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Cronaca

Covid oggi Italia, bollettino ultima settimana: 52.177...

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Covid oggi Italia, bollettino ultima settimana: 52.177 contagi e 291 morti

In aumento nuovi casi, decessi, ricoveri e incidenza

Tampone Covid (Afp)

Continuano ad aumentare i contagi e i morti Covid in Italia. Secondo il bollettino settimanale diffuso dal ministero della Salute, i nuovi casi di positività al virus sono 52.177 nella settimana 23-29 novembre, in salita del 16,1% rispetto ai 7 giorni precedenti quando erano stati 44.955. I decessi sono 291, in aumento del 23,8% rispetto alla settimana precedente quando erano 235.

Tasso di positività

In Italia il tasso di positività a Covid-19 registra un aumento nella settimana dal 23 al 29 novembre, salendo al 18,8%, con una variazione di +1,2 punti percentuali rispetto alla settimana precedente, quando era a quota 17,6%. Negli ultimi 7 giorni monitorati sono stati effettuati 277.938 tamponi, il 9% in più rispetto alla settimana precedente quando erano 254.920.

"I dati confermano sostanzialmente l'andamento previsto rispetto alla stagionalità. Rinnoviamo l'appello alle Regioni ad intensificare gli sforzi organizzativi e a predisporre Open day nei quali offrire libero accesso senza prenotazione per le vaccinazioni", afferma il direttore generale Prevenzione sanitaria del ministero della Salute, Francesco Vaia, commentando l'ultimo bollettino settimanale Covid-19.

Incidenza

L'incidenza dei casi Covid diagnosticati e segnalati in Italia nel periodo 23-29 novembre è pari a 89 casi per 100mila abitanti, in aumento rispetto alla settimana precedente quando era a quota 76 su 100mila, secondo quanto emerge dal monitoraggio settimanale della Cabina di regia ministero della Salute-Istituto superiore di sanità.

A livello nazionale l'incidenza cresce del 17,1% rispetto alla settimana precedente. Il valore è in aumento in quasi tutte le regioni/province autonome. L'incidenza più elevata - si legge nel report - è stata riportata nel Veneto (183 casi per 100mila abitanti) e la più bassa in Sicilia (1 caso per 100mila abitanti). La fascia d'età che registra il più alto tasso di incidenza settimanale è quella over 90, anche se l'incidenza è in aumento in tutte le fasce d'età. L'età mediana alla diagnosi è di 58 anni, stabile rispetto alle settimane precedenti. La percentuale di reinfezioni è circa il 44%.

L'indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero ospedaliero al 21 novembre è pari a 1,09 (range 1,05-1,13), sostanzialmente stabile rispetto al valore del 14 novembre (Rt 1,12, range 1,08-1,17), e sopra la soglia epidemica.

Ricoveri

Cresce il numero di pazienti Covid ricoverati negli ospedali d'Italia. Al 29 novembre l'occupazione dei posti letto in area medica cresce al 9,2% (5.741 ricoverati), rispetto alla settimana precedente quando era al 7,7% (4.811 ricoverati). L'occupazione delle terapie intensive sale all'1,9% (170 ricoverati), dall'1,5% (137 ricoverati), stando a quanto emerge dal monitoraggio. I tassi di ospedalizzazione e mortalità aumentano con l'età - si legge nel report - presentando i valori più elevati nella fascia d'età over 90. Anche il tasso di ricovero in terapia intensiva aumenta con l'età.

Vaccinazioni

Sono 1.042.541 i vaccini anti-Covid aggiornati a XBB.1.5 somministrati in Italia dall'inizio della campagna autunno-inverno al 30 novembre 2023. E' l'ultimo dato riportato nella dashboard ufficiale che viene aggiornata sul portale del ministero della Salute. Negli ultimi 7 giorni considerati, dal 24 al 30 novembre, le iniezioni-scudo sono state 166.976, di nuovo in calo rispetto alla settimana precedente, quando erano state 195.377. Lombardia, Emilia Romagna e Toscana continuano ad essere le regioni in cui si concentra oltre il 60% del totale delle dosi somministrate nell'ambito della campagna, secondo quanto emerge dal report vaccini. Insieme, queste tre regioni totalizzano 643.657 richiami eseguiti.

La fascia d'età in cui sono stati somministrati più vaccini è quella degli over 80 (340.833 immunizzati), seguita dai 70-79enni (327.340) e dai 60-69enni (222.912). In coda la fascia 12-59 anni, con 151.325 vaccinazioni.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Cronaca

Fondazione Gi Group e Valore D, ecco l’effetto della...

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Fondazione Gi Group e Valore D, ecco l’effetto della maternità sul lavoro delle donne

L’effetto della maternità allarga ulteriormente il divario occupazionale con gli uomini e segna una frattura, a volte temporanea, a volte definitiva, nel percorso professionale di molte lavoratrici. È un fenomeno comune a livello europeo ma con un impatto particolarmente negativo in un Paese come il nostro, all’ultimo posto in Europa per tasso di occupazione femminile e con uno fra i più bassi tassi di fecondità. Se guardiamo infatti i dati (al 2022), da noi solo il 51,1% delle donne tra i 15 e i 64 anni lavora, contro una media UE27 del 64,9%, e il numero medio di figli per donna è 1,24, un valore molto al di sotto di Paesi come la Francia (1,79), la Svezia (1,53) e l’Olanda (1,49).

La posizione del nostro Paese non cambia se si considera l’occupazione femminile nella fascia di età 25-49 – il periodo della vita in cui tendenzialmente si entra nel mercato nel lavoro e si costruisce una famiglia – che vede le donne svantaggiate di circa 20 punti percentuali sugli uomini e di 14,6 sulla media UE.

L’effetto della maternità allarga ulteriormente il divario occupazionale con gli uomini e segna una frattura, a volte temporanea, a volte definitiva, nel percorso professionale di molte lavoratrici. È un fenomeno comune a livello europeo ma con un impatto particolarmente negativo in un Paese come il nostro, all’ultimo posto in Europa per tasso di occupazione femminile e con uno fra i più bassi tassi di fecondità. Se guardiamo infatti i dati (al 2022), da noi solo il 51,1% delle donne tra i 15 e i 64 anni lavora, contro una media UE27 del 64,9%, e il numero medio di figli per donna è 1,24, un valore molto al di sotto di Paesi come la Francia (1,79), la Svezia (1,53) e l’Olanda (1,49).

La posizione del nostro Paese non cambia se si considera l’occupazione femminile nella fascia di età 25-49 – il periodo della vita in cui tendenzialmente si entra nel mercato nel lavoro e si costruisce una famiglia – che vede le donne svantaggiate di circa 20 punti percentuali sugli uomini e di 14,6 sulla media UE.

La forte penalizzazione delle madri nel mercato del lavoro ha alle spalle un concorso di fattori sociali, demografici, culturali, normativi e legislativi che fa sì che da noi i carichi di cura siano ancora fortemente sbilanciati sulle donne, impegnate in media per 4,9 ore al giorno in questo tipo di attività rispetto alle 2 degli uomini, secondo gli ultimi dati pubblicati (2023), per un totale di 43,5 giorni in più all’anno.

L’effetto della maternità allarga ulteriormente il divario occupazionale con gli uomini e segna una frattura, a volte temporanea, a volte definitiva, nel percorso professionale di molte lavoratrici. È un fenomeno comune a livello europeo ma con un impatto particolarmente negativo in un Paese come il nostro, all’ultimo posto in Europa per tasso di occupazione femminile e con uno fra i più bassi tassi di fecondità. Se guardiamo infatti i dati (al 2022), da noi solo il 51,1% delle donne tra i 15 e i 64 anni lavora, contro una media UE27 del 64,9%, e il numero medio di figli per donna è 1,24, un valore molto al di sotto di Paesi come la Francia (1,79), la Svezia (1,53) e l’Olanda (1,49).

La posizione del nostro Paese non cambia se si considera l’occupazione femminile nella fascia di età 25-49 – il periodo della vita in cui tendenzialmente si entra nel mercato nel lavoro e si costruisce una famiglia – che vede le donne svantaggiate di circa 20 punti percentuali sugli uomini e di 14,6 sulla media UE.

La forte penalizzazione delle madri nel mercato del lavoro ha alle spalle un concorso di fattori sociali, demografici, culturali, normativi e legislativi che fa sì che da noi i carichi di cura siano ancora fortemente sbilanciati sulle donne, impegnate in media per 4,9 ore al giorno in questo tipo di attività rispetto alle 2 degli uomini, secondo gli ultimi dati pubblicati (2023), per un totale di 43,5 giorni in più all’anno.

Invertire la rotta, per correggere uno dei principali fattori di insostenibilità del mercato del lavoro e dell’intero sistema Paese, è necessario e urgente. Una direzione la traccia lo studio di Fondazione Gi Group e Gi Group Holding, realizzato in collaborazione con Valore D “Donne, Lavoro e Sfide Demografiche. Modelli e strategie a sostegno dell’occupazione femminile e della genitorialità”, che sarà presentato il prossimo 14 maggio a Milano nel Convegno organizzato all’Auditorium del Palazzo del Lavoro in Piazza IV novembre 5.

Il rapporto è unico nel suo genere perché combina, in un approccio multidisciplinare e multistakeholder, l’analisi della letteratura internazionale, uno sguardo comparato su sei Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Spagna e Svezia) e l’ascolto della voce diretta delle imprese, PMI, grandi aziende e multinazionali.

Attraverso un corposo lavoro di analisi che ha visto la collaborazione di alcuni fra i massimi esperti italiani di temi di genere, demografici e occupazionali, lo studio evidenzia una serie di possibili soluzioni capaci concretamente di favorire occupazione, sviluppo professionale delle donne e genitorialità, coinvolgendo, in un’ottica di sistema, tutti gli attori: istituzioni, imprese, parti sociali, terzo settore.

Il Convegno, con avvio in streaming alle ore 10.30, sarà moderato da Fabio Insenga, Vicedirettore di Adnkronos, e introdotto da Chiara Violini, Presidente di Fondazione Gi Group e Barbara Falcomer, Direttrice Generale di Valore D. A loro seguirà l’intervento dello scrittore Alessandro D’Avenia, che rifletterà sul valore della genitorialità in un talk ispirazionale dal titolo “Generare o degenerare? Questo è il problema”.

L’effetto della maternità allarga ulteriormente il divario occupazionale con gli uomini e segna una frattura, a volte temporanea, a volte definitiva, nel percorso professionale di molte lavoratrici. È un fenomeno comune a livello europeo ma con un impatto particolarmente negativo in un Paese come il nostro, all’ultimo posto in Europa per tasso di occupazione femminile e con uno fra i più bassi tassi di fecondità. Se guardiamo infatti i dati (al 2022), da noi solo il 51,1% delle donne tra i 15 e i 64 anni lavora, contro una media UE27 del 64,9%, e il numero medio di figli per donna è 1,24, un valore molto al di sotto di Paesi come la Francia (1,79), la Svezia (1,53) e l’Olanda (1,49).

La posizione del nostro Paese non cambia se si considera l’occupazione femminile nella fascia di età 25-49 – il periodo della vita in cui tendenzialmente si entra nel mercato nel lavoro e si costruisce una famiglia – che vede le donne svantaggiate di circa 20 punti percentuali sugli uomini e di 14,6 sulla media UE.

La forte penalizzazione delle madri nel mercato del lavoro ha alle spalle un concorso di fattori sociali, demografici, culturali, normativi e legislativi che fa sì che da noi i carichi di cura siano ancora fortemente sbilanciati sulle donne, impegnate in media per 4,9 ore al giorno in questo tipo di attività rispetto alle 2 degli uomini, secondo gli ultimi dati pubblicati (2023), per un totale di 43,5 giorni in più all’anno.

Invertire la rotta, per correggere uno dei principali fattori di insostenibilità del mercato del lavoro e dell’intero sistema Paese, è necessario e urgente. Una direzione la traccia lo studio di Fondazione Gi Group e Gi Group Holding, realizzato in collaborazione con Valore D “Donne, Lavoro e Sfide Demografiche. Modelli e strategie a sostegno dell’occupazione femminile e della genitorialità”, che sarà presentato il prossimo 14 maggio a Milano nel Convegno organizzato all’Auditorium del Palazzo del Lavoro in Piazza IV novembre 5.

Il rapporto è unico nel suo genere perché combina, in un approccio multidisciplinare e multistakeholder, l’analisi della letteratura internazionale, uno sguardo comparato su sei Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Spagna e Svezia) e l’ascolto della voce diretta delle imprese, PMI, grandi aziende e multinazionali.

Attraverso un corposo lavoro di analisi che ha visto la collaborazione di alcuni fra i massimi esperti italiani di temi di genere, demografici e occupazionali, lo studio evidenzia una serie di possibili soluzioni capaci concretamente di favorire occupazione, sviluppo professionale delle donne e genitorialità, coinvolgendo, in un’ottica di sistema, tutti gli attori: istituzioni, imprese, parti sociali, terzo settore.

Il Convegno, con avvio in streaming alle ore 10.30, sarà moderato da Fabio Insenga, Vicedirettore di Adnkronos, e introdotto da Chiara Violini, Presidente di Fondazione Gi Group e Barbara Falcomer, Direttrice Generale di Valore D. A loro seguirà l’intervento dello scrittore Alessandro D’Avenia, che rifletterà sul valore della genitorialità in un talk ispirazionale dal titolo “Generare o degenerare? Questo è il problema”.

I lavori proseguiranno con la presentazione dei principali risultati dello studio, a cura di Rossella Riccò, Responsabile Area Studi e Ricerche di Fondazione Gi Group e Ulrike Sauerwald, Responsabile del Centro Studi di Valore D. Interverranno inoltre Alessandro Rosina, Professore Ordinario di Demografia e Statistica Sociale nella Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano e Dirigente del “Center for Applied Statistics in Business and Economics” e Francesco Seghezzi, Presidente ADAPT, che approfondiranno le principali evidenze demografiche e occupazionali della ricerca.

Spazio poi all’esperienza delle aziende in una tavola rotonda dedicata al racconto di alcune best practices. Interverranno: Annibale Baldari, Executive Director HR Transformation and Strategic Operation and DEI Champion Italy Hub di Eli Lilly, Donatella De Vita, Global Head of Engagement and Welfare and DEI di Pirelli, Valentina Pirrò, Recruiting, Employer Branding, Culture & Inclusion Manager di Vodafone, Stefano Fasani, Founder and Program Manager di Open-es.

Adnkronos Demografica sarà media partner dell’evento, che sarà trasmesso anche in live streaming su: https://youtube.com/live/XqroV7UFeoI?feature=share

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Cronaca

Tumori, così il mieloma sfugge all’immunità: studio...

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Riesce a nascondersi alle difese naturali grazie alla perdita di un gene, la scoperta dell'Irccs di Candiolo

Laboratorio di ricerca

Il mieloma multiplo sfugge al sistema immunitario grazie alla perdita del gene Gabarap, un 'trucco' che permette alle cellule malate di nascondersi, di diventare invisibili alle difese naturali dell'organismo. A scoprire il segreto del secondo tumore del sangue più frequente in Italia, aprendo a nuovi mix terapeutici che potrebbero combatterlo in modo più efficace vincendo la resistenza della neoplasia ai trattamenti farmacologici, è uno studio dei ricercatori dell'Irccs di Candiolo (Torino), pubblicato su 'Blood'.

Il mieloma multiplo, causato da un'eccessiva riproduzione delle plasmacellule nel midollo osseo, ogni anno nel nostro Paese colpisce circa 2.700 donne e 3mila uomini. Dopo il primo trattamento la maggior parte dei pazienti sviluppa una recidiva. E con il progredire della malattia, il susseguirsi delle ricadute e dei tentativi terapeutici, il mieloma diventa sempre più difficile da trattare. "L'attuale paradigma terapeutico per il mieloma multiplo - spiega Annamaria Gullà, responsabile del Laboratorio di Ematologia traslazionale e Immunologia dell'Irccs Candiolo - comprende una terapia di combinazione che può includere agenti immunomodulatori, inibitori del proteasoma, corticosteroidi e anticorpi monoclonali anti-Cd38. Tuttavia, numerosi pazienti recidivano e/o diventano refrattari a queste classi terapeutiche. Per questo i nostri sforzi sono concentrati sulla ricerca di nuove armi più efficaci per prolungare la risposta a lungo termine e migliorare la qualità di vita dei pazienti".

Il team piemontese è partito dall'analisi del meccanismo d'azione del farmaco bortezomib. Si tratta di un "inibitore del proteasoma", un insieme di "organuli cellulari in grado di rimuovere le cellule danneggiate", illustra Gullà. Bortezomib "contrasta il mieloma multiplo sia direttamente, colpendo le cellule tumorali, sia indirettamente, attivando il sistema immunitario e provocando la cosiddetta morte cellulare immunogenica". Il farmaco mostra tuttavia una "perdita di efficacia a lungo termine", che "può derivare dall'insorgenza di forme nuove di resistenza alla terapia, in cui bortezomib non è più in grado di stimolare il sistema immunitario a riconoscere il tumore". Attraverso "una serie di analisi in modelli preclinici - descrive l'esperta - abbiamo dimostrato che le cellule tumorali morenti, colpite direttamente da questo farmaco di prima linea, esprimono sulla loro superficie una proteina nota come calreticulina, che rende il tumore visibile al sistema immunitario che può così attaccarlo. Ma la perdita del gene Gabarap compromette l'esposizione della calreticulina, riducendo in questo modo l'azione del sistema immunitario contro il cancro".

"Non a caso un basso livello di espressione di Gabarap è stato associato in modo indipendente a una sopravvivenza più breve dei pazienti con mieloma multiplo e a una ridotta infiltrazione immunitaria del tumore", rimarcano i ricercatori di Candiolo. Gli scienziati dell'Irccs oncologico del Piemonte hanno inoltre dimostrato che "la rapamicina, un farmaco inizialmente usato nei trapianti d'organo, può ripristinare l'effetto immunogenico del bortezomib".

"Riteniamo - prosegue Gullà - che l'uso combinato di bortezomib e rapamicina potrebbe migliorare gli esiti dei pazienti con mieloma multiplo, in caso di perdita di Gabarap. Abbiamo quindi individuato un possibile candidato, un farmaco già utilizzato in clinica, appunto la rapamicina, che potrebbe aggiungersi agli attuali trattamenti in uso nei pazienti con bassi livelli di questo gene. Gabarap è localizzato sul cromosoma 17p, la cui delezione definisce pazienti di mieloma ad alto rischio. Questo meccanismo potrebbe dunque aggiungersi a quelli già noti che contribuiscono alla prognosi negativa di questi pazienti".

"I risultati di questo lavoro - commenta Salvatore Nieddu, direttore generale dell'Irccs di Candiolo - sono un'ulteriore dimostrazione del nostro impegno continuo rivolto alla ricerca di nuovi approcci per la terapia dei tumori, anche quelli più difficili da curare, come appunto il mieloma multiplo. Questo specifico tumore del sangue sembra essere in grado di difendersi dai farmaci attualmente in uso tramite diversi meccanismi di resistenza. E' quindi necessario sviluppare un armamentario sempre più ricco di farmaci che, combinati assieme, possano ridurre o evitare che il tumore sviluppi la capacità di resistere ai trattamenti".

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Cronaca

Bergamo, scontro frontale tra auto: morta bambina di 8 anni

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E' accaduto sulla strada statale 671

Auto dei carabinieri

Uno scontro frontale alle 23 di ieri tra due auto a Clusone sulla ex strada statale 671 ha causato la morte di una bambina di 8 anni. Sull'incidente i carabinieri stanno cercando di ricostruire la dinamica ancora non chiara. Lo schianto è avvenuto tra una Seat con a bordo una nonna e due nipoti e una Bmw con a bordo una coppia, un uomo del '76 e una donna del '64. Le persone coinvolte ferite sono state portate in ospedale.

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