Cultura
Romagnolo in gara al premio Strega con ”Aggiustare...
Romagnolo in gara al premio Strega con ”Aggiustare l’universo’, “Cinquina? ‘Ci spero”
La scrittrice, 'il riconoscimento è un gioco in forma di competizione, i romanzi sono tutti validi'
Dolore e rinascita. Sono queste le parole che hanno guidato la penna di Raffaella Romagnolo nella stesura del suo 'Aggiustare l'universo' pubblicato da Mondadori. Un romanzo, ambientato nell'ottobre del 1945, in cui si evoca il recente passato del nostro Paese segnato dai dolori della Seconda guerra mondiale, così come dalla speranza per un domani ricco di opportunità. Un romanzo, presentato da Lia Levi, premiato dalla giuria del premio Strega che ha inserito il libro della scrittrice piemontese nella dozzina di quest'anno. Per lei si tratta di un ritorno. E' la terza volta che Romagnolo partecipa all’ambito alloro letterario. Una consuetudine che, spiega l’autrice all’AdnKronos, rende più maturi e che lascia aperta ogni strada. Il passo successivo potrebbe essere la cinquina, lei ci spera? "Mentirei se dicessi di no. Ci spero, mi farebbe molto piacere che il libro potesse avere anche questa chance. Il premio Strega è come un faro acceso e per un autore questa è una grande soddisfazione", risponde infatti schietta.
"In realtà - racconta - sono già entrata nella dozzina nel 2016 con un romanzo che si intitola 'La figlia sbagliata'; nel 2019 ho partecipato al premio Strega Ragazze e Ragazzi con 'Respira con me'. La prima volta in cui sono stata in dozzina non ero proprio un esordiente ma ero all'inizio. Per questo è stata una sorpresa e un'emozione. Adesso arrivo a questo traguardo più consapevole dell'importanza del premio. Un fatto che aggiunge ulteriore emozione. Rispetto alle prime prove, sto vivendo con maggiore coinvolgimento la mia presenza al premio Strega. Cerco - dice- di non investire emotivamente troppo sull'eventuale traguardo finale godendomi i vari passaggi. Si tratta di un gioco in forma di competizione. Non ci può essere una vera gara tra i romanzi che, alla luce della selezione che è stata fatta, sono tutti validi”.
Allo stesso tempo, secondo la scrittrice, il riconoscimento “è una grande occasione di visibilità, una bella vetrina, in un panorama editoriale che produce 80mila titoli all'anno”. Un 'gioco' che quest'anno ha privilegiato, nella dozzina, la componente femminile. Le scrittrici in gara, infatti, sono sette mentre gli autori sono cinque. Un dato che si allinea ad una tendenza già in atto da qualche anno che ha visto lievitare il contributo offerto al premio dalle donne. Dopo la vittoria registrata nell'edizione passata da 'Come d'aria' di Ada D'Adamo, tutto lascia pensare che il riconoscimento sarà consegnato ancora una volta ad una scrittrice. “Credo che il premio Strega – riflette la scrittrice - riconosca lo spirito dei tempi e la realtà dei fatti. Per la narrativa i lettori in realtà sono in grandissima parte lettrici. Le donne che scrivono, per di più, spesso dominano le classifiche e quelle che scrivono narrativa di qualità sono sempre più numerose. In questo senso il premio Strega si dimostra al passo con i tempi”.
Raffaella Romagnolo passa ora a descrivere gli elementi salienti dell'opera con cui ha finora superato la fitta concorrenza dei pretendenti al premio che vivrà ancora due tappe fondamentali: la cinquina il 5 giugno a Benevento e lo spoglio finale il 4 luglio al museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma. "Questo - sostiene - è proprio un romanzo di scuola, nel senso che la vicenda portante copre un anno scolastico e anche i personaggi principali sono inquadrabili nella parola scuola. Abbiamo una maestra e una bambina misteriosa che dimostra di avere molte competenze, sa fare tante cose, ma non parla". Un comportamento che lascia pensare che "in lei ci sia un mistero da sciogliere". Le due protagoniste, la maestra Gilla e la piccola Francesca, “hanno alle spalle gli anni forse più bui che il nostro Paese ha attraversato nel secolo scorso, ovvero quando fu distrutto dalla seconda guerra mondiale”.
Da una parte, prosegue, c'è "la maestra Gilla. E' di origine genovese ed ha vissuto i bombardamenti che hanno colpito la sua città. Ha lasciato, da sfollata, Genova con la sua famiglia, ha perso l'uomo che amava, e si è trovata coinvolta nella Resistenza, che è stata soprattutto una storia di lutti e di dolori". Dall'altra parte, "c'è una bambina che ha subito sulla sua pelle gli anni della guerra ma anche le persecuzioni e tutta la legislazione razzista che ha colpito la sua famiglia. E', infatti, una bambina ebrea. Anche lei ha sulle spalle un vissuto estremamente pesante”, afferma la Romagnolo.
Il dolore, quindi, accomuna le due protagoniste. Ma, accanto alla sofferenza che affrontano pagina dopo pagina, si può collocare anche il concetto di 'rinascita'. Si tratta, sottolinea la scrittrice, del “tentativo, anche aiutandosi vicendevolmente, di liberarsi da quella situazione e di attraversare il buio”. Buio che, interpretato in senso più ampio, corrisponde alla “storia del nostro Paese che trova il modo di uscire dal tunnel della guerra”. La riconquista della pace e della libertà “è un processo che ci ha permesso di uscire dalla tragedia, un percorso che gli individui e la comunità hanno fatto insieme”.
Ambientato in un contesto storico in bilico tra un passato doloroso e un futuro ancora da costruire, il libro “è pieno di speranza perché la parola rinascita, o anche la parola ricostruzione, sono effettivamente parole guida. Ho provato a raccontare – evidenzia la scrittrice - le vicende toccate agli italiani di appartenenza ebraica durante quegli anni, senza focalizzarmi solo sulla Shoah, ma a partire dalla legislazione razziale, che io preferisco chiamare razzista”.
“Il libro, in questo senso, ricolloca l'intera vicenda degli italiani di appartenenza ebraica nel contesto più generale del periodo della guerra”, conclude la Romagnolo che lo scorso settembre ha vinto la prima edizione del Campiello Natura, la sezione del premio riservata alle opere letterarie che indagano il rapporto tra l'uomo e l'ambiente, con il libro 'Il Cedro del Libano' (Aboca Edizioni).
(di Carlo Roma)
Cultura
Libri, Santo Versace alla Lum per presentare...
Martedì 21 maggio alle 11, presso l’Aula Aldo Rossi dell’Università Lum, a Casamassima (Ba), Santo Versace presenterà agli studenti il volume da titolo: 'Fratelli. Una famiglia italiana'. Nell’ambito dell’evento l’imprenditore, cui verrà conferito il Sigillo Accademico, terrà una lectio magistralis su 'La famiglia, l’impresa, la crescita'. L’intervento, moderato dal giornalista Vito Marinelli, sarà introdotto da Antonello Garzoni, Rettore della Lum ed Economista Aziendale e da Pasquale Lettieri, critico d’arte.
Santo Versace, fratello di Donatella e di Gianni che è stato uno dei più celebri stilisti del mondo fondatore dell'omonima casa di moda, scomparso nel 1997, è presidente della Fondazione Santo Versace, ente filantropico nato per sostenere e aiutare le persone che vivono in condizioni di fragilità e di disuguaglianza sociale.
Cultura
A Milano va in scena l’assenza nelle Polaroid di...
Sabato 18 maggio l'apertura negli spazi dell'Opificio della Fotografia
Fra le forme di fotografia analogica la Polaroid si afferma anno dopo anno fra le più tenaci, per longevità ed espressività. Lo conferma la mostra 'Ai lembi dell'assenza' che il polaroider romano Patrizio Cipollini inaugura sabato 18 maggio presso l'Opificio della Fotografia, uno degli spazi più stimolanti di Milano, in collaborazione con Casa Museo Spazio Tadini. E' un percorso attraverso 140 polaroid che propone al pubblico uno sguardo intimo e riflessivo sul tema - appunto - dell'assenza ma che punta a stimolare anche una riflessione critica sulla relazione tra la fotografia istantanea e il concetto stesso di assenza, esaltato da una immagine istantanea che - a differenza del digitale - si afferma sotto gli occhi dei soggetti in una forma 'fisica', ma poi inevitabilmente si deteriora nel tempo con i soggetti che possono addirittura scomparire, e quindi risultare completamente assenti. Insomma, la Polaroid piace per la sua istantanea (ma lenta rispetto al digitale) matericità e, nel tempo, può trasformarsi invece in una concreta mancanza.
Come si spiega nella nota di presentazione "l'assenza in questa mostra a volte è giocata come negazione della presenza umana, come per esempio nella serie sui sex toys, i papaveri, i pontili e i dittici architettonici o naturali; a volte si muove tra soggetti viventi in spazi quasi astratti o vuoti; altre si veste di forme e posizioni erotiche mancanti della figura completa; altre ancora abita polaroid deteriorate nel tempo in cui quasi tutto o tutto è scomparso. Si propone di esplorare narrazioni personali quanto sociali, ricordando la complessità e la profondità delle relazioni umane".
“Ai lembi dell’assenza” si inserisce in un contesto ampio di riflessione: come evidenziato da alcuni teorici come Rosalind Krauss e Geoffrey Batchen, l'assenza nelle immagini fotografiche si trasforma in una sorta di presenza silenziosa, che parla delle nostre esperienze umane con un'intensità senza tempo.
"Molti lavori di fotografi americani del XX secolo, come Robert Mapplethorpe, Nan Goldin o Sally Mann solo per citarne alcuni, hanno aperto nuove prospettive sull'espressione emotiva, l'utilizzo della bellezza come strumento estetico ed emotivo e l'enfasi sulla fotografia come oggetto fisico. Questi elementi hanno influenzato profondamente la fotografia contemporanea, aprendo spazi di riflessione sul tempo, l’erotismo, la mortalità, l'intimità, la bellezza, l’assenza”. - scrive l’ideatrice e curatrice della mostra Federicapaola Capecchi - Da qui siamo partiti io e Patrizio Cipollini. Per mesi abbiamo indagato e navigato insieme la mia idea, ispirata dal suo corpo di lavoro di 30 anni e abbiamo trovato molte strade da percorrere … infatti credo questa sarà la prima mostra di una serie”.
Le polaroid in mostra sono sia cicli che immagini indipendenti. Durante l'apertura della mostra - che si chiude il 16 giugno - Patrizio Cipollini tiene due workshop: il primo è 'Lift Off' in calendario il 25 e 26 maggio, il secondo “Instant … stereo e 3d” si terrà il 15 e 16 giugno.
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‘Ostiawood’, il primo romanzo di Daniele Orazi:...
Il racconto del patinato mondo del cinema che può essere una giungla, attraverso gli occhi di Andy, personaggio che ha vissuto un’adolescenza travagliata nella Ostia degli anni Ottanta
Il protagonista si chiama Adriano Schroeder, ma tutti lo chiamano Andy, e ama il suo lavoro: l’agente cinematografico. Nel suo primo romanzo 'Ostiawood', Daniele Orazi racconta il patinato mondo del cinema che può essere una giungla, attraverso gli occhi di Andy, personaggio che ha vissuto un’adolescenza travagliata nella Ostia degli anni Ottanta. Andy, cresciuto da albino tra criminalità e bullismo, ha accumulato una notevole collezione di traumi. Tuttavia, il passato appartiene al passato: oggi è il rispettato e ammirato fondatore della W, un’agenzia che rappresenta attori e attrici famosi ed emergenti.
Il libro "è ispirato anche a quello che mi è successo nella vita, sia privata che professionale. C’è tanto di quello che ho vissuto e visto negli anni Ottanta", racconta all'Adnkronos Orazi, da 35 anni nel mondo del cinema come manager. Ed è proprio la passione per il suo lavoro che lo ha spinto in questa nuova avventura di scrittore: "In maniera un po' divertente e comica ho pensato di far conoscere meglio questa professione intorno alla quale c'è sempre un alone di mistero".
Iniziamo con il chiarire che "l’agente non è l’ufficio stampa ma è un ruolo specifico che ha bisogno di essere riconosciuto. Oggi, rispetto al passato, è una professione un po’ più nota anche grazie alla serie 'Call My Agent' di Sky" ma sono ancora tanti i falsi miti da sfatare. Uno fra tutti? "Che si guadagnano tanti soldi. Non è così. Per essere precisi: prendiamo il 10% degli importi degli artisti", risponde Orazi.
Il protagonista del romanzo è l'agente di alcuni artisti che, spiega l'autore, "rappresentano un po' i cliché del cinema che noi tutti conosciamo. C'è la giovane starlet , l'attore impegnato e la vecchia diva, ognuno con le sue esigenze e i suoi capricci". La forza di Andy "sta nel riconoscere che quei capricci in realtà, in quel momento preciso rappresentano per l'artista una questione di vita o di morte". L’agente "sta nel mezzo: deve capire l’artista e le esigenze del mercato puntando sempre al risultato, ovvero la performance. L’obiettivo è sempre quello di illuminare l’arte".
'Ostiawood', dunque, è una commedia scritta da chi il mondo del cinema lo conosce davvero e il messaggio "che mi piacerebbe arrivasse è per i giovani, ovvero che le cose si ottengono se dietro c'è lavoro e costanza. Se il nostro protagonista è riuscito ad emergere da un quartiere periferico e svantaggiato degli anni 80, diventando un uomo di successo allora ci può riuscire chiunque ma bisogna veramente volerlo. Dietro a dei grandi risultati c'è sempre tanto sacrificio", ricorda Orazi. I diritti d’autore saranno devoluti alle associazioni non-profit Every Child Is My Child e Pen Paper Peace. (di Loredana Errico)