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Henry Kissinger e la crisi Ucraina, come cambiò idea su...

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Henry Kissinger e la crisi Ucraina, come cambiò idea su Kiev nella Nato

L'ex segretario di Stato, maestro della realpolitik, ha dimostrato come non sia mai troppo tardi per imparare nuove cose, o correggere posizioni ritenute sbagliate

Henry Kissinger e la crisi Ucraina, come cambiò idea su Kiev nella Nato

Henry Kissinger, morto nelle scorse ore a 100 anni, ha dimostrato come non sia mai troppo tardi per imparare nuove cose, o correggere posizioni ritenute sbagliate. E questo è quello che ha fatto l'ex segretario di Stato, maestro della realpolitik, cambiando idea sull'Ucraina, passando nel giro di pochi mesi dal chiedere per Kiev la "neutralità" e suggerirle di accettare la pace in cambio di concessioni territoriali a Mosca a sostenere il suo ingresso nella Nato.

Nei mesi scorsi, in un'intervista concessa alla Cbs in occasione del suo compleanno, Kissinger era tornato a parlare dell'Ucraina e del profilarsi di una svolta negoziale che lui considerava imminente, grazie al coinvolgimento della Cina. "Ora che la Cina è entrata nei negoziati, ne verremo a capo, penso entro la fine dell'anno, parleremo di un processo negoziale e persino di veri e propri negoziati", disse l'ex segretario di Stato che nell'intervista si era detto anche disponibile, dietro la richiesta di un presidente, a volare a Mosca per parlare con Vladimir Putin. "Sarei propenso a farlo, ma lo fare come consigliere non come persona attiva", rispose ad una domanda.

Kissinger tornò quindi a parlare di negoziati come quando aveva provocato un'alzata di scudi da parte di Kiev sottolineando - durante un intervento a Davos a maggio 2022, quando la guerra infuriava da due mesi e la Russia sembrava ancora avere l'iniziativa - la necessità di avviare "negoziati di pace entro i prossimi due mesi prima che si creino tensioni che non si potranno superare facilmente".

Kissinger consigliava di "tornare allo status quo ante", con la Russia che avrebbe dovuto lasciare i territori occupati dal 24 febbraio "ma non quelli occupati quasi dieci anni fa, compresa la Crimea".

D'altra parte già nel 2016, Kissinger - descritto come uno dei pochi americani che ha avuto contatti frequenti con Vladimir Putin - aveva presentato, secondo quanto rivelato allora dalla stampa, all'allora candidato Trump un piano per l'Ucraina che comprendeva l'accettazione dell'annessione russa della Crimea, con la sospensione delle sanzioni in cambio di un ritiro delle truppe russe dall'Ucraina orientale.

E sin dai tempi dell'invasione del 2014 di Crimea e Donbass Kissinger invocava la 'neutralità' dell'Ucraina: "se l'Ucraina vuole sopravvivere e prosperare, non deve essere un avamposto dell'uno contro l'altra", diceva riferendosi all'Occidente e Russia, esprimendo la sua contrarietà all'idea di un suo ingresso nella Nato.

Ma su questo Kissinger aveva recentemente cambiato idea, annunciando - ancora una volta a Davos, lo scorso gennaio - che dopo l'invasione russa era diventato "appropriato" l'ingresso di Kiev nell'Alleanza. "Prima di questa guerra io temevo che da questo ingresso potesse iniziare esattamente il processo a cui noi stiamo assistendo, ma ora l'idea di un'Ucraina neutrale in queste condizioni non ha più senso", disse.

"Sono felice che Mr Kissinger abbia cambiato idea", commentò subito Volodymyr Zelensky che invece a maggio dello scorso anno aveva tuonato contro l'anziano ex segretario di Stato, descrivendolo come una voce che "emerge da un profondo passato", con un calendario che "non è del 2022 ma del 1938", accusando di pensare di "parlare non a Davos ma a Monaco di Baviera".

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Russia, Putin allarga l’esercito. Zelensky:...

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Le forze di Mosca aumentano la pressione nella zona di Marinka, nell'oblast di Donetsk. La moglie di Zelensky: "Non si deve ricandidare"

Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky

Vladimir Putin allarga l'esercito della Russia. Volodymyr Zelensky prepara l'Ucraina all'inverno e alla nuova fase della guerra. Il conflitto, cominciato da quasi 650 giorni, mette a dura prova la tenuta dei due apparati militari. Mosca e Kiev devono fare i conti con le perdite provocate da una guerra di posizione, da mesi caratterizzata da scontri durissimi ad Est, con cambiamenti minimi negli equilibri.

Putin, con un suo decreto, cerca di dare una sterzata aumentando di quasi 170mila il numero dei militari russi, come riferisce l'agenzia di stampa russa 'Tass' spiegando che il decreto che è stato pubblicato sul sito web del Cremlino. Secondo il provvedimento l'organico delle forze armate è fissato a 2.209.130 unità di cui 1.320.000 militari. In precedenza si parlava di 2.039.758 unità di cui 1.150.628 militari.

Secondo il ministero della Difesa russo non sarebbe però prevista una mobilitazione. L'aumento, quindi, in tempi brevi non dovrebbe riflettersi su un incremento delle forze al fronte: dovrebbe essere attuato in più fasi e riguardare in particolare i cosiddetti soldati a contratto, ha spiegato il ministero. L'aumento del numero di militari, ha spiegato il ministero, "è dovuto alle crescenti minacce al paese associate alla conduzione di un'operazione militare speciale e alla continua espansione della Nato".

Zelensky: "Nuova fase della guerra".

A Kiev, intanto, Zelensky in un'intervista all'Ap delinea uno scenario destinato a mutare: "Siamo entrati in una nuova fase della guerra, questo è un fatto, L'inverno rappresenta una nuova fase della guerra", dice, mentre in Ucraina sono arrivati i rigori dell'inverno e la Russia ha ricominciato bombardamenti di città e infrastrutture dell'energia. I russi negli ultimi giorni sono diventati significativamente più attivi sul fronte di Marinka, nell'oblast' di Donetsk. Le forze russe stanno prendendo d'assalto le posizioni ucraine da più lati contemporaneamente, sia a Mariinka che nelle aree limitrofe.

L'Ucraina parallelamente conduce azioni mirate. Le forze armate hanno colpito con missili tre aree di concentrazione di personale, armi e attrezzature militari, nonché cinque depositi di munizioni russe.

Zelensky deve fare i conti anche con questioni interne e, nel verso senso della parola, domestiche. La first lady ucraina Olena Zelenska non vuole che suo marito si ricandidi. Ad affermarlo secondo quanto riferisce 'Ukrainska Pravda', è la stessa moglie del presidente in un podcast dell'Economist. "Non voglio che sia presidente per il prossimo mandato o per i prossimi due mandati", sottolinea la moglie di Zelensky che pensa che il marito debba trovare qualcosa di nuovo nella sua vita.

I giornalisti dell'Economist hanno chiesto a Zelenska come vede il futuro dopo la guerra per se stessa e la sua famiglia. "La nostra famiglia sarà di nuovo insieme. Vivremo insieme, con mio marito e i miei figli. Sempre. Prendiamoci una vacanza e andiamo da qualche parte, non so nemmeno dove, ma stiamo insieme, tutti e quattro. E questa vacanza sarà lunga, un mese intero. Dopodiché penseremo a cosa fare dopo, io e lui", spiega la moglie del presidente ucraino.

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Spende soldi degli elettori al casinò, deputato espulso da...

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Santos espulso dalla Camera dei Rappresentanti

George Santos

La Camera degli Stati Uniti ha approvato a larga maggioranza l'espulsione del deputato George Santos, dopo che un rapporto del Comitato etico lo ha accusato di aver sperperato i soldi donati dagli elettori in casinò, negozi di lusso e investimenti fraudolenti. L'espulsione di Santos è stata approvata con 314 voti a favore, fra cui 104 suoi compagni del partito repubblicano, e 114 contrari.

Solo altri cinque deputati sono stati espulsi nella storia degli Stati Uniti: tre nel 1861 perché combattevano dalla parte dei confederati nella guerra civile, altri due nel 1980 e nel 2002 perché condannati per corruzione. Santos è il primo ad essere espulso senza una condanna in tribunale. Ma l'ampio rapporto della Commissione era molto circostanziato e Santos, deputato di New York alla sua prima legislatura, aveva già creato polemiche quando si era scoperto che la sua biografia era piena di notizie inventate. Ora toccherà al governatore di New York, Kathy Hochul, convocare elezioni per il seggio vacante, in quella che potrebbe essere per i democratici un'occasione per ridurre l'esigua maggioranza repubblicana.

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Cina, panda dello zoo di Edimburgo tornano a casa: segnale...

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Secondo gli analisti potrebbe esserci lo zampino della 'diplomazia dei panda' di Pechino, e la scelta di richiamare gli unici due esemplari della Gran Bretagna potrebbe essere un segnale di raffreddamento dei rapporti diplomatici

Il panda Yang Guang  - (Fotogramma)

C'è un traffico insolito alla zoo di Edimburgo, dove turisti da tutta la Gran Bretagna stanno arrivando per rivolgere un ultimo saluto a Yang Guang e Tian Tian, i due panda che dopo 12 anni di permanenza sono ora in procinto di tornare in Cina. Antenne drizzate per gli analisti, scrivono i media britannici, poiché anche in Scozia potrebbe esserci lo zampino della 'diplomazia dei panda' di Pechino, e la scelta di richiamare gli unici due esemplari della Gran Bretagna potrebbe essere un segnale di raffreddamento dei rapporti diplomatici.

Tian Tian e Yang Guang sono solo gli ultimi panda a lasciare l'Occidente dopo che gli accordi di scambio sono scaduti senza essere rinnovati dalla Cina. Dopo i falliti tentativi di riproduzione sia naturale che artificiale, lo zoo ha dichiarato di non avere in programma l'arrivo di altri esemplari perché la crisi globale della biodiversità impone di lavorare alla protezione di un maggior numero di animali a rischio.

Il mese scorso anche gli Stati Uniti avevano dovuto salutare i tre amatissimi panda del National Zoo di Washington. Un destino simile toccherà l'anno prossimo agli esemplari di Atlanta, gli ultimi rimasti negli Usa. I panda dello zoo di San Diego erano stati rispediti a casa nel 2019 e l'ultimo panda sopravissuto dello zoo di Memphis, è tornato a casa all'inizio di quest'anno. Tuttavia, durante il suo recente viaggio negli Stati Uniti, il presidente cinese Xi Jinping ha riacceso la speranza dei fan statunitensi, dichiarandosi "pronto a continuare" a prestare gli orsi agli zoo americani.

Quella che poteva sembrare una semplice battuta di Xi a margine dell'incontro a San Francisco con l'omologo americano Joe Biden, ha in realtà attirato l'attenzione di molti analisti attenti alle strategie del Dragone. La 'diplomazia dei panda' infatti, si è negli anni rivelata un'affidabile cartina al tornasole dello stato dei rapporti diplomatici di Pechino. I contratti di prestito dei panda agli zoo internazionali sono in larga parte stati siglati all'apice delle relazioni bilaterali o per celebrare eventi particolari. Allo stesso modo, la scelta di non rinnovare gli accordi e richiamare gli animali viene spesso vista come un segnale negativo o di raffreddamento dei dialoghi.

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