi, è stata ''la rettrice che ha radicalizzato'' la manifestazione. Shafik, spiega Urbinati, ''è alla Columbia da nove mesi e si è dimostrata molto inadeguata. Viene dal mondo delle finanza e ha dimostrato totale incapacità di comprendere che qui non si tratta di dipendenti di una banca, ma di persone varie con le quali occorre entrare in contatto''. E invece, durante la protesta, ''la rettrice è rimasta sempre chiusa nel suo ufficio o nella sua casa. Non ha mai interagito con gli studenti''.
L'auspicio, ora, è che ''vengano messi a disposizione degli spazi, delle aule, dove poter proseguire il dibattito sulla guerra e sui rapporti con Israele''. Perché, prosegue Urbinati, ''se c'è libertà di insegnamento, se si studiano argomenti come la guerra e la pace, gli stati nazione, è evidente che ne esca un dibattito''. Anzi, aggiunge, ''ben venga il dialogo e la riflessione promossi dagli studenti, certo senza usare toni aggressivi''.
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Elezioni Usa, Biden prende in giro Trump: “Sono in...
Durante la cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca
''Sono un uomo adulto e sono in corsa contro un bambino di sei anni''. Così il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha preso il giro l'ex inquilino della Casa Bianca e suo rivale alle prossime elezioni americane Donald Trump. ''L'unica cosa che abbiamo in comune è l'età'', ha aggiunto Biden durante la cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca. Anche se, età anagrafica alla mano, Biden ha 81 anni contro i 77 di Trump. ''Le elezioni del 2024 sono in pieno svolgimento e sì, l'età è un argomento - ha detto Joe Biden - Sono un adulto che corre contro un bambino di sei anni''.
Molti gli ospiti illustri, giornalisti e celebrità presenti all'hotel Hilton di Washington mentre all'esterno un centinaio di manifestanti hanno scandito slogan contro la guerra di Israele nella Striscia di Gaza e sventolato una bandiera palestinese lunga diversi metri. Ma all'interno il conflitto in Medioriente non è stato al centro della scena, soppiantato appunto dalle battute sull'età dei candidati alla presidenza Usa.
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Re Carlo torna agli impegni pubblici, martedì la visita a...
Buckingham Palace: "Medici incoraggiati dai suoi progressi"
Buckingham Palace mette fine alle congetture sullo stato di salute di Re Carlo. Il sovrano, malato di cancro, da martedì riprenderà i suoi impegni pubblici. Con la regina Camilla si recherà in visita a un centro di cure per i tumori. "Il team medico di Sua Maestà - fa sapere una nota della Casa Reale - è molto incoraggiato dai progressi compiuti finora e rimane positivo quanto al continuo recupero del re".