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Giovani, motore del mercato immobiliare: possono permettersi solo una casa su cinque

I giovani possono permettersi, quando sono una coppia e quando il prezzo cala, solo una casa su cinque. Questa è la fotografia realizzata dallo studio di Wikicasa, realtà proptech attiva nel settore immobiliare, che ha analizzato 10 principali città italiane. Nonostante siano quelle con il maggior numero di giovani, queste città si dimostrano le più dinamiche in termini di andamento dei prezzi. La popolazione tra i 20 e i 34 anni è quella che riscontra maggiore difficoltà nell’acquisto immobiliare.

Di particolare criticità la situazione nella città di Milano, che performa addirittura peggio di Londra.

Analisi del mercato immobiliare

L’analisi di mercato realizzata da Wikicasa ha raccolto e distribuito dati immobiliari per la compravendita e la locazione di immobili, riguardo l’accessibilità al mercato immobiliare. Così ha rivelato come i giovani siano il motore del “mattone”, anche in Italia, ma con qualche difficoltà.

Guardando, infatti, ai dati degli ultimi 10 anni, popolazione di età compresa tra i 20 e i 34 anni è in aumento nelle “metropoli” nazionali e con loro aumentano i prezzi degli immobili

Le motivazioni dietro questa correlazione sono molteplici. La capacità di città come Milano e Bologna di attirare giovani studenti da ogni angolo d’Italia ha un impatto profondo sull’intero mercato immobiliare locale. I giovani che ambiscono a professioni remunerative e sono in cerca di occasioni, vedono l’acquisto della prima casa come una naturale conseguenza. Allo stesso tempo, una città con un’elevata percentuale di under 35 si contraddistingue per un florido mercato degli affitti, che incentiva la natura di acquisti immobiliari con finalità d’investimento, creando un circolo virtuoso di iper-valutazione degli asset immobiliari.

Wikicasa- Grafico sull’andamento immobiliare

Tra possibilità e realtà

Se da un lato il mercato immobiliare necessita dei giovani, dall’altro le dinamiche sociali, unite a quelle del mercato immobiliare sono particolarmente spinose e complesse per questa fascia della popolazione. La mancata crescita dei salari ostacola notevolmente le possibilità di accantonare i risparmi imprescindibili per poter accedere a un mutuo, i cui tassi sono in continuo aumento. Il Bonus Mutui Under 36 ha portato una condizione di benessere momentaneo, subito accantonata dall’aumento dei tassi degli ultimi 2 anni. Se si considera che la capacità di spesa è rimasta pressoché identica, l’aumento delle rate del mutuo ha ridotto notevolmente le possibilità di acquisto attuali.

In sintesi, per una giovane coppia che desidera comprare casa con un mutuo agevolato a 30 anni per un importo pari al 100% del valore della casa, con una rata mensile che non superi un terzo del reddito netto, le possibilità di acquisto sono sempre più ristrette.

Confrontando l’importo totale del mutuo erogabile con i prezzi degli immobili, si evince come in molte delle principali città italiane, oggi sia praticamente impossibile completare l’acquisto di un trilocale. A Bologna e Roma, con qualche piccolo sacrificio ci si potrebbe permettere un bilocale, cosa praticamente impossibile invece a Milano e Firenze.

Wikicasa- Grafico sull’andamento immobiliare Roma

La situazione a Milano: “Peggio di Londra”

Mentre a Firenze, le ragioni vanno ricercate nella natura dello stock immobiliare cittadino, ricco di soluzioni di lusso dal valore inestimabile e storico che attirano le richieste di investitori stranieri, la situazione di Milano risulta essere più preoccupante. La città finisce infatti per attirare giovani che oggi non riescono a permettersi una casa anche a causa dell’elevatissima domanda di mercato.

I dati sull’accessibilità dello stock mostrano come nel capoluogo lombardo, una giovane coppia possa permettersi solo un immobile su 5 (20,15%) dell’intera offerta disponibile sul mercato locale. Un dato simile a quello di Bologna (22,14%), ma molto lontano da altre città del Nord come Torino e Genova, dove una coppia di giovani lavoratori potrebbe permettersi oltre il 40% degli immobili disponibili sul mercato (rispettivamente 43,82% e 67,86% dello stock totale).

Milano, come si evince dallo studio di Wikicasa, performa addirittura peggio di Londra, famosa per la difficoltà dei giovani di poter acquistare un appartamento. A Londra, infatti, una giovane coppia potrebbe permettersi poco più del 30% delle case oggi in vendita, nonostante un costo della vita molto più alto di Milano. Le ragioni dietro questa profonda differenza vanno ricercate nel processo di evoluzione della capitale britannica che, negli ultimi 20 anni, ha completato una rigenerazione delle periferie e dei sobborghi, oggi totalmente inglobati nella città, che ha reso appetibili zone della città a 20 chilometri dal centro. Che sia questa la soluzione anche per l’Italia?

Wikicasa- Grafico sull’andamento immobiliare Milano

Periferie rigenerate

“La grande sfida di Milano, così come di molte altre città italiane, sarà proprio questa – commenta Pietro Pellizzari, CEO di Wikicasa -. Se si considerasse l’offerta immobiliare nei comuni dell’hinterland a 20km di distanza dal centro di Milano, una giovane coppia sarebbe in grado di acquistare circa la metà degli immobili disponibili sul mercato. Riuscire a rendere le zone limitrofe sempre più appetibili per le fasce più giovani della popolazione, creando dei centri con servizi e infrastrutture adeguati, è l’imperativo per un mercato immobiliare sostenibile e adatto anche alle giovani generazioni”.

L’hinterland milanese, per quanto stia attraversando un profondo periodo di crescita, è oggi poco attrattivo per la stragrande maggioranza dei giovani in cerca di una casa a Milano. Ripopolare le periferie e attrarre coppie e giovani single in cerca di abitazione è la vera sfida del mercato immobiliare. Ma vivere nell’hinterland rende più difficili gli spostamenti e consente di accedere a un numero di servizi oggi insufficiente per questa fascia della popolazione, che al momento non è ancora disposta a considerare Milano un mero luogo di lavoro e di transito. Il lavoro da compiere dovrebbe considerare il sistema delle infrastrutture e dei trasporti coinvolto in un ri-orientamento dell’intero asset cittadino: obiettivo comune in Italia e tra i Paesi Ue, ma di difficile realizzazione.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Diventare genitori con una malattia genetica

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L’infertilità è una sfida sempre più diffusa a livello globale, che coinvolge circa il 17,5% della popolazione adulta, ossia una persona su 6. In Italia, la situazione non è molto diversa, con circa il 15% delle coppie che si trovano ad affrontare questa difficoltà. Gli esperti mettono in guardia sulle tendenze attuali: sempre più coppie credono di poter concepire facilmente anche dopo i 40-45 anni, ignorando i limiti biologici.

Le cause più comuni di infertilità

Le cause più comuni di infertilità includono una ridotta riserva ovarica, problemi alle tube, infertilità endocrina ed endometriosi nelle donne, mentre nell’uomo si verifica spesso a causa di un basso numero di spermatozoi sani o problemi con la loro funzionalità. Gli esperti promuovono un’educazione sulla maternità e sulla sessualità responsabile, sensibilizzando le coppie sull’età biologica ottimale per concepire, considerando che la capacità riproduttiva inizia a diminuire già dai 35 anni, il che può influenzare anche il successo delle procedure di procreazione medicalmente assistita (PMA).

In risposta alla sfida contro l’infertilità, la PMA ha assunto un ruolo sempre più significativo nel fornire soluzioni per le coppie che lottano per concepire naturalmente. Tuttavia, per le coppie affette da malattie genetiche, il percorso verso la genitorialità tramite la PMA assume un ruolo ancora più cruciale, consentendo alle coppie portatrici di patologie genetiche di realizzare il desiderio di genitorialità senza trasmettere la malattia alla prole.

La diagnosi genetica preimpianto

Le malattie genetiche sono condizioni causate da alterazioni nei geni ereditati dai genitori. Queste patologie possono influenzare la salute e il benessere del bambino, compromettendo la qualità della vita e richiedendo cure mediche specializzate. Tuttavia, con la PMA le coppie portatrici di malattie genetiche possono evitare la trasmissione della condizione alla prole, selezionando embrioni non affetti attraverso la diagnosi genetica preimpianto.

Si tratta di una tecnica avanzata utilizzata durante il processo di fecondazione in vitro per identificare e selezionare embrioni non affetti da malattie genetiche ereditarie. Durante la fase di sviluppo degli embrioni in laboratorio, viene prelevata una piccola quantità di materiale genetico per l’analisi genetica. Gli embrioni identificati come non affetti possono quindi essere selezionati per l’impianto nell’utero materno, riducendo così il rischio di trasmissione della malattia alla prole.

Proposta di revisione della Legge 40/2004: focus su diagnosi preimpianto e malattie genetiche

La Legge 40/2004, che governa le pratiche della Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) in Italia, ha raggiunto il suo ventennale, suscitando un dibattito sul suo adeguamento alle attuali esigenze cliniche. Le sentenze frequenti della Corte costituzionale hanno minato i divieti principali, ma la comunità medica e i cittadini chiedono una normativa più allineata alle conoscenze scientifiche e più protettiva della salute riproduttiva, specialmente per le coppie con malattie genetiche.

La proposta di revisione della Legge 40/2004, sviluppata dalla Società Italiana della Riproduzione Umana (SIRU) in collaborazione con associazioni di pazienti, si concentra su una riorganizzazione del settore che abbraccia non solo la PMA ma anche la prevenzione dell’infertilità e la preservazione della fertilità. Presentata recentemente alla Camera dei Deputati, questa proposta mira a stimolare una discussione parlamentare per una nuova normativa che soddisfi le esigenze delle coppie e tenga conto delle più recenti evidenze scientifiche.

Tra le novità proposte, vi è l’introduzione della prevenzione dell’infertilità e della preservazione della fertilità, consentendo una visione più ampia della salute riproduttiva. Inoltre, la possibilità di donare embrioni ad altre coppie o alla ricerca scientifica, specialmente quelli diagnosticati con malattie genetiche, apre nuove prospettive di solidarietà e progresso scientifico.

Gli esperti rispondono alle coppie

“Attraverso il test genetico preimpianto – spiega Claudia Livi, ginecologa e direttore clinico del centro Demetra – è oggi possibile studiare l’assetto cromosomico e genetico degli embrioni ottenuti in vitro, per trasferire nell’utero materno solo quelli non affetti, scongiurando il rischio di trasmissione della malattia che, per molte di queste coppie, è molto alto. Sappiamo però che l’informazione su questi temi è ancora scarsa e che le coppie si devono orientare attraverso il passaparola e internet. Abbiamo deciso quindi di organizzare questi incontri con le associazioni che le rappresentano per rispondere a tutte le loro domande e ai loro dubbi, illustrando nel dettaglio cosa la scienza oggi ci consente di fare per avere un figlio non affetto dalla malattia. In questo modo si accresce anche la consapevolezza sul significato di essere genitori – sottolinea – al tempo delle nuove frontiere della genetica umana”.

Il test genetico preimpianto consente di esaminare gli embrioni in vitro e trasferire solo quelli non affetti da malattie genetiche, offrendo alle coppie un’opportunità per evitare la trasmissione della malattia ai propri figli. Tuttavia, la mancanza di informazioni chiare su questo argomento porta molte coppie a cercare risposte tramite il passaparola e internet. Per rispondere alle loro domande e chiarire dubbi, gli esperti del centro di medicina della riproduzione Demetra, convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, rispondono alle domande delle coppie interessate alla procreazione medicalmente assistita e alle implicazioni delle malattie genetiche sulla fertilità e sulla salute dei futuri figli, attraverso incontri gratuiti in collaborazione con le associazioni di pazienti.

Il ciclo di incontri si propone di rispondere alle domande comuni delle coppie interessate alla PMA e affette o portatrici di malattie genetiche che potrebbero essere trasmesse ai loro figli. L’iniziativa, denominata “Diagnosi preimpianto: viaggio nelle malattie rare”, ha già coinvolto diverse associazioni di pazienti e si avvale della partecipazione di esperti ginecologi e genetisti per fornire informazioni dettagliate e supporto alle coppie interessate. Il prossimo incontro, previsto per il 18 maggio a Roma, si concentrerà sulla distrofia di Duchenne, in collaborazione con l’associazione Parent Project Onlus.

La distrofia muscolare di Duchenne e Becker è causata da un’alterazione del gene localizzato sul cromosoma X, responsabile della produzione della proteina distrofina, fondamentale per la salute muscolare. La forma più grave colpisce circa un bambino ogni 5000 nati ed è caratterizzata dalla totale assenza della proteina distrofina, compromettendo gravemente la rigenerazione muscolare.

Per le famiglie coinvolte, diventare genitori è un’avventura che può essere ostacolata dall’inattesa comparsa della distrofia muscolare di Duchenne. Daniela Argilli, vicepresidente di Parent Project Aps, sottolinea l’impatto emotivo e le preoccupazioni che questa situazione può generare, facendo emergere dubbi sulla possibilità di affrontare una nuova gravidanza con serenità e gioia. “Questa giornata di formazione -spiega Argilli- è fondamentale per le nostre mamme, ma anche per le sorelle, le zie e le cugine dei nostri ragazzi. Questo 30 anni fa non era nemmeno immaginabile e sfortunatamente molte coppie che lo auspicavano non hanno potuto accedervi, oggi invece si spalancano le porte per le nuove coppie”.

Il prossimo appuntamento, previsto a ottobre a Padova, sarà dedicato alla discussione della malattia di Huntington.

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Tragedia di Casteldaccia, quante sono le morti sul lavoro...

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La tragedia di Casteldaccia (Palermo) è l’ennesimo incidente del lavoro del 2024, che conta già più di 350 vittime nel 2024, in Italia. Cinque operai sono morti, un sesto lotta per restare in vita. I lavoratori, 7 in tutto, erano impegnati nei lavori fognari della ditta Quadrifoglio group srl di Partinico.

Ditta che lavorava su mandato della municipalizzata Amap che a sua volta si occupa della gestione idrica a Palermo e in alcuni comuni della provincia. Un settimo operaio sarebbe un interinale dell’Amap. Non è ancora chiaro se tutti gli operai morti erano dipendenti della Quadrifolgio group.

Sono chiari, però, i dati. In Italia ogni anno ci sono tra i 30 e i 40 incidenti mortali plurimi, ovvero con più vittime: meno di un mese fa la tragedia di Suviana (cinque morti), a febbraio la tragedia nel cantiere dell’Esselunga Firenze di febbraio (cinque morti). In tutta la penisola sono più di 350 vittime in appena quattro mesi.

Le tragedie più recenti

Tre giorni fa a Brindisi il 46 enne Vincenzo Valente, ha perso la vita nello zuccherificio per cui lavorava per conto di una ditta esterna. 9 anni fa, l’11 febbraio 2015, anche il padre, Cosimo Valente, all’epoca 65enne, aveva perso la vita sul lavoro dopo una caduta da un albero che stava potando nelle campagne tra San Michele Salentino e Latiano.

Altre tre vittime il 2 maggio, il giorno dopo la Festa dei Lavoratori: un operaio di 57 anni è deceduto precipitando dal terzo piano di un palazzo a Lettere; mentre quasi nello stesso momento un lavoratore di 60 anni perdeva la vita in un cantiere edile a Casalnuovo. Incidente mortale anche per un operaio a Floridia, nel Siracusano, travolto dopo il cedimento di un tetto.

Incidenti sul lavoro in Italia statistiche

Nel 2023 in Italia ci sono state più di mille morti bianche, come emerge dagli Open data diffusi dall’Inail. Le denunce di infortunio sul lavoro presentate tra gennaio e dicembre 2023 sono state 585.356 (-16,1% rispetto al 2022), 1.041 delle quali con esito mortale.
Il 59% delle vittime aveva più di 50 anni, il 24% era fra i 35 e i 49 anni e il 17% era under 35. Nel 94% dei casi a morire sul lavoro sono gli uomini, il 6% le donne. Le denunce di infortunio delle lavoratrici da gennaio a dicembre 2023 sono state 207.484, quelle dei colleghi uomini 377.872.

Se si considerano i dati dell’Osservatorio nazionale di Bologna, una fotografia indipendente che monitora e registra tutti i morti sul lavoro in Italia, anche quelli che non dispongono di un’assicurazione, le vittime salgono a 1.466. Circa una ogni 6 ore.
Per quanto riguarda gli incidenti non mortali bisogna considerare che il lavoratore non sempre sceglie di denunciare, temendo conseguenze negative sul lavoro e sentendosi poco tutelato. Potrebbero esserci dei problemi di under-reporting, ovvero di sottostima di questo fenomeno principalmente per gli eventi dall’esito non mortale, essendo questi ultimi difficili da nascondere.

Secondo i dati Inail, tra gli incidenti mortali, diminuiscono quelli in itinere, che si verificano nel tragitto casa-lavoro, mentre aumentano quelli avvenuti sul luogo di lavoro.

Analizzando nel macroperiodo il numero delle morti bianche in Italia si osserva che dagli anni Cinquanta e Sessanta, – quando le vittime erano circa 10 al giorno – le morti sul lavoro sono in calo. Negli ultimi anni, però, il trend fa fatica a scendere e a superare questi livelli.

Morti sul lavoro in Ue 2012-2021. Fonte: Eurostat

Morti bianche al Sud e tra i lavoratori immigrati

Nonostante i settori più a rischio incidenti siano più diffusi nel Nord Italia, l’incidenza delle morti sul lavoro è più alta nel Mezzogiorno: ogni 100mil lavoratori le vittime sono circa 5,3 vittime nel Settentrione e 6,3 al Sud. Dai dati Inail emerge che oltre una morte sul lavoro su cinque è straniera, anche se i lavoratori stranieri rappresentano circa il 10% della forza lavoro italiana.

Come emerge da un’elaborazione di Sky TG24 su dati Vega, il 19% delle morti sul lavoro avviene nelle costruzioni. Seguono trasporto e magazzinaggio (14%), manifattura (13%) e commercio (8%).

Incidenti sul lavoro in Italia e in Ue

Secondo i dati Eurostat per il 2021, i più recenti, per quanto riguarda gli infortuni severi sul lavoro, il Paese con l’incidenza maggiore è la Francia (3.227,24 casi ogni 100mila occupati) a cui seguono Danimarca (2.814,35) e Portogallo (2.368,43). Valori minori invece in Grecia (117,38), Bulgaria (79,51) e Romania (50,32).
I tre Paesi Ue con più morti bianche sono Lettonia (4,29 ogni 100mila lavoratori), Lituania (3,75) e Malta (3,34). L’incidenza minore si registra invece in Finlandia (0,75), Grecia (0,58) e Paesi Bassi (0,33).

L’Italia registra una media minore rispetto all’Ue per incidenti sul lavoro, ma una media maggiore per quelli mortali. Al 2021 erano 1.209,49 i casi di incidenti sul lavoro ogni 100mila occupati, 2,66 quelli mortali.

Morti sul lavoro nei Paesi Ue, 2021. Fonte: Eurostat

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La gravidanza rallenta la sclerosi multipla: nasce un...

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La sclerosi multipla e il ruolo materno possono essere due assi dello stesso binario. La malattia autoimmune si posiziona al terzo posto tra le cause principali di disabilità neurologica. Inoltre, è il disturbo più diffuso tra i giovani. È una malattia cronica e progressiva e danneggia midollo spinale, nervo ottico e cervello. Conseguenze? Problemi sensoriali, motori e visivi. Ma una donna che soffre di questa malattia può comunque decidere di diventare mamma? Scopriamolo insieme.

Sclerosi multipla

Le persone che soffrono di sclerosi multipla vivono una vasta gamma di problemi sensoriali causati dall’estesa infiammazione nel sistema nervoso centrale e dei disturbi nella trasmissione dei segnali nervosi. Secondo il rapporto della Federazione Internazionale Sclerosi Multipla (MSIF), il numero di pazienti in tutto il mondo è aumentato da 2,3 milioni di persone nel 2013 a 2,9 milioni nel 2023. Ad essere colpite sono principalmente le donne. La sclerosi, infatti, pare si stia diffondendo più rapidamente tra le donne in età riproduttiva, causando sintomi fisici come l’incontinenza urinaria, problemi intestinali, irregolarità mestruali e disfunzioni sessuali. Le donne con sclerosi multipla, inoltre, sperimentano anche problemi psicologici come irritabilità, diminuzione dell’autostima, ansia e depressione. Questa malattia può, infine, influenzarne anche la fertilità.

Per questi motivi, uno studio dell’Università di Scienze Mediche di Mashhad, Iran, si è posto come precursore della realizzazione di un programma dedicato alle donne con sclerosi multipla che decidano di diventare mamme.

Malattia e gravidanza

“Prima degli anni ’50, molte donne affette rifiutavano la gravidanza perché erano preoccupate per gli effetti avversi della malattia sulla gravidanza – si legge nello studio -. Tuttavia, i progressi nel trattamento delle malattie hanno reso possibile per le donne con sclerosi multipla (Sm) avere figli. La ricerca mostra che le donne con Sm che hanno figli sperimentano una progressione della malattia più lenta rispetto a quelle che sono single o senza figli. Nonostante questi risultati positivi, il numero di donne con Sm che scelgono di iniziare una gravidanza rimane inferiore rispetto alla popolazione generale”.

“Molte donne affette – continuano i ricercatori – hanno attribuito il loro scarso desiderio di gravidanza e maternità a preoccupazioni influenzate dalla malattia stessa e dalle sue conseguenti complicanze. I danni al feto dovuti all’uso di farmaci durante la gravidanza, il rischio di trasmissione di malattie al feto e le sfide legate alla cura del bambino sono solo alcune delle preoccupazioni che queste donne devono affrontare riguardo alla gravidanza e alla maternità. Diversi studi relativi al ruolo materno nelle donne affette hanno riferito che queste donne non sono soddisfatte del loro ruolo di madre. Questa insoddisfazione per il ruolo è causata, da un lato, dall’incapacità delle donne di valutare i bisogni fisici e psicologici dei loro neonati e bambini, e dall’altro, dall’influenza del senso di colpa dovuto alla possibilità di trasmissione di malattie e trascurare il benessere dei loro neonati e bambini in futuro”.

Sostenere e guidare le donne in età riproduttiva nell’assecondare il desiderio di diventare madri è fondamentale anche per migliorare la salute delle donne. La disponibilità di sistemi di supporto, sia formali che informali, può contribuire a rendere la genitorialità durante i periodi prenatale e postnatale migliore delle aspettative. Molte donne con Sm durante la gravidanza e dopo il parto esprimono preoccupazione per la mancanza di sostegno da parte della famiglia e del personale sanitario.

“Nelle donne con Sm, 3-6 mesi dopo il parto, la riacutizzazione più probabile della malattia è dovuta all’eliminazione dello stato immunosoppressivo della gravidanza e all’improvvisa diminuzione degli estrogeni. Allo stesso tempo, diminuisce il sostegno fisico ed emotivo ricevuto dalle famiglie e dai genitori, intensificando i danni causati dalla riacutizzazione della malattia. Nel frattempo, il sostegno sociale ricevuto durante questo periodo gioca un ruolo vitale nella transizione alla maternità.”, hanno evidenziato i ricercatori.

Lo studio

Lo studio, a questo punto, ha deciso di approfondire gli aspetti fenomenologici tramite approccio qualitativo, concentrandosi sulla “voce dei pazienti” e riflettendo sulle loro esperienze. Lo scopo è quello di capire i bisogni e le necessità delle donne con sclerosi che diventano mamme e indicare un programma completo composto da linee guida sino ad oggi assenti. Divisa in tre fasi, la ricerca intende capire come rallentare la malattia attraverso un supporto alla gravidanza.

L’obiettivo principale della prima fase dello studio è condurre un’analisi fenomenologica per comprendere il significato del ruolo materno nelle donne con Sm. “Questo ci aiuterà a identificare i bisogni e le sfide che queste donne affrontano in questo periodo, il che contribuirà allo sviluppo di un programma di sostegno nella seconda fase”, annunciano i ricercatori.
Obiettivi della prima fase:
1. Esplora l’esperienza vissuta del ruolo materno nelle donne in gravidanza con Sm e in coloro che hanno un bambino di meno di un anno.
2. Identificare i bisogni e le aspettative delle madri riguardo a un programma di sostegno.
L’obiettivo generale della seconda fase è creare un programma di supporto basato sui risultati dello studio fenomenologico, sulla revisione della letteratura e sulle interviste con informatori chiave.
Obiettivi della seconda fase:
1. Determinare le esigenze e le sfide per la progettazione di un programma di supporto basato sui risultati dello studio, sulla revisione della letteratura e sulle interviste.
2. Definire i componenti, le caratteristiche e le strategie del programma di supporto utilizzando un modello logico.
Lo scopo generale della terza fase è convalidare il programma di sostegno utilizzando la tecnica del gruppo nominale.
Obiettivi della terza fase:
1. Convalidare il programma di sostegno raccogliendo opinioni di esperti durante la riunione nominale del gruppo.
2. Formulare il programma finale sulla base del feedback degli esperti nella riunione nominale del gruppo.

A causa dell’assenza di studi che esplorino le esperienze delle “madri iraniane con Sm nel loro ruolo materno e della mancanza di un piano completo per loro durante la gravidanza e il postpartum, i ricercatori hanno sviluppato un programma di supporto basato sui bisogni di queste madri – concludono i ricercatori -. L’obiettivo è ridurre le sfide affrontate da queste madri e utilizzare nella pratica dati qualitativi. Speriamo di porre le basi per compiere un passo iniziale per ulteriori ricerche sia all’interno che all’esterno dell’Iran”.

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