Lidl, nuova apertura a Santa Maria Capua Vetere: ecco tutto ciò che c’è da sapere sulla storica catena di supermercati tedesca
Udite udite, la rinomata insegna Lidl apre i battenti il 9 giugno in via Galatina a Santa Maria Capua Vetere. Inizialmente l’inaugurazione era prevista per il 24 febbraio ma a causa di alcuni problemi burocratici, l’apertura ha subito un brusco ritardo. Finalmente, dopo mesi di trepidante attesa, Lidl ci regala il piacere di recarci a fare la spesa presso la sua nuova e modernissima filiale di Santa Maria Capua Vetere.
Ad oggi, con l’apertura di questo nuovo punto vendita, che si aggiunge a quelli già presenti a Curti, Caserta, San Nicola la Strada, Santa Maria a Vico e Cesa, i supermercati Lidl attivi in provincia di Caserta diventano 6: qui è possibile consultare la lista completa, inserendo il proprio CAP.
Ma chi è, cos’è, questo Lidl, questo grande marchio di cui tutti parlano e che, i fortunati clienti, fanno a gara per aggiudicarsi i suoi fantastici e straordinari prodotti alimentari e non?
Lidl: Storia e curiosità sulla catena di supermercati tedesca
Nel lontano 1932 Josef Schwarz divenne socio della Südfrüchte Großhandlung Lidl & Co., un grossista di frutta e trasformò l’azienda in un grossista di generi alimentari.
Nel 1977, sotto suo figlio Dieter Schwarz , lo “Schwarz-Gruppe” iniziò a concentrarsi sui mercati discount, supermercati più grandi e mercati all’ingrosso cash and carry. Non voleva usare il nome Schwarz-Markt, “Schwarzmarkt” significa infatti “mercato nero” e voleva usare il nome dell’ex socio in affari di suo padre, “A. Lidl“, ma ragioni legali gli hanno impedito di usare quel nome per i suoi supermercati. Quando scoprì un articolo di giornale su un noto pittore e insegnante in pensione Ludwig Lidl, acquistò da lui i diritti sul nome per 1.000 marchi tedeschi.
Lidl fa parte del Gruppo Schwarz, il quinto rivenditore al mondo con un fatturato di circa 104,3 miliardi di euro stimati nel lontano 2018. Il primo supermercato Lidl è stato aperto nel 1973, sul modello di “Aldi”.
Schwarz rimuoveva rigorosamente dagli scaffali la merce che non veniva venduta e riduceva, così, i costi, riducendo al minimo le dimensioni effettive dei punti vendita. Nel 1977, la catena Lidl comprendeva 33 supermercati.

Lidl ha aperto il suo primo negozio nel Regno Unito nel 1994. La sua quota di mercato di generi alimentari nel Regno Unito era del 5,9% nel 2019.
Sven Seidel è stato nominato CEO dell’azienda nel marzo 2014, dopo che il precedente CEO Karl-Heinz Holland si è dimesso. Holland era stato amministratore delegato dal 2008, ma se n’è andò a causa di differenze “incolmabili” non divulgate sulla strategia futura. Seidel si dimise dalla sua posizione nel febbraio 2017 dopo che il manager riferì di essere caduto in disgrazia con Klaus Gehrig, che guidava il Gruppo Schwarz dal 2004. Seidel fu così sostituito come CEO da Dane Jesper Højer , in precedenza capo dell’operazione di acquisto internazionale di Lidl.
Lidl negli Stati Uniti d’America
Nel giugno 2015, la società annunciò che avrebbe stabilito una sede negli Stati Uniti, ad Arlington, in Virginia. Lidl ha importanti centri di distribuzione a Mebane, nella Carolina del Nord, e nella contea di Spotsylvania, in Virginia. L’azienda inizialmente si concentrò sull’apertura di sedi negli Stati della Costa orientale, tra Pennsylvania e Georgia e fino all’Ohio. Nel giugno 2017, Lidl ha aperto i suoi primi negozi negli Stati Uniti a Virginia Beach, in Virginia e in altre città dell’Atlantico centrale. La società prevedeva di aprire un totale di cento negozi negli Stati Uniti entro l’estate del 2018. Nel novembre 2018 infatti, Lidl annunciò l’intenzione di acquisire 27 negozi Best Market a New York e nel New Jersey.
Nel dicembre 2018, Lidl ha aperto la sua prima sede a New York City, nello Staten Island Mall. L’azienda ha continuato ad espandersi negli Stati Uniti orientali a macchia d’olio, con oltre 100 negozi entro la fine del 2020. Nell’agosto 2020, Lidl annunciò l’intenzione di aprire altri 50 negozi negli Stati Uniti entro la fine del 2021 e così è stato.
Come il collega supermercato tedesco “Aldi”, Lidl ha un particolare approccio “zero spreco”, senza fronzoli, senza perdite di tempo inutili, “passa il risparmio al consumatore“, cioè di esporre la maggior parte dei prodotti nei loro cartoni di consegna originali, consentendo ai clienti di prendere il prodotto direttamente dal cartone. Quando il cartone è vuoto, viene semplicemente sostituito con uno pieno. Il personale così evita sprechi di tempo lavorativo inutile.
A differenza di “Aldi”, generalmente vengono offerti prodotti più di marca ed a prezzi vantaggiosi. Lidl distribuisce molti cibi gourmet a basso prezzo producendo ciascuno di essi in un unico Paese dell’Unione Europea per l’intera catena mondiale, mantenendo sempre alto standard qualitativo a prezzo sempre basso. Fornisce anche molti prodotti locali dal Paese in cui si trova il negozio, dando la gioia al consumatore di vivere l’esperienza nell’alimentare sotto casa di un tempo. Come “Aldi”, Lidl ha offerte speciali settimanali e il suo stock di articoli, non alimentari, spesso cambia settimanalmente, dando al cliente la sana curiosità dell’attesa dell’offerta a tema. Lidl fa ampiamente pubblicità nella sua terra natale, la Germania e in tutti i Paesi del mondo, attraverso i mass media.
Lidl in Gran Bretagna
Lidl nel Regno Unito ha adottato un approccio diverso rispetto alla Germania, con particolare attenzione al marketing e alle pubbliche relazioni e alla fornitura di benefici ai dipendenti non richiesti dalla legge, incluso il pagamento del salario di sussistenza verificato in modo indipendente e l’offerta di uno sconto per il personale. Sono stati introdotti prodotti esclusivi, soprattutto in vista del Natale e della Pasqua. Ciò ha richiesto investimenti significativi nel marketing per produrre una crescita delle vendite, ma ha avuto un effetto sulle operazioni logistiche di Lidl e sulla pressione sui profitti. Ronny Gottschlich, che ha guidato Lidl GB per i sei anni fino al 2016, è stato responsabile di questo approccio, che ha portato ad attriti con la sede centrale, a causa degli alti costi coinvolti.
Nel settembre 2016, Gottschlich ha lasciato inaspettatamente Lidl ed è stato sostituito dal direttore delle vendite e delle operazioni austriaco, Christian Härtnagel, di nazionalità tedesca. Lidl ha continuato ad avere ambiziosi piani di investimento nel Regno Unito, raddoppiando infine il numero di negozi a 1.500. Nel lontano 2015, il fatturato di Lidl Great Britain dai suoi oltre 630 negozi in tutta la Gran Bretagna è stato di 4,7 miliardi di sterline.
Nell’ottobre 2009, “Lidl Movies” è stata lanciata nel Regno Unito, sottoquotando “Tesco DVD Rental” , che in precedenza era stato il servizio di noleggio di DVD online più economico del Regno Unito. Il servizio è stato fornito da OutNow DVD Rental. OutNow è andato in liquidazione nell’ottobre 2011, portando con sé Lidl Movies.
Da Lidl puoi trovare il pane fresco tutto il giorno
Nel gennaio 2012, Lidl ha lanciato i panifici nei suoi supermercati in tutta Europa. Sono costituiti da una piccola zona cottura con diversi forni, insieme a un’area in cui sono esposti per la vendita pane e dessert, salato e dolce. I panifici sono stati inizialmente testati in un numero limitato di negozi, per determinare se c’era una positiva domanda di prodotti appena sfornati in negozio. In alcune filiali, il pane scelto viene anche affettato al momento, rendendo più piacevole e comoda la sua consumazione.
A partire da maggio 2019, Lidl US ha collaborato con “Boxed.com” per testare un servizio di delivery, con consegna a domicilio, utilizzando la tecnologia del rivenditore online. Lidl collabora anche con “Target Corp. Shipt” per la consegna a domicilio di generi alimentari.
Lidl gestisce anche uffici di rappresentanza in Cina, Bangladesh e Hong Kong, anche se non si fa alcuna pubblica menzione dell’apertura di negozi Lidl in tali Paesi. Le loro operazioni sono probabilmente limitate alla supervisione dei contratti di produzione per la maggior parte dei prodotti non alimentari, offerti nei negozi Lidl, con produttori locali con sede in questi Paesi stessi.
Nell’aprile 2021, Lidl, in Irlanda, ha iniziato a offrire a donne e ragazze coupon per ricevere, gratuitamente, assorbenti o tamponi interni, ogni mese, come iniziativa contro la povertà. Encomiabile iniziativa mai pensata ed effettuata da nessuno prima d’allora.
Premia la tua fedeltà con “Lidl Plus”
All’avanguardia in tutto, Lidl mette al primo posto il Cliente che coccola e che cerca di accontentare in ogni suo desiderio, soprattutto all’insegna del risparmio e delle belle sorprese. Ecco quindi che, nell’agosto 2018, “Lidl Digital International GmbH“ ha introdotto la “Carta fedeltà”. Una carta fedeltà virtuale, da esibire mostrando il proprio cellulare, scannerizzandolo su un apposito lettore digitale. La carta “Lidl Plus” è facilmente scaricabile tramite un’app su Apple App Store e Google Play Store, è nominale e offre vantaggi strabilianti.
L’app è disponibile nella maggior parte dei Paesi europei in cui opera Lidl, offrendo versioni digitali di “Gratta e vinci“, che offrono omaggi o sconti vantaggiosissimi a spesa conclusa. Offre inoltre sconti sui prodotti a marchio proprio e sconti sulle offerte dei partner. Il premio o lo sconto del “Gratta e vinci” è nominale e ha la durata di sette giorni se non riscattato, dopo tale data, il premio o lo sconto vanno persi senza possibilità di recupero alcuno. Nel nostro Paese, in Italia e in Svezia il programma è iniziato solo l’anno scorso, sebbene in molti Paesi, Lidl Plus, lo abbia già attivato da molto tempo addietro.
Fare la spesa in maniera consapevole, sapere cosa si compra e cosa si mangia, è il primo passo verso un mondo migliore. Tutte le nostre scelte alimentari hanno una conseguenza allora facciamo nostro questo meraviglioso slogan: “Lidl anch’io“…
La roadmap di LIDL dal 1930 al 2022

“Personalmente, faccio parte di quel gruppo di luminari che si reca a fare la spesa per comprare poche cosucce semplici, sane e salutari… Ma, ahimè, ritorno puntualmente a casa con una moltitudine di borse piene di leccornie e cose inutili, senza le poche cosucce sane, essenziali e salutari che avrei dovuto comprare…” (AnnA Del Bene)

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Attualità
Maestra su OnlyFans, la storia di Elena e la sfida tra privacy e professione

Un racconto di passione, diritti e responsabilità condivise…
Abbiamo riflettuto a lungo sulla linea sottile che separa la vita privata di un docente dall’immagine pubblica che l’istituto scolastico richiede. Voi, probabilmente, vi starete chiedendo se sia giusto tracciare un confine netto o se esista uno spazio di libertà in cui ognuno può costruire la propria identità senza temere ripercussioni sul lavoro. È una domanda scomoda. Eppure, il caso di Elena Maraga, maestra di 29 anni in una scuola dell’infanzia cattolica nel trevigiano, ci costringe a guardare la realtà da prospettive che non sempre coincidono con i regolamenti o con l’opinione pubblica.
Da un asilo cattolico a una piattaforma per adulti: il fatto che divide
Prima di entrare nel vivo, è essenziale ricostruire a grandi linee la vicenda. Secondo diverse fonti, una madre ha scoperto che la maestra pubblicava contenuti osé su OnlyFans, un sito per adulti con contenuti a pagamento. La donna ha avvisato la scuola, che ha immediatamente chiesto a Elena di cancellare il profilo. Lei ha detto no. Ha ribadito che l’impegno in classe era sempre stato serio e che la vita privata non intaccava il suo modo di educare i bambini.
Il passo successivo è stato drastico: sospensione e blocco dello stipendio. L’istituto si è appellato ai valori religiosi e alle clausole sulla “condotta morale” presenti nel contratto. Così, da un giorno all’altro, Elena si è ritrovata a dover difendere la propria professionalità in pubblico. Abbiamo letto di reazioni furiose, ma anche di genitori pronti a sostenerla. Ed è proprio questo sostegno che fa riflettere sulla complessità del caso.
Il sostegno dei genitori e l’amore per i bambini
Voi, al posto loro, come avreste reagito? In questo contesto, molte famiglie hanno scelto di scendere in campo a favore della maestra, definendola “fantastica” e sottolineando il suo impegno costante in classe. Circa una trentina di genitori (stando a vari resoconti) si sono uniti per firmare una lettera indirizzata alla parrocchia, chiedendo con fermezza di non allontanarla. “I bambini le vogliono bene”, hanno riferito alcuni. Per noi, questo ci dice tantissimo: il suo ruolo educativo è stato apprezzato dai più piccoli e, di conseguenza, dai loro genitori. È un punto cruciale che la stessa Elena ha ribadito: i bimbi non dovrebbero pagare il prezzo di una scelta privata.
Una clausola morale e il dibattito etico: dove finisce la libertà?
Le voci della scuola parlano di incompatibilità con i principi di un asilo d’ispirazione cattolica. Noi comprendiamo che ogni istituto abbia delle linee guida, ma siamo di fronte a un interrogativo importante: quanto può incidere un’attività personale, magari considerata inopportuna, sul diritto di insegnare? Soprattutto se non si commette alcun reato e non si infrangono norme palesi. È vero che esiste una clausola “generica” sulla condotta morale e la direzione scolastica l’ha interpretata in modo rigido, sostenendo che la presenza su OnlyFans macchi l’immagine dell’istituto.
Elena, dal canto suo, ha spiegato che non condivide contenuti pornografici e che, anzi, non ha mai promosso apertamente il suo profilo. È stato un genitore a far emergere la questione. Alcuni riferiscono che la docente fosse pienamente consapevole dei rischi, ma ciò non la distoglieva dal ritenere di essere nel giusto: “Non ho fatto nulla di male, visto che il mio dovere a scuola l’ho sempre svolto con rigore”, ha confidato in diverse interviste riportate dai media.
La posizione dei sindacati: diritti e tutele per ogni lavoratore
Mentre l’istituto difende la propria immagine, la CGIL si è schierata apertamente a favore di Elena. Il sindacato ha ricordato che non esiste alcuna norma legale che impedisca a un insegnante di svolgere attività private a pagamento, purché la sfera professionale non risulti compromessa. “Chi intende licenziarla non ha la legge dalla sua parte”, ha detto un rappresentante locale, rimarcando l’assenza di specifici divieti contrattuali. Una presa di posizione piuttosto netta, che ha aperto la strada a un possibile conflitto legale, e noi ci domandiamo come si concilieranno queste due esigenze: da un lato il diritto alla vita privata, dall’altro le regole della scuola religiosa.
La tempesta mediatica e il timore per il futuro
Il rientro di Elena era previsto il 19 marzo, ma la sospensione ha bloccato tutto. Ora si trova in una situazione d’incertezza. Nessun licenziamento formale, nessuna lettera di dimissioni, almeno per il momento. Lei spera di tornare in classe, o di trovare comunque un accordo con la scuola per uscirne in modo dignitoso. Le sue parole dicono una cosa semplice: “Mi dispiace per i bambini, non vorrei che perdessero una figura di riferimento.” Noi crediamo che questa vicenda vada oltre la singola controversia. Riflette qualcosa di più grande: l’idea che un docente debba essere valutato dal lavoro che fa tra i banchi, non da ciò che fa altrove (ammesso che non violi la legge o clausole chiaramente esplicitate).
Una possibile evoluzione: codici etici più rigidi?
In alcuni comunicati, si legge che la Federazione Italiana Scuole Materne (FISM) starebbe vagliando un codice etico più stringente. Il Ministero dell’Istruzione – a sua volta – sembrerebbe intenzionato a rivedere le linee guida sull’uso dei social media per il personale scolastico. Questo dibattito, che ci coinvolge tutti, apre uno scenario in cui i confini tra pubblico e privato potrebbero diventare sempre più sfumati. Vi chiediamo: siete convinti che bastino regole più dure per tutelare i bambini, o si rischia di limitare eccessivamente le libertà individuali?
Un messaggio finale: libertà, responsabilità e il valore di insegnare
Alla fine, resta forte la consapevolezza che chiunque, nella propria vita, possa intraprendere scelte discutibili per alcuni e naturali per altri. Ciò che conta, nel contesto lavorativo, è la professionalità. Se un insegnante rispetta i doveri, ama i bambini e li segue con dedizione, forse non dovrebbe essere condannato per attività personali che non ledono diritti altrui. Questa è la lezione che sentiamo di cogliere.
Noi, come giornalisti e osservatori, vorremmo vedere Elena riconosciuta per il suo impegno in aula, senza che un profilo online – certo, difficile da conciliare con la morale religiosa di un asilo – possa offuscare la sua capacità di educare. Ognuno di noi può scegliere come arrotondare lo stipendio o esprimere una parte di sé, purché siano rispettate le regole e i valori fondamentali del vivere civile. Se la maestra ha sempre fornito ai piccoli l’attenzione e l’amore necessari, se non ha infranto alcuna norma giuridica concreta, perché condannarla senza appello?
Concludiamo con una riflessione che ci auguriamo possa coinvolgervi: siamo convinti che la società abbia bisogno di educatori appassionati, pronti a dare il meglio ai bambini, indipendentemente dal modo in cui trascorrono il proprio tempo libero. Sì, ci sono scelte personali che possono apparire scomode, ma la professionalità dovrebbe stare al primo posto. La storia di Elena ci insegna che la dignità di una persona va misurata sul campo, nella passione che mette nel proprio lavoro. E se la passione c’è, ha senso punirla solo per qualche fotografia ritenuta inopportuna? A voi la riflessione.
Attualità
Truman Capote e la ferita di un delitto: il nuovo sguardo di “Pagine” su Rai 5

Avvertiamo sempre un brivido, quasi un sussurro inquieto, quando pensiamo a quei delitti che scuotono intere comunità. Voi vi siete mai chiesti che cosa spinga uno scrittore a immergersi così a fondo in un omicidio da farne un romanzo-capolavoro? In “A sangue freddo” Truman Capote fece esattamente questo, scavando nella tragica vicenda della famiglia Clutter e finendo per portarsi dietro un peso enorme. Adesso, questo stesso racconto torna sotto i riflettori grazie al documentario di Julien Gaurichon e Frédéric Bas, che lunedì 24 marzo verrà proposto in seconda serata su Rai 5, all’interno di “Pagine”.
La voce di Federica Sciarelli: dal crimine narrato al crimine reale
Nel nuovo programma di Rai Cultura, ci affacciamo su scenari di letteratura che spesso s’intrecciano con la cronaca. Ed è proprio Federica Sciarelli, popolare volto di “Chi l’ha visto”, a introdurre il mondo di “A sangue freddo”. Sentiamo tutta l’intensità di chi ha familiarità con storie difficili, perché la Sciarelli di crimini ne ha raccontati tanti e sa bene quanto possa pesare l’eco di un fatto violento.
Noi immaginiamo la vita a Holcomb, in Kansas, nel 1959. Un posto tranquillo dove improvvisamente accade qualcosa di mostruoso: quattro membri della famiglia Clutter vengono trovati assassinati il 15 novembre. Capote, ancora noto soprattutto per “Colazione da Tiffany”, resta catturato dalla notizia letta sul “New York Times”. Un crimine così efferato lo spinge a passare cinque anni tra interviste e ricerche, fino alla pubblicazione di “A sangue freddo” nel 1965 sulle pagine del “New Yorker”. Nel 1966 esce il romanzo completo, e quel successo esplode al punto da cambiare la sua vita e quella di una certa narrativa true crime.
Le ombre dei colpevoli e le ferite interiori
Vi siete mai chiesti come reagiremmo davanti a chi ha commesso un massacro? Capote incontrò più volte i due responsabili, Perry Smith e Dick Hickock, ex pregiudicati in libertà vigilata. Ci sconvolge sentire che lui descriveva Perry come colto e sensibile, mentre Dick sembrava incredibilmente pacato. Eppure, nel 1960 furono entrambi arrestati e poi condannati a morte. Cinque anni dopo, Capote assistette alle impiccagioni. Da lì la ferita, un vuoto che lui stesso definì insopportabile: “Nessuno conoscerà mai il vuoto che A sangue freddo ha scavato in me. In qualche modo credo che questo libro mi abbia ucciso”.
Con filmati d’archivio e testimonianze, Gaurichon e Bas riportano alla luce la forza devastante di quella storia e mostrano quanto abbia segnato Capote. Noi ci ritroviamo quasi senza fiato, perché scopriamo un autore diviso fra la voglia di raccontare e il peso di un’esperienza troppo intensa. “Pagine” – curato da Silvia De Felice, Emanuela Avallone e Alessandra Urbani, per la regia di Laura Vitali – ci accompagna lungo questo percorso fra parole e immagini, invitandoci a esplorare la letteratura come specchio della realtà più crudele.
Non sappiamo se avremo mai risposte definitive, ma restiamo uniti in questa riflessione collettiva, mentre la Sciarelli ci introduce a un racconto che vibra ancora di tensione. E forse, alla fine, ci rendiamo conto che l’anima di Capote aleggia ancora su quelle pagine, come se il crimine avesse stretto uno strano patto con la sua penna.
Attualità
Processo Priebke: l’ombra del passato che ci parla ancora

Ci sentiamo afferrare alla gola ogni volta che riemerge un episodio legato ai crimini nazisti. Non è semplice, vero? Molti di voi, probabilmente, preferirebbero non rivivere certi ricordi. Eppure sentiamo il dovere di ripercorrere fatti come l’eccidio delle Fosse Ardeatine, perché non possiamo permettere che scivolino nell’oblio.
Un processo fra indignazione e memoria
Il nome di Erich Priebke rimane un simbolo del male: ex ufficiale delle SS, coinvolto in uno dei massacri più atroci del nostro Paese. Nel 1996 lo arrestano in Argentina e lo trasferiscono in Italia. Sembra quasi un film, ma è tutto drammaticamente reale. Il tribunale militare di Roma, in un’aula piccola e soffocante, diventa il palcoscenico di un dibattito giuridico infuocato. La prima sentenza riconosce la colpevolezza di Priebke ma, incredibilmente, dichiara prescritto il reato.
Vi immaginate la rabbia? Familiari delle vittime che protestano, che occupano l’aula, che non riescono ad accettare una conclusione tanto assurda. Eppure quei momenti di tensione hanno contribuito a riaccendere l’attenzione collettiva su un capitolo oscuro della nostra storia. Nel 1997, alla fine, arriva la condanna definitiva all’ergastolo, con un principio che ormai conosciamo bene: i crimini di guerra non vanno in prescrizione.
Sentiamo un fremito nel presentarvi La verità del male – Il processo Priebke, un documentario prodotto da Golem Multimedia, in collaborazione con Rai Documentari e Fondazione Museo della Shoah, che va in onda venerdì 21 marzo in seconda serata su Rai 3. Il racconto, scritto da Giancarlo De Cataldo e Alberto Ferrari, e diretto dallo stesso Ferrari, mette in scena le voci di chi ha vissuto quei giorni intensi: Francesco Albertelli (ANFIM), Giovanni Maria Flick (Ministro della Giustizia di allora), Antonino Intelisano (pubblico ministero del Tribunale Militare) e Riccardo Pacifici, protagonista delle proteste e oggi vice presidente della European Jewish Association. La narrazione di De Cataldo penetra nelle pieghe del passato, mentre la colonna sonora, firmata da Gabriele De Cataldo e il montaggio di Luca Mariani completano un quadro crudo e necessario.
Siamo convinti che un lavoro del genere non sia solo un prodotto televisivo. È un richiamo collettivo a guardare in faccia l’orrore e a non smettere di fare i conti con ciò che è stato. Voi siete pronti a rivivere tutto questo? Noi crediamo che non ci sia scelta: occorre ricordare, sempre.