Caso Ariston, botta e risposta Farnesina-Mosca. Governo al lavoro sul dossier
Farnesina: "Revocare la misura". L'ambasciatore russo in Italia: "Risposta ad atti ostili". Il precedente della Danone. Tajani convoca il 'tavolo Russia' con Confindustria e imprenditori per il 2 maggio
Diplomazia e governo al lavoro sul caso Ariston: tra Roma, Mosca e Bruxelles sono in corso contatti al massimo livello per capire le intenzioni della Russia, mentre alla Farnesina è stato convocato l'ambasciatore per chiedere la revoca del provvedimento di 'trasferimento temporaneo della gestione', giustificato dal diplomatico come "una risposta alle azioni ostili" dell'Italia ed alle sue "avventure geopolitiche antirusse". Ma al di là dei toni non si escludono spiragli.
"Ciascuna delle due parti ha declinato le proprie priorità, ma ora bisogna capire quello che vogliono i russi", spiegano all'Adnkronos fonti a conoscenza del dossier, che sottolineano come Mosca abbia insistito sul carattere "temporaneo" della nazionalizzazione annunciata venerdì sulla base al decreto 302 dell'aprile dello scorso anno. Mentre viene considerato abbastanza "simbolico" l'impatto del trasferimento della gestione della filiale russa del gruppo marchigiano, che vale solo il 3% del giro d'affari complessivo di Ariston.
Il precedente a cui si guarda è quello della Danone, nazionalizzata nel luglio del 2023 sulla base dello stesso decreto, che ha già colpito altre 20 aziende europee (insieme ad Ariston anche la tedesca Bosch è stata colpita venerdì dallo stesso provvedimento): a marzo è stata revocata la misura, mentre qualche settimana prima erano emerse indiscrezioni sulla sua intenzione di cedere le attività in Russia. Un modo per 'costringerla' a vendere? Non è chiaro, come non è chiaro nel caso di Ariston, la cui gestione, a differenza di altre aziende, non è passata all'Agenzia federale per le proprietà statali, ma a una divisione di Gazprom, la Jsc Gazprom Domestic system, che produce elettrodomestici. Una differenza che potrebbe essere interpretata in due modi: quello di affidare la gestione dei processi produttivi della filiale russa di Ariston ad una società competente o di manifestare l'interesse a subentrare.
Quali che siano le intenzioni e le motivazioni - fra le più accreditate c'è il pressing politico sull'Italia, presidente di turno del G7, perché non 'ceda' sulla questione dell'utilizzo degli extraprofitti dei beni russi congelati nella Ue - le previsioni sui tempi di un'eventuale revoca del provvedimento parlano di mesi. E nel frattempo a Bruxelles si studiano misure - che potrebbero rientrare nel 14mo pacchetto delle sanzioni contro la Russia - come quella in base alla quale, nel caso in cui la proprietà di una società venga affidata in amministrazione temporanea, l’operatore europeo potrà agire dinanzi alle corti nazionali per aggredire non fondi e beni statali ma i beni appartenenti ai soggetti che beneficiano del provvedimento.
Nell'incontro di oggi alla Farnesina, su indicazione del ministro degli Esteri Antonio Tajani, all'ambasciatore russo in Italia, Alexei Paramonov, convocato dal segretario generale Riccardo Guariglia, è stato espresso "il forte disappunto del governo per l'inatteso provvedimento e sono stati chiesti chiarimenti sulle sue motivazioni, che non trovano fondamento nel diritto", auspicando che Mosca "possa riconsiderare il provvedimento preso", qualificato dalla stessa parte russa "come temporaneo".
Queste misure, ha replicato Paramonov, nel rispetto del relativo quadro giuridico, "sono state adottate in risposta alle azioni ostili e contrarie al diritto internazionale intraprese dagli Stati Uniti e dagli altri Stati esteri che si sono uniti a loro, volte a privare illegalmente la Russia, le sue entità giuridiche e varie persone fisiche del diritto di proprietà e/o a limitare tale diritto su beni situati nel territorio di tali Stati".
Secondo l'ambasciatore, "non si può non considerare che la retorica e il tono sempre più aggressivi e irresponsabili dei leader occidentali e delle loro compagini non possono che essere interpretati come deliberata intenzione di minacciare in modalità continuativa la sicurezza della Russia, quella nazionale, economica, energetica e di ogni altro tipo". Poi, nel ricordare che "Mosca ha sempre attribuito particolare importanza alle proficue e reciprocamente vantaggiose relazioni commerciali ed economiche con l’Italia", Paramonov ha accusato le autorità italiane di aver "sacrificato i reali interessi nazionali della Repubblica per partecipare a sterili e pericolose avventure geopolitiche anti-russe".
Insieme a Tajani, che è in contatto sin dal primo momento con l’azienda e si riserva di approfondire le conseguenze della decisione russa insieme ai partner G7 e Ue e di valutare una risposta appropriata, della questione si sta occupando anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che ha avuto una conference call con il presidente di Ariston Group, Paolo Merloni, e l'amministratore delegato Maurizio Brusadelli, alla presenza del presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli. Urso ha illustrato l'azione che il governo sta svolgendo con la Commissione Europea riguardo alla messa a punto di nuovi strumenti, nell'ambito del quadro sanzionatorio europeo, volti a tutelare le imprese italiane ed europee interessate da analoghi atti di ritorsione da parte della Russia e per scoraggiare il riproporsi di tali azioni. Mentre il vice premier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha detto: "Di questa vicenda io so poco, lascio che se ne occupino i miei colleghi di governo che seguono il dossier e nei quali ho totale fiducia'.
'Tavolo Russia' convocato da Tajani il 2 maggio
Il ministro Tajani ha intanto convocato per giovedì 2 maggio un “tavolo Russia” per proseguire il monitoraggio delle ultime decisioni assunte dal governo di Mosca sulle attività di aziende italiane in Russia. Al tavolo, che verrà introdotto da Tajani, parteciperà il segretario generale del ministero, ambasciatore Riccardo Guariglia, assieme a rappresentanti di Confindustria, del mondo imprenditoriale e delle associazioni di categoria interessate, con i dirigenti dei ministeri coinvolti, oltre al ministero degli Esteri, fa sapere la Farnesina.
Il ministro Tajani ha fatto convocare oggi l’ambasciatore russo a Roma e ha chiesto già da sabato al ministero di avviare una consultazione a livello Unione Europea per far inserire le aziende colpite da ritorsioni russe nei programmi di compensazioni previsti dall’Unione.
Esteri
Zelensky contro Usa, Nato e alleati. Russia esulta:...
Non solo Alleanza atlantica e Stati Uniti per il ritardo nella consegna delle armi, il presidente ucraino critica anche l'Occidente per la reazione "nulla" all'arrivo delle truppe di Kim. E Mosca attacca
Non solo Nato e Usa per il ritardo nella consegna delle armi, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky critica anche l'Occidente per la non-reazione all'arrivo delle truppe nordcoreane mandate da Kim Jong-un in Russia. Le dure parole del leader di Kiev arrivano in un'intervista rilasciata ai media sudcoreani, colloquio durante il quale ha anche affermato di essere in particolare "sorpreso dal silenzio della Cina" su questo dispiegamento. Pyongyang ha inviato migliaia di militari in Russia: in totale, dovrebbero essere circa 12mila. Le prime unità avrebbero raggiunto la regione russa di Kursk, invasa dalle forze di Kiev all'inizio di agosto, e sarebbero pronte ad entrare in azione.
"Penso che la reazione su questa questione sia stata nulla", ha detto Zelensky, che solo poche ore prima aveva già alzato la voce contro Stati Uniti e Alleanza Atlantica per gli aiuti centellinati e i divieti imposti in una fase decisamente critica del conflitto. Mosca infatti continua intanto a compiere progressi sul fronte nel Donetsk mentre l'esercito di Kiev è surclassato in termini di armamenti.
"Le truppe nordcoreane non hanno ancora iniziato a combattere, ma è questione di giorni, non di mesi", ha poi sottolineato ai media sudcoreani mentre gli Usa parlano di 8mila soldati di Pyongyang già dispiegati a Kursk. "Quando saranno schierati, saranno spinti in prima linea e subiranno pesanti perdite", ha detto ancora il presidente ucraino, secondo cui "la Russia cerca di minimizzare la mobilitazione delle proprie truppe, una questione politicamente delicata per Putin a livello nazionale" perché "danneggia il suo indice di gradimento". Per Zelensky, "la maggioranza" in Russia non sostiene la mobilitazione.
A esultare intanto per l'evidente difficoltà del leader ucraino è, ovviamente, la Russia. Secondo il rappresentante di Mosca presso le Nazioni Unite, Vasili Nebenzia, il “crollo” delle truppe ucraine in prima linea sarebbe infatti dovuto principalmente alla perdita di “ogni legittimità” da parte del presidente Zelensky.
"La ragione principale del crollo delle truppe ucraine in prima linea è che la gente ha semplicemente smesso di credere a quell'ex attore, che già da maggio ha perso ogni legittimità", le parole di Nebenzia in riunione del Consiglio di Sicurezza riprese dalla Tass. Il rappresentante russo ha quindi sottolineato che "anche Washington e i suoi alleati" si sono già resi conto di questa situazione e stanno iniziando a capire che "il problema del regime di Zelensky non è che non ha abbastanza armi e munizioni", ma che ha perso la fiducia della sua stessa popolazione.
La critica e il messaggio agli Usa
"Prima del summit di Washington" a luglio, "i nostri partner hanno detto che non erano pronti ad accogliere l'Ucraina nella Nato ma avrebbero fornito 6 o 7 sistemi di difesa aerea per proteggere i nostri cieli. Non abbiamo ancora ricevuto questi sistemi e abbiamo avuto solo il 10% del pacchetto varato dal Congresso degli Stati Uniti nel 2014. Non è questione di denaro ma di burocrazia e logistica", aveva detto due giorni fa Zelensky nella sua critica agli Usa.
"Riteniamo che la Russia riceva tra i 10 e 12 miliardi di dollari al mese" tra aiuti e operazioni che sfuggono alle sanzioni. "Se consideriamo il sostegno che l'Ucraina ha ricevuto durante la guerra da tutti i partner, vedrete che è inferiore a quello che ha ricevuto la Russia perché le sanzioni funzionano ma non al 100%", affermava.
C'è un motivo particolare, poi, che induce Zelensky a esprimere una dose di malcontento supplementare. Il New York Times ha diffuso la notizia secondo cui Kiev avrebbe chiesto invano agli Usa la fornitura di missili Tomahawk. "Era un'informazione riservata", spiegava. La richiesta di missili Tomahawk con una gittata di 2.400 chilometri faceva parte del "pacchetto di deterrenza non nucleare" segreto incluso nel piano di vittoria dell'Ucraina.
Esteri
Harris-Trump, è testa a testa in Georgia e North Carolina:...
La dem e il tycoon praticamente appaiati nei due Stati 'battleground' del sud che potrebbero rivelarsi decisivi per la vittoria finale
Kamala Harris e Donald Trump sono praticamente appaiati in Georgia e North Carolina, due Stati 'battleground' del sud che potrebbero rivelarsi decisivi per la vittoria finale. E' quanto emerge da nuovi sondaggi condotti da Ssrs per la Cnn, secondo i quali Trump è in vantaggio su Harris 48% a 47% tra i 'probabili elettori' in Georgia, mentre lo scenario si ribalta in North Carolina.
I distacchi tra i due candidati si trovano all'interno del margine di errore e quindi non c'è un chiaro favorito in alcuno dei due Stati. Il North Carolina ha votato repubblicano nelle ultime tre elezioni presidenziali, anche se nel 2020 Trump ha vinto su Biden di poco più di un punto percentuale. Quattro anni fa in Georgia, invece, Biden sconfisse Trump con un margine inferiore a un punto, dando ai democratici la prima vittoria dopo quella di Bill Clinton nel 1992.
Sono intanto oltre 60 milioni gli elettori che hanno già votato in 47 Stati e nel Distretto di Columbia, dove si trova la capitale Washington, riferisce la Cnn, precisando che si tratta di circa il 38% dei circa 158 milioni di voti espressi nel 2020. Secondo l'emittente, 10 Stati hanno già superato il 50% dei voti totali di quattro anni fa, guidati dalla Georgia, dove i voti espressi sono già oltre due terzi.
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Esteri
Netanyahu avverte: “Israele può raggiungere qualsiasi...
Secondo il NYT per la Guida suprema dell'Iran "non rispondere significa ammettere la sconfitta". Ma arriva l'avvertimento del premier israeliano alla cerimonia di chiusura del corso per ufficiali delle Idf
La Guida suprema dell'Iran, l'ayatollah Ali Khamenei, ha ordinato al Supremo consiglio per la sicurezza nazionale del Paese di prepararsi ad attaccare Israele. Lo ha riferito il New York Times, citando tre funzionari iraniani. Khamenei, scrive il giornale americano, ha preso la decisione dopo aver esaminato un rapporto dettagliato di comandanti militari sull'entità dei danni provocati dal raid israeliano della scorsa settimana alla capacità di produzione missilistica del Paese, ai sistemi di difesa aerea intorno a Teheran, alle infrastrutture energetiche critiche e a un porto situato nel sud.
La portata dell'attacco di Israele e i quattro soldati iraniani uccisi negli attacchi aerei sono "troppo grandi per essere ignorati" e secondo i funzionari citati, "non rispondere significherebbe ammettere la sconfitta".
L'avvertimento di Netanyahu
Ma il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, durante un discorso pronunciato alla cerimonia di chiusura del corso per ufficiali delle Idf ha messo in guardia: "Oggi Israele ha più libertà di azione in Iran di quanta ne abbia mai avuta" e "può raggiungere qualsiasi luogo in Iran se necessario", ha dichiarato.
"L'obiettivo principale che ho fissato è impedire (che l'Iran si doti di, ndr) armi nucleari", ha osservato Netanyahu, citato dal sito di Haaretz. Il primo ministro ha anche parlato del rapporto tra il suo governo e la Casa Bianca, sostenendo di "apprezzare la politica degli Stati Uniti, ma quando è necessario, dico di no".
Se ci fosse una rappresaglia dell'Iran per l'attacco subito da Israele, gli Stati Uniti sosterranno lo Stato ebraico ha intanto riferito ieri la Casa Bianca, chiedendo a Teheran di non rispondere alla rappresaglia israeliana.
L'intelligence israeliana ritiene intanto che l'Iran si stia preparando ad attaccare lo Stato ebraico dal territorio iracheno nei prossimi giorni, possibilmente prima delle elezioni presidenziali statunitensi in programma il 5 novembre, hanno riferito due fonti israeliane ad Axios, secondo le quali per l'intelligence israeliana l'attacco dovrebbe essere condotto utilizzando un gran numero di droni e missili balistici.
Lanciare un attacco attraverso le milizie filo-iraniane in Iraq e non direttamente dal territorio iraniano - nota il portale di notizie - potrebbe essere un tentativo da parte dell'Iran di evitare un'altra rappresaglia israeliana, la terza, contro obiettivi strategici nella Repubblica islamica.
Idf: abbattuti 2 droni partiti da Iraq
Intant l'Idf fa sapere che sistemi di difesa aerea israeliani hanno abbattuto due droni partiti dall'Iraq, precisando che i due aerei senza pilota sono stati intercettati prima che entrassero nello spazio aereo israeliano e sono stati abbattuti vicino alla zona del Mar Morto.
Iran: "Risposta sarà brutale"
Nonostante l'avvertimento, l'Iran ha avvertito che risponderà in modo “brutale” all'attacco israeliano contro le sue installazioni militari, e Israele “se ne pentirà”, riporta l'agenzia di stampa iraniana Tasnim. “La recente azione del regime sionista, che ha attaccato parti del nostro Paese, è stata un atto disperato, e la Repubblica islamica dell'Iran risponderà in un modo brutale che farà rimpiangere Israele”, le parole di Mohammad Mohammadi Golpayegani, capo dello staff della Guida Suprema iraniana Ayatollah Ali Khamenei.
Il Paese risponderà in modo "definitivo e doloroso" probabilmente prima delle elezioni presidenziali degli Stati Uniti, ha detto ieri una fonte di alto rango alla Cnn. "La risposta della Repubblica islamica dell'Iran all'aggressione del regime sionista sarà definitiva e dolorosa", ha affermato la fonte. Sebbene la fonte non abbia fornito una data esatta per l'attacco, ha affermato che "probabilmente avverrà prima del giorno delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti".
Tregua in Libano, le condizioni di Netanyahu
Un qualsiasi accordo di cessate il fuoco con Hezbollah ''deve garantire la sicurezza di Israele'', ha detto intanto il primo ministro israeliano durante l'incontro a Gerusalemme con i due inviati degli Stati Uniti per il Medioriente, Amos Hochstein e Brett McGurk.
"Il primo ministro ha chiarito che la questione principale non sono le carte per questo o quell'accordo, ma la determinazione e la capacità di Israele di garantire l'applicazione dell'accordo e di prevenire qualsiasi minaccia alla sua sicurezza da parte del Libano", ha affermato l'ufficio di Netanyahu in una nota al termine delll'incontro.
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