Salute e Benessere
Schillaci, ‘donne del Sud devono aderire di più a screening’
Schillaci, ‘donne del Sud devono aderire di più a screening’
“Vorrei ricordare come in Italia, da tanti anni, lo screening per il tumore al seno rappresenta uno di quelli offerti gratuitamente dal Sistema sanitario nazionale, con un'adesione che, purtroppo, è molto variabile da regione a regione. È importante far capire alle donne, quando arriva la richiesta, quanto è importante aderire. È un peccato che non ci sia una adesione ancora maggiore agli screening. Le donne del Sud devono aderire agli screening come avviene, in maggior misura, al Centro e al Nord”. Cosi il ministro della Salute Orazio Schillaci, a margine dell’inaugurazione del Villaggio della Salute della Race for the Cure questa mattina al Circo Massimo, a Roma.
"Ci sono regioni più o meno performanti - ha rimarcato il ministro - Dobbiamo lavorare per non lasciare indietro nessuno”.
Salute e Benessere
Covid, scoperto il segreto delle forme letali: così mette...
Si chiama ferroptosi la forma di morte cellulare indotta dal virus. Lo studio Usa: "Bersaglio per nuove cure"
Nei casi più gravi di Covid i polmoni subiscono danni estremi. In questi pazienti il virus provoca effetti potenzialmente mortali come polmonite, infiammazione estesa, sindrome da distress respiratorio acuto. Il meccanismo all'origine restava poco chiaro: una lacuna nelle conoscenze su Sars-CoV-2, colmata ora da uno studio della Columbia University pubblicato su 'Nature Communications'. I ricercatori hanno scoperto che dietro l'attacco letale del coronavirus pandemico a livello polmonare c'è la ferroptosi, una forma di morte cellulare che potrà diventare un bersaglio per nuove cure salvavita. "Contrastare la ferroptosi con candidati farmaci mirati - suggeriscono gli scienziati - potrebbe migliorare gli esiti dell'infezione" Covid più severa.
La ferroptosi è stata descritta per la prima volta nel 2012 da Brent Stockwell, che è anche uno degli autori principali del nuovo lavoro. Si tratta di "una tipologia insolita di morte cellulare", mediata dal ferro, "in cui le cellule muoiono perché i loro strati esterni di grasso collassano", spiegano i ricercatori. La ferroptosi "si differenzia dalla forma più comune di morte cellulare, che si verifica sia in contesti patologici sia in processi normali come l'invecchiamento e coinvolge le cellule" stesse, "che sminuzzano le molecole al loro interno" e in pratica si suicidano. La ferroptosi in alcuni casi "è strumentale ai normali processi corporei", ma in altri "può attaccare e uccidere cellule sane". Accade ad esempio "in pazienti con malattie neurodegenerative come il morbo di Parkinson, l'Alzheimer e la Sla".
Questo meccanismo, illustrano ancora gli scienziati, può essere sfruttato in due modi. Da un lato, "indurre intenzionalmente la ferroptosi potrebbe contrastare patologie come il cancro" che, come noto, è associato a una pericolosa proliferazione cellulare incontrollata. D'altro canto, "la capacità di inibire la ferroptosi potrebbe offrire ai medici nuovi modi per combattere la morte cellulare quando non dovrebbe verificarsi, come nel caso della malattia polmonare Covid-19". Il nuovo lavoro "aggiunge informazioni cruciali alla nostra comprensione di come Covid colpisce l'organismo e migliorerà significativamente la nostra capacità di combattere le forme potenzialmente letali della patologia", afferma Stockwell. "Speriamo - auspica l'autore - che queste importanti scoperte possano migliorare la nostra capacità di affrontare questa malattia perniciosa che, in troppi casi, uccide ancora".
Salute e Benessere
Aviaria, virus uccide le foche in Canada: studio allarma...
I mammiferi marini potrebbero fungere da serbatoi aumentando il rischio di mutazioni e adattamento all'uomo
"Un'insolita mortalità" tra le foche grigie e le foche comuni del più grande estuario al mondo, quello del fiume San Lorenzo nel Quebec, in Canada, è stato descritto da ricercatori dei Cdc americani sulla rivista 'Emerging Infectious Diseases'. L'evento risale al 2022 e le analisi hanno dimostrato che per 15 esemplari sottoposti ad autopsia la causa di morte è stata un'infezione da virus aviario H5N1 ad alta patogenicità (Hpai H5N1), quello che sta destando allarme nel mondo per l'epidemia che ha colpito i bovini da latte in diversi stati Usa. Il suo Rna è stato rilevato anche in 6 carcasse di foca sottoposte a tampone. Il virus è stato isolato con successo in 16 casi sui 21 totali, e in 11 di questi 16 sono stati evidenziati segnali di riassortimento genetico tra lignaggi euroasiatici e nordamericani.
"L'infezione di specie di mammiferi come le foche da parte del virus Hpai H5N1 solleva preoccupazione per le recenti mutazioni che rendono possibile l'ingresso e la replicazione del virus" aviario "all'interno delle cellule dei mammiferi", avvertono gli autori dello studio. "Dal punto di vista della salute umana - sottolineano - questi cambiamenti nella gamma" dei possibili "ospiti virali giustificano una vigilanza continua per individuare un'epidemia potenzialmente mortale prima della sua comparsa. I mammiferi marini, come foche o altri pinnipedi - è il timore degli scienziati - potrebbero fungere da serbatoi per questo virus", un'eventualità che "potrebbe contribuire ad aumentare il rischio di mutazioni e riassortimento virale, favorendo l'infezione di nuovi mammiferi ospiti" fino ad arrivare più stabilmente all'uomo.
"Pertanto - concludono i ricercatori - il monitoraggio della presenza e delle caratteristiche molecolari del virus Hpai H5N1 nelle popolazioni di mammiferi marini selvatici è essenziale", anche come valutazione del "rischio per la salute pubblica associato a questa dinamica emergente patogeno-ospite".
Salute e Benessere
“Un’alleanza pubblico-privato può salvare...
La 'ricetta' del virologo direttore d'ospedale e voce del Terzo settore: "Se il 30% della popolazione assorbe il 70% delle risorse è perché sul territorio c'è un deserto da ripopolare", dove "anche le Rsa possono diventare 'centrali di servizi'. Basta ideologie, per il servizio che può dare il privato è pubblico"
"Oggi c'è un 30% della popolazione italiana, fatto di anziani e di fragili, che da solo assorbe il 70% delle risorse a disposizione per la sanità. E spesso non ottiene nemmeno un buon servizio", perché nella 'terra di mezzo' tra il medico di famiglia e l'ospedale trova un buco nero. Per Fabrizio Pregliasco il male che sta uccidendo il Servizio sanitario nazionale è proprio questo. I pronto soccorso che soffocano, le liste d'attesa che rubano a milioni di malati il diritto costituzionale alla salute, la fuga dei medici, l'esasperazione degli infermieri sono tutti sintomi di questo male, effetti collaterali prodotti dal "deserto dei servizi intermedi". Ripopolarlo si può e si deve, sostiene, stringendo "un'alleanza virtuosa fra pubblico e privato. Soltanto insieme possiamo farcela".
Pregliasco non è solo il medico che dà i numeri dell'influenza, virologo tra i più presenti sui media prima, durante e dopo la pandemia di Covid. A Milano è direttore della Scuola di specializzazione in Igiene e Medicina preventiva dell'università Statale e direttore sanitario dell'Irccs ospedale Galeazzi-Sant'Ambrogio. E' stato presidente Anpas (Associazione nazionale pubbliche assistenze), direttore sanitario della Fondazione Sacra Famiglia Onlus di Cesano Boscone, alle porte del capoluogo lombardo, e consulente del Pio Alberto Trivulzio. La 'Baggina' dei milanesi travolta dallo tsunami coronavirus. E' in tutte queste vesti, più che in quella di 'virostar', che consegna all'Adnkronos Salute le sue riflessioni sulle difficoltà di un Ssn in allarme rosso. A detta di molti, in pericolo di vita.
"C'è sicuramente un'esigenza importante di incremento della spesa sanitaria e degli organici - premette - c'è la necessità di ridurre le liste d'attesa agendo soprattutto sulla leva dell'appropriatezza prescrittiva", perché "l'aumento degli slot - avverte - in sé e per sé sarebbe un pannicello caldo. C'è sì da arginare la fuga dei camici, da combattere la piaga intollerabile delle violenze in corsia", però molto del lavoro da fare, la gran parte, secondo l'esperto passa da "un'inderogabile rivoluzione sul fronte dei servizi ai malati cronici, ai pazienti anziani e soli, quelli che non possono contare su una rete familiare, su caregiver o volontari che li assistono". Pregliasco fa "l'esempio paradigmatico del diabetico: se la sua condizione non è controllata, se non viene preso in carico sul territorio, finisce che quando sta male va al pronto soccorso, viene ricoverato in ospedale e quando poi esce si ritrova daccapo", risucchiato in "un circolo vizioso che non gli restituisce qualità di vita e che costa caro a lui e al sistema".
Cosa fare, dunque? "Bisogna porre fine al dualismo che vede da un lato il medico di famiglia, oberato e carico di assistiti - osserva l'esperto - e dall'altro il pronto soccorso soffocato da richieste che in più di un terzo dei casi sono improprie. Certe volte succede perché il paziente trova che rivolgersi all'ospedale sia soluzione più facile, ma altre volte accade perché il malato non ha alternative, perché tra medico di base e ospedale non trova nulla. Servono dei servizi intermedi per superare questo gap".
"Il problema della medicina difensiva, quella che alimenta le prescrizioni inappropriate e che può contribuire agli accessi impropri in pronto soccorso", per Pregliasco è legato anche al fatto che "oggi il medico si ritrova troppo spesso solo e da solo non ce la fa. Se diventa parte di un sistema invece sì". Vale per i dottori di famiglia sul territorio, ma vale pure in ospedale per figure specialistiche che oggi vivono una profonda crisi di vocazione come "il medico d'emergenza, l'anestesista-rianimatore, il chirurgo. Se tutti si muovessero all'interno di una rete fitta di professioni cruciali di supporto - che sono gli infermieri, ma sono anche altri, dal fisioterapista al terapista occupazionale o al tecnico perfusionista, per citarne soltanto alcune - qualcosa potrebbe cambiare. Con la condivisione dei carichi e la suddivisione dei ruoli la fuga si potrebbe invertire, il lavoro di tutti ne uscirebbe valorizzato, più produttivo, efficiente e sereno".
Per questo "le Case di comunità sono realtà in cui credo molto", prosegue il medico. "Così come credo molto nelle Rsa, le residenze sanitarie assistenziali sulle quali deve esserci una rivalutazione. In pandemia sono state tanto demonizzate, invece anche questi sono luoghi dove si possono aggregare dei servizi per il territorio in un'ottica di filiera. Nelle Rsa ci sono medici, infermieri e altre professioni: basterebbe un piccolo incremento e potrebbero diventare un pilastro della sanità territoriale, 'centrali di servizi'. Alcune esperienze in questo senso ci sono state, ma andrebbero estese, messe a sistema". E visto che "nell'assistenza residenziale il privato, soprattutto quello Ets" degli enti del Terzo settore, "pesa per oltre l'80%", è qui che si inserisce "la partnership pubblico-privato" auspicata da Pregliasco. "Con la regia del pubblico", è convinto lo specialista, questa alleanza potrebbe fare la differenza per le sorti del Ssn.
L'esperto evidenzia alcune cifre: "Nel 2022 l'assistenza ospedaliera in Italia era fatta da 996 istituti di cura di vario genere, di cui il 51,3% pubblici e il 48,7% privati accreditati. Nell'assistenza territoriale residenziale, cioè la Rsa, i privati, in maggioranza Ets, sono l'84%; sono il 71,3% nell'assistenza semiresidenziale (centri diurni) e il 78% in quella riabilitativa".
Significa che "già oggi nel nostro Paese una grande parte dell'assistenza socio-sanitaria viene garantita dai due tipi di privato" su cui Pregliasco vorrebbe fosse fondata la partnership di cui parla: "Privato Ets no-profit e privato accreditato. Viene spesso criminalizzato, invece il privato può offrire efficienza e flessibilità nella modulazione della risposta ai bisogni dei cittadini. Un privato che ovviamente non deve essere lasciato solo - puntualizza - non va lasciato a sé, bensì messo nelle condizioni di erogare servizi di qualità coordinati all'interno di un disegno organico a regia pubblica", ripete il medico.
"Mi fa davvero specie quando il privato, ideologicamente, lo si vuole cancellare. E' una realtà fatta di strutture e di persone. Ci sono state negatività e debordi? Vero, ma è un problema politico. Per il servizio che svolge e che potrebbe svolgere ancora meglio, per la potenzialità che ha di ridurre la pressione che schiaccia l'Ssn - chiosa Pregliasco l'accademico, direttore di ospedale e voce dell'universo Ets - il privato è pubblico".