Politica
Europa Verde, Evi si dimette. Bonelli: “Io...
Europa Verde, Evi si dimette. Bonelli: “Io patriarcale? Falso”
La co-portavoce: "Nel partito una deriva autoritaria e autarchica, contro di me un muro, paternalismo e livore"
Con una comunicazione alla segreteria e alla direzione del partito, Eleonora Evi si dimette da co-portavoce di Europa Verde, incarico che condivideva con Angelo Bonelli. Una comunicazione "inaspettata", dicono fonti 'verdi', in cui Evi "fa sapere di non sentirsela più di portare avanti l'incarico" e che "sorprende le donne stesse della direzione nazionale dove è stata sempre rispettata e praticata la parità di genere". Perché intanto è la Evi stessa a rendere pubbliche le sue motivazioni: "Mi dimetto. Non sarò la marionetta del pinkwashing", scrive in un lungo post su Facebook.
Evi è stata eletta co-portavoce nazionale di Europa Verde nel 2021, "ero piena di entusiasmo e sinceramente convinta che avrei avuto la possibilità di collaborare concretamente a fondare un innovativo progetto ecologista", "penso di aver dimostrato grande impegno ed entusiasmo, fin da subito, girando in lungo e in largo l’Italia", "mi sono resa disponibile, da europarlamentare", "ho dato energia e risorse a un partito che sembrava dimenticato" eppure, denuncia l'ex co-portavoce, "a sorpresa, dopo le politiche 2022 qualcosa ha scatenato un corto circuito quasi indecifrabile" e "improvvisamente i vecchi dirigenti hanno iniziato a fare muro contro di me perché avevo idee diverse e pretendevo di essere a conoscenza delle decisioni politiche su liste, alleanze e strategie della campagna elettorale".
Evi denuncia di essere stata "accusata di ingratitudine nei confronti della famiglia verde che mi aveva accolta e offerto uno scranno in Parlamento. Idee, proposte o visioni alternative – quando non complementari! – a quelle dell’establishment del partito, infatti, generano nei suoi esponenti reazioni impreviste: ora chiusura, ora diffidenza o sospetto. Talvolta paternalistica e vuota condiscendenza. Non di rado livore, rivendicazione" e "nel corso di questo ultimo anno, la mia figura è stata sempre più oscurata", segno, scrive Evi, "della deriva autoritaria e autarchica del partito. Non intendo dunque continuare a ricoprire il ruolo di Co-portavoce femminile che, nei fatti, è ridotto a mera carica di facciata".
La replica di Bonelli
Angelo Bonelli replica all'AdnKronos: "Avere divergenze politiche ci sta, è pacifico, avviene in tutti i partiti. Per esempio, noi abbiamo votato per l'alleanza europea che riconferma Avs, lei no, ma questo è un partito con parità di genere e che ha al suo interno delle donne eccezionali, come Luana Zanella, solo per citarne una".
E quando in Transatlantico gli viene chiesto delle accuse di paternalismo e atteggiamento patriarcale mosse da Eleonora Evi, Bonelli risponde: "Falso". "Chiedetelo a chi mi conosce, alle donne nei Verdi, alla Zanella...", dice all'Adnkronos.
Evi lamenta anche indifferenza e condiscendenza da parte di Bonelli di fronte a opinioni diverse. "Le opinioni diverse sono quelle sulla lista unitaria con Sinistra Italiana alle europee. Lei non è stata d'accordo con la decisione che abbiamo preso. E ci siamo confrontati su questo. Sono uno che ascolta e si confronta. Storicamente".
La controreplica di Evi
Una questione di metodo, politico. E una questione di genere. Eleonora Evi ribadisce le riflessioni che l'hanno portata a dimettersi da co-portavoce di Europa Verde e replica a Bonelli parlando con l'Adnkronos.
La prima questione: la diversità di vedute sulla lista unitaria alle europee con Sinistra Italiana, replicando lo schema delle politiche dello scorso anno con Alleanza Verdi-Sinistra. Evi perché non è d'accordo? "Io ho contestato principalmente il metodo, visto che la decisione dell’alleanza per le europee è stata comunicata sui giornali prima ancora di passare dal nostro consiglio federale".
Bonelli sostiene che le sue accuse di atteggiamento patriarcale sono false e basta chiederlo alle donne esponenti dei Verdi. "Chiedere alle altre? Beh, si potrebbe chiedere anche a Simona Saraceno - risponde Evi - che si è dimessa anche lei oggi da co-portavoce del Lazio".
L'appello delle donne verdi
"Le dimissioni di Eleonora Evi sono la conseguenza della sua scelta di non condividere i percorsi indicati dal Consiglio federale di Europa Verde, sostenuti dall’89% del partito. Ne siamo fortemente rammaricate. Eletta parlamentare con due seggi blindati, ha avuto molto da noi tutte, ovviamente". Così in un appello firmato dalle donne di Europa Verde che vede come prime firmatarie: Luana Zanella, Elena Grandi, Fiorella Zabatta, Lucia Coppola, Maurizia Punginelli, Elisa Romano, Fulvia Gravame, Sandra Giorgetti, Simona Simonetti.
"Ma soprattutto ha potuto contare sulla agibilità democratica di sostenere il suo dissenso nel partito, di costruire alternative o di fare ciò che ritenesse valido. Colpisce l'asprezza e ostilità ingiustificate delle sue dichiarazioni snocciolate durante la giornata, finanche la falsità: come fa a dire che sarebbe stata penalizzata per la sua gravidanza? Questo è diffamatorio. Così siamo oltre la politica e ben oltre la realtà".
Politica
Follini: “Il ‘miracolo’ di De Gasperi...
Oggi "noi siamo approdati agli antipodi di quella stagione"
"Su quanto la Dc fosse a suo tempo, coerentemente e fino in fondo, 'degasperiana'; e su quanto a sua volta De Gasperi fosse egli stesso 'democristiano' si discute da un bel po’ di tempo. E ora l’argomento riaffiora discretamente tra le righe di un libro che Antonio Polito ha dedicato allo statista trentino a settanta anni dalla sua scomparsa.
S’intende che De Gasperi fu colui che trascinò la Dc alla vittoria elettorale, piantando le radici di un albero imponente che ha dominato la foresta politica del nostro paese per un cinquantennio. Ne fu segretario due volte, prima e dopo il suo settennato di governo. E non pensò mai che il suo destino politico potesse essere altrove. I democristiani a loro volta lo riconobbero come il loro 'capo' e quelli che restano tali continuano ancora oggi a onorarne la memoria.
L’argomento, insomma, potrebbe chiudersi qui. Tanto più che Polito lo affronta con garbo, quasi in punta di piedi. Non insinua affatto che tra De Gasperi e i suoi cari vi fosse una così grande contraddizione. E però anche lui finisce per fare i conti con una dialettica che fu a suo tempo più complicata di quanto l’ufficialità non abbia poi riconosciuto. Nel senso che non sempre la Dc si rispecchiò appieno nell’agenda di quei governi. E nel senso che quando poi il leader tornò a piazza del Gesù trovò un partito ben diverso da quello che aveva lasciato qualche anno prima. Riaffiora così quell’immagine di 'uomo solo' che diede il nome al libro di ricordi scritto dalla figlia Maria Romana e che ancora oggi finisce per richiamare l’idea di un certo attrito tra il leader e il suo retroterra.
La questione non riguarda solo la storia e i protagonisti di quel tempo. Riguarda anche noi e i nostri giorni. Dato che anche adesso, e forse molto più di allora, tra il leader e il suo esercito c’è una dialettica non priva, a volte, di una certa asprezza. Certo, oggi il leader conta molto più di prima, tant’è che spesso e volentieri scolpisce il suo nome nel simbolo del partito, fa e disfa le liste elettorali a suo piacimento, confessa e sconfessa i suoi cari con una disinvoltura che all’epoca di De Gasperi sarebbe apparsa piuttosto disdicevole. Un costume che ha preso il largo ormai, e che sembra appartenere a pieno titolo alla nostra Repubblica -seconda o terza che sia. Ma le cui origini si possono riconoscere anche presso figure lontane. Si pensi a Saragat che definì 'omuncoli' i suoi seguaci del Psdi. O a Fanfani che trattò le correnti dc della sua stagione in modo abbastanza rude e sbrigativo.
Polito riassume i termini della questione attribuendo a De Gasperi il principio per il quale il leader è forte se sono forti le istituzioni e non i partiti. Principio che l’interessato praticò senza però mai teorizzarlo troppo. Un po’ perché la sua idea era che la politica non avesse un esagerato bisogno di teorie. E un po’ perché era consapevole che il suo partito, anche per l’ampiezza dei consensi raccolti, era destinato a ospitare molti interessi e molti punti di vista, non sempre così docili. Interessi che andavano armonizzati, certo. Ma senza illudersi più di tanto di poterli ricondurre a una troppo ferrea disciplina.
Dunque ai giorni nostri possiamo più che altro fare supposizioni e simulazioni. Sapendo però -ce lo dice la storia- che De Gasperi potè avviare la politica e l’economia italiana verso il 'miracolo' del dopoguerra anche perché l’estremo, disordinato, indisciplinato pluralismo del suo partito gli consentì di rivolgersi a uno spettro amplissimo della popolazione. Fossero state più ordinate le cose, difficilmente sarebbe stato così positivo il loro esito.
Nel frattempo, viene da dire che noi siamo approdati agli antipodi di quella stagione. E mentre i grandi leader di quella lontana stagione si rassegnavano a fare i conti con un certo disordine politico, i leader di oggi si trovano alla prese con una situazione apparentemente più ordinata secondo i loro voleri e poteri. Che tutto questo rechi alla politica dei nostri giorni un così cospicuo vantaggio resta però tutto da dimostrare". (di Marco Follini)
Politica
Meloni e l’ironia sul monopolio Rai:...
La premier torna con i suoi 'Appunti di Giorgia' ribattezzati appunto 'Telemeloni': "La sinistra è abituata a occupare le tv ma noi siamo orgogliosamente diversi"
"L'unica Telemeloni che esiste è questa, il resto sono fake news di una sinistra che essendo abituata a occupare la televisione pensa che gli altri siano come lei, ma poiché noi siamo molto e orgogliosamente diversi dalla sinistra abbiamo già smontato questa bufala dati alla mano". La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sfodera l'ironia e sui social nel suo appuntamento fisso con gli 'Appunti di Giorgia' si presenta in mise da telegiornalista con tanto di scritta 'sovrimpressa' per replicare a chi la accusa di aver monopolizzato la Rai.
L'affondo contro il Pd
Poi sfida frontalmente la leader Pd Elly Schlein. "La segretaria Schlein ha detto di recente che, in questo anno e mezzo di governo, io starei cancellando la libertà delle persone, accusa singolare diciamo così, per chi ha votato i provvedimenti per chiudere dentro casa la gente durante la pandemia, provvedimenti sui quali invece noi votammo contro". "Voglio chiedere a Elly Schlein di dire, con chiarezza - incalza - quali siano le libertà che sarebbero state cancellate da questo governo e con quali provvedimenti sarebbero state cancellate. Perché quello che vedo io è che noi stiamo riformando il sistema per consentire alla gente per esempio di votare direttamente il capo del governo? Libertà di voto? La sinistra è contraria. Per aiutare le imprese italiane a essere competitive ad assumere libertà d'impresa? La sinistra è contraria, per aiutare le donne a non dover scegliere tra mettere al mondo un bambino e avere un posto di lavoro libertà di scelta e la sinistra non ci dà una mano...".
"Le nostre sono battaglie di libertà, quindi ci dica il Pd quali sono le libertà che avremo cancellato", aggiunge. "Se invece la segretaria del Pd parla di Sanità e allora mi corre l'obbligo di ricordarle che siamo il governo nella storia d'Italia che ha messo più soldi sul fondo sanitario. La libertà in Italia è sempre stata limitata solo dalla sinistra, il punto è che i cittadini lo hanno capito".
"Procedura di infrazione Ue folle"
La premier se la prende poi anche con Bruxelles definendo "folli" le motivazioni che hanno portato alla procedura di infrazione contro l'assegno unico. "L'assegno unico - rivendica Meloni - è uno strumento efficace, riguarda sei milioni di famiglie, ma la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione con motivazioni che non esito a definire folli. Spero che la prossima commissione Ue abbia approccio diverso".
Migranti
"Buone nuove sul fronte dell'immigrazione illegale. Grazie al lavoro lungo e complesso che stiamo portando avanti, gli sbarchi in Italia continuano a diminuire. A oggi, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, sono diminuiti quasi del sessanta per cento. Chiaramente sono dati che devono migliorare. E che miglioreranno. Però, il risultato del nostro lavoro comincia a vedersi. La soddisfazione maggiore - scandisce la premier - mi arriva dall'accordo con l'Albania che voi sapete abbiamo fatto per gestire lì una parte dei migranti illegali che vorrebbero sbarcare in Italia".
"Con buona pace della sinistra nostrana l'Italia sull'immigrazione sta facendo scuola", rivendica. ''Qualche giorno fa -ha ricordato la presidente del Consiglio- quindici paesi europei su ventisette, quindi, la maggioranza dei paesi europei ha firmato un appello alla Commissione europea sull'immigrazione nel quale tra le altre cose c'è scritto che l'Ue deve seguire il modello italiano dell'accordo con l'Albania. La lettera dice testualmente che bisogna costruire modelli come quelli del protocollo tra Italia e Albania. Insomma, con buona pace della sinistra nostrana e dei suoi tentativi di far fallire qualsiasi risposta sul fronte dell'immigrazione illegale, l'Italia sull'immigrazione sta facendo scuola".
Redditometro
"In queste ultime ore si è parlato molto del cosiddetto redditometro. Si è detto che il governo aveva reintrodotto un meccanismo da Grande Fratello fiscale con l'emanazione di un decreto del ministero delle Economie e delle Finanze. Ovviamente non è così. Anche perché, come tutti sanno, noi siamo sempre stati e rimaniamo contrari al redditometro tanto caro invece alla sinistra", prosegue Meloni nel video.
"Nelle ultime ore - spiega - avevo incontrato il viceministro Leo" sul redditometro. "Ci siamo confrontati sui contenuti del decreto, che era stato predisposto dagli uffici del ministero dell'Economia e siamo giunti alla conclusione che il decreto vada sospeso e serva una ulteriore riflessione per assicurare maggiori garanzie ai contribuenti. E per questo ci siamo presi del tempo per lavorare con più calma a una norma diversa sulla quale ci sono due ipotesi sostanzialmente. Superare in toto il principio dell'accertamento sintetico. Oppure, lavorare a una norma che circoscriva questo strumento ai fenomeni oggettivamente inaccettabili".
Superbonus
La premier torna poi ancora acne sul superbonus definito un "fardello da inizio legislatura, un costo altissimo" per "un provvedimento che ha favorito chi di case ne aveva molte".
"Siamo dovuti tornare in uno degli ultimi consigli dei ministri su questo macigno, nel tentativo di frenare questa slavina, abbiamo varato nel tempo una serie di provvedimenti abolendo la follia del credito, diminuendo la percentuale dello sconto fiscale e via via tutte le altre misure, per cercare di uscire da quest'incubo e nonostante i padri di questa misura ancora cerchino di convincerci che quasi quasi è una misura che ci è convenuta, arrivano implacabili i report di Istat, Banca d'Italia, ufficio parlamentare di bilancio, Fondo Monetario Internazionale che confermano come la misura abbia avuto un costo altissimo e un beneficio minimo". Così Giorgia Meloni, parlando negli 'appunti di Giorgia'.
"Il costo complessivamente di tutti i bonus edilizi è oggi superiore duecento miliardi di euro pari a circa duecentoventi miliardi di euro -ricorda il premier- . Per darvi un parametro è più dell'importo dell'intero piano nazionale di ripresa e resilienza, il Pnrr. E sono soldi quelli dei bonus che sono serviti a ristrutturare poche case perlopiù per chi stava meglio e che sono stati tolti a lavoratori, famiglie, scuole e sanità".
Oltretutto queste misure queste misure acuito le disuguaglianze sociali come è stato sottolineato anche dal procuratore nazionale antimafia e anti terrorismo, per non parlare delle truffe alle quali queste misure si sono prestate, a oggi le irregolarità certificate sono pari a 17 miliardi di euro, per capirci l'equivalente di tutta la ricchezza prodotta in Italia in un anno dal nostro comparto del vino. È per questo che noi sul superbonus dobbiamo essere fermi" per questo "l'ultimo intervento per limitare questi effetti deleteri prevede una allungamento del periodo di detrazione dei crediti del superbonus che arriva ora fino a dieci anni per gli interventi sostenuti nel 2024" perché "questo ci consente di diluire la spesa dello Stato in più anni". "Un'altra misura riguarda le banche e le società finanziarie che hanno acquistato questi crediti e in particolare quelle che hanno acquistato questi crediti a meno del 75% del loro valore", spiega Meloni.
Salva Casa
Il decreto casa "è un provvedimento che io considero di assoluto buonsenso, che permetterà di dare risposta a una serie di esigenze abitative e anche di dare un po' di respiro al mercato immobiliare che oggi è un mercato in sofferenza e che noi vogliamo rilanciare". Così Giorgia Meloni, parlando negli 'appunti di Giorgia'. "La norma consente, sostanzialmente, di porre rimedio alle piccole e lievi difformità che oggi si trovano nelle case di tantissimi italiani -assicura la premier-. E che impedì di acquistare o di vendere quegli immobili perché sono formalmente considerati irregolari".
"Non parliamo ovviamente di abusi edilizi che nessuno di noi intende sanare, a scanso di equivoci e contrariamente a quello che dice l'opposizione, ma parliamo di quelle piccole irregolarità per lo più formali e burocratiche che oggi non ti consentono se vuoi di vendere la tua casa o anche solo di ristrutturarla e non ti consentono a volte di di acquistarne una".
Sud
Per il Sud "abbiamo liberato complessivamente oltre 2,8 miliardi di euro per creare nuova occupazione. La principale delle misure previste è l'esonero dal pagamento del 100% dei contributi previdenziali per due anni" cioè "se si assumono giovani sotto i trentacinque anni che non hanno mai avuto contratti a tempo indeterminato a patto che quei giovani vengano assunti con un contratto stabile". Lo dice Giorgia Meloni, parlando in una diretta web, tornando con 'gli appunti di Giorgia'.
"Nelle regioni del mezzogiorno il provvedimento vale però anche per gli over trentacinque che sono disoccupati da almeno due anni -sottolinea- . La decontribuzione vale per le donne a prescindere dall'età su tutto il territorio nazionale con maggiore accessibilità al beneficio per le donne che vivono nel Mezzogiorno".
Politica
Guido Crosetto dimesso dall’ospedale
Il ministro della Difesa ha lasciato ieri sera il nosocomio dove era ricoverato da martedì
Il ministro della Difesa Guido Crosetto è stato dimesso dall'ospedale San Carlo di Nancy, dove era ricoverato da martedì scorso. Crosetto ha lasciato ieri la struttura sanitaria.
"Gli accertamenti clinici hanno confermato che si è trattato di un nuovo episodio di pericardite presentatosi in forma molto più dolorosa rispetto all’episodio precedente e, come allora, senza implicazioni cardiache. Passata la fase acuta di dolore, la pericardite viene trattata come una normale infezione, con terapia anti infiammatoria" ha dichiarato il primario di cardiochirurgia del San Carlo di Nancy, prof. Giuseppe Speziale, all'indomani del ricovero.