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Giustizia, Expleo: “Non è lumaca, dal 2014 definite più cause civili di quelle in essere”
Quante volte abbiamo sentito affermare che la Giustizia nel nostro Paese è lenta o non funziona. Lasciando stare il singolo caso, diversi indicatori statistici degli ultimi anni, in particolare dal 2014 al 2020, a partire dall’entrata in vigore della nuova geografia giudiziaria, sconfessano almeno in parte quel luogo comune.
Se è vero che nell’ultimo anno la pandemia ha rallentato anche la macchina giuridica, con una riduzione complessiva del 24% delle definizioni ovvero della conclusione dei processi civili di primo e secondo grado nel 2020 rispetto al 2019, a cui è corrisposta una contemporanea diminuzione del 22% dei contenziosi sopravvenuti (Fonte DG Stat Ministero della Giustizia), è anche vero che le istituzioni stanno lavorando a diverse riforme. Prima fra tutte la riforma del processo civile che attualmente è in discussione in parlamento. Tra le principali novità della riforma, la valorizzazione degli strumenti alternativi al processo per la risoluzione delle controversie come negoziazione assistita, arbitrato e mediazione. Un altro punto strategico per la semplificazione del processo civile è quello di implementare l’innovazione telematica introdotta durante l’emergenza Covid.
Tornando ai numeri, dall’analisi dei dati del Ministero della Giustizia relativi agli anni dal 2014 al 2020, Adnkronos e Expleo hanno ricavato interessanti tendenze sulla giustizia civile. In particolare a partire dal 2014 il numero dei contenziosi definiti nel corso dell’anno è sempre stato superiore al numero di quelli venuti in essere nello stesso anno, come dimostrato dal Clearance Rate sempre superiore a 100. Tale indicatore, espresso in percentuale calcolata dal rapporto tra procedimenti definiti e sopravvenuti, viene utilizzato per monitorare la capacità dei sistemi giudiziari e dei singoli uffici di smaltire i procedimenti sopravvenuti. Negli ultimi tre anni di analisi dei dati il Clearance Rate oscilla da un minimo di 102,80% relativo al 2017 per il Nord Ovest, a un massimo di 105,96% registrato complessivamente nel 2018 nei tribunali del Centro Italia.
Fatta eccezione per il 2020, anno in cui è esplosa la pandemia, negli anni precedenti anche i tempi di definizione dei procedimenti pendenti alla fine di un anno sono diminuiti per tutte le aree geografiche italiane. Ad esempio, al Nord Ovest il Disposition Time, l’indice che indica appunto i tempi necessari per smaltire i procedimenti pendenti, è sceso dai 301 giorni del 2016 ai 258 del 2019, che rappresenta il miglior valore registrato a livello di area geografica nazionale. Lo stesso indicatore al Sud si è ridotto da oltre 548 giorni del 2014 ai 482 del 2019. Insomma, numeri ancora elevati, ma la strada intrapresa sembra quella giusta. Una strada che con l’entrata in vigore della riforma giudiziaria dovrebbe essere sempre più in discesa.
Puglia, Abruzzo, Basilicata, Campania, Molise, sono le regioni dove complessivamente si è registrato il maggior numero di contenziosi civili sopravvenuti nel periodo 2014-2020 con 4,8 milioni di procedimenti su un totale nazionale di quasi 17 milioni. Un dato confermato anche nel 2020 con oltre 546 mila nuovi procedimenti contro i 422 mila del Centro e i 419 mila del Nord-ovest, 290 mila del Nord est e 226 mila delle Isole.
Incrociando i dati di flusso dei procedimenti con la popolazione (fonte Istat) al Sud si registrano 4,1 procedimenti civili ogni 100 abitanti, al Centro e nelle Isole 3,60, al Nord-ovest si scende a 2,70 al Nord-est al 2,50.
Nel 2020, complice la pandemia, i rallentamenti della giustizia hanno fatto fare un passo indietro ai tribunali rispetto allo smaltimento del carico di procedimenti civili, specie riguardo quelli con oltre 50 mila casi sopravvenuti nel corso dell’anno. Possiamo osservare come il migliore tra i grandi tribunali, ovvero quello di Milano, abbia registrato l’anno passato un Clearance rate (percentuale calcolata dal rapporto tra procedimenti definiti e sopravvenuti) pari a 103%. Seguono Roma 99%, Napoli 98,5%, Torino 96%.
Percentuali dunque per lo più negative, in controtendenza rispetto ai trend positivi degli ultmi anni 2014-2019. In quel periodo, le migliori performance per singolo tribunale si sono avute per quello di Napoli nel 2015 con un Clearance rate di oltre il 130%; Roma nello stesso anno con il 106%, Milano aveva toccato il suo top nel 2014 con il 110%, Torino nel 2015 con il 107%. A livello di tempo necessario per smaltire i processi pendenti (Disposition Time) riferiti al 2020, il capoluogo piemontese balza in testa alla graduatoria con 276 giorni, seguito da Milano (366 giorni), Roma (475 giorni) e Napoli (633 giorni).
Escludendo l’ultimo anno segnato dal Covid, in precedenza i grandi tribunali hanno registrato performance decisamente migliori, con tempi di smaltimento dei procedimenti pendenti molto più contenuti. Nello specifico l’anno delle performance migliori è stato il 2018 per Milano 261 giorni (109 mila procedimenti sopravvenuti), Roma 356 giorni (181 mila procedimenti sopravvenuti), Napoli 442 giorni (98 mila procedimenti) e il 2019 per Torino con 176 giorni ma a fronte di meno di 90 mila procedimenti sopravvenuti.
A livello di flussi di procedimenti sopravvenuti nel 2020 la regione più litigiosa d’Italia è la Campania con oltre 243 mila contenziosi. Lo stesso dato rapportato con la popolazione regionale vedo però al primo posto la Calabria con 4,4 casi su 100 abitanti. Lombardia, Veneto e Trentino Alto Adige sono le regioni meno litigiose con dati attorno a 2 ogni 100 abitanti
I principali temi di contenzioso al Sud nell’ultimo anno sono stati Civile ordinario (22%) che comprende diversi categorie tra cui separazioni e divorzi che incide per il 28%, Altre procedure (20%) con una netta prevalenza di questioni legate all’accertamento tecnico preventivo che incide per il 74% e poi le controversie legate a Lavoro e Previdenza (17%).
Nel 2020 in Italia sono giunte oltre 53mila procedure di divorzio con il 52% dei casi di divorzio congiunto. Sardegna, Sicilia e Liguria sono le tre regioni con il più alto rapporto tra divorzi sopravvenuti nell’anno e numero di abitanti, quanto emerge ancora dall’analisi Adnkronos ed Expleo su dati del ministero della Giustizia 2014-2020.
L’area di Nord Ovest è quella dove si sono registrati più procedimenti di divorzio e separazione tra coniugi in Italia. Nel periodo 2014-2020 tra Lombardia, Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta hanno visto il 27% dei divorzi totali con un numero di iscrizioni pari a oltre 300mila. Tuttavia questo trend è in decremento del 34% rispetto al 2014.
Nella graduatoria dei divorzi segue il Sud con oltre 271mila, il Centro con circa 225mila, Nord est 193mila e le isole con 147.622. Rapportando i dati al totale della popolazione delle singole aree geografiche si scopre che in Sicilia e Sardegna si registra il maggior numero di separazioni e divorzi con 2,8 casi ogni 1000 abitanti, segue il Sud con 2,4, Nord-ovest e Centro (2 casi), Nord-est 1,9.
Analizzando i dati si possono scoprire interessanti tendenze culturali e sociologiche. Nel periodo 2014-2020 la fine di un matrimonio avviene principalmente con un divorzio congiunto, specie nelle regioni di Nord-ovest una risoluzione invece molto meno utilizzata al Sud e nelle Isole dove prevale il divorzio contenzioso. Allo stesso modo, a livello di separazioni prevale quella consensuale rispetto alla giudiziale, con l’eccezione ancora una volta del Sud dove le due voci sono quasi uguali e delle Isole dove si ricorre maggiormente alla separazione giudiziale.
Incrociando i dati del 2019 Ministero della Giustizia relativi a divorzi e separazioni con quelli dell’Istat riguardanti i matrimoni dello stesso anno, scopriamo che in Italia le unioni sono superiori alle separazioni. Ma non in tutte le regioni. Liguria, Abruzzo, Lazio, Marche e Sardegna sono le regioni dove nel 2019 i matrimoni conclusi hanno superato i nuovi “si”. La Basilicata ha invece il rapporto più alto (circa il 40%) tra matrimoni celebrati e divorzi/separazioni.
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Covid e variante Pirola, mini ondata in arrivo? Cosa dicono gli infettivologi

Marco Falcone, segretario della Società italiana malattie infettive e tropicali (Simit), fa il punto con l'Adnkronos Salute

Covid in Italia e variante Pirola, nuova mini ondata di casi in arrivo? “Il fatto che la variante BA.2.86 o ‘Pirola’ sia stata sequenziata nei giorni dell’arrivo in Italia del vaccino anti-Covid aggiornato sembra uno scherzo del destino. E’ una variante che ha una ‘spike’ diversa da tutte le altre varianti Omicron con oltre 35 mutazioni e con queste caratteristiche potrebbe essere una tipologia di virus che infetta anche i guariti e i vaccinati. L’interesse della comunità scientifica però deve essere sul fatto che possa essere o meno più contagiosa e trasmissibile, abbiamo visto che EG.5 o ‘Eris’ ha fatto mini ondata di casi ma non è detto che anche Pirola possa causare grandi numeri”. Così all’Adnkronos Salute l’infettivologo Marco Falcone, segretario della Società italiana malattie infettive e tropicali (Simit).
Cosa dobbiamo fare? “Sicuramente la sorveglianza molecolare – risponde Falcone -che va condotta per capire se quest’ultima variante rimane confinata al 5-10% di prevalenza nella popolazione infettata o diventa predominare. Ma – avverte – al momento non ci sono motivi per pensare che abbia un impatto clinico diverso dalle altre, ovvero che possa dare una malattia Covid più grave”.
Secondo l’infettivologo, “in ogni caso o Pirola, Eris o la prossima variante dal nome affasciante, i soggetti fragili, gli anziani, i malati oncologi e ematologici, devono fare il vaccino aggiornato a XBB che rappresenta, indipendentemente dalla variante che gira, una stimolazione e un potenziamento degli anticorpi necessario per affrontare l’autunno. Questi soggetti magari si infetteranno ma – conclude – non svilupperanno una malatia grave, il valore dei vaccini rimane intatto rispetto alle nuove varianti perché abbiamo già avuto l’esperienza di quanto accaduto negli anni passati”.
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Covid, variante Pirola in Italia: cosa dicono Bassetti, Ciccozzi e Pregliasco

Il parere degli esperti

La variante Pirola è stata isolata a Brescia dal team di Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia, che lo annuncia all’Adnkronos Salute. L’isolamento di Pirola, precisa Caruso, è avvenuto dal campione di “un paziente fragile portato alla nostra attenzione. Il sequenziamento è in corso”. Ecco cosa ne pensano i maggiori esperti del nostro Paese.
La presenza della variante BA.2.86 o ‘Pirola’ anche in Italia, dice all’Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore di Malattie infettive all’ospedale Policlinico San Martino di Genova, “non è un elemento di preoccupazione, come non lo è stata nessuna altra variante isolata fino a oggi. Anche in Usa dove Pirola è dominate non mi pare ci sia stato un aumento della gravità dei casi, ma una curva che è salita e poi rapidamente scesa. E’ la storia delle varianti, l’abbiamo imparata: hanno un interesse scientifico quindi congratulazioni al collega di Brescia, Arnaldo Caruso, ma devono rimanere argomento di puro interesse scientifico e non diventare un tema di discussione al bar o nei talk show. Lasciamole agli scienziati, perché ogni volta che è apparsa una variante nuova c’è chi ha fatto allarmismo, ma oggi basta ‘al lupo al lupo'”.
“Finalmente la variante BA.2.86 o ‘Pirola’ è arrivata in Italia. L’isolamento a Brescia è importante, per questa variante che ha circa 33-34 mutazioni che comprendono anche la proteina N” di Sars-CoV-2. Così all’Adnkronos Salute Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di Statistica medica ed Epidemiologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma. “Una delle nostre preoccupazioni era che questa variante fosse in grado di ‘evitare’ i test antigenici. Ora, con l’isolmento a Brescia, avremo un vantaggio rispetto a questo fronte e anche su altre considerazioni”.
La variante Pirola in Italia è stata isolata a Brescia dal team di Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia, “in un paziente immunocompromesso – aggiunge Ciccozzi – come era accaduto anche in altri Paesi. Quindi c’è l’ipotesi che questa variante possa portare a una infezione in questa tipologia di persone e poi rilanciarsi con altri cambiamenti”.
La variante BA.2.86 di Sars-CoV-2, Pirola sui social, “preoccupa perché ha una trentina, forse anche più, di mutazioni nella proteina Spike” che il coronavirus utilizza per ‘agganciare’ le cellule bersaglio. Così all’Adnkronos Salute Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università Statale di Milano, commentando il primo isolamento di Pirola in Italia a Brescia, da parte del team del presidente della Società italiana di virologia Arnaldo Caruso. “Mutazioni che possono influire sulla contagiosità e quindi Pirola è assolutamente candidata a diventare prevalente”.
“In questa fase – spiega Pregliasco – il virus di Covid, per poter continuare la sua opera, deve in qualche modo aumentare la propria capacità diffusiva in un contesto di immunità ibrida” conferita da infezioni e vaccinazioni. “E quindi queste tantissime variazioni sulla Spike facilitano senz’altro la possibilità di diffusione” di Pirola, ritiene l’esperto. “Ad oggi – ricorda – si tratta di una variante sotto osservazione, sottoposta a monitoraggio”. Una Vum (Variant under monitoring), secondo la classificazione dell’Organizzazione mondiale della sanità. “BA.2.86 è sostanzialmente, si ipotizza, una sottovariante di Omicron 2 (BA.2). E’ stata evidenziata da luglio – rimarca Pregliasco – ma già ad agosto era stata segnalata in diverse nazioni, 11 circa”.
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Covid, variante Pirola in Italia: isolata a Brescia

Presidente virologi Caruso all'Adnkronos Salute: "BA.2.86 intercettata in un paziente fragile, sequenziamento in corso"
La variante BA.2.86 di Sars-CoV-2, ribattezzata Pirola sui social, è arrivata in Italia. E’ stata isolata a Brescia dal team di Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), che lo annuncia all’Adnkronos Salute. “Abbiamo effettuato quello che risulta essere il primo isolamento di BA.2.86 nel nostro Paese”, spiega lo specialista, ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica all’università di Brescia, direttore del Laboratorio di Microbiologia dell’Asst Spedali Civili. L’isolamento di Pirola, precisa Caruso, è avvenuto dal campione di “un paziente fragile portato alla nostra attenzione. Il sequenziamento è in corso”.
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Smartphone accelera pubertà dei maschi, lo studio

Secondo la ricerca il tempo di esposizione agli schermi influisce nello sviluppo, anticipandolo rispetto alla norma

Passare tanto tempo davanti a smartphone e tablet, con esposizione alla luce blu degli schermi, può portare a pubertà precoce nei maschi. E’ quanto sembra emergere da un nuovo studio condotto sui ratti e presentato al 61esimo meeting annuale Società europea di endocrinologia pediatrica all’Aia, nei Paesi Bassi. La ricerca aggiunge evidenze a un’ipotesi da tempo indagata dalla comunità scientifica. A firmarla un gruppo di ricercatori turchi che aveva già affrontato la questione studiando – sempre nei ratti – gli effetti di un’eccessiva esposizione alla luce blu nelle femmine.
La pubertà precoce, spiegano gli autori, per la maggior parte dei bambini non ha una causa evidente. A volte è dovuta a fattori genetici, oppure a una problematica a livello cerebrale, come una lesione o un tumore, oppure alla tiroide, alle ghiandole surrenali o alle ghiandole sessuali. Negli ultimi anni, diversi studi hanno segnalato un aumento dell’inizio precoce della pubertà sia per le ragazze che per i ragazzi, in particolare durante la pandemia di Covid. Un fattore, ipotizzano gli scienziati, potrebbe essere il maggiore utilizzo di dispositivi che emettono luce blu, ma questo è molto difficile da valutare nei bambini.
Lo studio, che è stato pubblicato su ‘Frontiers in Endocrinology’, è il primo a indagare l’associazione tra esposizione alla luce blu e pubertà precoce nei ratti maschi, spiegano gli esperti, e fa luce su come i fattori ambientali, come il tempo trascorso davanti allo schermo, influiscano sulla pubertà precoce e sul tessuto testicolare, il che – auspicano i ricercatori – potrebbe portare a future strategie di prevenzione per i bambini. Il gruppo dell’Ankara Bilkent City Hospital e dell’Università Gazi in Turchia ha esaminato 18 ratti maschi di 21 giorni d’età, divisi in tre gruppi di 6 ed esposti a un ciclo di luce normale, e a 6 ore o a 12 ore di luce blu. I ricercatori hanno scoperto che i primi segni di pubertà si manifestavano molto prima nei ratti maschi esposti alla luce blu. Inoltre, più a lungo i ratti venivano esposti alla luce blu, prima iniziava la loro pubertà. I roditori esposti mostravano anche uno sviluppo spermatico soppresso e tessuto testicolare danneggiato.
Lo studio precedente dello stesso gruppo aveva mostrato un inizio più precoce della pubertà anche nei ratti femmina a causa dell’esposizione alla luce blu. Ora, spiega il ricercatore principale Aylin Kılınç Uğurlu, dell’Ankara Bikent City Hospital, “per la prima volta abbiamo trovato una relazione diretta tra l’esposizione alla luce blu e la pubertà precoce nei ratti maschi. I nostri risultati sono in linea con il nostro precedente lavoro sui ratti femmine, che aveva anch’esso mostrato effetti simili, fornendo così una visione più completa di come la luce blu può influenzare la pubertà sia nei ratti maschi che in quelli femmine”.
Sebbene i risultati suggeriscano che la luce blu potrebbe potenzialmente essere un fattore di rischio per l’inizio precoce della pubertà, sono necessarie ulteriori ricerche, puntualizzano gli autori. “Voglio sottolineare che questo è uno studio sui ratti e i risultati diretti non possono essere interpretati per gli esseri umani – afferma Kılınç Uğurlu – Tuttavia, forniamo una base sperimentale per studiare ulteriormente le conseguenze sulla salute del sempre maggiore tempo trascorso davanti allo schermo nella società moderna”.
I ricercatori continueranno le loro ricerche sui ratti di entrambi i sessi, concentrandosi sugli “effetti a lungo termine” in termini di “danni agli organi riproduttivi e sulla fertilità”, riferisce Kılınç Uğurlu. “In definitiva, questa ricerca potrebbe portare a misure preventive e contribuire al dibattito in corso su come gli stili di vita moderni possano influenzare lo sviluppo fisiologico e la salute a lungo termine”.
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Stefano Bandecchi ritorna alla conduzione de “L’imprenditore e gli altri” su Cusano Italia Tv


25 settembre 2023. Questa sera, lunedì 25 settembre, alle ore 21.30 torna l’appuntamento con “L’imprenditore e gli altri” su Cusano Italia Tv (canale 264 del digitale terrestre), il programma interamente dedicato alla politica, all’economia e al mondo imprenditoriale, ideato e condotto da Stefano Bandecchi.
Tanti gli ospiti attesi nel salotto del programma televisivo che si è affermato come uno dei format di attualità più interessanti e
intraprendenti della scorsa stagione.
I temi, tutti importanti e attuali, riguarderanno migranti, manovra e tassi di interesse, covid, politica e sondaggi.
Ad accompagnare Stefano Bandecchi, in questo dibattito, avremo il prof. Fabio Fortuna, Magnifico Rettore della Unicusano, e Gianluca Fabi, Direttore delle news di Cusano Media Group, Cateno De Luca, sindaco Taormina; Armando Sanguini, ex ambasciatore; Alessandra Sciurba, Università di Palermo; Raffaello Lupi, Università Roma Tor Vergata;Mattia Pari, segretario generale Fabi; Massimo Ciccozzi, epidemiologo; Maria Rita Gismondo, microbiologa;Lorenzo Regiroli, Bidimedia sondaggi; Marco Antonellis, giornalista.
Dove vedere la nuova stagione de “L’imprenditore e gli altri”?
Tv: Canale 264 del digitale terrestre
Streaming: www.cusanoitaliatv.it
APP GooglePlay e App Apple Store
Ufficio Stampa Cusano
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Stressati nove medici di famiglia su 10: effetto Covid, burocrazia e WhatsApp

Misericordia (Fimmg): "I fattori di rischio stress ereditati dalla pandemia non sono cambiati". Picco abbandoni medici famiglia a Roma per stress, Ordine studia soluzioni

Disturbi del sonno, ansia, paura, aumento dei carichi di lavoro che ha sottratto tempo alla famiglia, al riposo, alla vita privata. Il malessere dei medici di famiglia, tra carenza di colleghi, difficoltà a trovare sostituti e una burocrazia sempre più elevata, “è palpabile” e arriva a sfiorare il 90% di professionisti. Troppo stress. Lo dicono i sindacati, gli esperti di sanità, gli analisti del settore. E lo dicono i pensionamenti anticipati che crescono: si è passati, secondo i dati Enpam, dai 718 camici bianchi che hanno lasciato prima il lavoro nel 2019 ai 1.096 del 2022, numeri complessivi delle medicina generale, comprensivi dei pediatri, che sono indicativi pur considerando la gobba pensionistica in atto.
Secondo la Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo), sulla base dell’indagine realizzata dall’Istituto Piepoli lo scorso marzo, la quota dei camici bianchi di famiglia che si dichiara stressata, raggiunge il 90%. E l’11% di questi professionisti dal 2020 al 2022 ha riscontrato problemi di salute che prima non aveva, soprattutto disturbi del sonno. La situazione non sembra molto cambiata visto che “alcuni fattori di rischio stress ereditati dalla pandemia non sono variati”, spiega all’Adnkronos Salute Paolo Misericordia, responsabile del Centro studi della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg).
“Durante la pandemia abbiamo aperto una serie di canali che erano assolutamente necessari per affrontare l’emergenza e per assistere i nostri pazienti, dai WhatsApp ad altre piattaforme social o le mail. In quel momento è stato importante farlo. Ora però tornare indietro è impossibile. Ma per il medico significa gestire, insieme alle mille incombenze della professione, decine di messaggi al giorno che necessitano attenzione. I pazienti, di fronte a un problema di salute, si aspettano una risposta in qualsiasi momento, alle 5 del mattino come alle 22. Le interazioni continue assottigliano i tempi di vita del medico e fanno crescere lo stress”, avverte Misericordia. In questo quadro “ora dovremo trovare soluzioni, anche tecnologiche, come algoritmi in grado di discriminare e dare livelli di priorità ai messaggi. Questo renderebbe la vita del medico vivibile”.
A Roma “abbiamo avuto anche casi eclatanti, come un collega finito in ospedale per stress post traumatico e alcuni che si sono rivolti ai servizi di assistenza psicologica”. Sintomi di burnout. Ora, passata l’emergenza, “restano comunque elementi di disagio. E’ difficile però che si ammetta il problema e che si parli di richieste di aiuto psicologico. Il malessere è evidenziato soprattutto dal forte aumento dei pensionamenti anticipati, anche 7 o 8 anni prima”. A rischiare di più l’esaurimento “sono i medici più attaccati al lavoro, che difficilmente accettano l’evidenza di doversi fermare. E anche quelli che lavorano da soli, meno protetti sul piano psicosociale da chi lavora in ambulatori con altri”. Così all’Adnkronos Salute Pier Luigi Bartoletti, segretario provinciale della Fimmg Roma, fotografando una situazione di crescente disagio della categoria.
“Quello che vediamo – continua Bartoletti – è una difficoltà che viene affrontata cercando vie di fuga. E le pensioni anticipate sono la punta dell’iceberg. Sono molto di più quelli che lascerebbero se potessero, che chiedono all’Enpam il conteggio pensionistico. Abbiamo avuto anche casi di medici che sono andati in pensione a 63 anni invece che a 70. E ci sono diversi colleghi che, per il super lavoro, si sono ammalati”. Anche chi assiste gli altri, ha bisogno di essere curato. “Ai primi segni di esaurimento – spesso raccontati nelle chat fra medici – la comunità sindacale e i colleghi consigliano di staccare un po’, di prendersi una vacanza”. A volte non basta e si ha bisogno di assistenza specializzata.
Oggi la pressione sulla medicina generale “non è più drammatica come in pandemia, anche la situazione sta migliorando”, ma “rimane alta – sottolinea Bartoletti – perché oltre al lavoro normale, la burocrazia, ritmi folli, resta anche, come eredità del Covid, la ‘porta’ dei social aperta ai pazienti in maniera continua. A questo si aggiungono le difficoltà a dare risposte rispetto a problemi che i pazienti ci pongono tutti i giorni proprio per il Covid, una malattia che oggi gestiamo noi – dalla diagnostica alla burocrazia – anche perché le comunicazioni sul da farsi, che erano puntuali in tempi di pandemia, ora non ci sono più. Molti colleghi sono anche spaesati”.
Il fenomeno è “allo studio dell’Ordine dei medici, per capire le dimensioni del problema, trovare le soluzioni e avviare iniziative per sostenere i colleghi”, annuncia all’Adnkronos Salute Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei medici di Roma e provincia, evidenziando come a partire dall’emergenza pandemica i medici del territorio manifestino sempre più disagio professionale.
“Il grande problema è rappresentato – continua Magi – soprattutto dalle modalità d’accesso, molto cambiate. Durante il Covid l’utilizzo della messaggistica per contattare il proprio medico è cresciuta enormemente. E questo canale ormai resta aperto. Ciò vuol dire che un professionista con 1.500 pazienti riceve ogni giorno un numero di messaggi difficili da gestire, che si somma al lavoro quotidiano e alle maggiori incombenze burocratiche. Un carico evidentemente molto pesante a cui molti medici di famiglia non hanno retto – sottolinea – In particolare i più anziani che, in diversi casi, hanno lasciato la professione in anticipo. Abbiamo avuto un picco importante di abbandoni che si declina sul territorio con una forte carenza di medici di medicina generale in alcune aree, in particolare le zone della periferia più difficili della capitale”. Dove, racconta Magi, “succede anche di vedersi arrivare pazienti armati in studio”.
L’Ordine “ha già realizzato alcune survey per fare il punto su come si sentono i medici della provincia, sul territorio ma anche negli ospedali. Ora vogliamo avere una fotografia più chiara per individuare, poi, azioni di supporto concrete – chiosa il presidente dell’Ordine – e non lasciare soli i colleghi”.
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Domenica In oggi, Mara Venier e gli ospiti su Rai 1

In studio Piero Chiambretti, Brigitte Nielsen, Francesca Fagnani
Mara Venier conduce oggi la seconda puntata di Domenica In 2023-2024. Nella trasmissione del 24 settembre, tra gli ospiti l’attrice e showgirl Brigitte Nielsen si racconta in un’ampia intervista, Piero Chiambretti si confessa tra carriera e vita privata, Francesca Fagnani ospite per la prima volta di Mara Venier con le sue ‘Belve’ e l’attualità su Gina Lollobrigida con Andrea Piazzolla.
Piazzolla parlerà della complessa vicenda legata all’eredità di Gina Lollobrigida e della recente notizia della richiesta di condanna per l’ex assistente personale dell’attrice. In studio, oltre allo stesso Andrea Piazzolla, in qualità di opinionisti ci saranno Adriano Aragozzini, Morena Zapparoli, Alessandra Mussolini, Salvo Sottile e, in collegamento da Milano, Tiziana Rocca. Brigitte Nielsen, la popolare attrice e showgirl danese, sarà protagonista di un’ampia intervista tra carriera e vita privata. Piero Chiambretti, si racconterà attraverso alcuni filmati che ripercorreranno le tappe più significative della sua carriera, senza dimenticare il profondo legame che aveva con la mamma Felicita, scomparsa nel marzo 2020 a causa del Covid. Francesca Fagnani, interverrà per presentare la nuova edizione di ‘Belve’, che torna dal 26 settembre in prima serata su Rai2. Pino Insegno, conduttore e doppiatore, sarà protagonista di una divertente lezione di doppiaggio con Mara Venier oltre a presentare il nuovo game show ‘Il Mercante in fiera’, che andrà in onda su Rai2 dal lunedì al venerdì dalle ore 19.55. Per la musica, Donatella Rettore si esibirà insieme al gruppo “Legno” nel nuovo singolo dal titolo ‘Spettacolare’.
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Salute: disturbi sonno nei bimbi sottovalutati, in aumento dopo Covid

Tra conseguenze anche problemi di attenzione, lentezza, complicanze cardiovascolari, di accrescimento, metaboliche e di sviluppo neuro-cognitivo

Disturbi dell’attenzione, lentezza, ma anche complicanze cardiovascolari, sull’accrescimento, sul metabolismo e sullo sviluppo neuro-cognitivo. Sono queste le possibili conseguenze dei disturbi respiratori del sonno, se non precocemente diagnosticati e adeguatamente trattati. Conseguenze che possono persistere anche in età adulta, come testimoniano recenti evidenze scientifiche. Eppure, nonostante le importanti ricadute sulla qualità della vita del bambino e della sua famiglia, i disturbi del sonno sono un problema sottovalutato e spesso non riconosciuto. Sul tema si confrontano gli esperti al Congresso nazionale Simri, la Società italiana malattie respiratorie infantili, che si chiude oggi a Roma, lanciando una campagna per sensibilizzare pediatri e genitori, basata su materiali realizzati in italiano e inglese (un opuscolo, un calendario da scrivania e una ‘mappa’ per i ragazzi), con un linguaggio semplice e indicazioni chiare.
I disturbi respiratori del sonno sono un insieme di patologie non rare e sono in aumento dopo il Covid. Si parla di russamento abituale, se presente più di 3 notti a settimana per almeno 2 mesi, di ipoventilazione ostruttiva se il russamento è associato ad aumento dell’anidride carbonica (ipercapnia), mentre la sindrome delle aumentate resistenze delle vie aeree superiori, meglio nota come Uars, si associa alla presenza di ripetuti pseudo-risvegli nel sonno, legati allo sforzo respiratorio senza apnee. La forma più grave è la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno o Osa caratterizzata da sforzo respiratorio, ricorrenti di ostruzione completa o parziale delle vie aeree superiori, associate ad una riduzione intermittente dell’ossigenazione nel sonno.
Il russamento abituale – il disturbo più diffuso e sottovalutato in quanto può dare luogo a problemi dell’attenzione – è presente nel 12% dei bambini in età prescolare. L’Osa ha una prevalenza nei bambini che varia dal 2 al 5,7%, con un picco massimo tra il secondo e il sesto anno di vita. Ma dati preliminari presentati al congresso Simri e raccolti dal Centro del sonno dell’Università dell’Insubria di Varese, su 1.400 bambini con sospetti disturbi respiratori del sonno, documentano un aumento significativo dei casi di Osa, passate nel campione studiato dal 48, 7% pre- pandemico al 74,4% post-pandemico, con un incremento significativo delle apnee gravi passate dall’8,6% pre pandemico al 13,9% post pandemico, aumento presumibilmente legato al picco di infezioni che hanno seguito il periodo di lockdown, in età pediatrica la causa principale è l’ipertrofia adeno-tonsillare. Questa, infatti, si può sviluppare a seguito di una risposta infiammatoria inadeguata a livello di tonsille-adenoidi in corso di alcune infezioni virali.
“Le conseguenze di tali disturbi possono persistere anche in età adulta”, spiega Luana Nosetti, responsabile del Gruppo di Studio sul sonno della Simri. “Un recente follow-up ha dimostrato che gli adulti con una storia di grave Osa infantile, rivalutati a 20 anni di distanza, presentavano un alto rischio di russare, un elevato indice di massa corporea e un rendimento scolastico inferiore. I bambini con Osa grave possono essere maggiormente a rischio di malattie croniche più avanti nella vita”.
Difficili da diagnosticare perché di giorno non si vedono. Fondamentale la diagnosi precoce, ma spesso questo non avviene. Dalla comparsa dei primi sintomi occorrono circa da 16 a 19 mesi per fare una diagnosi, secondo dati presentati al congresso Simri eseguiti sempre presso il Centro del sonno dell’Università dell’Insubria di Varese.
“Il medico spesso si trova in difficoltà a identificare nel bambino i sintomi di queste patologie tipicamente associate al sonno, che nelle ore diurne, non si presentano con la sintomatologia tipica delle ore notturne. I genitori spesso si sentono perciò incompresi quando segnalano che il proprio figlio nel sonno ha un respiro rumoroso seguito da pause prolungate e hanno la sensazione che stia per soffocare”, aggiunge Nosetti.
“Un utile consiglio per i genitori è fare un piccolo video ai propri figli, che, pur non consentendo di fare una diagnosi, può dare al medico il sospetto che un bambino ha questo disturbo”, prosegue Nosetti. Esistono poi sintomi a cui mamma e papà devono prestare attenzione, che si possono suddividere in diurni e notturni. I sintomi diurni sono rappresentati da respiro con la bocca, irritabilità, ridotto rendimento scolastico, difficoltà di risveglio al mattino, sonnolenza (tipica dell’età adolescenziale), cefalea mattutina, ostruzione nasale cronica.
I sintomi notturni sono: russamento, apnee, sforzo respiratorio nel sonno, sudorazione profusa, scolo di saliva sul cuscino, anomale posizioni assunte nel sonno per vincere le resistenze a livello di vie aeree superiori, rifiuto di andare a letto, paure e agitazione notturna. In alcuni casi si possono associare anche a bruxismo, enuresi notturna e sonnambulismo.
Le cause, in età pediatrica, possono essere diverse, la più frequente è l’ipertrofia adeno-tonsillare, ma vi sono anche altri fattori di rischio come l’obesità, la presenza di anomalie conformazionali del massiccio facciale o genetiche. Il trattamento può essere farmacologico, chirurgico (il più comune è l’adenotonsillectomia), dietetico, e nelle forme più gravi la ventilazione non invasiva. La gestione di questi pazienti, oltre al ruolo fondamentale del pediatra di famiglia, presuppone spesso un approccio multidisciplinare che coinvolge più specialisti.
Coronavirus
Covid Italia, quasi 1 milione di dosi vaccino in arrivo lunedì

Destinate a Rsa e fragili, in settimana redistribuite alle Regioni. Raddoppio dosi entro il 9 ottobre

In arrivo, lunedì in Italia, le prime dosi di vaccino – circa un milione – destinate alla campagna anti Covid. Il 25 settembre è infatti previsto l’arrivo di 969.600 dosi del nuovo vaccino – aggiornato contro le recenti varianti – destinate alla somministrazione nelle Rsa e ai fragili. Dosi che saranno, nei giorni successivi, distribuite alle Regioni. Un numero equivalente arriverà entro il 9 ottobre, indicano fonti ministeriali.
L’Italia riceverà, complessivamente entro la fine della campagna, oltre 9 milioni di dosi (9 milioni 172 mila). Per fine ottobre saranno quasi 4 milioni (3,888 milioni) le dosi distribuite. Le rimanenti, più di 5,2 milioni di dosi, arriveranno a novembre.
Oltre 9 milioni di dosi ‘certe’ “sono legate al contratto europeo con Pfizer”, dice all’Adnkronos Salute l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all’Università del Salento, riferendosi a fonti industriali. “Ma non sono gli unici vaccini che saranno impiegati nella campagna italiana”, spiega.
“Non sappiamo ancora quando saranno disponibili – continua – ma sono certamente in arrivo circa 3 milioni di dosi di vaccino aggiornato Novavax. Una fornitura che sarà possibile attingendo dal vecchio contratto: mancavano ancora dosi da consegnare, che non erano state distribuite nella scorsa stagione, e quindi si ricorrerà ovviamente a queste per la nuova fornitura”.
Mentre per quanto riguarda “il vaccino a mRna aggiornato, che è già stato approvato in Europa, prodotto da Moderna, non sappiamo se potrà essere distribuito in Italia perché, al momento, non è in piedi alcun tipo di contratto”, sottolinea Lopalco. “Penso che al momento – conclude – le dosi per la campagna vaccinale anti Covid non saranno meno di 12 milioni”.
Coronavirus
Fazzolari: “Da Conte attacchi scomposti a Meloni, sua opposizione di basso livello”

"E' mister 'gratuitamente', a Palazzo Chigi sulla testa degli italiani"

“Ogni giorno assistiamo agli attacchi scomposti di Giuseppe Conte nei confronti di Giorgia Meloni. L’ultima uscita di mister ‘gratuitamente’ è stata quella di dire che lui, durante la sua permanenza a Palazzo Chigi, non ha portato ‘amici e parenti’, citando anche Francesco Lollobrigida e Arianna Meloni. Il basso livello con il quale Giuseppe Conte sta conducendo la sua opposizione, fatta di continui insulti personali e falsità, è imbarazzante per lui, ma incoraggiante per noi. Si usano certi toni e certi argomenti – mettendo in mezzo gli affetti, ad esempio – quando non si hanno serie argomentazioni politiche”. E’ quanto scrive Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’attuazione del programma, sui profili social di Fratelli d’Italia.
“Noi abbiamo fatto una opposizione efficace e senza sconti ai governi Conte, senza mai usare argomenti del genere, perché era sufficiente sottolineare i suoi fallimenti politici, la sua inettitudine. Conte, evidentemente, non ha nulla da rimproverare al Governo dal punto di vista politico e deve, quindi, dedicarsi a lanciare fango. Peraltro, voler fare confronti tra sé e Giorgia Meloni a Palazzo Chigi non è nemmeno molto furbo da parte di Conte. La Meloni è arrivata a ricoprire il ruolo di Presidente del Consiglio dopo una intera vita di militanza e impegno politico, alla testa di un partito da lei fondato e votata dagli italiani. Conte è saltato sul carro grillino il giorno prima della vittoria, dopo una intera vita dedicata a perseguire i suoi interessi personali, ed è stato nominato Presidente del Consiglio dopo una trattativa di palazzo e sulla testa degli italiani”.
“È evidente -prosegue- come costui non possa comprendere come funziona una comunità politica come la nostra. Io e Lollobrigida facevamo politica insieme a 18 anni, ben prima di conoscere Giorgia, e da allora Francesco è sempre stato un dirigente dei partiti di destra. Non deve alla Meloni il suo percorso. Arianna è una militante del nostro mondo fin da ragazzina e il ruolo organizzativo che ricopre oggi nel partito è veramente poca cosa rispetto alla sua lunghissima militanza. E così gran parte di chi oggi ricopre incarichi di governo e in Fratelli d’Italia”.
“Veniamo -sottolinea Fazzolari- da un impegno politico durato una intera vita, in una epoca nella quale era inimmaginabile un giorno andare al governo, e in questa vita sono nate anche amicizie, amori, matrimoni, famiglie. Sì, è vero, le nostre vite si intrecciano da decenni. Conte di fatto accusa la Meloni di non essere un’opportunista come lui, sbucato da dietro un cespuglio all’ultimo miglio della maratona per tagliare il traguardo della vittoria, esultante e braccia al cielo. Con la maglietta illibata senza una goccia di sudore. Giorgia i 42 chilometri se li è fatti tutti, spesso sotto le intemperie, questa è la differenza. E le lezioni di morale da chi ha fatto scempio delle istituzioni della Repubblica ce le risparmi. Lo abbiamo sempre contestato per come stava governando l’Italia, ma, se proprio vuole, abbiamo parecchio altro di cui parlare”.
“Spieghi, per esempio, Giuseppe Conte, come mai siano finiti sulle poltrone pubbliche e delle partecipate statali i compagni di classe di Di Maio e degli altri grillini. Oppure ci spieghi quale sia il reale servizio offerto che giustifica i 300 mila euro che il M5S paga ogni anno con soldi pubblici a Beppe Grillo, o ancora spieghi agli italiani la norma definita dalla stampa ‘ad familiam’ con la quale suo suocero ha ottenuto la cancellazione della condanna penale per non aver pagato allo Stato due milioni di euro di tassa di soggiorno del suo lussuoso Hotel. Piazzare un arrivista privo di visione politica come Conte alla guida della Nazione ha creato degli enormi danni all’Italia. Lo Stato ridotto a una vacca da mungere per la fame di consenso e il tornaconto di qualche amico”.
“I governi Conte saranno ricordati per le norme del reddito di cittadinanza, scritte per rendere difficili i controlli e favorire le truffe, per il covid trasformato in una mangiatoia per il circuito dei soliti amici potenti, per il disastro dei bonus edilizi e del superbonus: norme non solo che hanno bruciato centinaia di miliardi di euro dello Stato, ma che hanno anche favorito frodi miliardarie ai danni dello Stato. Conte sarà ricordato a lungo come il santo benefattore di affaristi, ladri e truffatori. Ci rassicura molto -conclude- che uno così insulti Giorgia Meloni per come sta governando. Vuol dire che siamo sulla strada giusta”.
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