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“O gli ostaggi o la guerra”, l’aut aut...

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“O gli ostaggi o la guerra”, l’aut aut dei familiari a Netanyahu

Pubblicato oggi il video di altri due rapiti del 7 ottobre scorso

Ostaggi israeliani (Afp)

''Lo Stato di Israele deve scegliere: o gli ostaggi o la guerra''. E' l'ultimatum dei familiari degli israeliani, rapiti durante l'assalto di Hamas dello scorso 7 ottobre, dopo la diffusione del video in cui si vedono gli ostaggi Omri Miran e Kith Segal, ancora in vita. Nei giorni scorsi era stato pubblicato, come prova in vita, il filmato di un altro ostaggio, Hersh Goldberg-Polin, 23enne con doppia cittadinanza israeliana e americana. ''Entrare a Rafah porterà con sé altri ostaggi assassinati in cattività o la loro morte in guerra. Entrare a Rafah sarà un altro modo per far morire i rapiti. Israele deve scegliere di riavere gli ostaggi'', si legge nella nota diffusa dalle famiglie ai media.

Le famiglie chiedono inoltre al ministro del Gabinetto di Guerra Benny Gantz e all'osservatore Gadi Eisenkot di lavorare per sostituire il primo ministro Benjamin Netanyahu.

Il video con i due ostaggi

"Qui la situazione non è piacevole, è difficile, ci sono molti bombardamenti. A volte abbiamo la sensazione che stia peggiorando. Chiedo al primo ministro e all'intero governo di partecipare ai negoziati". E' quanto afferma Keith Siegel, ostaggio 64enne con doppia cittadinanza israeliana e americana, che appare, insieme al 46enne Omri Miran, nel video pubblicato oggi da Hamas. Siegel, poi, chiede ai familiari degli ostaggi di "fare tutto il possibile e continuare con le proteste" per portare a un accordo. "Ho visto varie volte le manifestazioni a Tel Aviv e Gerusalemme", ha aggiunto nel filmato, in cui non compare una data, ma c'è un riferimento alla Pasqua ebraica, la festività di Pesach che si sta celebrando tra il 22 e il 29 aprile. Gli ostaggi sottolineano inoltre di essere prigionieri da 202 giorni.

Hamas: "Poche chance che proposta Israele venga accolta"

Ci sono scarse possibilità che l'ultima proposta di Israele per un accordo sugli ostaggi venga accettata da Hamas ''senza emendamenti sostanziali''. Lo ha dichiarato un alto funzionario di Hamas a condizione di anonimato al quotidiano libanese al-Mayadeen vicino a Hezbollah. ''La proposta che è stata presentata dagli israeliani non riflette un cambiamento fondamentale nella loro posizione. Non fornisce risposte chiare alla questione del ritiro da Gaza e di un cessate il fuoco totale'', afferma il funzionario senza fornire dettagli sulla proposta.

Wsj: "Per Israele non c'è alternativa all'escalation"

''Non c'è alternativa all'escalation'' in Medioriente, ''non c'è altra via d'uscita''. Lo ha dichiarato un funzionario israeliano al Wall Street Journal sottolineando che ''Israele non può fermarsi adesso, se lo facesse sarebbe pericoloso per se stesso e per l'intera regione''. L'analisi arriva da Israele lo stesso giorno in cui il vice Segretario generale di Hezbollah, Naim Qassem, ha parlato di ''una guerra su vasta scala'' per mettere fine alla presenza degli israeliani al confine con il Libano.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Esteri

“Francia ha mandato soldati in Ucraina”, come...

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Un articolo, un post, una valanga di condivisioni e la menzogna vola

La smentita del ministero degli Esteri francese

L'Ue non manderà soldati in Ucraina per la guerra contro la Russia, "qualunque cosa dica" il presidente francese Emmanuel Macron. Le parole dell'Alto Rappresentante dell'Unione Europea per la Politica Estera, Josep Borrell, non lasciano spazio ai dubbi. L'Europa non entrerà nel conflitto. Eppure, dopo le recenti dichiarazioni di Macron, che ha ipotizzato l'invio di truppe in caso di cedimento del fronte ucraino, negli ultimi giorni - tra le varie fake news - è spuntata l'indiscrezione secondo cui la Francia avrebbe già inviato reparti della Legione straniera in Ucraina.

I social, in questo caso, hanno fatto da amplificatore come spesso accade. Il magazine Newsweek ha acceso i riflettori sulla vicenda, evidenziando in particolare il post pubblicato su X dall'emittente Nexta Tv. "La Francia ha segretamente inviato i suoi soldati in Ucraina", ha scritto l'emittente riportando le parole che Stephen Bryen, ex funzionario del Pentagono, ha inserito in un articolo per Asian Time. Il post, manco a dirlo, ha preso il volo con centinaia di migliaia di visualizzazioni in un paio di giorni.

Bryen, in particolare, "sostiene che unità del terzo reggimento della fanteria francese, una delle principali unità della Legione Straniera, è stato inviato a Slovyansk per offrire supporto alla 54esima brigata delle forze armate ucraine. Questo gruppo comprende circa 100 uomini per artiglieria e osservazione. Secondo Bryen, dovrebbero arrivare circa 1500 uomini". A corredo del post, anche uno screenshot dell'articolo con il titolo perentorio: "La Francia manda truppe da combattimento al fronte in Ucraina". A sostegno delle affermazioni, nessun elemento. Niente prove.

Stephen Bryen è un ex direttore dello staff della Sottocommissione Vicino Oriente sotto l'egida della Commissioni relazioni straniere del Senato americano. Da un blog riconducibile a Bryen, spiega Newsweek, il funzionario ha acquisito informazioni da Sputnik, media russo 'megafono' del Cremlino, e da un canale Telegram russo, Military Chronicle.

Cosa è successo? Sputnik ha eliminato il suo post e il canale Telegram si è blindato, vincolando l'accesso ad una autorizzazione che va richiesta e che non sempre viene concessa. "Non sono stato accurato e le mie fonti erano sospette - le parole di Bryen nel blog -. Alcuni le definiscono false ma per me non lo sono". Alla fine, è dovuto intervenire ufficialmente il ministero degli Esteri francese con un post su X: "Allerta fake news. Campagne di disinformazione sul sostegno della Francia all'Ucraina sono più attive che mai. La Francia non ha inviato soldati in Ucraina". Messaggio perentorio, visto però da appena 60mila utenti.

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Esteri

Israele, Rafah nel mirino anche senza armi Usa. Netanyahu:...

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Il premier israeliano: "Resteremo soli ma combatteremo con le unghie e con i denti"

Benjamin Netanyahu

"Facciamo da soli". Israele non si ferma, l'operazione militare a Gaza è destinata a proseguire e Rafah rimane nel mirino, anche se gli Stati Uniti non invieranno più armi. ''Se dobbiamo restare soli, resteremo soli'', ma ''combatteremo con le unghie e con i denti'' perché ''siamo determinati e siamo uniti per sconfiggere i nostri nemici e coloro che vogliono farci del male'', ha detto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu nel videomessaggio diffuso su 'X' in vista del Giorno dell'Indipendenza che si celebra il 14 maggio, ''75 anni fa. Eravamo pochi contro molti''. Mentre ''oggi siamo molto più forti'', ha proseguito il premier israeliano.

La posizione assunta dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, non sembra condizionare i programmi di Israele. Il presidente americano ha affermato che Washington non invierà più armi a Israele se l'operazione a Rafah, dove sono rifugiati circa 1,5 milioni di palestinesi, avesse luogo. Le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno ''armi a sufficienza per le missioni pianificate, anche per Rafah'', ha spiegato portavoce delle Idf, Daniel Hagari . ''Le Idf dispongono di armi per le missioni che stanno pianificando, e anche per le missioni a Rafah. Abbiamo ciò di cui abbiamo bisogno'', ha detto.

Hagari ha quindi sottolineato che ''gli Stati Uniti hanno finora fornito assistenza in materia di sicurezza allo Stato di Israele e alle Idf durante la guerra in un modo senza precedenti''. Inoltre, il capo di stato maggiore delle Idf, il generale Herzi Halevi, parla ogni giorno con il capo del Centcom Usa, il generale Michael Erik Kurilla. ''Anche quando ci sono disaccordi tra noi, li risolviamo a porte chiuse'', ha detto Hagari.

Negoziati Israele-Hamas, ennesima fumata nera

L'operazione a Rafah appare più vicina dopo l'ennesima fumata nera nell'ultimo round di colloqui al Cairo. Funzionari israeliani, citati da Canale 12, hanno fatto riferimento a "differenze inconciliabili" con Hamas, mentre le rispettive delegazioni hanno lasciato la capitale egiziana ed anche il direttore della Cia, William Burns, rientra negli Stati Uniti.

Israele chiede di escludere Rafah da un eventuale accordo, secondo quanto ha riportato l'emittente Nbc, citando quattro funzionari americani ed un ex al corrente dei colloqui. Secondo le fonti, il governo Netanyahu si rifiuta di accettare un'intesa a meno che non possa andare avanti con le operazioni militari a Rafah, anche nel caso di tregua.

Pressing della Casa Bianca

La Casa Bianca, intanto, continua il pressing su Netanyahu. "Distruggere Rafah non porterà a raggiungere l'obiettivo di Washington e Tel Aviv di sconfiggere Hamas a Gaza'', ha detto dichiarato John Kirby, portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, spiegando che gli Stati Uniti hanno proposto a Israele ''metodi diversi per fare pressione su Hamas''. Ovvero, ''esistono modi migliori per sconfiggere ciò che resta di Hamas a Rafah rispetto a una grande operazione di terra''.

Il presidente Biden e il suo team "sono stati chiari per diverse settimane sul fatto che non supportiamo un'importante operazione di terra a Rafah, dove più di un milione di persone si stanno rifugiando senza un posto sicuro dove andare'', ha aggiunto Kirby, evidenziando la necessità di fornire aiuto alla popolazione. "Vogliamo che tutta l'assistenza umanitaria continui a passare attraverso il valico di Rafah e tutti gli altri valichi il più presto possibile", ha detto ancora. Gli Stati Uniti, ha spiegato, hanno chiesto agli israeliani di riaprire il valico e loro hanno accettato, ma senza fornire una tempistica.

Da due giorni nessuno aiuto è entrato dai valichi con il sud della Striscia di Gaza, come ha detto il direttore per la Palestina di World Food Programme (Wfp), Matthew Hollingworth, spiegando che ''il nostro magazzino principale non è accessibile. Nessun aiuto è entrato attraverso i valichi meridionali in due giorni''. Con un post su 'X', Hollingworth ha spiegato che ''solo un panificio funziona ancora. Le forniture di cibo e carburante a Gaza dureranno solo 1-3 giorni. Dopo di che, le nostre operazioni si fermeranno''.

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Cronaca

Meteo Italia, prossima settimana tra maltempo e caldo...

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Il Paese rischia di ritrovarsi letteralmente diviso in due

Una giornata di pioggia

Un weekend quasi estivo ma poi dalla prossima settimana torna la pioggia e il maltempo domina il meteo su una parte dell'Italia. Dopo il fine settimana, una parte d'Italia farà i conti con un pericoloso ciclone di maltempo, l'altra invece si troverà catapultata in una fase climatica tipica dell'estate, con caldo notevole. Il paese rischia dunque di ritrovarsi letteralmente diviso in due: il Nord vivrebbe l’ennesima forte ondata di maltempo, che in questo caso trarrà energia da aria molto calda sub-tropicale, mentre il Sud vivrebbe giornate da piena estate.

Cosa succede, previsioni

Tutta colpa delle particolari configurazioni sinottiche che andranno a disegnarsi a livello emisferico chiamate in termine tecnico "scambi meridiani": l'aria fredda scende verso le medie latitudini dal Nord Europa/Atlantico, raffreddandole, mentre l'aria calda subtropicale africana sale verso il continente. Secondo gli ultimi aggiornamenti dei modelli meteorologici (ECMWF) già in avvio di settimana una profonda depressione sospinta da correnti atlantiche attraverserà rapidamente il Centro-Nord Europa per tuffarsi poi nel bacino del Mediterraneo direttamente dalla Porta del Rodano fa sapere iLMeteo.it.

Come capita spesso con questo genere di configurazione, l'ingresso delle correnti fredde sui nostri mari favorirà la formazione di un ciclone che provocherà forti piogge e temporali sulle regioni del Nord in particolare durante le giornate di martedì 14 e mercoledì 15 maggio. A causa dell'ingresso irruento dell'aria fredda in quota non escludiamo pure il rischio di locali grandinate, visti i forti contrasti che si verranno a creare proprio sul nostro Paese.

Caldo al sud e temperature da piena estate

Non solo maltempo, a causa della rotazione antioraria delle correnti attorno al minimo depressionario, si attende la contemporanea risalita di una massa d'aria molto calda di origine sub-tropicale, direttamente dal deserto del Sahara, che in seno all'anticiclone africano si espanderà su tutte le nostre regioni Centro meridionali. Su questi settori sono previste temperature di gran lunga superiori alle medie del periodo con punte massime fin verso i 30/35°C su Sardegna, Sicilia e Calabria.

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