Esteri
Giulio Regeni, oggi al via processo agli 007 egiziani
Nella lista dei testi anche al Sisi, Renzi, Gentiloni, Minniti e Descalzi. In aula i difensori dei quattro 007 hanno sollevato una serie eccezioni preliminari
Al via oggi 20 febbraio davanti alla Prima Corte d’Assise di Roma il processo ai quattro 007 egiziani accusati del sequestro e dell’omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore friulano rapito, torturato e ucciso in Egitto nel 2016.
Nelle liste dei testi depositate dalle parti compaiono, tra gli altri, i nomi del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, dell’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, dell’ex ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, di Marco Minniti, ex responsabile della autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, dei tre capi dei servizi segreti che si sono succeduti nel tempo, dell’allora segretario generale della Farnesina Elisabetta Belloni e dell’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi.
“Oggi è una giornata molto importante”, hanno detto Claudio e Paola Regeni, i genitori di Giulio, prima di entrare nella città giudiziaria. "Erano otto anni che aspettavamo questo momento. Finalmente speriamo che questo processo possa partire, sono state sollevate le questioni preliminari che erano già state rigettate in tutte le altre aule e quindi speriamo, dopo la decisione della Corte Costituzionale che rafforza molto la nostra posizione, di poter avere un processo contro chi ha fatto tutto il male del mondo a Giulio”, ha detto l'avvocato Alessandra Ballerini legale, insieme al collega Giacomo Satta, di Claudio e Paola Regeni al termine della prima udienza. In aula i difensori dei quattro 007 egiziani imputati hanno sollevato una serie eccezioni preliminari. I giudici scioglieranno la riserva il prossimo 18 marzo.
I quattro agenti della National Security imputati sono il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif per il reato di sequestro di persona pluriaggravato. Nei confronti di quest'ultimo i pm contestano anche il concorso in lesioni personali aggravate e il concorso in omicidio aggravato. Nel procedimento si sono costituite parti civili la famiglia Regeni e la presidenza del Consiglio dei ministri.
Al processo sì è arrivati dopo la decisione del gup Roberto Ranazzi di rinviare a giudizio i quattro egiziani accogliendo la richiesta del procuratore aggiunto Sergio Colaiocco al termine dell’udienza preliminare ripresa dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha sbloccato il processo. I quattro agenti della National Security che andranno a processo sono il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif per il reato di sequestro di persona pluriaggravato, e nei confronti di quest'ultimo i pm contestano anche il concorso in lesioni personali aggravate e il concorso in omicidio aggravato.
Le tappe della vicenda
Giulio Regeni, 28 anni, sparisce al Cairo il 25 gennaio del 2016 mentre si trova lì per svolgere una tesi di dottorato per l'Università di Cambridge sui sindacati egiziani. A dare l'allarme sono gli amici del ricercatore con un tam tam sui social e l'hashtag #whereisgiulio. Meno di una settimana dopo, il 1 febbraio 2016, il corpo di Giulio con evidenti segni di tortura, viene ritrovato abbandonato ai bordi di una strada non lontano dalla capitale egiziana. Mentre la salma del ricercatore rientra in Italia dove, nel suo paese natale, Fiumicello, si svolgono i funerali, la Procura di Roma apre un'inchiesta per far luce sulla vicenda. Ma fin da subito la collaborazione con l'Egitto appare difficile. A marzo dal Paese fanno sapere di aver individuato gli assassini di Regeni nei membri di una banda criminale rimasti uccisi in una sparatoria con la polizia e di aver trovato i documenti di Giulio a casa della sorella del capobanda. Ma la ricostruzione non convince. E' un video trasmesso dalla tv egiziana il 23 gennaio 2017 a mettere gli inquirenti sulla pista giusta. In quel filmato il capo del sindacato degli ambulanti Mohamed Abdallah afferma di aver denunciato Giulio Regeni credendolo una spia.
Ma la collaborazione con gli inquirenti egiziani è opaca e in salita. Sarà lo stesso procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, a due anni dalla scomparsa di Giulio, il 25 gennaio 2018, a denunciare gli ostacoli con la procura egiziana. Ma nel dicembre dello stesso anno la procura di Roma chiude le indagini accusando quattro 007 egiziani, ufficiali della National Security egiziana di concorso in sequestro di persona e uno di loro anche per omicidio. E' il 25 maggio del 2021 quando il gup Pierluigi Balestrieri manda a processo i quattro 007.
Il 14 ottobre 2021 si apre il processo in Corte d'Assise ma durerà pochissimo perché i giudici rinviano gli atti al Gup in quanto manca la prova che gli imputati egiziani siano certamente a conoscenza del procedimento nei loro confronti. Ma gli agenti non si trovano e l'Egitto non collabora. Nel settembre 2023 la Consulta sblocca il processo accogliendo la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma e stabilendo che si possa procedere anche in assenza degli imputati egiziani. Processo che si apre oggi.
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Usa, Urbinati (Columbia): ”La rettrice ha scatenato...
La docente di Teoria politica difende la protesta pacifica degli studenti e sostiene il dialogo senza toni aggressivi in spazi dedicati. Occorre portare avanti una trattativa che permetta il ritorno alla normalità ed eviti un grave danno di immagine per il campus, sostiene.
E' stata una ''reazione folle'' quella della rettrice della Columbia University, Nemat Shafik, di chiamare la polizia per rimuovere la manifestazione studentesca contro Israele. ''Era una protesta pacifica, fatta a suon di rap con giochi, canti e balli'', ma lei ''l'ha trasformata in un inferno''. Per fortuna, anche grazie ''a un documento di appello al dialogo che ho firmato anche io'', ora ''il clima è molto cambiato'' e si è aperto ''un tavolo di trattativa e negoziazione tra i rappresentanti degli studenti, il corpo docente, i dipendenti e l'ammnistrazione dell'università''. L'obiettivo è quello di rientrare in un ''clima di trattativa per riportare la normalità'', altrimenti ''c'è il rischio che salti il semestre'', ma ''nessuno vuole che si arrivi a tanto, sarebbe un danno di immagine incredibile, una rovina enorme''. Nadia Urbinati, che dal 1996 insegna Teoria politica alla Columbia University di New York, racconta ad Adnkronos dall'interno le contestazioni. ''Si tratta di un accampamento pacifico, gli studenti sono molto più moderati della rettrice, ma sono stati trattati da criminali e questo non è possibile'', ha aggiunto Urbinati.
Lei stessa ha avuto contatti con gli studenti, ''hanno scritto un documento bellissimo e molto moderato rivolto alla rettrice che ho firmato insieme a colleghi del mio dipartimento. Un documento in cui chiedevano di tenere in considerazione il problema della violenza che si amplifica se si chiama la polizia''. Tra i suoi studenti, racconta, ''uno che aveva fatto con me un corso sulla retorica è stato arrestato ieri per uso sconsiderato del linguaggio. Ha detto che i sionisti dovrebbero sparire dalla faccia della terra... Ma a parte questo caso nessuno mio studente è stato sospeso o arrestato''. Sottolineando che ''il 20 per cento degli studenti della Columbia arrestati sono ebrei'', Urbinati racconta anche il caso di ''uno studente ebreo israeliano che ha chiesto di non venire in classe per non attraversare il campus in quanto si sente a disagio''. La sua richiesta è stata accolta, ''un caso eccezionale risolto permettendogli di seguire le lezioni tramite Zoom''.
Urbinati racconta poi che in questi giorni hanno visitato la protesta al campus ''il rappresentante repubblicano e quello democratico. Entrambi sono stati ottusamente arroganti. L'esponente repubblicano ha proposto di chiamare guardia nazionale, il che avrebbe riportato il campus a livelli raggiunti solo nel '68''. Secondo la politologa, quindi, è stata ''la rettrice che ha radicalizzato'' la manifestazione. Shafik, spiega Urbinati, ''è alla Columbia da nove mesi e si è dimostrata molto inadeguata. Viene dal mondo delle finanza e ha dimostrato totale incapacità di comprendere che qui non si tratta di dipendenti di una banca, ma di persone varie con le quali occorre entrare in contatto''. E invece, durante la protesta, ''la rettrice è rimasta sempre chiusa nel suo ufficio o nella sua casa. Non ha mai interagito con gli studenti''.
L'auspicio, ora, è che ''vengano messi a disposizione degli spazi, delle aule, dove poter proseguire il dibattito sulla guerra e sui rapporti con Israele''. Perché, prosegue Urbinati, ''se c'è libertà di insegnamento, se si studiano argomenti come la guerra e la pace, gli stati nazione, è evidente che ne esca un dibattito''. Anzi, aggiunge, ''ben venga il dialogo e la riflessione promossi dagli studenti, certo senza usare toni aggressivi''.
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Elezioni Usa, Biden prende in giro Trump: “Sono in...
Durante la cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca
''Sono un uomo adulto e sono in corsa contro un bambino di sei anni''. Così il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha preso il giro l'ex inquilino della Casa Bianca e suo rivale alle prossime elezioni americane Donald Trump. ''L'unica cosa che abbiamo in comune è l'età'', ha aggiunto Biden durante la cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca. Anche se, età anagrafica alla mano, Biden ha 81 anni contro i 77 di Trump. ''Le elezioni del 2024 sono in pieno svolgimento e sì, l'età è un argomento - ha detto Joe Biden - Sono un adulto che corre contro un bambino di sei anni''.
Molti gli ospiti illustri, giornalisti e celebrità presenti all'hotel Hilton di Washington mentre all'esterno un centinaio di manifestanti hanno scandito slogan contro la guerra di Israele nella Striscia di Gaza e sventolato una bandiera palestinese lunga diversi metri. Ma all'interno il conflitto in Medioriente non è stato al centro della scena, soppiantato appunto dalle battute sull'età dei candidati alla presidenza Usa.
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Re Carlo torna agli impegni pubblici, martedì la visita a...
Buckingham Palace: "Medici incoraggiati dai suoi progressi"
Buckingham Palace mette fine alle congetture sullo stato di salute di Re Carlo. Il sovrano, malato di cancro, da martedì riprenderà i suoi impegni pubblici. Con la regina Camilla si recherà in visita a un centro di cure per i tumori. "Il team medico di Sua Maestà - fa sapere una nota della Casa Reale - è molto incoraggiato dai progressi compiuti finora e rimane positivo quanto al continuo recupero del re".