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Ucraina, il Papa e la ‘bandiera bianca’: la...

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Ucraina, il Papa e la ‘bandiera bianca’: la risposta della Nato, la reazione di Kiev

Stoltenberg risponde a Papa Francesco senza mai nominarlo: "Arrendersi non è pace". Il ministero degli Esteri ucraino convoca il Nunzio Apostolico

Zelensky e Stoltenberg - Fotogramma /Ipa

Arrendersi alla Russia non porterebbe la pace in Ucraina. Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, accogliendo a Bruxelles il primo ministro svedese Ulf Kristersson, ha risposto a papa Francesco, pur senza mai nominarlo, dopo che il pontefice, secondo le anticipazioni di un’intervista rilasciata alla Radio Televisione Svizzera, ha parlato, riferendosi a Kiev, del “coraggio” di chi alza “bandiera bianca” e negozia, per evitare conseguenze peggiori, in futuro, per il proprio popolo.

"Il sostegno della Nato all'Ucraina - ha scandito Stoltenberg - salva vite e deve continuare. Il presidente Vladimir Putin ha iniziato questa guerra e potrebbe mettervi fine oggi, ma l'Ucraina non ha questa opzione. Arrendersi non è pace. Dobbiamo continuare a rafforzare Kiev, per dimostrare a Putin che non otterrà quello che vuole sul campo di battaglia. Deve sedersi e negoziare una soluzione per cui l'Ucraina venga riconosciuta e prevalga come nazione sovrana e indipendente".

Le parole di papa Francesco, fin dall’inizio una delle pochissime voci autorevoli ‘fuori dal coro’ per quanto riguarda la guerra in Ucraina, sono state accolte freddamente anche dalla Commissione Europea, schierata da febbraio 2022 sulla linea del presidente Volodymyr Zelensky. La possibilità di arrivare alla pace in Ucraina, ha detto il portavoce per gli Affari Esteri Peter Stano, "si trova nelle mani di un uomo solo, che risponde al nome di Vladimir Putin, che ha iniziato questa guerra e che la porta avanti ogni giorno. Noi siamo sicuramente a favore della pace, di una pace giusta, di una pace che sia formulata alle condizioni della vittima di questa guerra, che è l'Ucraina”. Anche la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock (Verdi), da Berlino ha criticato le parole del Pontefice: “Davvero non lo capisco”, ha affermato via social.

Stoltenberg ha accolto ieri al quartier generale della Nato il primo ministro svedese Ulf Kristersson, dopo che la Svezia è diventata formalmente il 32esimo paese membro dell’Alleanza atlantica, venuto meno il veto prima della Turchia e poi dell’Ungheria di Viktor Orban, l’ultima a ratificare. L’ingresso del Paese scandinavo si aggiunge a quello della Finlandia, entrambi determinati dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, che ha cambiato in profondità l’assetto della sicurezza europea. Stoccolma, ha sottolineato il segretario generale, porta nell’Alleanza “capacità all’avanguardia, forze armate e un’industria della difesa di prima classe e spende più del 2% del Pil per la difesa”, un obiettivo che non tutti i Paesi dell’Alleanza hanno raggiunto.

“Dopo oltre duecento anni di neutralità, vi unite all’alleanza militare più forte e più di successo della storia”, ha rimarcato il politico norvegese. La Svezia non partecipa attivamente ad un conflitto dall’epoca delle guerre napoleoniche, anche se durante la Seconda Guerra Mondiale consentì il passaggio di truppe del Terzo Reich sul proprio territorio. Ha partecipato però a numerose missioni di peacekeeping nel mondo. Stoltenberg ha notato che, quando è divenuto segretario generale dell’Alleanza, non si sarebbe mai aspettato che Finlandia e Svezia sarebbero entrate nella Nato sotto il suo mandato (ripetutamente rinnovato).

Kristersson ha comunque escluso che il suo Paese possa ospitare sul suo territorio testate nucleari dell’Alleanza: “Diciamo chiaramente che non vediamo alcuna necessità che la Svezia ospiti basi permanenti o armi nucleari sul proprio territorio in tempo di pace. E’ una decisione della Svezia, che viene pienamente rispettata”, ha affermato il primo ministro. Stoltenberg, dal canto suo, ha confermato che “non c’è alcun piano per espandere il numero di Paesi alleati della Nato dotati di armi nucleari”. E’ noto che la deterrenza dell’Alleanza atlantica nei confronti dell’Urss prima e della Russia poi, dando per scontata una superiorità numerica dell’esercito russo, era ed è basata principalmente sulle armi atomiche tattiche dispiegate nel territorio dell’Alleanza: in caso di attacco di terra, verrebbero usate contro il territorio russo, possibilità che esercita un forte deterrente nei confronti di eventuali attacchi.

“Naturalmente - ha spiegato il segretario generale - valutiamo costantemente la nostra postura per quanto riguarda le forze convenzionali. Ma non ci sono piani, per esempio, per avere un battaglione in Svezia, come quelli che abbiamo nei Paesi Baltici”. Ma “ovviamente - ha aggiunto Stoltenberg - con Finlandia e Svezia nell’Alleanza, la geografica cambia, perché ora abbiamo due importanti alleati anche sul versante occidentale del Mar Baltico”, che con l’ingresso di Helsinki e Stoccolma è diventato, per la maggior parte, un ‘lago Nato’. “Ci stiamo esercitando e preparando per proteggere Finlandia e Svezia, ma anche per proteggere ed aiutare in modo più efficiente tutte le regioni baltiche. Ma non c’è alcun piano per avere basi permanenti” in territorio svedese.

Kiev convoca in nunzio apostolico: "Delusi dalle parole del Papa"

Intanto il nunzio apostolico in Ucraina, Visvaldas Kulbokas, è stato convocato ieri al ministero degli Esteri di Kiev dopo le parole di Papa Francesco. E' quanto si legge in una nota pubblicata sul sito web del ministero degli Esteri di Kiev.

L'Ucraina, è stato riferito al nunzio secondo la nota, è "delusa dalle parole del Pontefice riguardo la 'bandiera bianca' e la necessità di 'mostrare coraggio e negoziare'". Secondo il ministero degli Esteri di Kiev, come riporta anche Interfax-Ukraine, "invece di appelli che legittimano il diritto del forte e lo incoraggiano a non rispettare ulteriormente le norme del diritto internazionale, il Pontefice dovrebbe dare un segnale alla comunità internazionale sulla necessità di un'immediata unione delle forze per garantire la vittoria del bene sul male, così come rivolgere appelli all'aggressore e non alla vittima".

Il ministero degli Esteri di Kiev sottolinea come l'Ucraina, "come nessun altro, si batta per la pace" e cita la Carta delle Nazioni Unite e la Formula di pace proposta dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Zelensky: "Qui chiesa è in prima linea, non serve mediazione a 2500 km da Kiev"

"La bandiera dell'Ucraina è gialla e blu", "la chiesa è in prima linea accanto alle persone" e "la mediazione virtuale a 2500 km" da Kiev non serve. Questo il messaggio del presidente ucraino Volodymyr Zelensky che, anche lui senza nominare in maniera esplicita Papa Francesco, pare riferirsi alle parole che il Pontefice ha rilasciato alla radiotelevisione svizzera. "Le nostre forze di difesa sono costituite da molti elementi. Molte brigate e unità. E tutti coloro che agiscono al fronte, tutti coloro che proteggono lo Stato dai sabotatori e dal terrore russi, tutti coloro che sono coinvolti in missioni di combattimento meritano gratitudine e rispetto", ha detto Zelensky nel consueto messaggio affidato a Telegram.

"Gli assassini e i torturatori russi non si spingono oltre in Europa solo perché sono arginati da uomini e donne ucraini che imbracciano le armi sotto la bandiera blu e gialla. In Ucraina una volta c'erano molti muri bianchi di case e chiese, che ora sono bruciati e distrutti dai bombardamenti russi. E questo dice in modo molto eloquente chi dovrebbe fermarsi affinché la guerra abbia fine", ha rimarcato il presidente ucraino.

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“Francia ha mandato soldati in Ucraina”, come...

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Un articolo, un post, una valanga di condivisioni e la menzogna vola

La smentita del ministero degli Esteri francese

L'Ue non manderà soldati in Ucraina per la guerra contro la Russia, "qualunque cosa dica" il presidente francese Emmanuel Macron. Le parole dell'Alto Rappresentante dell'Unione Europea per la Politica Estera, Josep Borrell, non lasciano spazio ai dubbi. L'Europa non entrerà nel conflitto. Eppure, dopo le recenti dichiarazioni di Macron, che ha ipotizzato l'invio di truppe in caso di cedimento del fronte ucraino, negli ultimi giorni - tra le varie fake news - è spuntata l'indiscrezione secondo cui la Francia avrebbe già inviato reparti della Legione straniera in Ucraina.

I social, in questo caso, hanno fatto da amplificatore come spesso accade. Il magazine Newsweek ha acceso i riflettori sulla vicenda, evidenziando in particolare il post pubblicato su X dall'emittente Nexta Tv. "La Francia ha segretamente inviato i suoi soldati in Ucraina", ha scritto l'emittente riportando le parole che Stephen Bryen, ex funzionario del Pentagono, ha inserito in un articolo per Asian Time. Il post, manco a dirlo, ha preso il volo con centinaia di migliaia di visualizzazioni in un paio di giorni.

Bryen, in particolare, "sostiene che unità del terzo reggimento della fanteria francese, una delle principali unità della Legione Straniera, è stato inviato a Slovyansk per offrire supporto alla 54esima brigata delle forze armate ucraine. Questo gruppo comprende circa 100 uomini per artiglieria e osservazione. Secondo Bryen, dovrebbero arrivare circa 1500 uomini". A corredo del post, anche uno screenshot dell'articolo con il titolo perentorio: "La Francia manda truppe da combattimento al fronte in Ucraina". A sostegno delle affermazioni, nessun elemento. Niente prove.

Stephen Bryen è un ex direttore dello staff della Sottocommissione Vicino Oriente sotto l'egida della Commissioni relazioni straniere del Senato americano. Da un blog riconducibile a Bryen, spiega Newsweek, il funzionario ha acquisito informazioni da Sputnik, media russo 'megafono' del Cremlino, e da un canale Telegram russo, Military Chronicle.

Cosa è successo? Sputnik ha eliminato il suo post e il canale Telegram si è blindato, vincolando l'accesso ad una autorizzazione che va richiesta e che non sempre viene concessa. "Non sono stato accurato e le mie fonti erano sospette - le parole di Bryen nel blog -. Alcuni le definiscono false ma per me non lo sono". Alla fine, è dovuto intervenire ufficialmente il ministero degli Esteri francese con un post su X: "Allerta fake news. Campagne di disinformazione sul sostegno della Francia all'Ucraina sono più attive che mai. La Francia non ha inviato soldati in Ucraina". Messaggio perentorio, visto però da appena 60mila utenti.

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Israele, Rafah nel mirino anche senza armi Usa. Netanyahu:...

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Il premier israeliano: "Resteremo soli ma combatteremo con le unghie e con i denti"

Benjamin Netanyahu

"Facciamo da soli". Israele non si ferma, l'operazione militare a Gaza è destinata a proseguire e Rafah rimane nel mirino, anche se gli Stati Uniti non invieranno più armi. ''Se dobbiamo restare soli, resteremo soli'', ma ''combatteremo con le unghie e con i denti'' perché ''siamo determinati e siamo uniti per sconfiggere i nostri nemici e coloro che vogliono farci del male'', ha detto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu nel videomessaggio diffuso su 'X' in vista del Giorno dell'Indipendenza che si celebra il 14 maggio, ''75 anni fa. Eravamo pochi contro molti''. Mentre ''oggi siamo molto più forti'', ha proseguito il premier israeliano.

La posizione assunta dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, non sembra condizionare i programmi di Israele. Il presidente americano ha affermato che Washington non invierà più armi a Israele se l'operazione a Rafah, dove sono rifugiati circa 1,5 milioni di palestinesi, avesse luogo. Le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno ''armi a sufficienza per le missioni pianificate, anche per Rafah'', ha spiegato portavoce delle Idf, Daniel Hagari . ''Le Idf dispongono di armi per le missioni che stanno pianificando, e anche per le missioni a Rafah. Abbiamo ciò di cui abbiamo bisogno'', ha detto.

Hagari ha quindi sottolineato che ''gli Stati Uniti hanno finora fornito assistenza in materia di sicurezza allo Stato di Israele e alle Idf durante la guerra in un modo senza precedenti''. Inoltre, il capo di stato maggiore delle Idf, il generale Herzi Halevi, parla ogni giorno con il capo del Centcom Usa, il generale Michael Erik Kurilla. ''Anche quando ci sono disaccordi tra noi, li risolviamo a porte chiuse'', ha detto Hagari.

Negoziati Israele-Hamas, ennesima fumata nera

L'operazione a Rafah appare più vicina dopo l'ennesima fumata nera nell'ultimo round di colloqui al Cairo. Funzionari israeliani, citati da Canale 12, hanno fatto riferimento a "differenze inconciliabili" con Hamas, mentre le rispettive delegazioni hanno lasciato la capitale egiziana ed anche il direttore della Cia, William Burns, rientra negli Stati Uniti.

Israele chiede di escludere Rafah da un eventuale accordo, secondo quanto ha riportato l'emittente Nbc, citando quattro funzionari americani ed un ex al corrente dei colloqui. Secondo le fonti, il governo Netanyahu si rifiuta di accettare un'intesa a meno che non possa andare avanti con le operazioni militari a Rafah, anche nel caso di tregua.

Pressing della Casa Bianca

La Casa Bianca, intanto, continua il pressing su Netanyahu. "Distruggere Rafah non porterà a raggiungere l'obiettivo di Washington e Tel Aviv di sconfiggere Hamas a Gaza'', ha detto dichiarato John Kirby, portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, spiegando che gli Stati Uniti hanno proposto a Israele ''metodi diversi per fare pressione su Hamas''. Ovvero, ''esistono modi migliori per sconfiggere ciò che resta di Hamas a Rafah rispetto a una grande operazione di terra''.

Il presidente Biden e il suo team "sono stati chiari per diverse settimane sul fatto che non supportiamo un'importante operazione di terra a Rafah, dove più di un milione di persone si stanno rifugiando senza un posto sicuro dove andare'', ha aggiunto Kirby, evidenziando la necessità di fornire aiuto alla popolazione. "Vogliamo che tutta l'assistenza umanitaria continui a passare attraverso il valico di Rafah e tutti gli altri valichi il più presto possibile", ha detto ancora. Gli Stati Uniti, ha spiegato, hanno chiesto agli israeliani di riaprire il valico e loro hanno accettato, ma senza fornire una tempistica.

Da due giorni nessuno aiuto è entrato dai valichi con il sud della Striscia di Gaza, come ha detto il direttore per la Palestina di World Food Programme (Wfp), Matthew Hollingworth, spiegando che ''il nostro magazzino principale non è accessibile. Nessun aiuto è entrato attraverso i valichi meridionali in due giorni''. Con un post su 'X', Hollingworth ha spiegato che ''solo un panificio funziona ancora. Le forniture di cibo e carburante a Gaza dureranno solo 1-3 giorni. Dopo di che, le nostre operazioni si fermeranno''.

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Allerta pertosse in Inghilterra, morti 5 bambini e...

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Esperti temono nuovo anno record dopo picco del 2016, appello a vaccinarsi

Un'ambulanza

Sale l'allerta pertosse in Inghilterra. Cinque bambini sono morti, mentre i contagi continuano ad aumentare. L’Agenzia britannica per la sicurezza sanitaria (Ukhsa) ha segnalato 1.319 casi in Inghilterra a marzo, dopo poco più di 900 a febbraio, per un totale di quasi 2.800 nel 2024, riporta la Bbc news online. Si teme che possa essere un anno 'record' per l’infezione batterica, come accaduto nel 2016, quando è stato raggiunto il picco di quasi 6mila casi (5.949). Picchi che vengono osservati, in genere, ogni tre-cinque anni. L’infezione - ricordano gli esperti - può essere particolarmente grave per neonati e bambini piccoli. La metà dei casi osservati quest’anno ha riguardato, finora, 'under 15', con i tassi più alti nei bimbi con meno di tre mesi.

Secondo l’Ukhsa, alla base di questo rialzo ci sono il ​​costante calo delle vaccinazioni nelle donne incinte e nei bambini e i numeri molto bassi di pertosse osservati durante la pandemia, come accaduto con altre infezioni a causa delle restrizioni e del comportamento pubblico. Il picco era dunque atteso, ha affermato l’agenzia esortando le famiglie a vaccinarsi se non lo hanno già fatto. A settembre 2023, il numero di bambini di due anni che hanno completato le vaccinazioni di routine sei in uno, che include la protezione contro la pertosse, è sceso del 92,9% rispetto al 96,3% di marzo 2014. Anche la diffusione del vaccino in gravidanza, è diminuita: da oltre il 70% nel settembre 2017 a circa il 58% nel settembre 2023.

Per l'Ukhsa, si tratta di un problema serio. "La vaccinazione rimane la migliore difesa contro la pertosse ed è fondamentale che le donne incinte e i neonati ricevano i vaccini al momento giusto. La tosse convulsa può colpire persone di tutte le età, ma per i bambini molto piccoli può essere estremamente grave - sottolinea la dottoressa Gayatri Amirthalingam, dell'agenzia britannica - I nostri pensieri e le nostre condoglianze vanno a quelle famiglie che hanno perso così tragicamente il loro bambino".

I sintomi della pertosse

I primi segni di pertosse sono simili a un raffreddore, con naso che cola e mal di gola. Ma dopo circa una settimana, l’infezione può svilupparsi in attacchi di tosse che durano pochi minuti e in genere peggiorano durante la notte. I bambini piccoli possono avere difficoltà a respirare dopo un attacco di tosse.

I batteri si diffondono attraverso la tosse e gli starnuti. Gli esperti consigliano ai membri di una famiglia in cui è stato diagnosticato il virus di rimanere a casa fino a tre settimane dopo l'inizio dei sintomi o 48 ore dopo che il paziente ha iniziato ad assumere antibiotici.

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