Esteri
Attacchi Houthi in Mar Rosso, Usa hanno chiesto aiuto alla...
Attacchi Houthi in Mar Rosso, Usa hanno chiesto aiuto alla Cina: il retroscena
Financial Times: Washington ha chiesto a Pechino di premere sull'Iran per fermare gli attacchi dei ribelli
Gli Stati Uniti hanno chiesto alla Cina di sollecitare l'Iran a tenere a freno i ribelli Houthi che attaccano le navi commerciali nel Mar Rosso, ma hanno registrato scarsi segnali di aiuto da Pechino, secondo funzionari americani citati dal Financial Times.
La questione è stata ripetutamente sollevata negli ultimi tre mesi con alti funzionari cinesi ai quali è stato chiesto di trasmettere un avvertimento all'Iran perché non alimenti le tensioni in Medio Oriente dopo l'attacco di Hamas del 7 ottobre a Israele e la guerra che è seguita.
Il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, e il suo vice, Jon Finer, hanno discusso della questione negli incontri di questo mese a Washington con Liu Jianchao, capo del dipartimento internazionale del Partito comunista cinese, secondo i funzionari statunitensi. Anche il segretario di Stato, Antony Blinken, ha affrontato il tema, secondo quanto riportato da un funzionario del Dipartimento di Stato.
Secondo le fonti citate dal giornale, tuttavia, ci sono poche prove di pressioni cinesi sull'Iran per frenare gli Houthi, oltre a una generica dichiarazione che Pechino ha rilasciato la scorsa settimana invitando le "parti interessate" a garantire un passaggio sicuro per le navi che attraversano il Mar Rosso, una rotta di navigazione critica per il commercio globale.
Secondo un funzionario, gli Stati Uniti continueranno a sollevare la questione dell'Iran e degli attacchi degli Houthi con Pechino, ma non sono particolarmente ottimisti sul fatto che l'atteggiamento della Cina cambierà. Un altro funzionario statunitense ha riferito di "alcuni segnali" di impegno della Cina sulla questione, ma non significativi. "Non vorrei sopravvalutare né quanto hanno fatto né l'impatto che hanno avuto", ha chiarito la fonte del Financial Times.
Esteri
Gaza, Hamas apre all’accordo: “Non ci sono...
La delegazione israeliana sarebbe stata invitata a partecipare ai colloqui del Cairo in parallelo con la squadra di Hamas “per accelerare il processo”. Blinken in Medio Oriente per la settima visita dal 7 ottobre
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e il primo ministro Benjamin Netanyahu hanno parlato dei negoziati in corso per la conclusione di un accordo sulla restituzione degli ostaggi detenuti a Gaza dal massacro di Hamas che ha aperto sull'ultima proposta.
Il gruppo terroristico palestinese, come riporta il Times of Israel, non ha “alcun problema di rilievo” con l'ultima proposta di Israele ed Egitto per una tregua a Gaza. “L'atmosfera è positiva, a meno che non ci siano nuovi ostacoli israeliani. Non ci sono problemi importanti nelle osservazioni e nelle richieste presentate da Hamas riguardo ai contenuti” della proposta, ha dichiarato il funzionario di Hamas, che ha parlato a condizione di anonimato.
Il funzionario ha aggiunto che una delegazione di Hamas, guidata dall'alto dirigente del movimento Khalil al-Hayya, fornirà la risposta del gruppo alla proposta di tregua durante un incontro con i mediatori egiziani e qatarioti al Cairo lunedì. L'Egitto ha anche invitato la delegazione israeliana a recarsi al Cairo oggi per “accelerare il processo e fornire i chiarimenti necessari”, secondo una fonte egiziana citata dall'Al-Arabi Al-Jadid, di proprietà del Qatar.
La base per l'accordo
Il Cairo ha elaborato una nuova proposta di accordo tra Israele e Hamas che prevede il rilascio di venti ostaggi dalla Striscia di Gaza in cambio di un cessate il fuoco di tre settimane. Lo scrive il Wall Street Journal, sottolineando che l'obiettivo della proposta è anche quello di rinviare l'eventuale offensiva a Rafah. La proposta è stata concordata con Israele, scrive i Wsj, e prevede un'iniziale pausa dei combattimenti che sarebbe poi estesa dai mediatori. Non è chiaro, affermano i funzionari egiziani, se questa pausa porterà alla fine della guerra.
Telefonata tra Biden e Netanyahu
Nel corso della conversazione telefonica tra Biden e Netanyahu, i due leader "hanno discusso di Rafah" e il presidente Usa "ha ribadito la sua chiara posizione", come riferisce la Casa Bianca in una nota. Biden, inoltre, ha riaffermato "il suo fermo impegno per la sicurezza di Israele dopo il successo della difesa contro l'attacco senza precedenti dell'Iran con missili e droni all'inizio del mese. Ha inoltre fatto il punto sui colloqui in corso per garantire il rilascio degli ostaggi e l'immediato cessate il fuoco a Gaza".
Il presidente degli Stati Uniti "ha fatto riferimento alla sua dichiarazione, insieme ad altri 17 leader mondiali, in cui chiedeva ad Hamas di rilasciare senza indugio i propri cittadini per garantire il cessate il fuoco e i soccorsi alla popolazione di Gaza. Il Presidente e il Primo Ministro hanno anche discusso dell'aumento dell'assistenza umanitaria a Gaza, anche attraverso i preparativi per l'apertura di nuovi valichi settentrionali a partire da questa settimana. Il Presidente ha sottolineato la necessità che questi progressi siano sostenuti e rafforzati in pieno coordinamento con le organizzazioni umanitarie".
Blinken in Arabia Saudita
Intanto il segretario di Stato americano Antony Blinken è arrivato in Arabia Saudita, prima tappa del tour in Medio Oriente per cercare di ottenere un cessate il fuoco a Gaza e migliorare la crisi umanitaria nell’enclave assediata.A Riad, Blinken dovrebbe incontrare gli alti leader sauditi e tenere un incontro più ampio con le controparti di cinque stati arabi – Qatar, Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Giordania – per discutere sulla governance della Striscia di Gaza dopo la guerra, secondo un alto funzionario del Dipartimento di Stato.Blinken andrà poi in Israele e Giordania , ha annunciato il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.
Esteri
Usa, Urbinati (Columbia): ”La rettrice ha scatenato...
La docente di Teoria politica difende la protesta pacifica degli studenti e sostiene il dialogo senza toni aggressivi in spazi dedicati. Occorre portare avanti una trattativa che permetta il ritorno alla normalità ed eviti un grave danno di immagine per il campus, sostiene.
E' stata una ''reazione folle'' quella della rettrice della Columbia University, Nemat Shafik, di chiamare la polizia per rimuovere la manifestazione studentesca contro Israele. ''Era una protesta pacifica, fatta a suon di rap con giochi, canti e balli'', ma lei ''l'ha trasformata in un inferno''. Per fortuna, anche grazie ''a un documento di appello al dialogo che ho firmato anche io'', ora ''il clima è molto cambiato'' e si è aperto ''un tavolo di trattativa e negoziazione tra i rappresentanti degli studenti, il corpo docente, i dipendenti e l'ammnistrazione dell'università''. L'obiettivo è quello di rientrare in un ''clima di trattativa per riportare la normalità'', altrimenti ''c'è il rischio che salti il semestre'', ma ''nessuno vuole che si arrivi a tanto, sarebbe un danno di immagine incredibile, una rovina enorme''. Nadia Urbinati, che dal 1996 insegna Teoria politica alla Columbia University di New York, racconta ad Adnkronos dall'interno le contestazioni. ''Si tratta di un accampamento pacifico, gli studenti sono molto più moderati della rettrice, ma sono stati trattati da criminali e questo non è possibile'', ha aggiunto Urbinati.
Lei stessa ha avuto contatti con gli studenti, ''hanno scritto un documento bellissimo e molto moderato rivolto alla rettrice che ho firmato insieme a colleghi del mio dipartimento. Un documento in cui chiedevano di tenere in considerazione il problema della violenza che si amplifica se si chiama la polizia''. Tra i suoi studenti, racconta, ''uno che aveva fatto con me un corso sulla retorica è stato arrestato ieri per uso sconsiderato del linguaggio. Ha detto che i sionisti dovrebbero sparire dalla faccia della terra... Ma a parte questo caso nessuno mio studente è stato sospeso o arrestato''. Sottolineando che ''il 20 per cento degli studenti della Columbia arrestati sono ebrei'', Urbinati racconta anche il caso di ''uno studente ebreo israeliano che ha chiesto di non venire in classe per non attraversare il campus in quanto si sente a disagio''. La sua richiesta è stata accolta, ''un caso eccezionale risolto permettendogli di seguire le lezioni tramite Zoom''.
Urbinati racconta poi che in questi giorni hanno visitato la protesta al campus ''il rappresentante repubblicano e quello democratico. Entrambi sono stati ottusamente arroganti. L'esponente repubblicano ha proposto di chiamare guardia nazionale, il che avrebbe riportato il campus a livelli raggiunti solo nel '68''. Secondo la politologa, quindi, è stata ''la rettrice che ha radicalizzato'' la manifestazione. Shafik, spiega Urbinati, ''è alla Columbia da nove mesi e si è dimostrata molto inadeguata. Viene dal mondo delle finanza e ha dimostrato totale incapacità di comprendere che qui non si tratta di dipendenti di una banca, ma di persone varie con le quali occorre entrare in contatto''. E invece, durante la protesta, ''la rettrice è rimasta sempre chiusa nel suo ufficio o nella sua casa. Non ha mai interagito con gli studenti''.
L'auspicio, ora, è che ''vengano messi a disposizione degli spazi, delle aule, dove poter proseguire il dibattito sulla guerra e sui rapporti con Israele''. Perché, prosegue Urbinati, ''se c'è libertà di insegnamento, se si studiano argomenti come la guerra e la pace, gli stati nazione, è evidente che ne esca un dibattito''. Anzi, aggiunge, ''ben venga il dialogo e la riflessione promossi dagli studenti, certo senza usare toni aggressivi''.
Esteri
Elezioni Usa, Biden prende in giro Trump: “Sono in...
Durante la cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca
''Sono un uomo adulto e sono in corsa contro un bambino di sei anni''. Così il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha preso il giro l'ex inquilino della Casa Bianca e suo rivale alle prossime elezioni americane Donald Trump. ''L'unica cosa che abbiamo in comune è l'età'', ha aggiunto Biden durante la cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca. Anche se, età anagrafica alla mano, Biden ha 81 anni contro i 77 di Trump. ''Le elezioni del 2024 sono in pieno svolgimento e sì, l'età è un argomento - ha detto Joe Biden - Sono un adulto che corre contro un bambino di sei anni''.
Molti gli ospiti illustri, giornalisti e celebrità presenti all'hotel Hilton di Washington mentre all'esterno un centinaio di manifestanti hanno scandito slogan contro la guerra di Israele nella Striscia di Gaza e sventolato una bandiera palestinese lunga diversi metri. Ma all'interno il conflitto in Medioriente non è stato al centro della scena, soppiantato appunto dalle battute sull'età dei candidati alla presidenza Usa.