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Ucraina-Russia, Mosca e il missile flop. Usa: a Kiev armi sottratte a Houthi

L'intelligence britannica accende i riflettori sui problemi della produzione di missili russi

Soldati ucraini

La Russia ha problemi con i propri missili. L'Ucraina riceve altre armi, ma non sono ancora quelle che Kiev aspetta per provare a invertire il corso della guerra. Il conflitto mette a dura prova l'apparato bellico dei due paesi, impegnati in un logorante braccio di ferro scandito giorno dopo giorno dai raid - che la Russia ultimamente concentra su Kharkiv - e dagli attacchi condotti con droni, che Kiev indirizza ben oltre il confine puntando in particolare alle raffinerie russe.

La Russia e i missili con problemi

L'analisi degli ultimi eventi, intanto, propone nuovi spunti. I servizi segreti britannici, in particolare, ipotizzano problemi nella produzione russa di missili da crociera basandosi sul 'guasto' che si è verificato nel lancio di un AS-23a Kodiak che ha colpito il territorio russo.

"Le fotografie del 31 marzo 2024 mostrano i detriti di un missile che ha colpito un campo nella regione di Saratov, nel sud della Russia", si legge nel rapporto dell'intelligence britannica diffuso dal ministero della Difesa di Londra su X. Se inizialmente si pensava che fossero detriti di un drone ucraino, in seguito è stato determinato che si trattava di "frammenti" di uno di questi missili.

"E' molto probabile" che ciò sia avvenuto a seguito del "malfunzionamento" di uno di questi missili lanciati contro l'Ucraina. "Saratov è un noto punto di lancio per gli attacchi dell'aviazione russa a lungo raggio e ospita il campo d'aviazione di Engels".

"Il probabile malfunzionamento di un missile così prestigioso indica problemi nella sua produzione, probabilmente influenzata dalle sanzioni e dalla fretta dovuta alle esigenze del conflitto", afferma il rapporto.

I missili AS-23a Kodiak "sono la principale munizione a guida di precisione dell'esercito russo", con una gittata di circa 4mila chilometri. "Questo tipo di arma è stato utilizzato ampiamente contro l'Ucraina, più di recente negli attacchi alle infrastrutture energetiche del Paese".

Ucraina, arrivano armi (usate) degli Houthi

L'Ucraina, come è noto, aspetta da mesi i nuovi aiuti militari americani. Il pacchetto di armi e munizioni da 60 miliardi di dollari è fermo al Congresso. Il Senato ha dato il via libera, ma la Camera dei Rappresentanti non ha ancora affrontato il tema. Risultato: Kiev è in difficoltà sul campo e ha un disperato bisogno di sistemi di difesa aerea per proteggere le proprie città - Kharkiv in primis - dagli attacchi di Mosca.

Intanto, arriva un contributo d'emergenza. Gli Stati Uniti hanno consegnato alle forze armate ucraine armi e munizioni inviate dall'Iran agli Houthi e sequestrate dallo Us Central Command. Si tratta, ha spiegato l'esercito statunitense sul social X, di oltre 5mila Ak-47, mitragliatrici, fucili di precisione, Rpg-7 e oltre 500mila munizioni da 7,62 mm.

"Queste armi aiuteranno l'Ucraina a difendersi dall'invasione russa", ha precisato lo Us Central Command, sottolineando che il governo ha ottenuto la proprietà di queste armi e munizioni il primo dicembre 2023 a seguito di sequestri avvenuti su quattro navi apolidi tra il 22 maggio 2021 e il 15 febbraio 2023.

"Le munizioni - sottolinea lo Us Central Command - venivano trasferite dai Guardiani della Rivoluzione agli Houthi nello Yemen in violazione della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 2216".

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Israele a Egitto: “Accordo a breve o operazione a...

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Tel Aviv non vuole accettare che i negoziati vengano trascinati troppo

Rafah (Afp)

Questo è l'ultimo momento utile per un accordo per arrivare a una tregua a Gaza, perché in alternativa Israele darà il via alla sua operazione di terra a Rafah. Sarebbe questo - secondo l'emittente Channel 12, che cita una fonte israeliana - il messaggio trasmesso con chiarezza da Israele agli interlocutori egiziani - e per il loro tramite al leader di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar - durante i colloqui tra i negoziatori inviati dal premier Benjamin Netanyahu e una delegazione di mediatori egiziani in visita nel Paese come riferisce il Times of Israel.

La fonte afferma che Israele non è disposto a lasciare che Sinwar trascini i negoziati. Si tratta dell'alternativa tra "un accordo nel prossimo futuro, e Rafah". Le fonti confermano che Israele è disposto ad accettare la liberazione di un numero di ostaggi inferiore ai 40 proposti in precedenza, ma anche che non accetterà la liberazione di soli 20 ostaggi, come Hamas avrebbe suggerito in recenti contatti indiretti.

Israele ritiene che Hamas detenga 33 ostaggi che rientrano nella designazione di ostaggi 'umanitari', donne, bambini, uomini di età superiore ai 50 anni e malati - e insiste affinché vengano tutti liberati. La fonte non precisa se questa sarebbe la prima fase di un accordo più ampio per tutti gli ostaggi, né la durata della tregua proposta.

Tutto pronto per attacco a Rafah

La fonte afferma che l'Idf ha completato tutti i suoi preparativi per un'operazione a Rafah e che numerose fonti dell'establishment della difesa ritengono che "il tempo stia per scadere" per gli ostaggi, che essi devono essere la "priorità assoluta" e che l'Idf può riprendere i combattimenti in qualsiasi momento se fosse necessario fare una pausa per concordare e portare a termine un accordo sugli ostaggi.

Channel 12 cita le fonti della difesa affermando che Netanyahu dovrebbe spingere il più possibile per un accordo per gli ostaggi, ma teme l'opposizione dell'estrema destra della sua coalizione, in particolare da parte dei ministri Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir.

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Ucraina, dagli Usa altre armi per 6 miliardi: nel pacchetto...

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L'annuncio del segretario alla Difesa americano Lloyd Austin

(Fotogramma/Ipa)

Gli Stati Uniti mandano altre armi all'Ucraina per la guerra contro la Russia e il conflitto può cambiare: Kiev ottiene altri Patriot. Dopo il varo del pacchetto da 61 miliardi di dollari, con la legge firmata dal presidente Joe Biden, Washington invia non si ferma. Il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin ha annunciato altri aiuti militari all'Ucraina del valore di 6 miliardi di dollari, nei quali sono compresi anche i Patriot, i sistemi di difesa aerea chiesti quasi ogni giorno dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky per fare fronte alla pioggia di missili guidati lanciati dalla Russia (9mila solo quest'anno).

L'annuncio è arrivato al termine di una riunione virtuale del Gruppo di contatto per la difesa dell'Ucraina. "Gli Stati Uniti - ha detto il capo del Pentagono - forniranno all'Ucraina altri missili Patriot per la sua difesa aerea, nell'ambito di un massiccio pacchetto di aiuti" a Kiev. Pacchetto che include anche altre munizioni per i sistemi National Advanced Surface-to-Air Missile Systems, Nasams, e ulteriori attrezzature per integrare i lanciatori, i missili e i radar di difesa aerea occidentali negli armamenti esistenti in Ucraina, molti dei quali risalgono ancora all'era sovietica.

Si tratta, ha rivendicato Austin, del "più grande pacchetto di assistenza di sicurezza su cui ci siamo impegnati finora". Il Dipartimento della Difesa ha annunciato un nuovo storico pacchetto di assistenza alla sicurezza per far fronte alle attuali esigenze dell'Ucraina sul campo di battaglia e dimostrare il costante sostegno degli Stati Uniti all'Ucraina - si legge in una nota del Pentagono -. Questo pacchetto, fornito attraverso l'Iniziativa per l'assistenza alla sicurezza in Ucraina (Usai), utilizzando i fondi stanziati dal supplemento per la sicurezza nazionale che il presidente ha appena firmato, comprende attrezzature per aumentare le difese aeree e l'artiglieria dell'Ucraina e per sostenere le capacità precedentemente impegnate dagli Stati Uniti".

Come può cambiare la guerra

Il massiccio invio di aiuti americani, compresi i missili Atacms a lungo raggio consegnati all'inizio del mese, può diventare un 'game changer', un elemento determinante in un conflitto che negli ultimi 6 mesi si è sviluppato con un copione definito: Russia all'offensiva, Ucraina impegnata a difendersi, tra carenza di munizioni e inferiorità in termini di uomini. La situazione per Kiev è particolarmente complessa lungo il fronte orientale.

Le truppe russe continuano ad avanzare nella regione di Donetsk in Ucraina, soprattutto nell'ultima settimana, come evidenzia l'intelligence britannica, che monitora le operazioni sul terreno. ''L'avanzata delle forze russe a ovest di Avdiivka, nell'oblast di Donetsk, ha subito un'accelerazione nell'ultima settimana'', prosegue il rapporto.

In particolare, le forze di terra russe starebbero marciando verso Ocheretyne che si trova approssimativamente a quindici chilometri dal centro di Avdiivka. L'intelligence britannica ricorda che, da quando i soldati russi hanno preso il controllo di Avdiivka nel febbraio del 2024, la zona è stata usata dall'esercito di Mosca per sferrare attacchi contro le truppe ucraine.

Ora, con le nuovi armi americane, l'Ucraina può adottare un approccio diverso. Kiev può colpire in profondità, andando a condizionare le procedure di lancio dei missili che quasi ogni giorno Mosca lancia su città e infrastrutture ucraine. Non sono solo gli Usa a sostenere gli sforzi dell'Ucraina. Anche la Spagna si appresta a inviare missili Patriot. Lo scrive il quotidiano El Paìs citando fonti governative a condizione di anonimato, secondo le quali Madrid invierà anche munizioni a Kiev. La Spagna ha tre batterie di missili Patriot, acquistate di seconda mano dalla Germania nel 2004 e nel 2014, ha scritto El Paìs. Una fonte diplomatica spagnola ha detto ai giornalisti che Madrid intende "intensificare" il suo "impegno nei confronti dell'Ucraina".

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Politica

Europee, Fratelli d’Italia aspetta Meloni a Pescara:...

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Sul territorio c'è chi si porta avanti con 'santini' elettorali che la indicano capolista. Lei da Roma annuncia: "Il Papa sarà al G7"

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni (Afp)

Se è vero che due indizi fanno una prova, a Pescara la candidatura di Giorgia Meloni appare pressoché una certezza. Per la conferenza programmatica di FdI - che andrà avanti fino a domenica - giungono nella città del Vate ministri e sottosegretari, vertici delle partecipate di Stato e amministratori dai territori di tutta Italia. Ben 2.200 i delegati arrivati e in arrivo da qui alle prossime ore, tanto che le strutture alberghiere di Pescara e dintorni registrano il sold out.

La mega struttura, affacciata sul mare, non senza polemiche -nella centralissima piazza Primo Maggio, 'regia' del fedelissimo Giovanni Donzelli- si presta a un annuncio di quelli importanti: il palco centrale con l'Adriatico alle spalle di chi prende la parola nella Sala Milano, dove domenica - salvo sorprese - la premier annuncerà la sua discesa in campo, alla presenza degli altri leader del centrodestra. Sorridono gli esponenti di FdI ai cronisti che continuano a chiedere delle intenzioni di Meloni, mentre sul territorio c'è chi si porta avanti: a Cesenatico, ma non solo, i primi 'santini' elettorali indicano la presidente del Consiglio - che potrebbe arrivare a Pescara già nella serata di domani - capolista, dandone per scontata la candidatura.

Per ora a Palazzo Chigi continuano a buttare la palla in tribuna: Meloni "si prenderà fino all'ultimo minuto utile per decidere", la versione ufficiale consegnata alla stampa. Mentre si lavora a pancia a terra anche su altro, considerando l'annuncio roboante e a sorpresa, arrivato via videomessaggio: la partecipazione di Papa Francesco al G7, al tavolo dei Grandi del mondo nel summit a Borgo Egnazia dal 13 al 15 giugno, appena una settimana dopo le elezioni europee. "E' la prima volta nella storia che un Pontefice partecipa ai lavori del Gruppo dei 7", rimarca la premier, che con Bergoglio ha saputo costruire un rapporto diretto, al riparo dai riflettori e dalla stampa.

Per il ministro Francesco Lollobrigida "avere una donna, spero, come lei alla guida della nostra lista in tutta Italia permetterà anche di confermare la grande fiducia che gli italiani hanno in lei", mentre per il capogruppo di FdI al Senato, Lucio Malan, il nome di Meloni sulla scheda elettorale "indicherebbe senz'altro l’importanza che diamo a queste elezioni".

Intanto dal palco della kermesse il ministro ai Rapporti col Parlamento Luca Ciriani, considerato vicinissimo alla premier, rivendica quella di oggi come "La giornata dell'orgoglio di un partito che è diventato il più grande non per caso: lo ha fatto alla fine di un percorso di coerenza e coraggio. Un partito che ha fatto i conti col suo passato mille volte, una volta per sempre, se lo mettano in testa, noi guardiamo al futuro. E siamo un grande partito perché abbiamo un grande leader che si chiama Giorgia Meloni. E avendo un grande leader, noi il suo nome lo mettiamo nel simbolo. Se altri non hanno questa possibilità è un problema loro, evidentemente".

Domenica, mentre già da giorni in tutta Italia campeggiano i manifesti col nome e il volto della premier, verrà svelato l'arcano - sul rush finale, ad appena tre giorni dalla chiusura delle liste -, in quell'Abruzzo che avrebbe dovuto rappresentare l'Ohio d'Italia e che, invece, rivendica il governatore Marco Marsilio, "ha confermato che sul Paese continua a spirare il vento di centrodestra, senza sorprese". L'asticella, alle europee, resta quella delle politiche: il 26%. Ma la speranza sottesa è che, col nome di Meloni in campo, si possa fare di più: centrare o addirittura sfondare il tetto del 30% delle preferenze.

(dall'inviata a Pescara Ileana Sciarra)

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