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Sono 251mila le persone in Italia con una diagnosi di celiachia, il 70% donne. Nel 2022 sono state registrate 10.210 nuove diagnosi di celiachia. Un dato in crescita rispetto al 2021 (8.582) e al 2020 (7.729) ma ancora minore rispetto al 2019 (11.179). E' la fotografia scattata dalla Relazione al Parlamento (anno 2022) del ministero della Salute. "Dei 251.939 soggetti celiaci il 2% (5.401) ha un’età compresa tra 6 mesi e 5 anni, il 4% (11.066) rientra tra 6 e 9 anni, il 7% (16.463) ha tra i 10 e i 13 anni, l’8% (20.380) ha tra i 14 e i 17 anni, il 67% (168.776) ha tra i 18 e i 59 anni e il restante 12 % (29.853) ha più di 60 anni di età", precisa la Relazione. La spesa per l’erogazione degli alimenti senza glutine in esenzione nel 2022 ha toccato 237,6 mln di euro pari a 943 euro pro capite.
"In Italia sono oltre 250mila le persone che, a causa della malattia celiaca, sono costrette ad osservare quotidianamente una rigorosa dieta priva di glutine. Nella nostra Nazione la dieta del celiaco è in quota parte finanziata dal Servizio Sanitario Nazionale per l’erogazione gratuita dei prodotti senza glutine. La celiachia in Italia è riconosciuta anche come malattia sociale poiché condiziona il normale inserimento nella vita di gruppo tanto da comprometterne alle volte l’osservanza della dieta. Per prevenire il più possibile situazioni di disagio e agevolare l’accesso sicuro ai servizi di ristorazione collettiva è previsto un ulteriore contributo annuale che le Regioni possono investire per implementare iniziative di formazione per gli operatori del settore alimentare e per consentire l’adeguamento delle mense annesse alle strutture pubbliche". Così il ministro della Salute Orazio Schillaci nel contributo scritto alla Relazione annuale sulla celiachia (anno 2022) al Parlamento.
"Per la celiachia ad oggi non esiste una cura ma le complicanze di una diagnosi tardiva restano importanti - ha ricordato il ministro - per cui nel 2023 il Parlamento italiano ha deciso di investire sulla prevenzione sviluppando un programma di screening nazionale per la popolazione pediatrica. Il presente documento è la sintesi di un anno di prezioso e faticoso lavoro svolto da chi costantemente si batte per la salvaguardia del bene più prezioso: la salute".

Salute e Benessere
Giornata raccolta farmaci, Consulcesi in prima linea a Roma...

Volontari della Fondazione e dipendenti del Gruppo presenti nelle farmacie aderenti all'iniziativa per invitare i cittadini a donare farmaci da banco destinati a enti assistenziali del territorio

Ogni confezione di farmaci donata rappresenta una speranza concreta per chi vive in condizioni di fragilità. Nell'edizione del 2024, la Giornata di Raccolta del Farmaco ha permesso di raccogliere oltre 600.000 confezioni, per un valore superiore a 5 milioni di euro, offrendo sollievo a 430.000 persone in difficoltà e supportando 2.012 enti assistenziali. Quest'anno, dal 4 all'8 febbraio 2025, Fondazione Consulcesi rinnova il suo impegno partecipando attivamente alla Grf promossa dal Banco Farmaceutico. I volontari della Fondazione, insieme ai dipendenti del Gruppo Consulcesi, sono presenti nelle farmacie aderenti di Roma e Milano per invitare i cittadini a donare farmaci da banco destinati agli enti assistenziali del territorio.
Ogni anno, migliaia di persone in Italia rinunciano a cure essenziali perché non possono permettersi farmaci di uso quotidiano. Tra i più richiesti ci sono farmaci per malattie comuni, come antinfiammatori, antipiretici e decongestionanti nasali, ma anche presidi specifici per la cura di ferite, disturbi gastrointestinali o patologie croniche. Da qui l'invito di Fondazione Consulcesi rivolto ai cittadini a donare alcuni dei farmaci più richiesti da enti assistenziali e unità mobili impegnate nell'assistenza sanitaria ai più fragili. "In particolare – spiega Alessandro Falcione, Coordinatore dell’Unità Mobile 'Salute ed Inclusione' della Fondazione Consulcesi in collaborazione con Fimmg Lazio – abbiamo necessità di antidolorifici e antinfiammatori, assolutamente i più utili e richiesti. Questi farmaci sono fondamentali per affrontare le numerose problematiche croniche dolorose con cui si convivono la stragrande maggioranza dei nostri utenti".
I farmaci raccolti - riporta una nota - saranno distribuiti alle persone in difficoltà che usufruiscono dei servizi socio-sanitari offerti dall'Unità Mobile della Fondazione Consulcesi e da altri enti del territorio. L'Unità Mobile rappresenta un progetto chiave della Fondazione: solo nel 2024, questa struttura itinerante ha fornito assistenza sanitaria a oltre 3.500 persone senza fissa dimora o in condizioni di estrema vulnerabilità, realizzando più di 8.000 interventi, tra cui vaccinazioni, visite mediche e distribuzione di farmaci essenziali. Recentemente, l’Unità Mobile, in collaborazione con la Fimmg Lazio, è stata protagonista di una campagna vaccinale antinfluenzale, raggiungendo decine di persone senza fissa dimora, dimostrando quanto sia cruciale portare cure direttamente a chi non ha accesso ai servizi sanitari tradizionali.
"La lista di farmaci donati non è solo un elenco, ma un simbolo delle piccole grandi necessità che possiamo aiutare a soddisfare – commenta Simone Colombati, presidente della Fondazione Consulcesi. – Ogni farmaco rappresenta una possibilità di migliorare la vita di chi è più fragile. La salute è un diritto, non un privilegio". Attraverso iniziative come la Grf e "il lavoro sul campo dell’Unità Mobile, vogliamo garantire cure e dignità a chi vive ai margini della società. Ogni confezione donata può davvero fare la differenza. Aspettiamo tutti nelle farmacie aderenti per trasformare insieme un piccolo gesto in una grande opportunità di solidarietà" conclude.
Salute e Benessere
Studio su pescatori laguna Marano, ‘mercurio sotto...


I pescatori della laguna di Marano e Grado hanno concentrazioni di mercurio più alte se confrontate con quelle di un agricoltore delle Dolomiti e lievemente sopra il limite raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità, ma dentro la soglia sotto cui non sono stati osservati finora effetti avversi sulla salute umana. Sono i risultati principali di uno studio appena pubblicato sulla rivista scientifica 'Science of the Total Environment', resi noti dall'Asugi (Azienda sanitaria universitaria Giuliano Isontina), secondo cui "la situazione attuale si può considerare di relativo equilibrio e non controindica il consumo di pesce della laguna, anche perché il pesce veicola pure il selenio, elemento chimico con azione antagonista al mercurio. Tuttavia, è raccomandabile che donne in gravidanza e bambini in fase di crescita limitino il consumo di pesce fresco a non più di un pasto a settimana".
L'indagine condotta da Luca Cegolon (Igiene e Medicina Preventiva dell'Asugi) in collaborazione con Giuseppe Mastrangelo (Università di Padova), il gruppo di ricerca MercuRILab dell'università di Trieste (diretto da Stefano Covelli) e la Uco di Medicina del Lavoro di Asugi (diretta da Francesca Larese Filon), ha rilevato i livelli di mercurio nei capelli di pescatori e lavoratori dell'indotto della pesca di Marano Lagunare, piccolo centro costiero che si affaccia sulla rispettiva laguna. La laguna di Marano e Grado era stata individuata come Sito di interesse nazionale (Sin) a causa di una contaminazione storica plurisecolare da mercurio sotto forma di cinabro riversato dal fiume Isonzo - drenante il distretto minerario di Idria in Slovenia (secondo deposito naturale più grande al mondo dopo Almaden in Spagna) e in forma inorganica da scarichi industriali incontrollati. Più recentemente la denominazione Sin di Laguna di Grado e Marano è stata modificata in 'Caffaro di Torviscosa' a seguito anche di una riperimetrazione.
Nel settore orientale della laguna, in corrispondenza della foce del fiume Isonzo, studi precedenti avevano rilevato concentrazioni di mercurio nei sedimenti fino a 11 mg/kg, che si riducevano progressivamente a 5 mg/kg nel settore centrale e 0.7 mg/kg nel settore occidentale della stessa. L'indagine dell'università di Trieste, condotta nei primi mesi del 2024 a Marano Lagunare, ha confrontato la concentrazione di mercurio nei capelli di 73 pescatori (32 di mare aperto, 30 di laguna e 11 misti) e 83 residenti locali lavoratori dell'indotto della pesca con 93 residenti del Bellunese (prevalentemente agricoltori o malgari).
L'indagine si è concentrata su pescatori e lavoratori della pesca - spiegano gli esperti - perché, secondo la letteratura, hanno inevitabilmente maggiore accesso e disponibilità al consumo di pesce rispetto alla popolazione generale. Residenti di un'area montuosa sono stati scelti come categoria di confronto per il motivo opposto, essendoci meno disponibilità di pesce in montagna (dove tra l'altro costa anche di più) e la cucina locale è prevalentemente basata su cibi a base di carne.
Il livello mediano di mercurio rilevato nei pescatori (2.56 mg/kg) e nei lavoratori dell'indotto della pesca (2.31 mg/kg) era significativamente superiore a quello degli agricoltori delle Dolomiti (0.58 mg/kg) e aumentava col consumo di pesce locale, in particolare quello fresco, ed in categorie come pescatori, venditori ittici o ristoratori. Sebbene questi valori di concentrazione di mercurio nei capelli rilevati nei pescatori e nei lavoratori della pesca di Marano siano leggermente superiori al limite (2 mg/kg) raccomandato dall'Oms per la popolazione, confermano gli autori dell'indagine, tali concentrazioni "sono ancora ben inferiori a 11.5 mg/kg", limite sotto cui non sono stati osservati finora effetti avversi sulla salute umana.
Si tratta, conclude Asugi, "della prima indagine che quantifica e documenta l'esposizione al mercurio tramite consumo di pesce locale in categorie a maggior rischio fra i residenti costieri della laguna di Marano e Grado, una delle più grandi lagune in Europa. Lo studio informa anche sul livello di esposizione a mercurio nella popolazione generale di una area a basso rischio quale le Dolomiti. Viene quindi fornita una risposta ai legittimi dubbi, diffusi a livello di popolazione generale, circa l'impatto della contaminazione ambientale da mercurio nella laguna di Marano e Grado, rilevando un'esposizione relativamente limitata nell'uomo".
Salute e Benessere
Medico di famiglia “digitale” e aiutato...

Longo (rapporto Oasi, Cergas Bocconi): "In un quadro di carenze crescenti di camici bianchi e di spopolamento degli studi in aree isolate e periferiche va ripensato il concetto di prossimità. Oggi i dottori del territorio lavorano tantissimo e il 70% dei contatti è da remoto"

Non si spengono i riflettori sui medici di famiglia. Lo stesso ministro della Salute, Orazio Schillaci, ne ha parlato a margine di un evento a Roma, evidenziando che si deve "migliorare il Ssn con delle riforme", che "bisogna avere il coraggio di cambiare alcune cose". E rispetto alla volontà di alcuni presidenti di Regione di far entrare i medici di famiglia nel Ssn come dipendenti si stanno "aspettando le proposte delle Regioni". Il dibattito è aperto, ma il punto di partenza per gli esperti deve essere uno: come è cambiato in questi anni il medico di famiglia e cosa potrà diventare nel futuro? Prova a raccontarlo all'Adnkronos Salute Francesco Longo, responsabile scientifico del Rapporto Oasi, Cergas SDA Bocconi. Con una premessa: "Dobbiamo ripensare a che cos'è la prossimità nella contemporaneità". Perché, avverte, la vicinanza al paziente non è solo questione di geografia.
I medici di famiglia oggi, spiega Longo, "lavorano tantissimo, lo abbiamo visto con il nostro Osservatorio: gestiscono in media 50 persone (accessi) al giorno. Alcuni arrivano anche a 70-80. Ciò è legato largamente al fatto che il 40% della popolazione italiana è fatta di cronici", quindi su 1.500 assistiti un medico di medicina generale (Mmg) ne avrà intorno a 600. "E il paziente cronico ha frequentemente bisogno di farsi valutare l'esito degli accertamenti diagnostici, di avere consigli in generale e prescrizioni, visite, farmaci. Quindi il motivo per questa crescita strutturale degli accessi è che adesso il 25% degli italiani sono anziani e il 40% cronici". Ma oltre a lavorare molto i medici di famiglia "lavorano prevalentemente da remoto perché sono i pazienti che si rivolgono loro prevalentemente da remoto. Lo vediamo in tre contesti geografici molto diversi tra loro, cioè la provincia di Lecco, la provincia di Forlì e Scampia (Napoli): 16mila gli accessi osservati, il 70% sono da remoto", indipendentemente dall'età del medico e dei pazienti ("anche gli anziani si rivolgono al medico così").
E' un accesso a distanza multicanale: via telefono, app, WhatsApp, e-mail. Questo cosa implica? "Intanto, che il lavoro da remoto va organizzato a questi volumi - osserva Longo - Abbiamo scoperto che i medici di medicina generale più generosi hanno scelto strumenti di risposta sincroni, come ad esempio WhatsApp, salvo non riuscire a smaltire questa pressione di contatti. Contatti che possono continuare anche il sabato sera o quando si è in famiglia o con amici, con rischio burnout. Quindi tutti i canali devono confluire in un unico contenitore digitale e poi bisogna privilegiare modalità e strumenti asincroni".
Ma i contatti da remoto bastano a vicariare la capillarità della presenza sul territorio, che sta venendo un po' meno con la crescente carenza di camici bianchi e lo spopolamento degli studi in aree isolate e periferiche? Per Longo va capito il fenomeno: "Oggi c'è da un lato una indisponibilità progressiva dei professionisti a vivere fuori da contesti cittadini, se non addirittura metropolitani". E poi c'è un fattore legato alla trasformazione della società: "Oggi è possibile che non si viva la prossimità intesa come la medicina a un passo da casa nostra. Oggi il nostro negozio più vicino è Amazon, facciamo la spesa da remoto, ordiniamo la pizza da remoto, compriamo i biglietti del treno online, parliamo con i nipoti che sono in Inghilterra o in giro per il mondo attraverso uno schermo. Se la sanità è l'unica cosa che rimane solo fisica, risulta paradossalmente incoerente con la nostra prassi e lontana da come noi interpretiamo cos'è un servizio".
Insomma, "l'immaginario dell'anziano che vuole andare in sala d'attesa del medico a chiacchierare credo non esista più, oggi è cambiato anche l'identikit - dice l'esperto - Molti over 65 pensionati stanno bene, viaggiano e si muovono spesso, magari vanno a trovare i figli che vivono lontani. Sono i protagonisti della 'Silver Age', e anche in questo caso il contatto con il medico lo preferiscono da remoto. Noi dobbiamo decidere se stiamo o non stiamo nella contemporaneità e parlare di fattibilità di un sistema. Se i dati ci dimostrano che i cittadini al 70% preferiscono essere serviti da remoto questa cosa va valorizzata. E attraverso il contatto da remoto possiamo anche capire quel 30% che non è disponibile a un'interazione di questo tipo cosa desidera e servirlo al meglio. I pazienti che devono essere visti di persona potremmo concentrarli, se non sono urgenti, in uno o due giorni a settimana. Il professionista che non sta stabilmente in un contesto decentrato può così raggiungerlo in giorni stabiliti. Se invece la situazione è urgente e il medico di famiglia non serve, grazie al contatto da remoto si fa intervenire chi è giusto che intervenga. Possiamo quindi ridisegnare i servizi di prossimità in modo da dare risposta a tutti nel modo migliore".
In questo cambio di paradigma però, conclude Longo, "c'è una conseguenza di policy importantissima. Questo lavoro da remoto ci permette a questo punto di introdurre un clinical decision support system, ovvero uno strumento basato sull'intelligenza artificiale che aiuta il medico a definire la diagnosi e la terapia. L'Agenas ha bandito una gara molto importante per milioni di euro che sono finanziati dal Pnrr, per mettere a disposizione un sistema di questo tipo ai medici di medicina generale. Avrebbe dei vantaggi straordinari. I pazienti otterrebbero sempre la terapia giusta, coerente con la migliore evidenza scientifica, il Ssn potrebbe uniformare i comportamenti dei professionisti, perché tutti userebbero finalmente lo stesso standard. E anche il medico avrebbe un vantaggio perché questi strumenti in automatico lo tengono aggiornato e accelerano di tantissimo il suo lavoro. Così non diventerebbe un problema gestire 1.500 assistiti. E ovviamente se questo sistema lo realizza il Ssn, allora avremo tutte le migliori garanzie, diverso è se a fornirlo è un provider esterno, sarei meno tranquillo".