Esteri
Trump, anche Barron debutta in politica: sarà...
Trump, anche Barron debutta in politica: sarà all”incoronazione’ del padre
Il 18enne parteciperà alla convention repubblicana di Milwaukee
Debutto in politica anche per Barron Trump, l'ultimo figlio, appena 18enne, dell'ex presidente Donald Trump. Il teenager è stato nominato tra i delegati che la Florida invierà alla convention repubblicana, che si svolgerà a luglio a Milwaukee: nella città del Wisconsin il padre sarà, di nuovo, incoronato candidato alla Casa Bianca.
Al momento dell'inizio del primo mandato di Trump da presidente, aveva 11 anni e Melania l'aveva tenuto lontano dai riflettori dalla politica, suscitando polemiche per aver ritardato di diversi mesi il trasferimento alla Casa Bianca per permettergli di concludere l'anno scolastico a New York, dove allora risiedevano i Trump.
Già durante gli anni della Casa Bianca, l'intero clan Trump ha cominciato a trasferirsi dalla troppo liberal New York in Florida, dove i membri della famiglia godono di maggiori sostegni, e sono ben quattro i figli di Trump - oltre a Baron, Eric e Donald jr e Tiffany - nominati nella lista dei 41 delegati non eletti che saranno inviati dallo Stato alla convention.
Ivanka - che insieme al marito Jared Kushner ebbe un ruolo ufficiale nella Casa Bianca di Trump, ma da allora ha fatto un passo indietro dalla politica, almeno per ora - non figura nella lista. Il debutto di Barron è conferma il sempre maggiore controllo del partito repubblicano da parte del clan Trump, ricordando che la nuora Lara Trump dallo scorso marzo è vice presidente del comitato nazionale repubblicano. Barron si diplomerà il prossimo 17 maggio alla Oxbridge Academy, una scuola privata di Palm Beach, e Trump ha ottenuto dal giudice del processo in corso contro di lui a New York un permesso speciale per assentarsi dall'audizione e partecipare alla cerimonia.
Esteri
Assange potrà fare appello contro l’estradizione in...
Secondo i magistrati britannici non sono infondate le preoccupazioni che il giornalista possa affrontare negli Stati Uniti un processo non equo
Il cofondatore di Wikileaks Julian Assange potrà ricorrere in appello contro la sua estradizione negli Stati Uniti. Lo hanno deciso i giudici dell'Alta Corte britannica, secondo quanto riporta Sky News. I giudici britannici hanno infatti riconosciuto che non sono infondate le preoccupazioni della difesa di Assange che il giornalista possa affrontare negli Stati Uniti un processo non equo.
Se processato per i 18 capi d'imputazione attribuitigli, il giornalista rischia una condanna fino a 175 anni di detenzione, secondo l'Espionage Act, in condizione come le attuali, che due relatori dell'Onu hanno definito "assimilabili alla tortura". Questa vecchia legge del 1917 è stata rispolverata in America anche nel caso della whistleblower Chelsea Manning.
Nel processo di primo grado la possibilità di presentare un ultimo appello non era stata concessa al giornalista australiano, per il quale ora l'Alta Corte britannica chiede che - nel caso di estradizione - possa usufruire delle garanzie di tutela offerte dal Primo Emendamento, come qualsiasi altro cittadino degli Stati Uniti, oltre a escludere l'eventualità che le accuse contro di lui siano in qualche modo suscettibili di arrivare alla pena di morte. Sono questi i due punti fondamentali, dei sei sollevati in precedenza dagli avvocati di Assange, i soli accettati dai giudici.
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La morte di Raisi irrompe nel conflitto tra Israele e Hamas...
La morte del presidente iraniano Ebrahim Raisi e del ministro degli Esteri Abdollahian, vittime assieme ad altri membri dell'equipaggio, dello schianto dell'elicottero su cui viaggiavano in una regione montuosa a circa 60 chilometri da Teheran, irrompe nel conflitto tra Israele e Hamas, che esprime dolore e tristezza per quanto accaduto. A seguito della morte di Raisi il leader supremo iraniano Ayatollah Ali Khamenei ha nominato il primo vicepresidente, Mohammad Mokhber, nuovo presidente facente funzioni, della Nazione. Nel frattempo, il consigliere per la sicurezza nazionale americano, Jake Sullivan, ha incontrato il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant e il capo di Stato maggiore delle Forze di difesa del paese, Herzi Halevi a Tel Aviv per fare il punto della situazione, in particolare sull'offensiva su Rafah.
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Netanyahu e Sinwar, Corte penale internazionale chiede...
Il procuratore della Cpi chiede anche l'arresto di Gallant e di Mohammed Diab Ibrahim al-Masri, il leader delle Brigate Al Qassem
Il procuratore capo della Corte penale internazionale (Cpi) Karim Kahn ha chiesto che i giudici emettano mandati di arresto internazionale nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e del leader di Hamas a Gaza Yahya Sinwar per crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Lo ha detto lo stesso Kahn in un videomessaggio condiviso sui social dicendosi ''profondamente preoccupato'' dalle ''prove raccolte ed esaminate dal mio ufficio''.
Chiesto anche un mandato di arresto internazionale per il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant che, insieme a Netanyahu, è accusato da Kahn di vari crimini. Ovvero ''aver causato uno sterminio, l'uso della fame come metodo di guerra, la negazione degli aiuti umanitari, trattamenti crudeli, atti disumani, la presa di mira deliberata della popolazione civile durante il conflitto'' seguito all'attacco di Hamas del 7 ottobre.
Per quanto riguarda Hamas, invece, oltre che per Sinwar il procuratore capo della Cpi ha chiesto che venga emesso un mandato di arresto per Mohammed Diab Ibrahim al-Masri, il leader delle Brigate Al Qassem meglio conosciuto come Mohammed Deif, e Ismail Haniyeh, il leader politico di Hamas. Nei loro confronti le accuse sono di ''sterminio, omicidio, presa di ostaggi, torture, stupro e violenza sessuale durante la detenzione''.
Una giuria di giudici della Corte penale internazionale esaminerà ora la richiesta di Khan per i mandati di arresto. Con i mandati di arresto chiesti nei confronti dei politici israeliani è la prima volta che la Cpi prende di mira il leader di uno stretto alleato degli Stati Uniti. La Cpi aveva invece in precedenza emesso un mandato di arresto nei confronti del presidente russo Vladimir Putin per la guerra lanciata contro l'Ucraina.