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Non solo Israele-Hamas, Medio Oriente polveriera: guerra...

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Non solo Israele-Hamas, Medio Oriente polveriera: guerra totale può essere evitata?

Dopo quasi tre mesi di conflitto, la guerra a Gaza ha incendiato la regione aprendo nuovi disastrosi potenziali fronti. Ma gli attori del conflitto possono fermarsi a un passo dall'apocalisse

Un soldato israeliano, sulla giacca il volto del leader di Hezbollah come target - Afp

Il Medio Oriente è tornato una polveriera. La guerra tra Hamas e Israele, scatenata dalla strage del 7 ottobre, dopo quasi tre mesi ha incendiato la regione, aprendo nuovi disastrosi potenziali fronti. A partire da quello tra Israele e Hezbollah, ma anche tra l'Iran e gli Stati Uniti, mentre resta altissima la tensione nel Mar Rosso, sia per gli attacchi degli Houthi dallo Yemen che per la presenza di navi militari di Teheran e Washington che incrociano a poca distanza le une dalle altre aumentando i rischi di uno scontro diretto.

L'analisi: "Attori del conflitto possono fermarsi a un passo da apocalisse"

Ma, come evidenzia la Cnn in un'analisi, sebbene di giorno in giorno crescano i timori dello scoppio di una guerra su vasta scala, ci sono anche fattori (economici, politici e militari) che lasciano sperare che gli attori del potenziale conflitto possano fermarsi un passo prima dell'apocalisse.

Da alcuni giorni una serie di eventi hanno gettato benzina sul fuoco, facendo crescere le possibilità che la guerra a Gaza possa propagarsi in altri teatri. Ieri in un raid Usa a Baghdad è stato colpito il quartier generale delle milizie filo-iraniane, provocando la morte di Hajj Mushtaq Talib al-Saidi (Abu Taqwa o Abu Toqa), un comandante delle Forze di mobilitazione popolare (Hashd al-Shaabi). Il giorno prima, quarto anniversario della morte di Qassem Soleimani, c'è stata la strage, rivendicata dall'Is, lungo la strada che porta al cimitero di Kerman dove è sepolto il generale iraniano. Intanto si intensificano i combattimenti tra Israele e Hezbollah lungo il confine con il Libano, con nuovi attacchi segnalati anche in queste ore.

In un altro segnale allarmante, ieri il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha detto all'inviato americano, Amos Hochstein, che rimane poco tempo per trovare un'intesa diplomatica con Hezbollah e ha evocato "una nuova realtà sul fronte settentrionale che permetterà il ritorno sicuro dei nostri cittadini". Israele che, nel frattempo, è fortemente sospettato per il raid in cui a inizio anno è rimasto ucciso il numero due di Hamas, Saleh al-Arouri, durante una riunione a Beirut. Come se non bastasse, questa settimana le forze statunitensi hanno affondato tre imbarcazioni appartenenti agli Houthi nel Mar Rosso.

Le ragioni per evitare l'escalation

Secondo la Cnn, tuttavia, i protagonisti delle tensioni in Medio Oriente hanno buone ragioni ad evitare che l'escalation sfoci in guerra aperta. Israele è già coinvolto in un'operazione militare a Gaza che secondo il suo governo si trascinerà per mesi. Una guerra su vasta scala con Hezbollah, oltre agli altissimi costi economici, potrebbe sottoporre i cittadini israeliani a bombardamenti potenzialmente molto maggiori di quelli subiti dalle città israeliane a causa degli attacchi missilistici di Hamas. Allo stesso tempo, però, mentre il resto del mondo si preoccupa per l'allargamento del conflitto, i leader israeliani credono di essere già coinvolti in una guerra regionale, date le minacce su più fronti che devono affrontare.

Gli Stati Uniti, che non vogliono entrare in un conflitto per giunta nell'anno delle elezioni per la Casa Bianca, stanno intensificando da settimane una strategia mirata ad impedire che la situazione sfugga al controllo. Il segretario di Stato, Antony Blinken, si sta dirigendo nuovamente nella regione per allentare le tensioni tra Israele e Hezbollah, mentre il Libano teme una catastrofe che potrebbe peggiorare la sua già fragile situazione politica, economica e umanitaria.

Le forze americane - in Siria e Iraq - sembrano esposte agli attacchi dei 'proxy' iraniani sebbene l'Amministrazione Biden sembra voglia ristabilire un livello di deterrenza senza innescare la polveriera. Per questo Washington e i suoi alleati hanno anche messo in guardia gli Houthi delle conseguenze se continuassero gli attacchi alle navi nel Mar Rosso, una rotta marittima vitale per l'economia globale. Possibili rappresaglie in Yemen non solo trascinerebbero le forze alleate più in profondità nel conflitto, ma potrebbero minacciare una tregua che metterebbe in pausa la sanguinaria guerra civile del Paese arabo.

L'Iran potrebbe avere più da guadagnare dall'utilizzare la sua vasta rete di gruppi per esercitare pressione su Israele e Stati Uniti rispetto ad entrare in un conflitto diretto. Quest'ultimo scenario potrebbe rivelarsi militarmente ed economicamente destabilizzante e aumentare la pressione politica nei confronti di Teheran, già in difficoltà 15 mesi fa per l'ondata di proteste antigovernative scaturite dalla morte di Mahsa Amini. C'è tuttavia il rischio che le autorità della Repubblica islamica possano vedere ritenere un atteggiamento più aggressivo all'estero come una strategia per ridurre la pressione interna.

Hezbollah, infine, sebbene disponga di un enorme arsenale di razzi puntati contro Israele, potrebbe vedere il suo potere in Libano significativamente ridotto in caso di guerra su vasta scala. E un Hezbollah in difficoltà significherebbe un significativo declino anche dell'influenza regionale dell’Iran. Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha già minacciato che l'uccisione di al-Arouri non rimarrà impunita e che se Israele intraprenderà una guerra in Libano, la risposta sarà "illimitata".

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Morto Paul Auster, lo scrittore americano aveva 77 anni

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Era da tempo malato di cancro al polmone. Autore de "La trilogia di New York", "Sunset Park", "Invisibile", aveva pubblicato il suo ultimo romanzo "Baumgartner" lo scorso anno

Paul Auster - Afp

E' morto Paul Auster. Secondo quanto scrive il New York Times, lo scrittore americano, 77 anni, ammalato da tempo di un cancro al polmone, è morto nella sua casa di Brooklyn. Autore, tra gli altri, de "La trilogia di New York", "Sunset Park", "Invisibile", aveva pubblicato il suo ultimo romanzo "Baumgartner" lo scorso anno. Auster era uno dei maestri del postmodernismo americano insieme a Thomas Pynchon e Don DeLillo, che ha incentrato la propria poetica sul caso che domina l'universo, come appunto nella "trilogia di New York", parodia postmoderna del romanzo poliziesco, e sull'attenzione per l'inverosimile.

Nel dicembre 2022 all'autore di acclamati romanzi come "Nel paese delle ultime cose" e "Mr. Vertigo" era stato diagnosticato un tumore che ha curato con trattamenti di chemioterapia e immunoterapia al Memorial Sloan–Kettering Cancer Center di New York, uno dei centri per la ricerca e il trattamento del cancro più famosi a livello mondiale. Nel marzo 2023, con un post su Instagram, era stata la seconda moglie, la scrittrice e poetessa Siri Hustvedt, a rivelare che Auster era malato. E sempre l'anno scorso aveva pubblicato il suo ultimo romanzo "Baumgartner".

Autore di una vasta produzione, tradotta in italiano da Einaudi, Auster si è dedicato anche alla poesia, alla saggistica e alle sceneggiature cinematografiche, dirigendo anche alcuni film. Aveva esordito con le raccolte poetiche "Unhearth" (1974) e "Wall Writing" (1976), seguite da una pièce teatrale ("Laurel and Hardy go to heaven", 1977) e "White spaces" (1980), primo testo in prosa che prelude a "L'invenzione della solitudine" (1982), originale intreccio di saggio, fiction e autobiografia incentrata sul suo rapporto con il padre, deceduto poco tempo prima. Auster ha raggiunto il successo nel 1987 con la "Trilogia di New York" composta da "Città di vetro" (1985), "Fantasmi" (1986) e "La stanza chiusa" (1987): sorta di parodia postmoderna del romanzo poliziesco, i tre romanzi scardinano le convenzioni del genere, mescolando echi della grande tradizione americana (N. Hawthorne, H. D. Thoreau, E. A. Poe, H. Melville) a suggestioni del nouveau roman, per costruire un universo, sia narrativo sia urbano, dominato dal caso.

Il tema della casualità e l'attenzione per l'inverosimile caratterizzano i successivi romanzi: "Nel paese delle ultime cose" (1987); "Moon palace" (1989); "La musica del caso" (1990); "Leviatano" (1992); "Mr. Vertigo" (1994); Timbuctù" (1999); "Il libro delle illusioni" (2002); "La notte dell'oracolo" (2004); "Follie di Brooklyn" (2005); "Viaggio nello scriptorium" (2007); "Uomo nel buio" (2008); "Invisibile" (2009); "Sunset Park" (2010); "Diario di inverno" (2012); "4 3 2 1" (2017); "Ragazzo in fiamme. Vita e opere di Stephen Crane" (2021).

Auster ha pubblicato inoltre raccolte di saggi come "L'arte della fame" (1992), "Il taccuino rosso" (1993), "Ho pensato che mio padre fosse Dio. Storie dal cuore dell'America raccolte e trascritte" (2001) e i testi autobiografici "Sbarcare il lunario. Cronaca di un iniziale fallimento" !997) e "Notizie dall'interno" (2013).

Attivo anche nel mondo del cinema, Auster ha firmato le sceneggiature di "Smoke" e "Blue in the face", diretti da Wayne Wang (entrambi del 1995, il secondo in collaborazione con lo stesso Auster), di "Lulu on the bridge" (1998), interpretato da Willem Dafoe e Harvey Keitel, e "La vita interiore di Martin Frost" (2007), film rispettivamente del 1998 e del 2007 di cui ha curato anche la regia.

Numerosi i riconoscimenti e i premi ricevuti da Auster. Era commendatore dell'Ordre des Arts et des Lettres, membro dell'American Academy of Arts and Sciences e del Pen Club America e vincitore del Premio Principe delle Asturie, del Prix Médicis e del Premio Napoli e del Sigillo della Città di Pordenone.

Chi era Paul Auster

Paul Auster era nato da una famiglia ebrea di origini polacche a Newark, nello stato americano del New Jersey, il 3 febbraio 1947. Suo padre, Samuel Auster, era proprietario di alcuni edifici di Jersey City; sua madre aveva circa 13 anni in meno del marito ed il loro, fin dai primi giorni, non fu un matrimonio felice. Paul Auster era cresciuto a Newark, assieme alla sorella, più piccola di lui di circa tre anni e affetta da forme di squilibrio mentale. La situazione famigliare ha segnato la vita di Paul Auster, come rivelerà lui stesso nel suo memoir "Sbarcare il lunario".

Paul Auster inizia a nutrire una forte passione per la letteratura fin da giovane. Dopo le scuole superiori, inizia a viaggiare per l'Europa, visitando l'Italia, la Spagna, Parigi e Dublino, la città di James Joyce. Tornato negli Stati Uniti, si iscrive alla Columbia University. Nel 1966 conosce la scrittrice Lydia Davis, con la quale si sposerà il 6 ottobre 1974 e da cui avrà un figlio, Daniel. E proprio Daniel è stato protagonista di una vicenda spaventosa: il figlio del romanziere è morto nell'aprile 2022 per overdose a 44 anni; sei mesi prima era diventato il principale sospettato, con tanto di arresto e rinvio a processo, per la morte della figlia di dieci mesi, Ruby, trovata in casa, a Brooklyn, in stato di incoscienza per un'overdose di fentanyl e eroina, e morta poco dopo.

Nel 1969, dopo aver conseguito la laurea, Paul Auster si imbarcò su una petroliera e viaggiò per un anno. Poi è di nuovo a Parigi, dove restò per tre anni, dal 1971 al 1974, lavorando come traduttore. Tornato negli Stati uniti, si stabilisce a New York nel 1974, esordendo come scrittore con poesie, racconti e articoli pubblicati sulla "New York Review of Books" e sulla "Harper's Saturday Review". Dopo aver divorziato dalla Davis, nel 1981 si era sposato con la scrittrice Siri Hustvedt, da cui ha avuto una figlia, Sophie, cantante e attrice.

Nonostante la malattia, nel 2023 Paul Auster è riuscito a pubblicare un nuovo e ultimo romanzo, "Baumgartner". Dopo un romanzo-mondo come "4 3 2 1", pubblicato sei anni prima, lo scrittore si è presentato ai suoi lettori con un libro all'apparenza semplice e lineare, proponendo il suo personaggio forse piú simpatico ed empatico: un uomo che al termine della vita si interroga sulle cose essenziali, inciampando e andando a sbattere come in una vecchia comica malinconica. La vita di Seymour Baumgartner è stata definita dall'amore per la moglie Anna. Ma ora Anna non c'è più e Baumgartner si inoltra nei settant'anni cercando di convivere con la sua assenza. (di Paolo Martini)

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Usa, proteste pro Palestina alla Columbia: irruzione della...

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Tra i fermati nel blitz, una ventina di manifestanti che avevano cercato di impedire agli agenti di entrare

Arresti alla Columbia - Afp

Oltre 100 manifestanti sono stati arrestati alla Columbia University e al City College di New York, occupati da giorni dagli studenti pro Gaza, dopo l'irruzione della polizia nei due campus. Lo hanno riferito le autorità locali, secondo cui la maggior parte degli arresti sono avvenuti alla Columbia e tra i fermati ci sono una ventina di manifestanti che avevano cercato di impedire agli agenti di entrare.

Manifestanti filopalestinesi avevano fatto irruzione ieri mattina presto nell'edificio Hamilton, sfondando una porta di vetro per spostare il loro accampamento all'interno. Erano almeno 200 gli studenti asserragliati all'ingresso dell'edificio del prestigioso campus newyorkese dove la tensione era salita ulteriormente dopo che gli studenti avevano rifiutato l'ultimatum dato dalla presidente della Columbia, Nemat Minouche Shafik, che intimava di sgombrare entro le otto di lunedì sera l'accampamento pro Gaza.

L'Hamilton Hall è uno dei principali edifici per i corsi undergraduates e dove si trova l'ufficio del preside, e ha un valore fortemente simbolico dal momento che fu occupato durante le proteste del 1968 contro la guerra del Vietnam. Poi fu occupato di nuovo nel 1980 durante il movimento di protesta per tagliare i legami con il Sudafrica dell'apartheid. Intanto, ieri, l'università aveva reso noto di aver sospeso gli studenti che non hanno rispettato l'invito a sgomberare.

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Israele, pressing di Onu e Usa: “No attacco a...

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Oggi il segretario di Stato americano Blinken vede Netanyahu

Bambini a Rafah

L'accordo tra Israele e Hamas non arriva, la tregua a Gaza non si concretizza e l'attacco a Rafah, nel sud della Striscia, rimane nell'agenda del premier Benjamin Netanyahu: "L'operazione ci sarà, con accordo o senza accordo", dice il primo ministro, che non sembra considerare il pressing degli Stati Uniti e dell'Onu. Israele da giorni ha ammassato mezzi e uomini al confine della Striscia, con la possibilità di avviare l'offensiva in tempi brevi. Il piano di Netanyahu non sembra tener conto dell'ipotesi di intesa per la liberazione degli ostaggi, detenuti da Hamas dopo l'attacco del 7 ottobre 2023. L'ultima proposta elaborata al Cairo prevederebbe una tregua di 40 giorni, con la liberazione di circa 1000 detenuti palestinesi in cambio di un numero di ostaggi che, secondo il Times of Israel, oscilla tra 20 e 33 in base ai criteri utilizzati.

Onu contro offensiva a Rafah: "Intollerabile"

Un'eventuale operazione israeliana "sarebbe un'escalation intollerabile", che porterebbe "all'uccisione di migliaia di altri civili e costringerebbe centinaia di migliaia a fuggire", dice il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ricordando che "tutti i membri del Consiglio di sicurezza e molti altri governi hanno espresso la loro opposizione in modo chiaro a questa operazione". "Faccio appello a tutti quelli che hanno influenza su Israele - dice parlando con i giornalisti a New York - perché facciano tutto quanto in loro potere per impedire" l'operazione.

"Per il bene del popolo di Gaza, degli ostaggi e delle loro famiglie in Israele, per il bene della regione e del mondo, incoraggio con forza il governo di Israele e la leadership di Hamas a raggiungere adesso un accordo", è l'appello di Guterres, convinto che senza un accordo "la guerra, con tutte le sue conseguenze a Gaza e nella regione, peggiorerà in maniera esponenziale".

Il segretario generale delle Nazioni Unite, intanto, ribadisce di aver chiesto che "investigatori internazionali indipendenti" abbiano "accesso immediato" ai luoghi in cui è stata denunciata la presenza di fosse comuni a Gaza "per stabilire le circostanze precise in cui centinaia di palestinesi hanno perso la vita, sono stati sepolti o sepolti nuovamente". "Le famiglie delle persone decedute e scomparse hanno il diritto di sapere cosa è accaduto", dice.

Usa in pressing, oggi Blinken vede Netanyahu

Nelle stesse ore, la Casa Bianca invia nuovi segnali e continua ad opporsi all'invasione israeliana di Rafah. "Non vogliamo vedere una grande operazione di terra a Rafah. Certamente, non vogliamo vedere operazioni che non tengano conto della sicurezza di quel milione e mezzo di persone che cercano di cercare rifugio laggiù", dice il portavoce della Sicurezza nazionale della Casa Bianca John Kirby.

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden è reduce da un colloquio telefonico con il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi e con l'emiro del Qatar Sheikh Tamim Bin Hamad Al-Thani per ''discutere di come arrivare a un accordo che garantisca il rilascio degli ostaggi e un cessate il fuoco immediato a Gaza'', scrive lo stesso Biden su X, sottolineando che ''gli Stati Uniti lavoreranno con l’Egitto e il Qatar per garantire la piena attuazione dei termini dell’accordo e faranno tutto il possibile per ottenere il rilascio degli ostaggi detenuti da Hamas''. E' proprio Hamas, sottolinea Biden, ''che ora rappresenta l'unico ostacolo a un cessate il fuoco immediato e ai soccorsi per i civili a Gaza''.

La diplomazia a stelle e strisce oggi avrà il volto e la voce del segretario di Stato Antony Blinken, che a Gerusalemme incontra Netanyahu alle 10.45 ora locale (le 9.45 in Italia). Il faccia a faccia avverrà dopo i colloqui a Tel Aviv tra Blinken e il presidente israeliano Isaac Herzog.

Nella sua tappa in Giordania, Blinken invia un messaggio a Hamas, esortando l'organizzazione a favorire la fumata bianca nelle trattative: ''Basta rinvii, non ci sono più scuse. Per Hamas il momento di agire è ora. L'Egitto ha presentato una proposta forte per un cessate il fuoco, Hamas non dovrebbe rinviarla e non ha scuse per non essere d’accordo'', aggiunge Blinken.

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